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Sintesi |
F.a.q. - Le domande frequenti |
FAQ è, in inglese, la sigla per indicare le «Domande più frequenti» poste dai visitatori di un sito. In questa pagina verranno riportate le risposte più interessanti date ai lettori per email. ATTENZIONE; MOLTE FAQ sono superate da nuove leggi o sentenze, Fare sempre riferimento alla SINTESI |
Accade che quando vengono rinvenute bombe d'aereo interrate, gli artificieri dispongano l'evacuazione della popolazione anche nel raggio di due chilometri. È una misura di sicurezza sensata?
Le misure di sicurezza adottate sono quasi sempre esagerate ed
ingiustificate.
L'esperienza di altri paesi europei dimostra che una distanza di
sicurezza di 500 metri sarebbe più che sufficiente e ciò trova una
precisa conferma nelle norme di legge italiane.
Il Regolamento al Testo Unico di pubblica sicurezza del 1940 fissa
infatti le distanze di sicurezza da osservarsi per le fabbriche ed i
depositi di esplosivi e per i laboratori di scaricamento di proiettili
e da esso si ricava che la distanza di duemila metri da una cittadina è
richiesta solo per una fabbrica in cui si lavorino fino a 80.000
chilogrammi (sic!) di esplosivo. La legge, per quantitativi di mille
chilogrammi di esplosivo, prevede una distanza di 360 metri
dall'abitato, riducibili alla metà se tra deposito ed abitato vi è un
adeguato terrapieno. Analoga distanza è prevista per il deposito
(accatastamento) di proiettili da scaricare. Dalle stesse norme si
ricava che un quantitativo di 1000 chili di esplosivo sepolto sotto uno
strato di sei metri di terra, non provoca, in caso di esplosione,
proiezione di pietre oltre i 50 metri.
E' vero che il Ministero della Difesa ha emanato delle circolari, che i
militari sono tenuti ad osservare, in cui ha stabilito diverse e più
ampie misure di sicurezza, ma sia ben chiaro che sono circolari dettate
principalmente dalla esigenza di garantire la sicurezza ... dei
militari. Vale a dire che sono state calcolate in maniera che in caso
di disgraziato incidente, mai e poi mai si potesse addossare una
qualsiasi responsabilità ai militari! Tipico esempio di un simile
comportamento si ha con le circolari emanate dal Ministero per la
sicurezza nei poligoni per il tiro sportivo, assolutamente deliranti se
confrontate con quelle di altri paesi europei, e che rendono
difficilissima e inutilmente costosa la costruzione di poligoni.
Fatto sta che in Germania, dove sono cadute più bombe che in Italia, il
90% delle bombe vengono tranquillamente caricate su di un camion e
portate in fabbrica per lo scaricamento o in luogo acconcio per il
brillamento, visto che se una bomba ha superato l'impatto al suolo e
gli urti delle scavatrici non esplode di certo se viene imbragata e
caricata su di un idoneo veicolo. Bombe sepolte a parecchi metri di
profondità, possono restare al loro posto se non vi viene costruito
sopra.
Sarebbe quindi del tutto opportuno che il Ministero della difesa riesaminasse le proprie disposizioni alla luce di quanto viene fatto negli altri paesi e tenendo conto che la burocrazia, per la propria tranquillità, non deve creare inutili disagi e spese alla popolazione. Si veda anche l'articolo specifico sui depositi di esplosivo.
Perché il trasporto di armi in base ad una licenza di porto d'armi è stata limitata a sei armi dalla nota circolare?
La legge dice che per trasportare armi occorre darne avviso
preventivo al questore e questa norma non è mai stata abrogata.
Il Ministero ha preso soltanto atto del fatto che il trasporto di
un'arma è qualche cosa di meno rispetto al portarla e che perciò in
tutti i casi in cui si può portare un'arma, si deve ritenere che è
consentito anche trasportarla (cosa questa già ovvia in passato); poi,
su basi di puro buon senso, ha fatto un ulteriore passo avanti
affermando che chi può portare un fucile, non mette in pericolo la
sicurezza pubblica trasportando una pistola e si è giunti alla
sullodata circolare. È però del tutto ovvio che questa facilitazione
opera nell'ambito del numero di armi portabili
e quindi il Ministero ben avrebbe potuto dire che il trasporto era
consentito nel numero massimo di due pistole e di tre fucili (nessuno
ne porta di più). Esso però, tenendo conto delle necessità di certi
tiratori e cacciatori (pochissimi), ha voluto largheggiare ed ha
portato il numero a sei.
Questa soluzione quindi è più che
ragionevole e soddisfacente perché già rappresenta una notevole
facilitazione rispetto all'obbligo di legge di dare avviso per ogni
singola arma.
Si consideri che il dare avviso è cosa diversa dalla licenza: la
licenza serve ad accertare che chi trasporta abbia i requisiti
necessari, l'avviso serve per consentire all'autorità di PS di svolgere
i necessari controlli preventivi e successivi: è del tutto ragionevole
che quando una persona trasporta una camionata di fucili, la polizia ne
sia informata preventivamente per poter controllare, almeno, che non
vengano rubati.
Si può mandare un amico o un parente a ritirare armi o munizioni acquistate da altri presso un armiere?
La detenzione delle munizioni è soggetta alle stesse regole della detenzione di armi. Quindi può detenere munizioni, facendone denunzia quando prescritta, chi è munito di una licenza di porto d'armi o di nulla osta all'acquisto. Chi detiene legalmente munizioni può anche trasportarle liberamente nel numero massimo consentito. Perciò la risposta al quesito è che non si può mandare un amico o un parente a ritirare le cartucce dallo armiere, a meno che egli non abbia una licenza di porto d'armi o il nulla osta.
Trasporto cumulativo di cartucce?
Possono due cacciatori su di un'auto trasportare ciascuno 1500 cartucce?
La lettera della legge (art. 97 Reg. TULPS) è nel senso che i quantitativi non possono essere cumulati e quindi il quantitativo massimo di cartucce a pallini che possono essere trasportate su di un'auto è di 1500, qualunque sia il numero dei cacciatori o tiratori a bordo dell'auto. Però accanto a questa lettura troppo lettrerale, va ora affermandosi la soluzione di buon senso secondo cui ogni cacciatore può portare i lsuo quantitativo, non essendo tenuto a conoscere ciò che gli altri trasportano.
Munizioni, denunzia del loro consumo
Munizioni - Occorre denunziarne il consumo?
No, la Cassazione, 4 febbraio 1994 n. 1327, ha deciso che è
sufficiente denunziare il numero massimo di munizioni acquistato
inizialmente e che poi non è necessario né denunziare di aver sparato
le munizioni o parte di esse, né i successivi acquisti, purché non ci
si trovi a detenere più munizioni di quante se ne sono denunziate.
Infatti la legge non prescrive di denunziare l'acquisto di armi o
munizioni, ma solo la loro detenzione e questa si realizza solo se le
munizioni o le armi vengono portate nel luogo di custodia e lì detenute
per il tempo occorrente per fare la denunzia (un giorno almeno). Non
avrebbe quindi alcun senso andare a denunziare l'acquisto di una cosa
che non si ha più.E' del tutto evidennte che sono illegittime le
richieste di certi uffici di comprovare il consumo delle munizioni, ad
esempio mediante attestazioni del TSN. E' in obbligo inventato che non
trova alcun appiglio nelle leggi.
La conclusione è pratica è che
inizialmente conviene denunziare il numero massimo di munizioni che si
intende detenere. Questo orientamente è stato confermato
definitivamente con la sentenza Cass. I,18/05/2001 n.20234: "In materia
di sicurezza pubblica, l'obbligo della denunzia previsto dall'art. 38
R.D. n. 773 del 1931 riguarda la detenzione e non l'acquisto delle
munizioni, con la conseguenza che non e' riconducibile nell'ambito
della norma incriminatrice il fatto di chi reintegri la scorta di
munizioni, consumate durante una esercitazione di tiro, senza
denunziare il nuovo acquisto, ma non superando il numero di munizioni
detenute e già denunziate precedentemente.
Munizioni, limite di 200 cartucce per pistola
Come può un tiratore di pistola sparare più di 200 cartucce al giorno
La legge non consente di detenere e trasportare più di 200 colpi per
arma corta (si può fare una eccezione per le cartucce in calibro 22 LR,
che in effetti possono essere considerate per carabina). Quindi chi fa
il tiro dinamico non può comperare e trasportare più di 200 cartucce
per volta e, se lo fa, rischia una condanna. Può però, nello stesso
giorno, acquistare più volte 200 cartucce, se ha finito di sparare il
lotto precedente.
Le munizioni vanno denunziate se vengono detenute
oltre il tempo occorrente per fare la denunzia. Vale a dire che se
compro 200 cartucce e le sparo in giornata (o la mattina dopo) non devo
denunziare alcunché. Del pari, se ho comperato 200 cartucce, le ho
denunziate e poi ne sparo 50, non devo denunziare la variazione in
diminuzione.
Quante se ne possono detenere?
Il regolamento al TULPS è chiaro nel dire che si possono detenere,
facendone denunzia, fino a 200 cartucce per arma corta e fino a 1500
cartucce per arma lunga; vale a dire che i due quantitativi sono
cumulabili e che quindi si possono detenere fino a 1700 cartucce
complessivamente. Le 1500 cartucce per fucile possono essere
indifferentemente a palla od a pallini, per fucile a canna rigata o per
fucile a canna liscia. Attenzione: il fatto che il Regolamento dica
"1500 cartucce per fucili da caccia è privo di importanza. Nel 1940
tutte le armi lunghe erano da caccia!
Chi detiene solamente
cartucce a pallini nel numero massimno di 1000 e detiene armi, lunghe o
corte, può non effettuare la denunzia di dette cartucce a pallini.
Le cartucce cal. 22 long rifle (lungo per fucile) devono ovviamente
essere considerate cartucce per arma lunga; ma il Ministerto le
xconsidera per arma corta!
Le munizioni per arma corta rimangono tali anche se sparate in armi
lunghe e quelle per armi lunghe rimango tali anche se sparate in
un'arma corta. Si deve
guardare alla al natura tecnica, non all'impiego.
Come ci si iscrive all'albo dei periti balistici e come si ottengono incarichi?
Il perito balistico non ha alcun particolare riconoscimento
professionale e il giudice non è obbligato a scegliere i periti tra
coloro che siano iscritti ad un albo.
Negli albi dei tribunali si trovano iscritti talvolta dei periti
balistici che hanno seguito due vie:
I) Iscriversi all'albo dei periti estimatori della camera di commercio
(art. 33 TU 20 settembre 1934 n. 2011), previo apposito esamino, e poi,
in base a tale titolo, chiedere di essere inseriti nell'albo del
Tribunale (ovviamente i periti estimatori sono tutt'altra cosa, e l'uso
di questa scappatoia è uno dei tanti abusi tollerati in Italia).
2) Iscriversi all'albo del Tribunale in quanto già facente parte di un
ordine professionale; chi è ingegnere o chimico ed è iscritto all'albo
del proprio ordine può chiedere di essere iscritto all'albo del
Tribunale come ingegnere, o chimico, particolarmente esperto in
balistica (non occorre alcun esame).
Ciò posto ripeto però che i giudici chiamano i periti in base alla loro
fama o alla fiducia personale così che l'essere iscritti all'albo serve
ben poco. Va anche detto che come professione non ha mercato, salvo di
arrivare ai vertici, ma dopo anni e anni di oscuro ed incerto lavoro.
L'uso dei periti di parte non si è molto diffuso in Italia perché i
soldi che vanno al perito non vanno all'avvocato e questi consiglia un
perito solo se l'imputato ha tanti soldi, il che avviene di rado!
È lecita la ricarica casalinga delle cartucce?
Il caricamento casalingo di cartucce (o la ricarica di cartucce già
usate) è del tutto lecito senza particolari formalità, come risulta dal
complesso di norme che consentono di comperare polvere da sparo,
bossoli, inneschi, pallini. Se la ricarica non avviene per uso
personale, ma per farne commercio, si ricade nel concetto di
"fabbricazione" di munizioni, per cui occorre munirsi di licenza del
prefetto. Oltre alle norme concernenti la detenzione delle munizioni
caricate, già viste, occorre però tener presente il principio generale
secondo cui tutte le sostanze esplosive (tra queste non rientrano gli
inneschi) devono essere denunziate all'autorità di P.S. La polvere da
sparo può essere detenuta, in forza della sola denunzia, nel
quantitativo massimo di cinque chilogrammi; per detenerne un
quantitativo superiore occorre munirsi di licenza di deposito. Gli
inneschi e i bossolo innescati possono invece essere detenuti senza
limite di quantitativo. Gli altri componenti, quali pallini, borre,
bossoli, palle, possono invece essere acquistati e detenuti
liberamente. Un punto poco chiaro della legge è quello relativo al
rapporto tra quantitativo di polvere detenuto e numero di cartucce
detenibili cumulativamente senza essere tenuti a munirsi di licenza di
deposito per l'una o per le altre. La legge dice infatti che si possono
detenere fino a 5 kg di polvere ovvero fino a 1500 cartucce da caccia a
pallini e 200 cartucce per arma corta e non è chiaro se polvere e
cartucce possono cumularsi. Nel dubbio è meglio essere prudenti e
ritenere che i quantitativi non possono cumularsi e quindi nei 5 kg
computare anche la polvere contenuta nelle cartucce cariche, secondo il
parametro posto dal D.M. 23 settembre 1999 secondo cui una cartuccia
per arma lunga corrisponde ora a gr 1,785 dipolvere senza fumo(e quindi
a 560 cartucce per ogni chilo) mentre ogni cartuccia per arma corta
corrisponde a gr 0,25 di polvere (quindi 4000 cartucce per ogni chilo).
Chi ha caricato 200 cartucce per arma corta, si trova a detenere circa
50 grammi di polvere e quindi può detenere altri gr. 4950 di polvere.
Chi ha caricato 1000 cartucce a pallini si trova a detenere
(teoricamente, sia chiaro) gr. 1785 di polvere e quindi potrebbe
detenerne solo altri gr 3215; se detiene anche 200 cartucce per pistola
il quantitativo si riduce a gr. 3165.
Va comunque detto che ben difficilmente è necessario detenere più di
una confezione di polvere, così che in pratica non dovrebbero sorgere
problemi.
La soluzione da me indicata non deriva chiaramente da alcuna norma o
circolare, ma è da seguire in via prudenziale.
Spari di avvertimento in luogo abitato
In quali casi è consentito sparare in aria con un'arma per spaventare un ladro?
Negli ultimi tempi è stata fatta notevole confusione sul punto,
specie dalle forze dell'ordine, che, tanto per far statistica
denunziano chiunque spara, anche giustificatamente.
La norma
principale che regola la materia è l'art. 703 c.p. (analogo al 57
TULPS) che vieta di fare esplosioni pericolose, quali spari con arma da
fuoco, in luoghi abitati o nelle sue adiacenze o lungo una pubblica via
o in direzione di essa.
Trattasi di stabilire se lo sparo con armi sia vietato anche se non
pericoloso e in quali situazioni si possa invocare una esimente quale
la legittima difesa o lo stato di necessità o l'esercizio di un diritto
o di un dovere.
Ad una prima lettura parrebbe che lo sparo con armi da fuoco sia
vietato in modo assoluto, ma la realtà ci dice che non è così. Questa
norma non è diretta ad evitare rumore, ma solo incidenti e perciò anche
lo sparo con arma da fuoco è vietato in quanto sia pericoloso, così
come prescritto per ogni tipo di esplosione. Ed infatti, per pacifica
applicazione, è da sempre consentito sparare in luoghi abitati entro
poligoni di tiro, al chiuso o all'aperto, o entro la propria
abitazione, se non vi è pericolo di fuoriuscita di proiettili. E
sicuramente non è vietato sparare cartucce a salve con un'arma da fuoco
(nessun problema se si usa uno strumento a salve che non è arma!).
Quindi: non vi è una presunzione assoluta di pericolosità, ma occorre
accertare caso per caso, se lo sparo è da considerare pericoloso;
accertamento che dipende dalla valutazione di diversi elementi: dove è
stato indirizzato il tiro (non si può di certo sparare in direzione del
ladro, anche senza volontà di colpirlo, se vi è pericolo di colpire
altri), se vi era pericolo per la ricaduta del proiettile o per suoi
rimbalzi, se il colpo è stato sparato o meno in modo controllato, ecc.
Uno sparo con cartuccia a pallini verso l'alto non è mai pericoloso.
Ricordo in proposito che un colpo di arma corta sparato in aria non è
pericoloso solo se viene sparato perpendicolarmente o quasi, mentre in
ogni altro caso può ricadere e ferire persone anche a notevole
distanza. Si deve perciò considerare pericoloso ogni colpo sparato a
casaccio entro l'abitato. Invece non potrebbe essere considerato
pericoloso uno sparo diretto verso un prato o verso una catasta di
legna, con una angolazione tale da rendere non prevedibile un rimbalzo
pericoloso.
Circa le esimenti che rendono legittimo lo sparo pericoloso, la prima è
l'uso legittimo delle armi da parte del P.U. (art. 53 c.p.) per
l'espletamento dei suoi compiti e per impedire gravi reati. Ricordo che
la guardia giurata, nel momento in cui interviene per evitare la
commissione di un reato per cui è previsto l'arresto obbligatorio del
reo, viene considerato un pubblico ufficiale. È in base a questa norma
che le forze di polizia possono sparare ad un'auto che non si sia
fermata all'alt, sebbene si trovino su di una pubblica via.
Si può inoltre sparare in modo pericoloso quando si agisca per
legittima difesa di beni o di persone. Non si può uccidere un ladro che
fugge, ma si è autorizzati a violare norme di legge per quel tanto che
sia giustificato dalla situazione, badando però che il pericolo posto
in essere non sia maggiore di quello che si vuole evitare e purché non
sia abbia a disposizione altro mezzo di reazione non pericoloso.
Vediamo alcuni esempi pratici:
- ladro che è entrato nel giardino; non si può colpirlo, ma si ha tutto
il diritto di farlo scappare e di impedire che diventi pericoloso
avvicinandosi o entrando in casa; uno o più spari che non siano diretti
alla cieca verso altre persone o case abitate, saranno legittimati.
- ladro che fugge con la refurtiva; la situazione deve essere valutata
in base alla pericolosità del ladro (possibilità che sia armato,
possibilità di complici, entità della refurtiva), come al punto
precedente.
- semplice sospetto che in giardino vi sia un ladro; non giustifica
assolutamente uno sparo pericoloso.
Conclusione: è necessario mettersi sempre nelle condizioni di poter
dimostrare che lo sparo non era pericoloso oppure, se lo era, che si
aveva una solida giustificazione. È del tutto consigliabile
organizzarsi in modo da poter affermare che il primo colpo sparato (e
di solito è l'unico) era a salve oppure a piccoli pallini od a sale e
quindi non idoneo a mettere in pericolo la sicurezza pubblica.
E' obbligatorio per il privato di denunziare la cessione di armi?
La giurisprudenza della Cassazione è costante nell'affermare che anche chi cede un'arma deve presentare la denunzia della cessione all'ufficio a cui l'arma era denunziata. Si potrebbe però sostenere che la denunzia non è necessaria sulla base dello art. 4 DL 22 novembre 1956 n. 1274 che sembra affermare proprio il contrario. Nel dubbio, consiglio però di continuare a denunziare le cessioni, visto cho ora non occorre più la carta da bollo.
Denunzia di armi in luogo diverso dall'abitazione
È possibile detenere armi in luoghi diversi dalla propria abitazione?
Se ci si reca in questura e si chiede se è possibile detenere le
proprie armi presso la propria ditta oppure in cantina, ci si sentirà
regolarmente rispondere che ciò non è possibile; secondo molti di
costoro, che vanno ad orecchio, invece di guardarsi le norme, le armi
dovrebbero essere detenute solo in casa!
Costoro confondono l'obbligo di custodia delle armi con la loro
denunzia.
L'art. 38 TULPS stabilisce solamente l'obbligo di denunzia delle armi e
l'art. 58 del Regolamento non si preoccupa affatto del luogo in cui
sono detenute. Però stabilisce che quando si denunzia un'arma occorre
indicare il luogo in cui si trovano e il luogo in cui si trovano altre
armi già detenute e denunziate; ovvio che la norma ha un senso proprio
per l'ipotesi che le armi siano denunziate in luoghi diversi.
E che un cittadino possa avere armi denunziate presso la sua abitazione
principale e presso abitazioni secondarie, è un dato di fatto
pacificamente accettato da sempre. Nulla vieta però che le armi siano
detenute in luogo diverso dall'abitazione poiché la legge non lo vieta.
Ciò è tanto vero che è prassi comune, consigliata persino da certi
opuscoli delle Questure sul modo di evitare furti, di portare le armi
in cassetta di sicurezza in Banca.
La diversa opinione è nata, come si è detto, per un confusione tra
detenzione e custodia: l'abitazione è considerata per definizione un
luogo idoneo alla custodia di armi perché luogo abitato, specialmente
di notte; invece una cantina o un negozio o un ufficio potrebbero dare
minor affidamento. Se però il locale è adeguatamente attrezzato (locale
blindato, cassaforte, impianti di allarme) ed offre garanzia eguali o
maggiori di un'abita-zione, non vi è alcuna ragione per cui le armi non
possano essere detenute nel luogo che si ritiene più confacente alle
necessità del cittadino.
Guardie volontarie venatorie - Agenti di polizia giudiziaria? No!
Le Guardie volontarie venatorie sono agenti di polizia giudiziaria?
A pagina 1468 del mio Codice delle Armi vi è una nota in cui si
afferma che esse sono sempre agenti di polizia giudiziaria. Purtroppo
la nota non è mia e vi è stata infilata erroneamente dall'editore che
ha "succhiato" la legge sulla caccia da un'altra pubblicazione da lui
edita. Io sono di contrario avviso. L'art. 57 del Codice di procedura
penale attribuisce la qualifica di agente di PG solo a persone
inquadrate in corpi alle dipendenze di enti pubblici con l'unica
eccezione di coloro "ai quali leggi e regolamenti attribuiscono le
funzioni di cui all'art. 55 " e cioè di accertare reati. Ora la legge
11 febbraio 1992 nr. 157 (nuova legge sulla caccia, posteriore al CPC),
all'art. 27, dice che la vigilanza venatoria è affidata: a) agli agenti
alle dipendenze degli enti locali delegati. "Ad essi è riconosciuta la
qualifica di agenti di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza ai
sensi della legislazione vigente"; b) alle guardie volontarie delle
associazioni venatorie, ecc.
È quindi la legge stessa sulla caccia la quale esclude che alle guardie
volontarie possa essere riconosciuta in via generale la qualifica di
agente di polizia giudiziaria (e tanto meno di agente di PS). L'art. 28
successivo precisa l'importanza della distinzione stabilendo che solo
gli addetti alla vigilanza che siano anche agenti di PG possono
procedere a sequestro amministrativo o penale. È evidente quindi che
non ha senso la tesi secondo cui chi è comunque incaricato di vigilare
affinché non vengano commessi reati, divenga automaticamente agente di
PG quando interviene: la legge incarica una serie lunghissima di
guardie di ogni genere di svolgere "attività di vigilanza" affinché non
vengano commesse violazioni alle leggi venatorie, ma poi stabilisce che
atti di polizia giudiziaria (cioè atti di indagine ed intervento con
rilevanza processuale penale quali sequestri, perquisizioni, assunzione
di informazioni, ispezioni, ecc.) possono essere compiuti solo da chi
ha specifiche attribuzioni di polizia giudiziaria. L'unico dubbio che
potrebbe sorgere è il seguente: è possibile che una legge regionale
attribuisca la qualifica di agente di PG a soggetti diversi da quelli
indicati nella legge? La risposta deve essere negativa perché la
Regione non ha poteri in materia di leggi penali e solo lo Stato può
attribuire la qualifica di agente di PG. Inoltre la legge sulla caccia
risulta aver espressamente delimitato l'ambito dell'art. 55 CPP. Si veda questo articolo più ampio.
Qual è la capacità massima per il caricatore delle armi da caccia a canna rigata?
La legge sulla caccia 1992/157 ha stabilito le seguenti distinzioni:
- fucili a colpo singolo; possono essere ad una o due o a tre canne;
per questi ultimi non sono consentite tutte e tre le canne rigate o
tutte e tre le canne ad anima liscia, ma una deve essere diversa dalle
altre due.
- fucili a canna liscia a ripetizione (ad esempio a pompa o a leva)
oppure semiautomatici: il serbatoio o il caricatore non deve poter
contenere più di due cartucce. Quindi complessivamente l'arma non deve
poter sparare più di tre colpi (uno in canna e due nel serbatoio).
- fucili a canna rigata a ripetizione ordinaria (la cartuccia viene
camerata manovrando a mano l'otturatore): non vi è limite alla capacità
del serbatoio, salvo ovviamente il limite stabilito nel provvedimento
di catalogazione. Rientrano tra questi i fucili a leva e i fucili a
canna rigata con ripetizione a pompa
- fucili a canna rigata a ripetizione semiautomatica (ivi compresi
quelli slug): in base alla convenzione di Berna essi non possono avere
il caricatore con più di due colpi.
In conclusione: non si possono mai superare i tre colpi complessivi
salvo che nei fucili a canna rigata a ripetizione manuale (otturatore
con manubrio, a leva a pompa ecc.). Ma siccome avere più di tre colpi
non serve a nulla con queste armi, è meglio dimenticarsi di questa
eccezione e sul terreno di caccia limitare il serbatoio a due colpi!
Il caricatore può avere in origine una capacità maggiore, ma sul terreno di caccia esso deve essere limitato in modo stabile alla capacità prescritta, vale a dire che il limitatore non deve poter essere eliminato sul posto.
Licenza per il tiro a volo - Tiro fuori dei campi di tiro
È possibile a chi è titolare di licenza di porto di fucile per il tiro a volo, di andare a sparare ai piattelli in un proprio terreno?
In linea teorica si potrebbe rispondere di sì, ma è cosa altamente sconsigliabile. La legge non dice che si deve andare in un campo di tiro ufficiale e quindi senza dubbio si può andare a sparare in un campo privato. Però deve essere un campo attrezzato, dove è escluso che l'arma venga portata per cacciare. Chi si reca in un terreno aperto, non può sottrarsi al sospetto di voler sparare, se capita, anche a selvatici. Ricordo inoltre che la legge venatoria vieta di portare armi cariche nei giorni di caccia chiusa e nei terreni in cui la caccia è vietata. In questi casi non si risponde però di porto illegale di arma, ma solo di sanzioni amministrative e fiscali.
Licenza per porto di fucile - Tiro con la pistola in poliogni privati
E' possibile fare tiro dinamico in un poligono privato con al licenza di tiro a volo?
Chi ha una licenza di porto di fucile può trasportare anche pistole dove gli pare e piace; può quindi recarsi in un poligono del TSN e trasportarvi la propria pistola per usarla. Allo stato delle convinzioni della giurisprudenza non pare invece che si possa fare la stessa cosa in un poligono privato, specie se all'aperto. Nel momento in cui, fuori della propria abitazione o sue pertinenze e in luogo pubblico o aperto al pubblico, si impugna un'arma, questa viene "portata" e occorre la relativa licenza. Il ragionamento potrebbe essere leggermente diverso se il poligono è al chiuso e non aperto al pubblico; però occorre sperare che i giudici sai convincano che non vi è nulla di male ad impugnare la propria arma in casa altrui, se vi è stata trasportata legittimamente. Tesi del tutto sostenibile e corretta perché se in casa altrui posso usare l'arma del padrone di casa, non si vede perché non dovrei poter usare la mia. Nel caso di poligoni all'aperto è sempre consentito, secono giurisprudenza della cassazione, che chi ha il porto d'armi, affidi la propria arma a persona che ne è priva e la faccia sparare, purché sotto il suo diretto controllo e assumendosi ogni responsabilità (più o meno occorre " il fiato sul collo").
Trasporto armi scariche in zona di caccia vietata
Nelle zone di caccia vietata si può trasportare l'arma non smontata e senza custodia?
Se si legge l'art. 21 della legge sulla caccia, lettere da a) ad
e), si vede che esso regola l'esercizio venatorio in certi luoghi: è
vietato l'esercizio venatorio in molti luoghi (parchi, oasi, aie, aree
sportive, ecc.) nonché sulle strade carrozzabili e nel raggio di 50
metri da esse.
Alla lettera f) si fissano invece le distanze di
sicurezza entro cui non si può sparare in direzione di determinati
obiettivi.
Alla lettera h), infine, si stabilisce che all'interno dei centri
abitati e delle altre zone in cui è vietata l'attività venatoria
(termine questo che dovrebbe corrispondere all'esercizio venatorio,
appena visto), nonché a bordo di veicoli di qualunque genere (anche di
una bicicletta quindi) e ovunque e sempre nei giorni in cui non è
consentita la caccia, è vietato il trasporto di armi, salvo che esse
siano scariche e in apposta custodia.
Ciò premesso sorge il problema di capire se il legislatore vietando il
trasporto voleva o meno vietare sempre e comunque anche il porto,
considerandolo come qualche cosa che va oltre il trasporto (vietata la
condotta minore, rimane vietata la condotta maggiore). Il problema non
è di facile soluzione perché le disposizioni alla lettera h) hanno
diversa funzione. Il divieto di trasporto nell'abitato non è diretto a
impedire il bracconaggio, ovviamente, ma ad impedire incidenti; il
divieto di portare armi cariche su veicoli risponde invece ad entrambe
le esigenze; quello relativo ai giorni in cui la caccia è vietata,
vuole vietare esclusivamente il bracconaggio.
L'interpretazione è resa ancor più difficile se ci si rappresenta i
problemi pratici che sorgono nella sua applicazione. Chi arriva con
l'auto sulla pubblica via e vuole addentrarsi nel bosco con il fucile
per cacciare, come fa a superare i 50 metri fra strada e bosco? Deve
forse portarsi dietro per tutto il giorno la custodia? E chi durante
l'esercizio della caccia si trova davanti un'aia, e la deve
attraversare perché è l'unico varco nelle recinzioni, che cosa fa se
non si è portata con sé la custodia? Torna forse indietro e fa un giro
di qualche chilometro?! Di certo no e quindi parrebbe ovvio dover
concludere che vi sono delle situazioni che impongono di interpretare
la norma nel senso che il cacciatore che sul suo percorso incontra un
parco, un campo sportivo, un'aia, dovrà andare con l'arma scarica e non
dovrà farsi cogliere in atteggiamento di caccia, ma potrà portare
l'arma a tracolla senza problemi.
Quanto più chiara era la legge del 1977 secondo cui era vietato
"portare armi da sparo per uso di caccia cariche, anche se in posizione
di sicurezza, all'interno dei centri abitati o a bordo di veicoli di
qualunque genere; trasportare o portare le stesse armi cariche nei
periodi e nei giorni non consentiti per la caccia dalla presente legge
e dalle disposizioni regionali". A questo punto l'unica conclusione
saggia sarebbe di ritenere che la norma non sia interpretabile perché
con tutta probabilità il legislatore ha fatto confusione con le parole
e non si è reso conto che in alcuni casi voleva e doveva regolare il
porto, in altri il solo trasporto.
Se si volesse seguire logica e buon senso si dovrebbe concludere che il
divieto di porto è giustificato e possibile solo in situazioni di
impossibilità assoluta di cacciare (giorni di caccia chiusa), mentre in
situazioni limitate e locali si dovrebbe consentire il porto dell'arma
scarica.
Siccome però dubito molto che queste ragionevoli soluzioni vengano
seguite dai giudici, non mi resta che consigliare di essere prudenti e
di portare sempre con sé una sottile custodia (che può essere anche di
seta o di plastica) in cui avvolgere l'arma nel caso che si dovessero
attraversare luoghi "vietati".
Si veda anche nella sezione giurisprudenza quanto
detto sul trasporto armi in aree protette.
Trasporto di armi alla cintura
È consentito trasportare un'arma scarica entro la fondina alla cintura?
No, le armi devono essere trasportare scariche e chiuse in un contenitore o custodia che ne impedisca l'uso immediato. Si consideri che secondo la giurisprudenza si ha il reato di porto d'armi anche se l'arma è scarica, perché può comunque essere usata per minacciare (anche una arma a salve può servire a questo scopo; il motivo del divieto è che sarebbe troppo facile buttar via le munizioni alla vista dei Carabinieri e poi giurare che l'arma era scarica).
Armi da caccia, calibri consentiti
Quali sono i calibri consentiti per le armi da caccia?
La legge 157/1992 (che conferma quasi integralmente quanto disposto da quella del 1977), stabilisce quanto segue:
1) Fucili a canna liscia a ripetizione manuale o semiautomatici
Il calibro non deve essere superiore al 12; rimangono vietate, in
sostanza, le cosiddette spingarde. Sul terreno di caccia il serbatoio
dei semiautomatici deve essere ridotto alla capacità di due cartucce;
una cartuccia può essere tenuta in canna (nella zona faunistica delle
Alpi, una sola cartuccia).
2) Fucili a canna rigata ad una o più canne
Dice la legge
(attuale art. 13) che l'arma non deve essere di "calibro non inferiore
a 5,6 millimetri con bossolo a vuoto di altezza non inferiore a
millimetri 40". Ricordo che i dati numerici sono puramente nominali,
così che un calibro 5,6 mm (o 22, o 222, 223, 224, 225, secondo il
sistema anglosassone) , ben potrebbe misurare, in realtà 5,58 o 5,62
mm. Con questa frase malriuscita, il legislatore (come risulta dai
lavori parlamentari) voleva semplicemente dire che se un calibro è pari
o inferiore al 5,6 mm (con esso intendendo tutta la famiglia di
munizioni con tale caratteristica dimensionale), deve avere il bossolo
di lunghezza superiore a 40 mm. Il legislatore voleva infatti vietare i
piccoli calibri a percussione anulare perché riteneva che essi
producessero uno sparo modesto e potessero essere usati per
bracconaggio; non intendeva affatto vietare grossi calibri, solo perché
il loro bossolo è corto, come ad esempio avviene nel 44 magnum, né
intendeva vietare calibri inferiori al 22 se muniti di adeguato
bossolo! Si consideri del resto che il legislatore, per pressioni
varie, non ha neppure proibito i calibri Flobert, che pure fanno meno
rumore dei calibri 22, ma sono in calibro 6 mm. o 9 mm. (in effetti
5,87 e 8,80 mm).
I calibri che non rispettano i limiti stabiliti dal legislatore sono,
in sostanza, tutti i calibri 22 a percussione anulare (22 corto, 22
L.R., 22 magnum, 22 extra long, per citare quelli usati in Italia); per
ignoranza del legislatore sulla loro esistenza sono poi rimasti vietati
pochi calibri a percussione centrale, tra cui il più noto è il 22
Hornet (bossolo di c36 mm) ; altri, piuttosto rari, sono il 218 Bee
(bossolo di 34 mm), il 5,6x35R Vierling e qualche 22 Wildcat.
Questa corretta interpretazione è stata confermata dal Ministero
dell'Interno con Circolare 6 maggio 1997 n. 559/C-50.065-E-97 (G.U. 122
del 28-5-97) così formulata:
La
commissione consultiva nella seduta 1/96 ha espresso il parere che
rientrano tra i mezzi consentiti per l'esercizio dell'attività venatoria
a) i fucili ovvero le carabine con canna ad anima rigata a caricamento
singolo manuale o a ripetizione semiautomatica, qualora siano in essi
camerabili cartucce in calibro 5,6 mm. con bossolo a vuoto di altezza
uguale o superiore a 40 millimetri.
b) i fucili e le carabine dalle medesime caratteristiche
tecnico-funzionali che utilizzano cartucce di calibro superiore a 5,6
millimetri anche se il bossolo a vuoto è di altezza inferiore a
millimetri 40.
La legge e la circolare, in effetti, non hanno preso in considerazione
quei calibri in cui il bossolo supera i 40 mm, ma il proiettile è
inferiore a 5, 6 mm, come, ad esempio, il cal. 17 Remington. La legge e
la circolare non hanno affrontato il problema, perchè non se lo sono
posto e perciò non sono molto utili per l'interpretazione.
Tenuto conto della ratio della norma (vietare armi utilizzabili per
bracconaggio in quanto poco rumorose) e tenuto conto che i calibri in
questione sono di tutto rispetto per potenza (ricordo che nella stessa
categoria vi sono calibri militari!), non pare possa sussistere dubbio
alcuno che essi non rientrano tra quelli che il legislatore voleva
vietare. Perciò la lacuna legislativa potrebbe essere colmata con una
circolare.
I fucili in calibro 12 con canna rigata slug non sono soggetti a
limitazione di colpi, salvo diverse disposizioni regionali.
3) Fucili combinati
La legge stabilisce che in Italia non si possono usare combinati con
più di tre canne e stabilisce che la canna rigata deve avere un calibro
non inferiore a 5,6 mm. Mentre la legge del 1977 stabiliva, come per i
fucili a canna rigata, che il bossolo non fosse inferiore a 40 mm,
questo requisito è scomparso nella legge del 1992. Errore del
legislatore o volontà di legalizzare i combinati con una canna in
calibro 22? Si veda questo articolo..
Si noti come il legislatore del 1992 abbia omesso di dire che sono
vietate le armi ad aria compressa come invece era scritto nella legge
del 1977; per le armi a canna rigata soccorre (ma a livello di cavillo)
il requisito della lunghezza del bossolo, che non può essere riferito
alle armi ad aria compressa, ma, stando alla lettera della legge nulla
vieterebbe di costruire per uso di caccia un fucile ad aria compressa a
canna liscia.
La legge non vieta di usare per la caccia fucili ad avancarica, siano
essi antichi o repliche, siano essi a canna rigata o liscia.
Si veda anche la pagina di aggiornamento
Trasporto di armi per sparare all'aperto
Chi è autorizzato a trasportare armi, può andare a sparare all'aperto con una pistola o una carabina.?
No, nel momento che l'arma viene tolta dalla custodia ed impugnata, si commette il reato di porto illegale di arma.
Il cal 22 lr è un calibro per pistola o per carabina?
Il calibro 22 lr (long rifle = lungo per fucile) è
sempre stato considerato un calibro per arma lunga, e non poteva essere
diversamente, visto il suo nome specifico.
Una ventina di anno
orsono il Ministero dell'interno, richiesto da qualche sciocco di
indicare quante cartucce in cal. 22 lr si potessero detenere a norma
dell'art.. 97 Reg. TULPS, se ne uscì con una circolare in cui affermava
che "le cartucce cal. 22 lungo per fucile sono da considerare cartucce
per pistola" !..
La circolare non ha avuto molto seguito ed è stata presto dimenticata,
salvo da chi la conserva per farsi quattro risate nei momenti di
tristezza e da qualche giovane commissario appena uscito dalla scuola
di polizia, ove naturalmente insistono in detto insegnamento.
Ricordo del resto che le circolari vincolano un po' i funzionari di
polizia, ma non il cittadino che non è affatto tenuto a conoscerle: in
altre parole un cittadino non può essere condannato per non aver
conosciuto ed osservato una circolare e il giudice, se sa ragionare con
la propria testa, deve applicare la legge e non le circolari.
E' inoltre opportuno ricordare che in vari pareri il Ministero ha accettato l'idea che chi detiene una carabina in calibro 22 (o altro calibro sicuramente per arma corta) può detenere 1500 cartucce; ha cioè accolto la tesi che in questi casi si ha una classificazione promiscua delle cartucce per cui in concreto deve risalirsi all'arma in cui essa viene impiegata.
Dal punto di vista tecnico, non vi è dubbio che il cal. 22 lr sia un calibro nato e sviluppato per armi lunghe, come si ricava da una rapida ricerca storica.
Nel 1849 Auguste Flobert, proprietario di un salone di tiro a
Parigi, produce per le sue armi da bersaglio da sala una cartuccia
costituita, in sostanza, da un pallino di piombo inserito su di un
innesco, creando quello che sarebbe poi diventato il cal. .22 a palla
sferica (Bulleted breech cap, BB Cap). Visto il successo dell'idea, la
brevettò nel 1851; la Smith & Wesson migliorò la cartuccia con
successivi brevetti del 1854, 1856 e 1860.
Sebbene manchi una
carica di polvere, visto che il propellente è costituito dal solo
innesco, la palla raggiunge una velocità di circa 230 ms.
Negli stessi anni la Colt ed altri costruttori, esclusi dalla
possibilità di produrre rivoltelle a retrocarica perché la S&W
aveva acquistato il brevetto del 1855 di Rollin White che precludeva ad
altri di produrre tamburi perforati da entrambi i lati, si
accontentavano di sperimentare con cartucce di carta o pergamena. Unica
vera nuova invenzione quella di Ferguson che nel 1859 usa carta nitrata
che brucia assieme alla polvere ed anzi ha anche un effetto propellente.
Nel 1857/58 nasce la .22 RF short che contiene 0,25 grammi di polvere
nera per un proiettile di 1,9 gr.
Subito dopo (1858) Benjamin Tyler Henry (costruttore dell'omonimo
fucile), impiega una cartuccia di grosso calibro (cal .44 RF Henry
flat) con 1,6 gr di polvere nera e un proiettile di ben 14 gr e una
velocità iniziale, del tutto ragguardevole, di 360 ms.
Nel frattempo erano migliorate le tecniche di produzione dei bossoli e
la S&W produce (1861) il calibro .32 RF nelle versioni lungo e
corto per il suo revolver Tip-Up N.° 1½.
Del 1863 sono il .30 RF short usata nelle Sharp-Derringer a 4 canne e
il .41 RF short Derringer (detto anche .41-100). Per avere il .41 RF
long occorre attendere il 1873.
Del 1865 sono la .44 RF short, poi usata nella Rim fire Colt 1871, e la
.38 RF short e long.
Nel 1868 compare sul mercato inglese il .380 Revolver (o 380 WCF per il
revolver Webley), che avrà grande diffusione in Europa e verrà imitato
nel .38 short Colt.
Nel 1870/71 viene prodotto il .22 RF long che verrà poi soppiantato dal
.22 l.r.
Nel 1872 gli svizzeri producono il cal. 10,4 mm per il loro revolver di
ordinanza.
Nel 1880 vede la luce il .22 RF extra lang, di solito usato in carabine
, anche con carica a pallini; in Europa è rimasto a lungo in uso in
Svizzera.
Infine nel 1887 la J. Stevens Arms & Tool Company produce una
cartuccia con la denominazione "Special .22 long cartridge for rifle
use", poi abbreviato in .22 long rifle, che assicurerà la sopravvivenza
della munizioni a percussione anulare fino ad oggi.
Da un punto di vista giuridico, manca del tutto ogni ratio (giustificazione logica) per ritenere che il cal. 22 lr debba essere considerato un calibro per arma corta, detenibile solo nel numero di 200 pezzi. Questa limitazione è stata posta dall'art. 97 Reg. TULPS, non certo per evitare esplosioni pericolose in quanto le cartucce per arma corta contengono ovviamente meno polvere di una cartuccia per fucile, ma solo perché si è ritenuto di limitare il numero di cartucce per armi destinate alla difesa personale, maggiormente utilizzabili per fini criminosi. Questa esigenza ovviamente non sussiste per le munizioni a percussione anulari, di certo non usate dalla delinquenza e che invece gli sportivi usano necessariamente in grandi quantitativi. Di conseguenza la limitazione alla detenzione di sole 200 cartucce è inapplicabile, insensata e ottusamente vessatoria. Si consideri che le cartucce 22 corto sono poco più che inneschi muniti di una palla e che gli inneschi sono stati liberalizzati in quanto privi di ogni pericolosità e propria non si capisce per quale motivo un tiratore sportivo che in ogni allenamento spara centinaia di colpi, dovrebbe poterne avere con sé solo 200 pezzi.
Identiche argomentazioni valgono anche per il calibro 22 corto (short), nato nel 1857 per un revolver della S&W, ma subito usato anche in carabine pesanti da competizione ed ampiamente usato per caccia a selvatici fino ad un chilo di peso, senza molto sfigurare rispetto al 22 lungo.
Il fatto è che ai fini della detenzione le cartucce a percussione anulare devono essere considerate ad uso promiscuo, per arma corta e per arma lunga, e che la logica impone di ritenere che esse possono essere detenute nel numero di 1500 cartucce (numero che potrebbe essere aumentato tranquillamente a 5000, al fine di soddisfare le esigenze di coloro che preferiscono allenarsi e gareggiare con cartucce di uno stesso lotto), senza il minimo pericolo di esplosioni o di abusi.
Reati
L'esportazione di armi da guerra senza licenza del ministro, per
quanto non regolata dalle norme sull'armamento, è punita a norma
dell'art. 28 T.U. di P.S. La pena è quella dell'arresto da un mese a
tre anni e dell' ammenda da lire 200.000 a lire 800.000.
La misura
della pena solleva problemi di costituzionalità perché viene ad essere
praticamente eguale a quella che l'art. 695 C.P. commina per
l'esportazione di armi comuni!
L'esportazione di armi proprie di qualsiasi genere (comuni da
sparo, antiche, bianche) senza licenza è punita a norma dell'art. 695
c. p. con la pena dell'arresto da tre mesi a tre anni e dell'ammenda
fino a lire 7.200.00. Si applica solo l'ammenda se l'esportazione
riguarda collezioni di armi antiche.
L'art. 16 L. n. 110/1975
punisce chi esporta le armi oltre 90 giorni dal rilascio della licenza,
ovviamente osservate tutte le altre prescrizioni, con le pene prevista
dall'art. 17 T.U. di P.S. e cioè con la pena dell' arresto fino a tre
mesi oppure dell'ammenda fino a lire 400.000.
Chi è autorizzato al trasporto di armi, quali modalità deve osservare nel trasporto?
Vi sono sovente delle perplessità in ordine al modo in cui si
devono trasportare le armi da parte di coloro che sono legittimati al
trasporto. Il quesito non può essere risolto in base alle sentenze
della Cassazione perché essa quasi sempre i è occupata di casi di
persone prive di ogni licenza e trovate con armi e che si erano difese
che le stavano trasportando e non portando; è evidente che in questi
casi di evidente illegittimità, la Cassazione è stata particolarmente
severa "per non essere presa per i fondelli", Diversa è la situazione
di chi trasporta in base ad un valido titolo così che si deve presumere
non che egli delinque, ma che egli osservi le prescrizioni.
Senza troppe disquisizioni, direi che il comportamento da seguire per
evitare contestazioni è il seguente: l'arma o le armi devono essere
portate in condizioni tali da rendere materialmente impossibile di
usarle, cariche o scariche, in modo rapido; le armi non devono poter
essere usate rapidamente neppure se ci si trova in situazione di
pericolo e quindi di legittima difesa.
Quindi: le armi dovranno essere smontate in almeno due parti, se l'arma
è di tipo scomponibile (nessun problema per doppiette, sovrapposti,
fucili con otturatore; lo smontaggio potrebbe essere complicato e
quindi non dovuto per pistole, rivoltelle e semiautomatici); l'arma
deve essere scarica, il caricatore senza cartucce e le munizioni devono
essere a parte o, se assieme alle armi, imballate a parte. Le armi
dovranno essere in un contenitore chiuso a chiave oppure in un
involucro ben legato con cinghie o corde. Questo in linea di massima
perché, ad esempio, se l'arma è imballata come se dovesse essere
spedita, si può fare a meno di smontarla; se l'arma è priva di un pezzo
essenziale, si può fare a meno di imballarla accuratamente, ma basta
che sia in un involucro. La cosa importante è che chi controlla il
trasporto possa constatare che effettivamente per poter impugnare
l'arma occorra una serie di operazioni non eseguibili in poche decine
di secondi.
Questo non vuol dire, ad esempio, che un bracconiere possa andare nel
bosco con un fucile ben imballato, appostarsi in attesa di un cervo e,
se scoperto, che possa sostenere che egli l'arma la stava solo
trasportando! La sua condotta in questo caso dimostra che egli aveva
l'arma allo scopo di usarla (= portarla) e pertanto verrà giustamente
condannato per porto illegale d'armi.
Chi ha trasportato legittimamente un'arma fuori del luogo in cui sono denunziate, in quali occasioni può usarle (cioè portarle) senza disporre di un porto d'armi?
La risposta è controversa in alcuni punti. È indubbio che si
potranno usare le armi in un poligono di tira segno. Non si potranno
usare in un campo di tiro a volo perché occorre la licenza di porto di
fucile. Se si trasporta l'arma in un luogo privato (casa di un amico,
negozio dell'armiere), sembra che non vi siano problemi al fatto che
l'arma venga estratta dal suo involucro e maneggiata oppure usata per
sparare in un poligonetto privato. Infatti la legge sulle armi comuni
da sparo del 1967 punisce solo il loro porto in luogo pubblico o aperto
al pubblico (ma il negozio dell'armiere è aperto al pubblico e sarebbe
vietato trasportarvi un'arma e aprire il pacco per farla vedere
all'armiere. Piccolo delirio legislativo!). Qualcuno potrebbe invocare
però la vecchia norma del 699 CP che vieta di portare armi fuori della
propria abitazione e sue pertinenze: è però norma che va interpretata
in base alle modifiche successive e al buon senso: essa non voleva di
certo proibire che un soggetto trasportasse legalmente armi in casa
d'altri. La norma si è preoccupata di vietare la condotta iniziale
illegale e non si era posto il problema del tutto secondario dell'arma
uscita di casa legalmente.
Sull'argomento si veda ora l'ampio studio a questa
pagina.
Direttori di tiro - Domanda al sindaco
Con il passaggio ai Comuni della competenza per il rilascio della
licenza di direttore di tiro, ho riesaminato il problema della
competenza ad istruire la pratica e dei documenti necessari. Ecco
quanto ho concluso.
La prefettura non ha più alcuna competenza.
Il comune di residenza non dovrà richiedere alcun documento, salvo la
dichiarazione del Presidente di una sezione del TSN presso cui
l'aspirante è iscritto, che egli potrà concretamente essere utilizzato
come direttore di tiro.
L'idoneità psicofisica al tiro e allo svolgimento di attività sportiva
è stata già accertata dalla iscrizione alla sezione del TSN; la
capacità tecnica sarà presunta per espletamento di servizio militare o
per il conseguimento, anche in passato, di una qualsiasi licenza di
porto d'armi; solo in mancanza di ciò verrà certificata dalla stessa
sezione del TSN. Per quanto concerne invece la sussistenza dei
requisiti soggettivi essi sono attestati dal fatto che l'interessato
sia in possesso di una qualsiasi licenza di porto o trasporto di armi.
Solo nel caso che l'aspirante direttore ne sia privo, il Comune dovrà
acquisire d'ufficio il certificato penale generale dell'interessato e
richiedere alla Questura o ai Carabinieri se l'interessato non sia per
caso sottoposto a misura di prevenzione. La licenza è ora triennale.
Dove si può sparare con la pistola?
In certi Commissariati e Stazioni di Carabinieri vi è l'idea che
chi è munito di licenza di porto di pistola può portare l'arma, ma non
potrebbe mai sparare al di fuori di uno stato di legittima difesa; cioè
pensano che se questi è in cima ad una montagna e decide di sparare
alla lattina della birra che ha appena bevuto, non può farlo.
Questa è una emerita sciocchezza.
L'unica norma che regola la materia è l'art. 57 del TULPS il quale
vieta di fare esplosioni pericolose in un luogo abitato o nelle sue
adiacenze o lungo una via pubblica o in direzione di essa. Ogni altra
condotta è consentita: è consentito sparare fuori dei luoghi abitati ed
è consentito sparare in luogo abitato purché in modo non pericoloso
(molti poligoni di tiro sono in luoghi abitati). Ciò significa che
anche nell'abitato è consentito sparare all'interno di locali o
all'esterno, adottando le cautele necessarie affinché i proiettili non
possano fuoriuscire dalla zona di tiro.
Del resto proprio non si comprende perché, per questi interpreti della
legge, chi è in possesso di licenza di porto di fucile, potrebbe andare
a sparare in un campo di tiro a volo privato (cosa pacifica, visto che
sono tutti di associazioni!), potrebbe sparare alla selvaggina, mentre
ciò dovrebbe essere vietato a chi ha una licenza di porto di pistola.
Questi interpreti non tengono poi conto di un dato di fatto
inoppugnabile: che la interpretazione di tutte le autorità competenti e
della giustizia è in questo senso; nessuno ha mai obiettato per gli
stand del tiro a segno nelle feste di paese (sparo di arma in luogo
abitato da parte di persone prive di licenza!), per i poligoni di tiro
presso le armerie (sparo in luogo abitato), per i tanti poligoni di
tiro gestiti da associazioni private. Con un po' di buon senso
dovrebbero capire che se ciò avviene alla luce del sole da quasi un
secolo, non ci deve proprio essere una norma che lo vieta!
Come comportarsi in caso di rinvenimento di armi?
Dalle lettere che ricevo pare che una delle occupazioni principali
degli italiani sia quella di rinvenire armi; non si svuota una cantina
che non ne escano armi, non muore parente che non avesse armi non
denunziate. Che fare di queste armi non denunziate?
Piuttosto che dire che cosa fare, espongo ciò che fa la gente, per mia
esperienza, in questi casi.
Le anime oneste seguono la legge: vanno dai Carabinieri o dalla P.S. e
denunziano di avere rinvenuto le armi e chiedono che se essi vogliono
se le vengano a prendere (mai portarle perché c'è da farsi arrestare in
flagranza di reato). Dopo di ciò le armi: a) vengono confiscate se
risulta che erano state detenute fino ad allora senza denunzia; b)
vengono restituite nei rari casi in cui risulta che erano nascoste da
quasi mezzo secolo, e quindi non si può stabilire se al momento
dell'occultamento fossero o meno in regola, e nei rari casi in cui si
trova poliziotto o giudice che conoscono questo aspetto della legge);
aggiungo che chi consegna le armi ha diritto di avere una ricevuta e di
chiedere la loro restituzione; l'autorità che le riceve ha solo
l'alternativa, dopo aver fatto gli accertamenti che crede, di
restituire le armi oppure di sequestrarle e inviarle all'autorità
giudiziaria con denunzia a carico di qualcuno (il defunto, un ignoto,
chi le ha rinvenute, se l'Autorità non crede al rinvenimento).
Chi non ha già una licenza di porto d'armi e ottiene le armi in
restituzione, deve munirsi di nulla osta all'acquisto di armi; per
questo nulla osta molti uffici richiedono, in contrasto con la legge,
l'idoneità al maneggio delle armi. Però, per questa ipotesi, vi è una
circolare del ministero, emanata per il caso di chi eredita armi, in
cui si dice che il nulla osta non è richiesto se il detentore rinunzia
ad acquistare munizioni.
Le anime disoneste e che amano il rischio hanno, come sempre avviene,
molte più vie a disposizione:
a) se possono fingere in modo credibile di non aver trovato le armi, le
lasciano dove le hanno trovate, in attesa di una sanatoria (quando
viene fatta una nuova legge sulle armi, in genere vi è anche una
sanatoria e si può denunziare ciò che si vuole);
b) se le armi non sono interessanti al fine di essere usate, le
disattivano e le tengono come soprammobili;
c) le puliscono, le ingrassano, le fondono dentro un mattone di cera da
candele e le sotterrano in giardino in attesa della sanatoria sub a).
Per le armi trovate da eredi di un defunto di veda quanto scritto nella
Sintesi del diritto delle armi .
Armi non catalogate in collezione
Quante armi dello stesso modello ma non catalogate si
possono avere in collezione?
Il problema è stato affrontato dal ministero fin dal 1986 con la
seguente risposta:
Ministero
dell'interno Risposta a quesito n.559/C-50.6439-E-85 del 15 ottobre
1986 proposta dalla Questura di Padova – Detenzione in collezione di
armi dello stesso modello, diverse per punzoni.
Il sign.
**** con l'istanza che si allega in copia ha chiesto di conoscere se
sia consentito detenere in collezione più di un esemplare di armi dello
stesso modello, ma non perfettamente uguali fra di loro, in quanto si
differenziano sia per i contrassegni impressi sulle stesse che per la
loro destinazione.
Premesso quanto sopra, questo Ministero, sentito anche il parere della
Commissione Consultiva Centrale delle armi e tenuto conto del disposto
dell'art.10, comma VI, della legge 18 aprile 1975, n.110 che consente
la detenzione in collezione di non più di un esemplare per ogni modello
di arma, ritiene che, pur trattandosi di più esemplari di armi dello
stesso modello, ne possa essere consentita la detenzione in quanto i
punzoni ed i marchi impressi sugli stessi determinano un diverso
indirizzo storico-culturale di detti esemplari, tanto da costituire
elementi di differenziazione tali da poterli considerare modelli
diversi della stessa arma.
email - Edoardo Mori |
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