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Il Ministero ha iniziato a tenere un comportamento strano in materia di "segnalazioni" nel sito della Polizia di Stato circa il fatto che un'arma sia o meno da caccia, secondo il nostro diritto (art. 13 L. 157/92).
Ricordo che la definizione di arma da caccia è data dalla legge e che il ministero non ha alcuna competenza a definire un'arma come da caccia o meno.
Le segnalazioni del sito erano in genere corrette, salvo qualche errore dovuto a sviste.
Da qualche tempo l'indicazione che un'arma è da considerare arma comune da caccia è sparita per certe armi e i benpensanti si erano convinti che il ministero si fosse accorto che la questione non era di sua competenza.
Improvvisamente invece la Direzione del Catalogo (totalmente priva di competenze in materia) se ne è uscita a scrivere che la circolare del ministero del 6 maggio 1997, in cui si poneva fine ai dubbi sulla interpretazione della legge venatoria, dubbi che per altro avevano solo coloro che hanno difficoltà a capire una norma, è un atto “amministrativo contra legem”, che numero questure non l'accettano più “perché in palese violazione della legge” e che quindi stanno rivedendo le informazioni sul sito.
Ora io non conosco e non voglio conoscere chi ha scritto queste conturbanti affermazioni, ma sta di fatto:
- che la legge 157/92, che riprende la legge sulla caccia 968/ 1977, è più che chiara nel suo contenuto, specie se si ha riguardo ai lavori preparatori; gli estensori volevano vietare solo le munizioni a percussione anulare ritenendo le armi cal. 22 tipiche armi dei bracconieri in quanto silenziabili, meno rumorose, facilmente costruibili da artigiani; ed infatti i parametri indicati si riferiscono chiaramente alle sole 22 anulari (unica eccezione il 22 Hornet a percusssione centrale che i legislatori ignoravano esistesse!); il limite della misura del bossolo a 40 mm. ha propio la sua ragion d'essere che esso, nel cal. 22, pone la linea di confine tra le 22 anulari e le 22 (o 222 o 223) a percusssione centrale. Si consideri che il legislatore aveva nozioni sommarie di balistica, così che ha "tradotto" il 22 in 5,6 mm.
- che da 30 anni tutti coloro che sanno leggere l'hanno interpretata in modo univoco;
- che in modo univoco l'hanno interpretata la Commissione per le Armi e il ministero;
- che il direttore del catalogo ha il compito di registrare le catalogazioni delle armi e non si deve occupare di problemi che non lo riguardano; specie di quelli giuridici.
- che è molto probabile, fino a prova contraria, che fossero più saggi e competenti le molte generazioni di funzionari che hanno preceduto gli attuali dal 1977 ad oggi (l'opinione consolidata in diritto ha molto più peso delle singole opinioni extravaganti).
- che vi è una consolidata serie di diritti acquisiti (armi da caccia comperate e detenute) che non possono essere lesi dalla fisime del primo venuto, né da nessun altro, salvo il legislatore.
Detto ciò ripeto per chi ancora non lo sapesse:
- fra le armi comuni vi sono le armi comuni che la legge per la caccia consente di usare sul territorio dello Stato e che si definiscono come armi comuni da caccia;
- la legge sulla caccia ha voluto vietare soltanto i calibri a percussione anulare di debole potenza e debole rumorosità e ha stabilito che sono vietate le munizioni di calibro inferiore a 5,56 mm (o .22 decimi di pollice in calibro anglosassone) aventi il bossolo di lunghezza non inferiore a 40 mm. Quindi per i calibri superiori a 5,56 mm non si deve andare a vedere la lunghezza del bossolo perché irrilevante visto che un calibro per arma corta ha tutta la potenza per uccidere un cinghiale e tutta la rumorosità richiesta per non essere usabile dai bracconieri. Per ignoranza del legislatore è rimasto escluso anche un calibro a percussione centrale come il 22 Hornet, abbastanza diffuso in Europa.
L'unico dubbio irrisolto è la qualificazione di un calibro inferiore a 5,56 mm, ma con bossolo superiore a 40 mm. Il problema è abbastanza teorico essendo limitato a pochissimi calibri senza storia (17. Remington, 4,85x49 British), ma logica vorrebbe che un calibro degno di essere impiegato in armi da guerra, sia degno anche di essere considerato per l'impiego in armi da caccia.
Raccomando quindi a tutti di opporsi nel modo più deciso a qualsiasi tentativo di uffici di PS di far passare queste stravaganti tesi, sicuramente illegittime per la legge sulla caccia e per il diritto amministrativo.
AGGIUNTA I
Il sito della PS ha poi precisato che le informazioni diffuse da alcuni funzionari irresponsabili erano erronee ed ha precisato esattamente i termi della questione.
A chi gli chiedeva perché nel catalogo non figurasse più la dicitura "armi da caccia ha risposto (Domanda FAQ 106) quanto segue.
Risposta: Non si tratta di un errore. L’ufficio del Catalogo, avvalendosi del parere espresso dalla Commissione Consultiva Centrale per il Controllo delle Armi, ha il solo dovere di stabilire se un’arma può essere definita come comune e, quindi, come tale inserita nell’apposito Catalogo, oppure rientra tra quelle da guerra o tipo guerra, per le quali l’iscrizione viene, ovviamente, rifiutata. Compito del predetto Ufficio è, altresì, quello di attribuire ad un’arma, a seguito di apposita istanza del fabbricante o dell’importatore, laddove il parere espresso dal CONI sia favorevole, la qualifica di “arma sportiva”, ai sensi della legge 25.3.1985, nr. 86. Tale qualifica figura anche al Catalogo. Non compete, invece, al Ministero dell’Interno indicare se un’arma rientra o no tra quelle consentite per l’esercizio dell’attività venatoria, perché esiste un’apposita norma deputata a farlo, l’art. 13 della legge 157/92. Pertanto, un’arma che viene oggi catalogata comune, tale è destinata a rimanere, mentre non è detto che essa sia sempre da caccia, perché il testo della citata norma potrebbe anche subire delle modifiche. Ecco perché l’Ufficio Catalogo non indica, in sede di iscrizione del modello dell’arma al Catalogo Nazionale, se essa rientra tra quelle destinate all’attività venatoria.
Purtroppo nel frattempo bande di Commisari ignoranti ne hanno approfittato per vessare i cittadini e per cagionare loro danni rilevanti.
AGGIUNTA 2
A maggio è stata diffusa questa circolare, che forse tale non è perché pare diretta alla Questura di Trento.
Ufficio per l'amministrazione generale,
circolare n.557/pas.50.232/e/2008 del 12/05/2008.
oggetto: armi consentite per l'attivita' venatoria, alla questura di Trento.
" in relazione al quesito posto, con la nota in riferimento, si rappresenta
quanto segue. la normativa vigente (art.13 legge 157/92) definisce in
maniera inequivocabile le munizioni impiegabili in ambito venatorio;esse
sono quelle il cui calibro e' pari o superire a 5,6 mm, con altezza del
bossolo a vuoto non inferiore a 40 mm. Si deve ritenere, quindi, che per le
armi lunghe in parola, trovi diretta applicazione la disciplina prevista
dalla norma richiamata".
Firmato, il direttore dell' ufficio per l' amministrazione generale Linardi
Nota
Scrivere che il parere del ministero deriva da un testo di legge "inequivabile", è un falso ideologico; come può essere inquivocabile un testo che da 30 anni TUTTI hanno letto e capito in modo esattamente contrario? E perché chi è così intelligente da aver capito una cosa che era sfuggita a tutti, non la spiega, invece di fare affermazioni apodittiche? Avrà mai sentito dire che gli atti amministrativi vanno motivati? Ha acquisito il prescritto parere obbligatorio della Commissione o è una idea che gli è nata spontanea in una notte insonne?
La verità credo stia nel fatto che il sottofunzionario a cui era venuta la bislacca idea di far dire al catalogo delle armi quali erano le armi da caccia e che aveva preso una facciata interpretativa, pur di fronte alla smentita dello stesso ministero, pur di fronte a chi gli faceva osservare l'assurdità di quanto aveva fatto, non ha inteso demordere ed ha colto l'occasione dell'arrivo di un nuovo funzionario del tutto inesperto del settore per fargli firmare questa oscenità e così riabilitarsi. Sarà o no un caso che quel funzionario bazzicasse proprio per la questura di Trento? Come dicono in TV "ma che caso!" .
Perciò ripeto: manca un qualsiasi atto amministrativo atto a mutare la situazione normativa vigente. Rifiutatevi di aderire a richieste basate su queste irresponsabili invenzioni estive, pretendete da ogni ufficio che solleva contestazioni, un provvedimento scritto e motivato e rivolgetevi alla associazione FISAT per promuovere ricorsi collettivi.
__________
AGGIUNTA 3
Riporto anche una lettera del direttore del Catalogo di data 08-01-04:
Nel rispondere al quesito posto dall'lsp. C. De Marco, colgo l'occasione per chiarire gli aspetti alquanto controversi di questa questione. Come avevamo già specificato in un precedente intervento, le armi sono da caccia in quanto conformi ai requisiti previsti dalla legge. La norma in questione è l'art. 13 della legge 157/92. Essa stabilisce che sono da caccia le carabine ad anima rigata che abbiano un calibro non inferiore a 5,6 mm, CON altezza del bossolo a vuoto non inferiore a 40 mm. La norma appare quanto mai precisa e di facile interpretazione; è evidente, pertanto, che una carabina che impieghi una munizione il cui bossolo è lungo 21 mm non rientra tra i mezzi per l'esercizio venatorio. Questo quadro normativo è stato, però, complicato da una circolare ministeriale del 1998, nata per l'esigenza di chiarire la posizione dei fucili ad avancarica. Come sapete, nelle armi ad avancarica non si ha il bossolo e, quindi, interpretando rigorosamente !a legge, si arrivava alla conclusione che non fosse possibile cacciare con l'avancarica. Il problema venne portato all'esame della Commissione Consultiva Centrale per il controllo delle armi la quale, per risolvere il problema, si pronunciò nel senso che è sufficiente che il calibro sia superiore a 5,6 mm per non doversi considerare la lunghezza del bossolo. Da questo parere nacque la circolare che ho citato che, di fatto, e andata a stravolgere il testo normativo. La volontà del legislatore, infatti, era quella di impedire l'esercizio venatorie con calibri da pistola, sia perché subsonici, quindi, facilmente silenziabili per uso di bracconaggio, sia perché privi dì elevato potere d'arresto, in grado, perciò, di arrecare gravi {ed inutili) ferite all'animale senza determinarne il prelievo venatorio. Con la circolare, di fatt invece, si consentirebbe la caccia con qualsiasi calibro, anche i più piccoli. Si tenga presente, infatti, che un calibro 22 L.R. ha un diametro del proiettile ricavato da tabelle C.I.P., di 5,8 mm. Dal punto di vista strettamente normativo si deve tener conto che una circolare è un atto amministrativo che si deve limitare ad interpretare la norma vigente ma che non ha alcun potere di modificarne o stravolgerne il contenuto. Nell'ordinamento italiano, se una legge viene emanata dal Parlamento, solo quest'organo ha il potere di modificarla. Tanto premesso, sì può dire che sia il fabbricante che l'armiere sbagliano quando asseriscono che la legge stabilisce che quell'arma è da caccia; la legge dice ben altro. E' pur vero, tuttavia, che esiste una circolare ministeriale che dice ciò. lo mi limito solo a dire che, in caso di processo penale, il giudice è chiamato ad applicare la legge dello Stato e che, in una recente risposta data dall'Ufficio ad una Questura, è stato ribadito che, in casi analoghi, è necessario rispettare la legge.
Dr. Pierluigi Borgioni, Direttore dell’Ufficio del Catalogo Nazionale.
Nota
Il dr. Borgioni è persona cortese che si è sempre comportato correttamente. E la sua lettera è corretta da un punto di vista giuridioc, ma qualche "perito" della Commissione gli ha rifilato delle ineffabili fregnacce tecniche che lo hanno completamente fuorviato. Non ci vuol molto a correggerlo facendo osservare che:
- non è vero che il problema risolto con la circolare del 1997 fosse nato per le armi ad avancarica; alla Commisssione venne proprio posto il dubbio interpretativo sulla volontà del legislatore, peraltro già applicata in modo corretto nella prassi.
- non è vero che i legislatore voleva proibire i calibri di pistola perché subsonici e silenziabili: è una scemata totale perché a) alcuni calibri 22 superano la velocità del suono e quindi cade tutto l'argomento; b) il silenziamento non c'entra nulla perché se un bracconiere va con un'arma silenziata non si preoccupa certo del calibro dell'arma; intanto il reato di bracconaggio sempre lo stesso rimane!
- il legislatore consente i calibri Flobert, molto più idonei alla caccia agli uccellini del cl. 22 e molto più silenziosi.
- non è vero che un grosso calibro di pistola sia silenzioso quanto un 22 o un flobert.
- è una colossale scemenza che i calibri per pistola non siano adatti per la caccia; ma se vanno bene persino per il cinghiale!
- non capsico che cosa centri il fatto che il ca. 22 sia 5,8 mm di diametro (sic!); a parte il fatto che le tabelle CIP , come si trovano anche nel catalogo nazionale della PS, non dicono affatto che il diametro del proiettile sia di 5,8 mm!!
Dr. Borgioni, non le sembra che sarebbe molto opportuno che consultasse qualche tecnico meno ignorante e poi rifacesse un pensierino sugli argomenti sopra addotti?
email - Edoardo Mori |
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