Relazione presentata al Convegno giuridico in occasione
della EXA 2004 di Brescia. E' un articolo di dottrina e richiede conferme
giurisprudenziali.
Il problema che intendo trattare è il seguente: entro
quali limiti è consentito usare armi in luoghi diversi dalla propria
abitazione e sue appartenenze a coloro che sono privi di una licenza di porto.
Intendo cioè cercare di dare una risposta ai frequenti quesiti che
si pongono nella pratica, quale quello se sia o meno consentito, a chi non
ha licenza di porto di pistola, di sparare con le proprie armi o con armi
altrui in un poligono o campo di tiro privato.
Cominciamo a dire ciò che è sicuramente consentito.
Per prima cosa chiariamo un punto giuridicamente certo, ma che sfugge ai più.
Nel nostro diritto le armi possono essere detenute da chiunque sia sano di
mente e dia garanzia di non abusarne e possono essere detenute in uno o più
luoghi, anche diversi dalla propria abitazione (ditta, cassette di sicurezza,
casa di campagna) purché diano affidamento di sufficiente custodia.
Non è richiesta l'idoneità al maneggio di armi, come espressamente
detto dalla norma sulle collezioni (art. 3 L. n. 36/1990).
È poi del tutto chiaro ed indiscusso che non vi è alcun divieto
di impedire l'accesso alle armi alle persone che abitano nel luogo in cui
sono custodite le armi o che lo frequentano. Ed invero l'art. 20 bis della
legge 110/1975 impone solamente di impedire che le armi finiscano nella mani
di incapaci o inesperti. Quindi, per fare un esempio, la moglie del possessore
dell'arma che ha paura dei ladri, ben può tenersi la pistola del marito
sul comodino e il marito ha solo il dovere (e l'interesse, se vuol campare
a lungo!) di controllare che essa sappia usare l'arma in modo sufficiente.
Deve essere quindi considerata del tutto erronea l'interpretazione che sic
et simpliciter considera imperite tutte le persone che non sono autorizzate
a detenere armi e quindi tutti i familiari del detentore dell'arma! Nel nostro
diritto l'idoneità al maneggio delle armi è richiesta esclusivamente
per portarle in luogo pubblico o aperto al pubblico e non è affatto
richiesta per detenerle e maneggiarle in luoghi privati.
In secondo luogo prendiamo atto che ormai è dato di fatto e giuridico
acquisito, sia dalla prassi che dalla giurisprudenza, che nessuna norma di
legge vieta di sparare in poligoni privati personali o di associazioni o di
ditte commerciali, sia al chiuso che all'aperto, a tutti coloro che siano
in possesso di una licenza di porto specifica per l'arma usata (di porto di
arma corta se si spara con armi corte, di porto di fucile per caccia, difesa
o tiro a volo se si spara con armi lunghe).
È altrettanto indiscusso che nei luoghi ora indicati chi ha la licenza
di porto d'armi può sparare con armi altrui, prestate o noleggiate,
se per esse la legge consente il comodato.
Soluzioni queste di assoluta ovvietà perché davvero non si comprende
per quale motivo, ad esempio, un cacciatore che può sparare tranquillamente
in aperta campagna non dovrebbe poter sparare ancora più tranquillamente
in un terreno appositamente attrezzato per il tiro e che offre quindi una
ben maggiore sicurezza e ben maggiori possibilità di controllo da parte
dell'autorità.
Si ha invece qualche resistenza ad andare un poco oltre questa situazione
ovvia e, se si approfondisce appena la questione è facile stabilire...
che nessuno l'ha mai approfondita!
Per comprendere il problema e il motivo del blocco mentale di molti interpreti,
bisogna partire dal Codice penale il quale, all'art. 699, vieta di portare
senza licenza un'arma fuori della propria abitazione e sue appartenenze. Questa
dizione è stata poi abbandonata con la Legge 2 ottobre 1967 n. 895
la quale vieta di portare illegalmente armi comuni da sparo in luogo pubblico
o aperto al pubblico. Quindi, nel 1967 si trovavano a coesistere due norme:
quella del codice penale che continuava ad applicarsi alle armi proprie non
da sparo e alle armi antiche in genere, da non portare fuori dell'abitazione,
e quella del 1967 che si applicava alle sole armi comuni da sparo, da non
portare in luogo aperto al pubblico.
Invece di porsi il problema di come armonizzare le due diverse disposizioni
e delle incongruenze logiche che causavano (si viene ad essere puniti per
il porto di pugnale con una pena che è quintupla rispetto al porto
di una pistola!), i giuristi hanno tranquillamente accettata la bifida situazione
che in pratica porta a questo assurdo: se una persona in un edificio prende
un'alabarda e va ad infilzare il vicino di casa, risponde di porto d'arma
illegale perché ha portato l'alabarda fuori della propria abitazione;
se prende la pistola e va a sparare al vicino non risponde di porto illegale
di arma perché non l'ha portata in luogo aperto al pubblico! Oppure:
se una persona prende un pugnale, lo impacchetta bene, va a casa del suo nemico
(cioè vi trasporta l'arma), apre il pacco e lo pugnala, risponderà
di porto illegale di arma perché ha portato il pugnale dentro l'abitazione
del nemico e quindi fuori della propria abitazione; se fa la stessa cosa con
una pistola non risponderà di porto illegale perché egli mai
ha portato l'arma in luogo in luogo pubblico o aperto al pubblico.
Sembra ovvio concludere che qualche cosa non quadra e che la questione va
affrontata diversamente, se non si vuole accettare una disparità di
trattamento illogica e senz'altro in contrasto con le norme costituzionali.
La soluzione si trova se ci si chiede perché il legislatore del 1967,
che a differenza di quello odierno sapeva ancora scrivere le leggi, abbia
ritenuto di dover cambiare la dizione usata dall'art. 699 C.P; e l'unica risposta
possibile è che esso si fosse reso conto della incongruenza della interpretazione
fino ad allora data alla norma e avesse inteso rimediarvi, Ciò significa
quindi che la norma del 1967 costituisce una interpretazione autentica dell'art.
699 C.P. e che pertanto ora il porto illegale di arma si configura solo se
l'arma viene portata in un luogo pubblico o aperto al pubblico.
Questa interpretazione era del resto quella che si imponeva già prima
del 1967, solo che ci si fossero rappresentate le situazioni concrete che
si presentavano e che nella realtà nessuno aveva mai ritenuto fossero
vietate.
Per completezza chiarisco che la Cassazione ha correttamente stabilito che
deve ritenersi aperto al pubblico non solo il luogo accessibile e frequentabile
da un numero indefinito di persone ma anche quello nel quale possano accedere
una o più categorie di persone che abbiano determinati requisiti, purché
non predeterminabili, specie quando chi esercita sul luogo un potere di fatto
o di diritto non può far ricorso allo "ius excludendi" per giustificati
motivi. (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6880 del 14/06/1995). Ha poi aggiunto che
anche il fondo rustico privato, se non è recintato, è pur sempre
aperto al pubblico perché è comunque accessibile ai cacciatori
e ad altre categorie di persone, sia pur ristrette ed entro certi limiti,
(art. 842 e 843 cod. civ.) non predeterminabili. (Cass., Sez. I, n. 8702 del
23-9-93).
È opportuno però ricordare che in questa materia la Cassazione
tende a variare la nozione di luogo aperto al pubblico a seconda del tipo
di reato!
Vediamo alcuni esempi di situazioni concrete da cui emerge l'incongruità
della suddetta distinzione.
- Una persona si reca in casa di un amico, vede una pistola su di un tavolo
e la impugna; essa in quel momento pone in essere il porto di una pistola
fuori della propria abitazione; ma è punibile?
- Una persona si reca da un armiere (e quindi luogo aperto al pubblico!) e
l'armiere gli mette in mano una pistola per fargliela provare; essa in quel
momento pone in essere il porto una pistola fuori della propria abitazione;
ma era punibile in base all'art. 699? E che dire se nel suo poligono privato
(luogo non aperto al pubblico) gli avesse fatto provare la pistola?
- Una persona prende il suo fucile e lo trasporta da un armiere per farlo
pulire; giunto dall'armiere apre il pacco e prende il fucile in mano; commette
forse il reato di porto perché non è più nella propria
abitazione?
- Una persona trasportata le sue armi in una casa di campagna e le toglie
dal pacco; forse commette reato se lo fa prima di aver denunziato che quello
è il nuovo luogo di detenzione?
- Una persona ha una cantina in cui si può sparare e mi invita a una
gara di tiro. Perché egli può sparare in quella cantina armi
e io no?
- Una persona trasporta un'arma nella cassetta di sicurezza della banca; forse
è punibile perché ha fatto uscire la pistola dalla propria abitazione?
È facile concludere che l'art. 699 CP non ha mai preteso di vietare
di usare o portare (il che è la stessa cosa) un'arma in luoghi privati
diversi dalla propria abitazione (o per meglio dire dal luogo in cui essa
è custodita e denunziata), ma che voleva semplicemente vietare che
esse venissero portate in luogo pubblico o aperto al pubblico, come più
correttamente ha chiarito la legge del 1967. Le due nozioni fuori della abitazione
e in luogo pubblico non sono distinte, ma sono le due facce di una medaglia,
sono lo stesso concetto espresso in due modi diversi, così come di
un bicchiere si può dire indifferentemente che è mezzo pieno
o mezzo vuoto. Ciò significa che, alla di là della lettera della
norma, la quale si è limitata a regolare il quod plerumque accidit,
il legislatore non ha mai inteso dire che le armi potessero essere impugnate
solo all'interno della propria abitazione o, al massimo, nelle sue appartenenze,
ma solo che è vietato il porto in luogo pubblico o aperto al pubblico;
quindi non è reato impugnare un'arma in ogni luogo privato.
Si consideri che ai fini della prevenzione criminale non cambia assolutamente
nulla perché il criminale, nella quasi totalità dei casi, giungerà
nel luogo privato attraverso luoghi pubblici ed aperti al pubblico e con armi
detenute illegalmente o trasportate illegalmente, così che la sua adeguata
punizione è comunque assicurata.
Non deve trarre in inganno il fatto che il legislatore abbia ritenuto di consentire
il libero porto nelle appartenenze di una abitazione: la disposizione non
è limitativa, ma estensiva; il legislatore non legittima il porto solo
nelle appartenenze perché luoghi privati, come sempre inteso in base
ad una lettura superficiale, ma anche in esse, per l'ovvia
ragione che molto spesso le appartenenze di un edificio sono luoghi aperti
al pubblico (aie, cortili, spazio fra edifici di una fattoria, ecc.) ed era
perciò necessario ampliare il dettato normativo.
Ricordo doverosamente che la Cassazione, con sentenza n. 6880 del 14/06/1995
(ma che si ricollega ad una giurisprudenza nata nel 1982) ha sostenuto la
tesi, ancora più anomala, secondo cui si dovrebbe distinguere tra ben
tre diverse condotte:
a) il porto nella propria abitazione e sue appartenenze, consentito,
b) il porto in un luogo privato diverso da quelli al punto a), punito a norma
art. 699 C.P.
c) il porto in luogo pubblico o aperto al pubblico, punito a norma della legge
del 1967.
Il bel risultato ameno di questa interpretazione è che se un soggetto
prende una pistola, va in paese e poi nella casa del suo nemico, dovrebbe
rispondere prima del reato di porto in luogo pubblico (pena minima 4 mesi
di reclusione) e poi anche del reato di porto d'armi in abitazione altrui
(pena fino a 18 mesi di arresto); se però uscendo di casa ha attraversato
il suo podere recintato risponderà anche di porto in luogo privato
non pubblico (pena fino a 18 mesi di arresto!).
La soluzione sopra esposta trova un preciso supporto anche nella legge 85/1986
sulle armi sportive la quale dice che la licenza di trasporto viene rilasciata
previa attestazione di una sezione del TSN o di una associazione di tiro iscritta
ad una federazione sportiva affiliata al CONI. Orbene, siccome le attività
di molte di queste federazioni non si svolgono presso i poligoni del TSN,
ma presso poligoni di privati o di associazioni, si deve concludere che il
legislatore, almeno per le armi sportive, ha voluto implicitamente affermare
il principio che chi ha la licenza di trasporto per armi sportive è
comunque legittimato ad usare le armi nei poligoni non solo privati, anche
se aperti al pubblico (e se vi si svolgono gare, essi sono aperti al pubblico).
Abbiamo così fissato tre punti cardini del ragionamento e cioè:
1) Nessuna norma vieta di impugnare un'arma in un luogo privato.
2) Chi è possessore di armi e le trasporta o fa trasportare legittimamente
in un luogo privato diverso da quelle in cui sono custodite, le può
impugnare ed usare.
3) Per la legge sulle armi sportive è consentito trasportare armi ad
un poligono o ad un campo di tiro, anche se aperti al pubblico, e di sparare
con esse.
Vediamo ora un altro aspetto del problema che è quello della possibilità
per una persona non munita di licenza di porto d'armi di usare armi sotto
il diretto controllo di persona che ne sia invece munita.
Il problema è stato risolto sul piano normativo solo per i poligoni
del Tiro a Segno Nazionale in cui chiunque, anche se minorenne, può
sparare senza bisogno di alcuna autorizzazione perché si trova sempre
sotto il diretto controllo del direttore o commissario di tiro.
Vi è però un'altra disposizione che indirettamente regola la
situazione: il già citato art. 20 bis della legge 110/1975 punisce
con pena ridotta chi affida armi a incapaci sul terreno di caccia e per affidamento
deve intendersi senza dubbio quello da cui deriva la autonoma disponibilità
dell'arma; si dovrebbe perciò concludere che non vi è sanzione
se manca questa autonoma disponibilità.
Si può però affermare che il principio è di applicazione
generale come dimostra, ad esempio, il fatto che le norme interne del CONI
(ente pubblico la cui attività è riferibile alla pubblica amministrazione)
e della FITAV prevedono che gli sportivi che praticano il tiro a volo possono
iniziare la loro attività a 14 anni; in altre parole in un campo di
tiro a volo e sotto il controllo di un istruttore, persino dei minorenni possono
portare armi. Ricordo che la FITAV è una associazione di diritto privato
che riunisce disparate associazioni (infatti è una federazione) e che
non ha affatto il monopolio del tiro a volo; quindi ogni associazione di tiro
sportivo può far addestrare allo sport del tiro a volo giovani dai
14 anni in su.
Ricordo anche che molti campi di tiro hanno la licenza del sindaco per pubblici
spettacoli; è chiaro che nel momento in cui il poligono viene aperto
al pubblico per lo spettacolo (ma solo allora!), esso non può più
essere considerato luogo privato.
Questo principio è sempre stato accettato senza problemi e contestazioni
solo che si pensi quanto era diffuso fra i cacciatori l'uso di portare con
sé il figlio apprendista e di passargli il fucile solo al momento di
sparare al selvatico oppure che si pensi agli stand per il tiro a segno nei
Luna Park in cui tutti, in pubblico, sparano liberamente (un tempo con armi
sicuramente qualificate come armi comuni da sparo).
Abbiamo così acquisito un altro punto cardine:
4) È consentito a chiunque di impugnare un
arma e di sparare purché ciò avvenga sotto il diretto controllo
di persona a ciò autorizzata o munita di adeguata licenza di porto
d'armi.
A questo punto è necessario chiedersi se le norme sul comodato impediscano
di affidare ad altri un'arma che non sia sportiva o da caccia.
Diciamo subito che non si ha mai comodato quando la nostra arma viene usata
da altri sotto il nostro diretto controllo. Ma neppure può aversi comodato
quando l'arma viene affidata per l'uso immediato in un luogo privato. La norma
sul divieto di comodato è nata per punire il noleggio o prestito di
armi fra criminali, integra cioè una cessione illecita e temporanea
di armi che entrano nella completa e libera disponibilità del ricevente.
Nei casi in esame si è quindi totalmente al di fuori dello schema giuridico
del comodato.
Quanto esposto consente di risolvere questo elegante caso giuridico: Tizio
è stato assunto come custode di una villa e il proprietario una sera
gli dà un fucile dicendogli di fare un giro per il parco (sicura appartenenza
dell'abitazione e sicuro luogo non aperto al pubblico) per controllare che
non vi siano intrusi; può il custode portare quest'arma all'interno
del parco? La risposta non può che essere affermativa perché
per portare armi all'interno di un'abitazione e delle sue appartenenze non
è richiesta alcuna licenza per il proprietario ed i suoi familiari
capaci (principio pacifico) e non vi è ragione al modo perché
lo stesso principio non debba valere per altri soggetti che si trovino nella
stessa situazione. Persino il ladro che sia entrato nell'abitazione e si sia
impossessato di una pistola non risponderà di porto abusivo finché
non uscirà con l'arma fuori dall'edificio e luoghi privati circostanti
per arrivare in un luogo aperto al pubblico. Quid juris se invece del fucile
gli avesse affidato una pistola per cui non è consentito il comodato?
La mia risposta è che nulla vi sarebbe di illecito perché la
legge non ha mai voluto vietare la consegna di armi ad altri in luogo privato.
È facile immaginare le obiezioni di coloro che piuttosto che studiare
le norme di legge, se le immaginano.
Si dirà che in questo modo si viene a dire che in un luogo privato
può usare un'arma anche chi non ha il certificato di idoneità
al maneggio delle armi. È vero, ma è proprio ciò che
la legge ha detto da sempre.
Si dirà ancora che consentendo a persone prive di porto d'armi di sparare
in luoghi privati, si pone in pericolo la sicurezza pubblica. A questa obiezione
però può rispondersi con l'argomento già visto, secondo
cui se posso sparare nel giardino sotto casa mia, non si comprende perché
non dovrei poter sparare nel giardino sotto la casa di un mio amico. Se qualche
preoccupazione potrebbe sorgere per i poligoni all'aperto, nessuna riserva
può esservi per i poligoni al chiuso, con linee di tiro sicure e ove
si può sparare sotto il controllo di una persona esperta. Per quanto
concerne i poligoni si deve però tener presente che in essi vi è
sempre una persona civilmente e penalmente responsabile e che ha quindi tutto
l'interesse ad adottare idonee misure di sicurezza per evitare la fuoriuscita
di proiettili o incidenti fra i tiratori. Inoltre esistono norme generali
di sicurezza che impongono distanze di sicurezza da luoghi abitati e di non
sparare in determinate direzioni. L'esperienza dimostra che gli incidenti
dovuti a proiettili vaganti sono praticamente nulli.
Qualcuno potrebbe ancora osservare che con la interpretazione esposta si consentirebbe
di esercitarsi al tiro anche a persone che non danno affidamento di non abusare
delle armi: è vero, ma ricordiamo che a queste persone nulla vieta
di esercitarsi ben nascosti in casa propria.
Conclusioni
Credo di aver dimostrato che, in base ad una corretta interpretazione della
normativa vigente e tenendo conto della realtà, è perfettamente
lecito a chiunque di sparare con armi di ogni genere consentito, in suo possesso
o ricevute sul posto, in ogni luogo che non sia pubblico o aperto al pubblico.
Quindi anche chi è privo di porto d'armi può:
- sparare in un campo di tiro dinamico;
- sparare in un campo di tiro a volo;
- sparare in un poligono privato;
- sparare in un luogo all'aperto che sia recintato in modo invalicabile e
con chiaro divieto di accesso;
- può sparare in luogo pubblico o aperto la pubblico, se è sotto
il diretto controllo di persona idonea al maneggio delle armi la quale funge
da istruttore.