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TRIBUNALE DI BOLZANO
GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
DECRETO DI ARCHIVIAZIONE
Nr. 00/8501 PM
Nr. 01/2657 GIP
Il GIP Dr. Edoardo
Mori
nel procedimento penale a carico di
(omessi i dati personali)
INDAGATO
Per il reato di cui all'art. 2 L. 2 ottobre
1967 n. 895 per aver illegalmente detenuto una carabina ad aria compressa
Diana mod. 35.
Accertato in Brunico il 19-12-2000
Vista la richiesta di archiviazione del PM, rileva quanto segue.
L'imputato è stato trovato in possesso di una carabina Diana Mod.
35 non denunziata per un disguido ed è stato denunziato per detenzione
illegale di arma comune da sparo. Questo GIP ritiene che, conformemente
a quanto richiesto dal PM, la detenzione di simile strumento non costituisca
più reato.
L'art. 11 della Legge 526/1999 ha stabilito che le pistole e carabine
ad aria o gas compressi i cui proiettili erogano una energia iniziale
non superiore a 7,5 Joule non sono più considerati né armi
comuni da sparo né armi proprie, ma strumenti atti ad offendere
liberamente detenibili e liberamente portabili per lo svolgimento di attività
sportive varie. Ha poi stabilito che il ministero provvedesse ad emanare
un regolamento con cui stabilire una disciplina specifica dell'utilizzo
di questi strumenti e, infine, ha disposto che le infrazioni concernenti
il porto, il comodato, il trasporto, l'affidamento a minori, la punzonatura,
la vendita, ecc. (vale dire tutte le prescrizioni contenute nello stesso
articolo 11) venissero punite con sanzioni amministrative. Il che, in
base al principio di specialità, implica una depenalizzazione di
tutte le condotte che hanno per oggetto questi strumenti. Ciò significa
che il legislatore (almeno stando alla lettera della legge) per questi
strumenti ha stabilito un regime giuridico ancor più favorevole
di quello previsto per gli strumenti atti ad offendere il cui porto senza
giustificato motivo resterebbe punito a titolo di contravvenzione. Ciò,
come del resto quasi ogni disposizione della legge, crea evidenti situazioni
di illogicità con rilevanza costituzionale, ma non concernono il
caso specifico in esame.
Il caso in esame concerne il problema degli strumenti ad aria compressa
che sono già in possesso dei cittadini (e sono parecchie centinaia
di migliaia di pezzi) e di cui la legge non si è occupata perché
essa, concepita per favorire i commercianti, si è occupata solo
degli strumenti di nuova produzione o importazione. Trattasi quindi di
stabilire, in via interpretativa, se gli strumenti già detenuti
e con potenza inferiore a 7,5 Joule siano stati anch'essi liberalizzati
o meno dalla nuova legge.
Chiariamo subito che nessun argomento interpretativo può essere
ricavato dal regolamento ministeriale emanato con DM 9 agosto 2001, n.362,
ed in cui si stabilisce che ogni arma vecchia dovrebbe essere classificata
dalla Commissione per le armi e mandata al Banco di Prova esattamente
come un'arma di nuova produzione o importazione: soluzione sconsiderata
ed assurda perché i nuovi modelli sono poche decine e il commerciante
affronta un costo modesto per far classificare il singolo modello e poi
metterne in vendita migliaia di pezzi, mentre il cittadino dovrebbe affrontare
disagi burocratici e costi analoghi, se non maggiori, di gran lunga superiori
al valore dell'unico pezzo che possiede e che deve far controllare. Per
tacere dell'assurdo secondo cui 10.000 cittadini in possesso, ad esempio
di una carabina Diana 35, sicuramente liberalizzata, dovrebbero presentare
10.000 domande di classificazione e spedire 10.000 armi al Banco di Prova,
richiedendo 10.000 licenze di trasporto, quando sarebbe sufficiente che
il ministero scrivesse in una circolare di aver accertato che la carabina
mod. 35 è liberalizzata! E tutto ciò anche nel caso che
l'importatore avesse già fatto classificare tale modello, così
da poterlo vendere liberamente!
Ed invero il regolamento è sconclusionato in ogni sua frase perché,
di fronte alla norma di legge che richiedeva al ministero l'emanazione
di un regolamento sullo UTILIZZO dei nuovi strumenti, indicando chiaramente
quali erano i settori su cui il regolamento poteva incidere (acquisto,
conformità, tempi e modi in cui i cittadini possono utilizzare
gli strumenti) ha ritenuto di poter regolamentare ogni aspetto della vita
di questi strumenti, dalla produzione, alla importazione, ecc. arrivando
persino, nella sua frenesia burocratica, a regolare ciò che era
già regolato dalla legge e persino a regolarlo in modo opposto
alla volontà del legislatore. Si prenda ad esempio illuminante
l'art. 14 in cui si dice che le armi ad avancarica (liberalizzate anch'esse)
possono essere portare solo con licenza di porto d'armi, mentre l'art.
11 della legge stabilisce in modo che più chiaro e inequivoco non
potrebbe essere, che il loro porto è libero; oppure la norma in
cui l'estensore, in totale marasma burocratico, stabilisce che per importare
più di tre di questi giocattoli ad aria compressa all'anno occorre
la licenza del prefetto!.
Sul fatto che il regolamento non poteva regolare ciò che era già
regolato dalla legge, si consideri che le condotte che possono essere
imposte dal regolamento sono sanzionate, in caso di inosservanza, solo
con sanzioni amministrative; è di tutta evidenza perciò
che il regolamento non può regolare situazioni che invece ricadono
al momento sotto la legge penale, perché altrimenti si avrebbe
una forma di depenalizzazione lasciata all'arbitrio di un decreto ministeriale.
E qui non si affronta, perché non rilevante, il grave problema
della violazione del principio della riserva di legge derivante dalla
delega al Ministero a creare nuove figure di illeciti amministrativi e
relative sanzioni con un regolamento!
Il corretto punto di partenza è invece che la legge non si è
minimamente curata del destino delle armi ad aria compressa già
detenute e che perciò il Ministero non ha ricevuto alcuna delega
a regolamentarle e quindi a stabilire, in modo inconsulto, che esse rimangono
armi comuni da sparo a tutti gli effetti, salvo una improbabile classificazione
di ogni singolo pezzo.
Si ritiene quindi che l'influenza della liberalizzazione su queste armi
vada accertata solo in base ai normali criteri interpretativi, senza ricorrere
al regolamento che è, sul punto, illegittimo e perciò disapplicabile.
E la legge contiene un dato certo ed inoppugnabile, immediatamente efficace
senza bisogno di alcuna regolamentazione.
Per effetto della modifica introdotta dall'art. 11 della Legge 526/1999,
il terzo comma dell'art. 2 della legge 110/1975 viene così riformulato:
"Sono infine considerate armi comuni
da sparo quelle denominate "da bersaglio da sala", o ad emissione di gas,
nonché le armi ad aria compressa o gas compressi, sia lunghe sia
corte, i cui proiettili erogano una energia cinetica superiore a 7,5 joule
e gli strumenti lanciarazzi, salvo che si tratti di armi destinate alla
pesca ovvero di armi e strumenti per i quali la commissione consultiva
di cui all'articolo 6 escluda, in relazione alle rispettive caratteristiche,
l'attitudine a recare offesa alla persona."
Diciamo che chi ha fatto la modifica non ha mai letto la frase complessiva
che ne veniva fuori e che ora risulta ben poco comprensibile. In primo
luogo, avendo introdotto la dizione "ad aria compressa o a gas compressi",
andava eliminata la dicitura "ad emissione di gas" che si riferisce proprio
alle armi a gas compressi. In secondo luogo, stabilito per legge che le
armi ad aria compressa di potenzialità inferiore a 7,5 joule non
sono offensive, andava eliminato il richiamo alla valutazione della Commissione,
che si occupa solo di armi e che ormai rimane competente a valutare solo
le armi da bersaglio da sala e lanciarazzi. Ad ogni modo il risultato
della norma sul piamo giuridico è chiaro: le armi ad aria compressa
con meno di 7,5 joule non rientrano più tra le armi, ma tra gli
strumenti atti ad offendere. A dire il vero, stando alla lettera della
norma, si dovrebbe concludere persino che il legislatore ha inteso escludere
per queste armi l'idoneità ad offendere il che non consentirebbe
di ricomprenderle neppure tra gli strumenti atti ad offendere, ma è
conclusione che va senz'altro oltre la volontà del legislatore,
quale risulta dagli atti parlamentari, e che va oltre la realtà,
così che deve ritenersi che il legislatore, come spesso accade
in questo tipo di leggi, non sapesse bene ciò che scriveva. Siccome
il regime generale delineato è analogo a quello vigente per gli
strumenti atti ad offendere si deve necessariamente ritenere che il legislatore
volesse proprio far rientrare gli strumenti ad aria compressa di debole
potenza (atto o meno che essi siano ad offendere) in questa categoria,
anche se non ha saputo esprimersi adeguatamente.
Nei commi successivi la legge si preoccupa poi di regolare la classificazione
delle armi di nuova produzione od importazione e nulla dice delle armi
già detenute perché non vi era nulla da dire. La situazione
è quindi perfettamente analoga a quella verificatasi con l'introduzione
della legge 18 aprile 1975 n. 110 in cui venne introdotta la procedura
di catalogazione delle armi comuni da sparo di nuova produzione od importazione,
al fine di distinguere quelle comuni da quelle da guerra, ma nulla venne
disposto per le armi già detenute che continuarono ad essere considerate
comuni o da guerra in base ai principi generali contenuti negli art. 1
e 2 della legge 110/1975, salvo poi gli aggiornamenti adottati per analogia
in forza delle delibere della Commissione su nuovi modelli di armi. Ciò
tra l'altro per espressa interpretazione del Ministero che all'epoca si
rifiutò di procedere alla classificazione di tutte le armi, vecchie
e nuove
La legge 526/1999 dice chiaramente che le armi ad aria o gas compressi
con potenza inferiore a 7,5 Joule non sono più armi comuni né
armi proprie e ciò basta per escludere che ad esse possano essere
applicate le norme penali dettate per le armi.
Qualcuno potrebbe obiettare che il Regolamento ministeriale ha scelto
invece la via contraria instaurando, per gli strumenti di nuova produzione
un regime di controllo di questi strumenti analogo a quello per le armi
da fuoco (licenza di fabbricazione, di vendita, di importazione, di esportazione,
ecc.), ragione per cui sarebbe illogico che si sottoponessero ad un regime
diverso gli strumenti già detenuti.
L'osservazione è senz'altro pertinente, ma, come già evidenziato
il regolamento non contiene frase che non sia inficiata da palese contrasto
con la legge, da illogicità, da contraddizioni e, ciò posto,
è evidente che esso non può servire per interpretare la
legge: è inapplicabile e disapplicabile per il suo contrasto con
la volontà del legislatore.
La conclusione è pertanto che, una volta accertato che uno strumento
ad aria o gas compressi ha potenza inferiore a 7,5 Joule, esso perde la
qualità di arma propria ed è di libera detenzione. Ogni
condotta che ha uno di questi strumenti per oggetto (salvo il porto senza
giustificato motivo) non può che essere sanzionata, se del caso,
che con sanzioni amministrative; e ciò solo quando essere saranno
configurate nelle forme volute dalla Costituzione.
A questo punto sorge il problema di stabilire come si calcoli l'energia
di un proiettile sparato da questi strumenti, visto che il regolamento,
che proprio ciò doveva stabilire, ha regolato ciò che non
doveva regolare, ma ha tralasciato la cosa principale (sembra una barzelletta,
ma è evidente che i burocrati del ministero sapevano ben poco sui
Joule!).
L'energia in Joule di un proiettile di un certo peso e per una data velocità
alla bocca dell'arma è fornita da una formula in cui si moltiplica
il suo peso in grammi per la velocità in metri al secondo elevata
al quadrato, e si divide il risultato per 2000; evidente perciò
che l'energia varia a seconda del peso del proiettile il quale, a parità
di pressione del gas compresso, influisce anche sulla velocità
iniziale realizzabile. La stessa energia iniziale può perciò
essere realizzata con un proiettile leggero ad alta velocità o
con un proiettile pesante a bassa velocità. A quale tipo di proiettile
intendeva riferirsi il legislatore? Per uscire da questo vicolo cieco
non c'è altra soluzione (adottata anche in altri paesi) che far
riferimento ad un proiettile ideale che non può essere individuato
altrimenti, per logica scientifica e per antica tradizione armigera, che
nella sfera di piombo avente il calibro dell'arma. Gli strumenti ad aria
compressa sono in calibro 4,5 mm o, più raramente, in calibro 5,6
mm (.22) o, ancor più raramente, in calibro 6,3 mm (.25) e le palle
sferiche sparabili peseranno rispettivamente 0,53 gr, 1gr, 1,45 gr. Ciò
significa che con tali palle si otterrà l'energia di 7,5 Joule
alle velocità di 168 ms, 122 ms, 101 ms, rispettivamente. Siccome
limitazione eccessiva della velocità iniziale che si ottiene nei
calibri .22. e .25 fa escludere che essi vengano prodotti per erogare
meno di 7.5 J, si può concludere che, agli effetti pratici, sono
liberalizzate tutte le armi ad aria od a gas in calibro 4,5 mm in cui
il proiettile di gr. 0,53 non supera la velocità di 168 metri al
secondo.
Nel caso di specie lo strumento, una Diana mod. 35, è notoriamente
sul gradino intermedio nella scala della potenzialità dei modelli
della Diana e perciò rientra sicuramente e con larghezza nei limiti
della legge liberalizzatrice (essa è di libera vendita in Germania,
dove da tempo esiste identica normativa).
Va perciò accolta la richiesta di archiviazione del PM in quanto
il fatto non costituisce più reato.
PQM
Visto l'art. 409 CPP
Ordina l'archiviazione degli atti perché la notizia di reato è
infondata.
Ordina la restituzione della carabina in sequestro.
Bolzano 27 dicembre 2001
L'Ausiliario IL
GIP
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