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Custodia di armi
SEZ. 1 SENT. 04792 DEL 22/05/97
L'art. 20 della legge 18 aprile 1975 n. 110
impone l'obbligo ai possessori a qualsiasi titolo delle armi di cui
agli artt. 1 e 2 della stessa legge (armi e munizioni da guerra ed armi
e munizioni comuni da sparo) di custodirle con ogni diligenza ai fini
della sicurezza pubblica. Poiché la legge non indica le modalità con le
quali le armi e le munizioni debbono essere custodite, il concreto
accertamento del rispetto del comando legislativo è rimesso, quindi, di
volta in volta al prudente apprezzamento del giudice di merito; d'altra
parte una tale interpretazione trova riscontro nell'art. 20 bis della
citata legge, che, per la più grave ipotesi dell'impossessamento di
armi da parte di un minore per omessa custodia delle stesse, richiede
espressamente che l'impossessamento sia avvenuto "agevolmente",
confermando così che deve escludersi la esistenza del reato quando per
l'impossessamento sia necessario porre in essere una condotta
particolare diretta a superare gli accorgimenti e le misure adottate
dal possessore per la custodia dell'arma. (Nella fattispecie si
trattava di detenzione di una pistola custodita in un armadietto chiuso
a chiave, ed il figlio dell'imputato era riuscito ad impossessarsi
dell'arma svellendo la parete posteriore dell'armadietto medesimo. Il
pretore aveva condannato l'imputato ravvisando la violazione
dell'obbligo di diligenza di cui all'art. 20 della legge n.110/75; la
Suprema Corte, in accoglimento del ricorso, ha annullato senza rinvio
l'impugnata sentenza per insussistenza del fatto, enunciando il
principio di cui in massima).
Nota: Massima sostanzialmente corretta
che ancora una volta mostra come la Cassazione, pur talvolta errando,
sia costretta ad intervenire per reprimere eccessi stravaganti di
pretori che vedono rosso (o forse verde) solo a sentir parlare di armi.
SEZ. 1 SENT. 07154 DEL 20/01/00
Non costituisce violazione dell'obbligo di
diligenza nella custodia delle armi, previsto e sanzionato dall'art.20
della legge 18 aprile 1975 n.110, la detenzione di un fucile da caccia
tenuto in casa sopra un armadio, non sussistendo per il privato
cittadino alcun obbligo di adottare particolari sistemi ed efficienti
misure di difesa contro i furti in abitazione né rilevando l'eventuale
inidoneità della suddetta modalità di custodia ad impedire
l'impossessamento dell'arma da parte di minorenni o altri soggetti da
ritenere incapaci o imperiti, atteso che detta inidoneità può rilevare,
sussistendone le condizioni, solo con riferimento alla diversa e
specifica ipotesi di reato prevista dall'art.20 bis della legge n.110
del 1975.
Finalmente una massima del tutto
corretta e sensata in materia di custodia di armi.
SEZ. 1 SENT. 01868 DEL 18/02/2000
L'obbligo di diligenza nella custodia delle armi
previsto dall'art.20 della legge 18 aprile 1975 n.110, quando non si
tratti di soggetti che esercitino professionalmente attività in materia
di armi ed esplosivi, deve ritenersi adempiuto alla sola condizione che
risultino adottate le cautele che, nelle specifiche situazioni di
fatto, possono esigersi da una persona di normale prudenza, econdo il
criterio dello"id quod plerumque accidit". (Nella specie, in
applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato senza rinvio la
decisione con la quale era stata ritenuta la penale responsabilità di
un soggetto il quale aveva tenuto le armi nella propria abitazione,
munita soltanto dei normali mezzi di chiusura, in un armadio e in una
valigia posta sotto il detto mobile).
Massima di tutta correttezza. È
preoccupante che un cittadino abbia dovuto andare fino in Cassazione
per vedere affermare una simile ovvietà. Ma quali menti perverse vi
sono fra gli agenti, i Pm e i giudici?
SEZ. I, SENTENZA
N. 15541 del 01/04/2004
Non costituisce violazione dell'obbligo di
diligenza nella custodia delle armi, previsto e sanzionato dall'art. 20
della legge 18 aprile 1975 n. 110, la detenzione, da parte di taluno,
di un fucile da caccia all'interno del garage di sua esclusiva
proprietà, non sussistendo per il privato cittadino alcun obbligo di
adottare particolari sistemi ed efficienti misure di difesa antifurto,
ne' rilevando l'eventuale inidoneità di tali modalità di custodia ad
impedire l'impossessamento dell'arma da parte di minorenni o altri
soggetti incapaci o imperiti, dal momento che tale inidoneità può
rilevare, sussistendone le condizioni, solo con riferimento alla
diversa e specifica ipotesi prevista dall'art. 20-bis della stessa
legge (omessa adozione delle cautele necessarie nella custodia di
armi).
SEZ. 1, SENTENZA n. 12295 del
15/03/2004
Ai fini della sussistenza del reato previsto dall'art. 20-bis, comma
secondo, della legge 18 aprile 1975 n. 110 (omessa adozione delle
cautele necessarie nella custodia di armi, munizioni ed esplosivi) è
sufficiente la semplice omissione delle cautele commisurate alla
diligenza dell'uomo medio e proporzionate al pericolo che la norma
intende scongiurare, quale si presenta nel caso concreto. Ne consegue
che la custodia dell'arma all'interno di un mobile ed in un ambiente
nella particolare disponibilità del legittimo detentore (nella specie,
nella camera da letto) va ritenuta cautela adeguata, non richiedendo la
norma incriminatrice né l'effettivo impossessamento da parte dei
soggetti indicati nel comma precedente dello stesso articolo, ne'
l'adozione di precauzioni atte a precludere in modo assoluto a costoro
l'impossessamento.
SEZ I, SENTENZA n. 31555 del 12/5/2004
Il reato di cui all'articolo 20-bis, comma 2,
della legge 18 aprile 1975 n. 110 è un reato di mera condotta e di
pericolo che si perfeziona per il semplice fatto che l'agente non ha
adottato «le cautele» che, sulla base delle circostanze di fatto da lui
conosciute o conoscibili con l'ordinaria diligenza, era necessario che
adottasse, indipendentemente dal fatto che una delle persone indicate
dal comma i dello stesso articolo «sia giunta o meno» a impossessarsi
dell'arma o delle munizioni. Né per effetto di tale interpretazione
potrebbe ritenersi che la contravvenzione de qua sia un'inutile
ripetizione di quella di cui all'articolo 20, comma 1, della stessa
legge, che prescrive che «la custodia delle armi deve essere assicurata
con ogni diligenza nell'interesse della pubblica sicurezza». Infatti,
entrambe le ipotesi contravvenzionali sono dirette alla realizzazione
dello stesso «scopo» (la prevenzione di più gravi reati contro la
sicurezza pubblica in generale), ma si caratterizzano tra loro per un
rapporto di specialità, nel senso che il reato di cui all'articolo 20,
comma 1, pone un dovere generalizzato di diligenza nei confronti di
tutti i «possessori» delle armi, diretto a impedire che «chiunque»
possa impossessarsene; la disposizione di cui all'articolo 20-bis,
comma 2, è diretta, invece, a impedire che giungano a impossessarsi
delle armi e delle munizioni quelle categorie di persone con
riferimento alle quali, proprio per la maggiore pericolosità che può
derivare dal maneggio da parte loro di tali strumenti, il legislatore
richiede l'adozione di «cautele necessarie», ovverosia di cautele
dirette proprio a evitare che possa verificarsi quel particolare tipo
di evento. Deriva, secondo i principi generali, che ai fini della
configurabilità del reato di cui all'articolo 20-bis, comma 2, della
legge 110/1975 non è sufficiente il solo possesso dell'arma - al quale
consegue soltanto il dovere di custodire lo strumento con ogni
diligenza - ma è necessario (tenuto anche conto della maggiore gravità,
nel massimo, della sanzione) che, sulla base di circostanze specifiche,
l'agente possa e debba rappresentarsi l'esistenza di una situazione
tale da richiedere da parte sua l'adozione di «cautele» specificamente
necessarie per impedire l'impossessamento delle armi, non da parte di
«chiunque», ma da parte di una persona appartenente a una delle
categorie indicate dalla legge, ossia nel comma 1 dello stesso articolo
20-bis.
Sentenza importante la quale
puntualizza che particolari cautele sono richieste solo in presenza di
incapaci e non per l'ordinaria custodia.
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