Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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 I paletti per le guardie zoofile

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 13 ottobre – 9 novembre 2016, n. 4653
1. Con ricorso al Tribunale Amministrativo del Piemonte, rubricato al n. 317/2010, L.A.C. – Lega per l’Abolizione della Caccia, Gordanelli Bruno, Piana Roberto, Gagliardi Marco, Balzano Guerino, Pistone Davide, Bosco Arcangelo, Giorda Eleonora e Baldi Mirco impugnavano i decreti della Prefettura di Torino del 26 novembre 2009 prot. 11118/G e dell’8 giugno 2011 prot. 1579/G, 11186/G, 11316/G, 15616/G, 15808/G, 17443/G, 19649/G, nella parte in cui limitano la competenza delle guardie volontarie zoofile alla vigilanza rivolta ai soli animali d’affezione; deducevano profili diversi di violazione di legge e eccesso di potere, chiedendo l’annullamento dei provvedimenti impugnati, nonché l’accertamento del diritto a essere nominati guardie volontarie zoofile, per il biennio 2009/2011 e per il biennio 2011/2013, con l’attribuzione della funzione di vigilanza per la prevenzione e repressione delle infrazioni previste dai regolamenti generali e locali relativi alla protezione degli animali ed alla difesa del patrimonio zootecnico, nei limiti delle leggi nazionali e regionali in materia.
Con la sentenza in epigrafe, n. 1315 in data 14 agosto 2015, il Tribunale Amministrativo del Piemonte, Seconda Sezione, dichiarava improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso, peraltro affermando sinteticamente, in motivazione, la sua infondatezza.
 2. Avverso la predetta sentenza Lac - Lega per l'Abolizione della Caccia - Sezione Piemonte in persona del legale rappresentante p.t., Bruno Gordanelli, Roberto Piana, Arcangelo Bosco e Mirco Baldi propongono il ricorso in appello in epigrafe, rubricato al n. 2479/2016, contestando la sentenza di primo e affermando la permanenza dell’interesse alla decisione; ripropongono inoltre le censure già dedotte in primo grado, chiedendo la riforma della sentenza e l’ammissione in rito e l’accoglimento nel merito del ricorso.
 Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell'Interno e l’U.T.G. - Prefettura di Torino, chiedendo il rigetto dell’appello.
 ….
  3.3. Gli appellanti deducono la loro pretesa, proponendo una azione di accertamento e una azione di impugnazione. La proposizione in termini di accertamento del diritto della pretesa sostanziale - a far svolgere alle guardie particolari giurate delle associazioni protezionistiche e zoofile riconosciute attività di vigilanza sul rispetto delle norme relative alla protezione di tutti gli animali, non solo quelli di affezione - è inammissibile, in quanto lo svolgimento dell’attività di guardia giurata è assoggettato al potere autorizzatorio dell’Amministrazione.
 3.4. L’impugnazione è infondata.
 Gli appellanti, ricorrenti in primo grado, sono un’associazione ambientalista e suoi associati e impugnano “in parte qua” i decreti con i quali il Prefetto di Torino, nel rinnovare le nomine di questi ultimi a guardia volontaria zoofila, ne ha limitato l’applicazione alla vigilanza sui soli animali d’affezione.
 I ricorrenti contestano la lettura seguita dall’Amministrazione nell’interpretare l’art. 6, secondo comma, della legge 20 luglio 2004, n. 189 (Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali), ai sensi del quale “la vigilanza sul rispetto della presente legge e delle altre norme relative alla protezione degli animali è affidata anche, con riguardo agli animali di affezione, nei limiti dei compiti attribuiti dai rispettivi decreti prefettizi di nomina, ai sensi degli articoli 55 e 57 del codice di procedura penale, alle guardie particolari giurate delle associazioni protezionistiche e zoofile riconosciute”. Essi sostengono che l’interpretazione limitatrice della loro possibilità di azione contrasta con l’art. 5 del d.P.R. 31 marzo 1979, n. 6, ai sensi del quale, “fermi rimanendo la qualifica di guardie giurate, le guardie zoofile aventi la qualifica di agenti di pubblica sicurezza perdono tale ultima qualifica e potranno essere utilizzate a titolo volontario e gratuito dai comuni singoli o associati e comunità montane per la prevenzione e repressione delle infrazioni dei regolamenti generali e locali, relativi alla protezione degli animali ed alla difesa del patrimonio zootecnico”.
 Gli appellanti rilevano inoltre che la norma ha avuto differenti applicazioni presso altri Uffici territoriali del Governo del Piemonte. Quest’ultima osservazione è sicuramente irrilevante.
 Nella specie si discute dell’applicazione necessaria di norme di legge, non dell’esercizio di facoltà discrezionali, che può essere diverso nelle singole realtà locali.
 Di conseguenza, oggetto del presente giudizio è la corretta interpretazione dell’art. 6, secondo comma, della legge 20 luglio 2004, n. 189, individuata la quale non rileva il fatto che alcune amministrazioni abbiano, sbagliando, eventualmente seguito interpretazioni differenti. Osserva il Collegio che la norma è, in realtà, univoca, nell’affermare che le guardie particolari giurate delle associazioni protezionistiche e zoofile riconosciute partecipano alla vigilanza sul rispetto della stessa legge e delle altre norme relative alla protezione degli animali con riguardo agli animali di affezione, e la precisazione “con riguardo agli animali di affezione” esclude la partecipazione degli stessi soggetti alle suddette attività.
 Diversamente opinando, infatti, l’inciso non avrebbe alcun senso.
 Negli stessi termini si sono espressi questo Consiglio di Stato, Sezione III, con la sentenza 23 giugno 2016, n. 3329, nonché la Cassazione Penale, Sezione Prima, 10 luglio 2008, n. 34510.
 E’ vero che l’art. 5 del d.P.R. 31 marzo 1979, n. 6, ammette le guardie zoofile alla partecipazione a programmi di amministrazioni, ma l’osservazione conferma quanto fino a ora esposto, atteso che ammette i soggetti in questione a partecipare a programmi gestiti da enti pubblici, ma non li ammette ad attività autonoma di vigilanza.
 Gli appellanti sostengono infine che il provvedimento impugnato contrasta con l’art. 41, quarto comma, della legge regionale del Piemonte 6 agosto 2009, n. 22, il quale, nel modificare l’art. 15 della legge regionale 26 luglio 1993, n. 34, al quarto comma ha disposto che “la vigilanza sull'osservanza della presente legge e delle altre leggi in materia di tutela ed identificazione degli animali, con l'accertamento delle violazioni relative è affidata: - (omissis) -
 e) alle guardie zoofile ed alle guardie ecologiche che, nell'ambito dei programmi di controllo disposti dall'autorità nazionale o dagli enti locali, esercitano le funzioni previste dall'articolo 6 della legge 189/2004.”
 La norma, infatti, conferma quanto si è fino a ora argomentato circa la possibilità che le guardie zoofile collaborino con le amministrazioni, ma non le ammette affatto a svolgere attività generalizzata di tutela a favore di specie diverse da quelle inquadrabili come animali d’affezione. 4. In conclusione, l’impugnazione proposta si appalesa infondata, e deve essere respinta.
 Le spese del giudizio devono essere integralmente compensate, in ragione della parziale novità delle questioni trattate.
 P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull'appello n. 2479/2016, come in epigrafe proposto, in riforma della sentenza gravata respinge il ricorso di primo grado.
 Compensa integralmente le spese e gli onorari del giudizio fra le parti costituite.
 
 
Nota
Le guardie zoofile sono state riconosciute ufficialmente dalla L. 12 giugno 1913, n. 611 (provvedimenti per la protezione degli animali)in cui si stabiliva, che le guardie zoofile delle associazioni per la protezione degli animali fossero guardie giurate riconosciute dal prefetto e svolgessero funzioni di agenti di p.s.
Negli anni trenta le associazioni zoofile vennero incorporate nell’Ente nazionale fascista per la protezione degli animali (L. 11 aprile 1938, n. 612), poi abolito dalla L. 19 maggio 1954, n. 303: le competenze restavano invariate.
Con il D.P.R. 31 marzo 1979, l’Ente nazionale protezione animali perde la personalità giuridica di diritto pubblico, per diventare persona giuridica di diritto privato; essa, di conseguenza, perde molte delle sue funzioni che vengono così attribuite ai comuni e alle comunità montane. Infatti per le guardie zoofile dispone: fermi rimanendo la qualifica di guardie giurate, le guardie zoofile aventi la qualifica di agenti di pubblica sicurezza perdono tale ultima qualifica e potranno essere utilizzate a titolo volontario e gratuito dai comuni singoli o associati e comunità montane per la prevenzione e repressione delle infrazioni dei regolamenti generali e locali, relativi alla protezione degli animali ed alla difesa del patrimonio zootecnico.
In altre parole dal 1979 le guardie giurate zoofile non sono più agenti di PS e possono agire solo su incarico dei comuni e solo per vigilare affinché non vengano violati i regolamenti in materia di animali  e bestiame.
La L. 14 agosto 1991, n. 281 (legge quadro in materia di animali d’affezione e prevenzione del randagismo) prevede corsi di aggiornamento anche per le guardie zoofile volontarie che collaborano con le unità sanitarie locali e con gli altri enti locali per le guardie zoofile volontarie che collaborano con le unità sanitarie locali e con gli altri enti locali.
La LEGGE 11 febbraio 1992, n. 157 (Legge sulla caccia), art. 27 comma lett. b affida la vigilanza venatoria   alle guardie volontarie delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale nazionali presenti nel Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale e a quelle delle associazioni di protezione ambientale riconosciute dal Ministero dell'ambiente, alle quali sia riconosciuta la qualifica di guardia giurata ai sensi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773. Solo al comma 2 aggiunge poi che è affidata altresì alle guardie ecologiche e zoofile riconosciute da leggi regionali.
Infine L. 20 luglio 2004, n. 189 (Maltrattamento animali), ha stabilito che la vigilanza sul rispetto della presente legge e delle altre norme relative alla protezione degli animali è affidata anche, con riguardo agli animali di affezione, nei limiti dei compiti attribuiti dai rispettivi decreti prefettizi di nomina, ai sensi degli articoli 55 e 57 . del codice di procedura penale, alle guardie particolari giurate delle associazioni protezionistiche e zoofile riconosciute. Quindi le guardie zoofile sono agenti di PG con competenza limitata e solamente per l’accertamento di reati aventi per oggetto animali d’affezione; essi inoltre devono rispettare le limitazioni che abbia loro imposto il prefetto. In materia di caccia sono normali guardie volontarie e potrebbero intervenire in qualità di agenti di PG solo se il cacciatore prendesse a calci il cane (art. 37 LC)!

Da questo complesso di norme un interprete rigoroso dovrebbe concludere che in base alle norme fino al 2004   le guardie zoofile possono svolgere vigilanza venatoria solo se riconosciute e quindi per incarico delle Regioni le quali hanno assorbito le competenze  dei Comuni e di altri Enti Locali. Se così non fosse non vi sarebbe stata ragione di non inserirle nel comma 1 lett. b assieme alle altre guardie volontarie.
In base alla Convenzione Europea per la protezione degli animali da compagnia, approvata a Strasburgo il 13 novembre 1987: per animali da compagnia si intende ogni animale tenuto, o destinato ad essere tenuto dall’uomo, in particolare presso il suo alloggio domestico, per suo diletto e compagnia. Solo per ignoranza del legislatore è stato introdotto il termine "animale d'affezione", inventato poco prima dalla legge regionale piemontese 20 luglio 1993 n. 34! , e privo di consistenza logica e linguistica; ci si può affezionare anche ad maiale, ma  non diventa né un animale da compagnia né d'affezione! L’Accordo Stato-Regioni sul benessere degli animali da compagnia e pet-therapy del 6 febbraio 2003 (recepito con d.p.c.m. del 28 febbraio 2003), all’art. 1, comma 2, definisce come animale da compagnia: ogni animale tenuto, o destinato ad essere tenuto, dall’uomo, per compagnia o affezione senza fini produttivi od alimentari, compresi quelli che svolgono attività utili all’uomo, come il cane per disabili, gli animali da pet-therapy, da riabilitazione, e impiegati nella pubblicità.

Il Consiglio di Stato ha correttamente messo i punti sulle i agli anticaccia che si arrampicavano sugli specchi per sostenere che il Prefetto doveva munire  le guardie zoofile con un decreto di valore generale. Tipico caso di lite temeraria ed è disgustoso che il   CdS non abbia lasciato le spese legali  a carico dello Stato. Ma del resto noi siamo il paese che paga l'avvocato  al clandestino espulso che torna illegalmente in Italia o al terrorista dell'Isis. Una volta si diceva "paga Pantalone", ora è più consono ai tempi dire "paga coglione".

Per completezza riporto qui due precedenti pareri del Ministero dell'interno del tutto conformi (ma perché al ministero sono bravi in queste questioni e poi si incasinano quando parlano di armi?)


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