Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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Circolare demilitarizzazione e disattivazione

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  MINISTERO DELL'INTERNO - CIRCOLARE 20 settembre 2002, n.557 Nuove disposizioni in materia di "demilitarizzazione" e "disattivazione" delle armi da sparo. Principi generali. Legge 18 aprile 1975, n. 110. (Gazzetta Ufficiale N. 234 del 05 Ottobre 2002)

La Commissione consultiva centrale per il controllo delle armi si è nuovamente interessata delle problematiche inerenti la "demilitarizzazione" e la "disattivazione" delle armi da sparo ed ha ritenuto, al fine di semplificare le relative procedure, di armonizzare le disposizioni tecniche gia' impartite con le circolari n. 559/C.50106.D.94 dell'11 luglio 1994 e n. 559/C.50106.D.95 del 21 luglio 1995 e di individuare procedure adattabili alla generalità delle armi, pur con le debite specificazioni per casi particolari. A tale scopo, la Commissione ha individuato accorgimenti tecnici di facile realizzazione e comunque irreversibili, eliminando procedure tecniche rivelatesi nella pratica di difficile realizzazione. Le disposizioni contenute nella presente circolare, pertanto, sostituiscono tutte le precedenti disposizioni emanate in materia.

1. Demilitarizzazione delle armi portatili.

Definizione e generalità.
Per "demilitarizzazione" si intende la trasformazione di un'arma da guerra o tipo guerra in un'arma comune da sparo.
1.a. L'intervento tecnico di "demilitarizzazione" deve essere effettuato da soggetti muniti di licenza di fabbricazione di armi da guerra o da stabilimenti militari, ovvero da altri soggetti pubblici contemplati dall'art. 10, comma 5, della legge n. 110/1975, in quanto muniti delle necessarie attrezzature tecniche. Il possessore dell'arma deve comunicare per iscritto alla questura competente per territorio che intende attivare le procedure tecniche di "demilitarizzazione".
La comunicazione deve indicare i dati identificativi e tecnici dell'arma (marca, modello, matricola, lunghezza della canna, calibro), nonchè i dati identificativi del soggetto che effettua l'intervento. La comunicazione in argomento e' assoggettata alle previsioni di cui al successivo punto 3 della presente circolare.
1.b. Il soggetto pubblico o privato che effettua la procedura di "demilitarizzazione", ad operazione ultimata deve rilasciare all'interessato apposita certificazione attestante le operazioni eseguite sull'arma e la loro conformita' alle prescrizioni tecniche contenute nella presente circolare.
Tale certificazione dovrà sempre accompagnare l'arma, anche in caso di cessione. Copia conforme all'originale del certificato deve essere consegnata a cura dell'interessato alla questura competente; in alternativa puo' essere consegnata apposita dichiarazione sostitutiva ai sensi dell'art. 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000 contenente l'indicazione del soggetto che ha effettuato l'intervento, le operazioni eseguite sull'arma e la loro conformità alle prescrizioni tecniche contenute nella presente circolare.
1.c. Le armi "demilitarizzate" devono essere sottoposte alla verifica del Banco nazionale di prova di Gardone Val Trompia o di una sua sezione a cura del soggetto pubblico o privato che effettua l'intervento di "demilitarizzazione". Tale verifica deve risultare dall'apposita relazione rilasciata dal Banco o dalla sezione. L'arma deve essere presentata al Banco nazionale di prova corredata della documentazione di cui al precedente punto 1.b. Intervenuta la verifica del Banco nazionale di prova, l'interessato deve presentare apposita istanza, secondo le modalita' previste dal decreto ministeriale 16 agosto 1977, nell'ambito della procedura diretta alla iscrizione dell'arma nel Catalogo nazionale delle armi comuni da sparo o di quella diretta all'attribuzione della classifica di arma comune. L'istanza deve essere corredata anche della documentazione di cui al precedente punto 1.b. nonche' dell'apposita relazione rilasciata dal Banco nazionale di prova. All'assunzione della qualifica di arma comune il prototipo esaminato e le armi ad esso conformi seguono gli ulteriori adempimenti normativamente previsti per le armi comuni da sparo, ivi compresa l'apposizione dei punzoni del Banco nazionale di prova che certificano, fra l'altro, anche l'avvenuta verifica della correttezza delle operazioni tecniche di demilitarizzazione effettuate sull'arma.
1.d. Le armi "demilitarizzate" all'estero ed importate in Italia devono essere conformi alle prescrizioni nazionali e sono in ogni caso soggette alle suddette verifiche e prove presso il Banco nazionale di prova di Gardone Val Trompia. L'importatore, all'atto della presentazione al Banco nazionale di prova, esibisce la certificazione, tradotta in lingua italiana, contenente le operazioni eseguite sull'arma, rilasciata dall'organismo estero che ha eseguito la demilitarizzazione. Il Banco nazionale di prova verifica la corrispondenza alle prescrizioni italiane delle operazioni effettuate. In caso di accertata corrispondenza, cura gli adempimenti di cui al precedente punto 1.c. In caso di mancata corrispondenza, previa notifica all'interessato, provvede ai sensi dell'art. 14 della legge n. 110/1975.
1.e. Le operazioni di "demilitarizzazione" devono impedire l'utilizzo dei componenti distintivi dell'arma da guerra.

Prescrizioni tecniche.
Le operazioni di "demilitarizzazione" devono riguardare le seguenti parti, meccanismi o congegni secondo le prescrizioni tecniche per ciascuno indicate.
L'arma portatile da guerra o tipo guerra può essere considerata "demilitarizzata" in modo permanente e irreversibile quando su di essa vengano eseguite a regola d'arte e contestualmente nello stesso esemplare le seguenti operazioni inerenti le diverse parti, sistemi o congegni:
a) congegno di scatto; la trasformazione da tiro automatico a tiro semiautomatico deve essere effettuata in maniera permanente ed irreversibile. Inoltre deve essere effettuata l'asportazione e/o modifica dei componenti che consentono il funzionamento automatico e la modifica delle relative sedi;
b) tromboncino lanciagranate; se presente, deve essere tornito e portato al diametro di 20 mm e comunque modificato in modo da non poter assolvere alla propria funzione;
c) alzo per lancio granate; deve essere asportato;
d) caricatore; il caricatore deve contenere per costruzione il numero di cartucce previsto ai fini della classificazione o dell'iscrizione nel Catalogo nazionale delle armi comuni da sparo; Per limitare la capacità del caricatore non sono ammessi perni passanti, piastrine saldate o altri accorgimenti.
e) calcio pieghevole e/o telescopico; non è consentito. Se presente deve essere bloccato in apertura in maniera permanente ed irreversibile.

2. Disattivazione.

Definizione e generalità.
Per "disattivazione" si intende l'operazione tecnica mediante la quale un'arma portatile da guerra o comune viene in modo permanente ed irreversibile resa inerte e portata allo stato di mero simulacro anche nelle sue parti essenziali.
2.a. L'intervento tecnico di disattivazione deve essere effettuato: - per le armi da guerra, da soggetti muniti di licenza di fabbricazione di armi da guerra o da stabilimenti militari ovvero da altri soggetti pubblici contemplati dall'art. 10, comma 5, della legge n. 110/1975, in quanto muniti delle necessarie attrezzature tecniche; - per le armi comuni dai soggetti gia' indicati per la disattivazione delle armi da guerra, nonche' da soggetti muniti di licenza di fabbricazione e riparazione di armi comuni.
Il possessore dell'arma deve comunicare per iscritto alla questura competente che intende attivare la procedura tecnica di "disattivazione". La comunicazione deve indicare i dati identificativi e tecnici dell'arma (marca, modello, matricola, lunghezza della canna, calibro), nonché i dati identificativi del soggetto che effettua le operazioni tecniche necessarie. La comunicazione in argomento è assoggettata alle previsioni di cui al successivo punto 3 della presente circolare.
2.b. Il soggetto pubblico o privato che effettua la procedura di "disattivazione", ad operazione ultimata deve rilasciare all'interessato apposita certificazione attestante le operazioni eseguite sull'arma e la loro conformità alle prescrizioni tecniche contenute nella presente circolare.
Tale certificazione dovra' sempre accompagnare l'arma, anche in caso di cessione. Copia conforme all'originale del certificato deve essere consegnata a cura dell'interessato alla questura competente; in alternativa può essere consegnata apposita dichiarazione sostitutiva ai sensi dell'art. 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000 contenente l'indicazione del soggetto che ha effettuato l'intervento, le operazioni eseguite sull'arma e la loro conformità alle prescrizioni tecniche contenute nella presente circolare.
Prescrizioni tecniche.
L'arma portatile da guerra, tipo guerra e comune da sparo può essere considerata "disattivata" in modo permanente e irreversibile quando su di essa vengano eseguite a regola d'arte e contestualmente nello stesso esemplare le seguenti operazioni inerenti le diverse parti, sistemi o congegni:
a) sistemi di chiusura: devono essere fresati e/o forati longitudinalmente per tutta la lunghezza e per un diametro non inferiore a quello del fondello della cartuccia; devono altresi' essere privati di una delle guide di scorrimento ove presenti, delle componenti interne e saldati interamente al castello mediante saldature a cordoncino;
b) canna/canne: deve provvedersi alla asportazione di parte della canna mediante fresatura della stessa passante fino all'anima, a partire dalla camera di cartuccia inclusa per una larghezza pari al suo calibro e per una lunghezza non inferiore al 30% della lunghezza della canna. Nella parte di canna non fresata deve essere inserito un tondino pari al diametro interno della canna, dal vivo di volata fino alla fresatura, che deve essere saldato alle estremita' o bloccato mediante spina trasversale inserita in foro cieco e saldata. Deve inoltre provvedersi a rendere la canna inamovibile rispetto al castello o alla culatta mediante saldatura a cordoncino, oppure a mezzo di traversino passante d'acciaio temperato, di adeguato diametro, saldato alle estremità;
c) percussore, estrattore ed espulsore: devono essere eliminati o resi inservibili;
d) bipiede, affusti e congegni di puntamento: devono essere immobilizzati mediante saldatura a cordoncino;
e) baionetta: la baionetta facente parte dell'arma di tipo ripiegabile deve essere resa inoffensiva ai sensi dell'art. 4 della legge n. 36/1990 e immobilizzata in posizione di chiusura mediante saldatura a cordoncino;
f) pistone per recupero di gas: nelle armi che adottano tale sistema di ripetizione, deve essere eliminato;
g) otturatore: per moschetti automatici, fucili automatici e semiautomatici, pistole mitragliatrici, deve essere bloccato in posizione semi aperta;
h) caricatore: ove presente, deve essere saldato o incollato (solo nelle armi in tecnopolimero) nella sua sede, privato delle parti interne. Deve essere altresi' effettuata la fresatura dei labbri;
i) tamburo delle armi a rotazione: devono essere fresate le pareti divisorie delle camere con frese di diametro di almeno 3/4 di quello delle camere stesse per una lunghezza non inferiore a 3/4 di quella del tamburo stesso che deve essere bloccato al fusto in modo irreversibile.
Inoltre, le armi automatiche e semiautomatiche sottoposte a disattivazione devono essere private di tutte le minuterie interne, riempiendo i vuoti così creatisi con materiale della stessa lega e natura di quello della struttura da riempire, saldato mediante cordoncino alle pareti della struttura stessa. Qualora l'arma sia caratterizzata da parti in tecnopolimero, l'operazione di riempimento dei vuoti interni dell'arma deve essere eseguita con adesivi strutturali.
Le predette operazioni devono rendere l'arma inidonea in modo assoluto ad essere usata come tale ed altresì rendere impossibile il ripristino e la utilizzazione delle parti di essa.

3. Disposizioni procedurali
.
Entro quindici giorni dalla ricezione della comunicazione di "demilitarizzazione" o "disattivazione" di armi di cui ai precedenti punti 1.a e 2.a, le questure informano il Ministero per i beni e le attivita' culturali rivolgendosi alla Sovrintendenza ai beni artistici, storici e demoetnoantropologici competente per territorio, ai fini degli adempimenti di cui al decreto interministeriale 14 aprile 1982 (recante regolamento di applicazione per la tutela delle armi antiche, rare, artistiche e di importanza storica) e del testo unico approvato con decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (recante norme per la tutela dei beni culturali).
All'esito dei suddetti adempimenti, le questure provvedono, entro i novanta giorni dalla ricezione della comunicazione, a rendere nota la presa d'atto, ovvero a comunicare all'interessato il parere negativo espresso dall'amministrazione per i beni e le attivita' culturali. In tale ultimo caso, l'arma si intende soggetta alla "dichiarazione" di cui all'art. 7 del citato testo unico n. 490/1999. Intervenuta la presa d'atto puo' procedersi alle operazioni tecniche di demilitarizzazione e disattivazione.
I soggetti muniti di licenza di fabbricazione di armi da guerra ovvero di licenza di fabbricazione e riparazione di armi comuni abilitati alla effettuazione delle operazioni di "demilitarizzazione" e di "disattivazione" delle armi da sparo sono tenuti ad annotare le operazioni in esame sul registro di cui all'art. 35 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, sul quale devono riportarsi, fra l'altro, le generalità delle persone con cui le operazioni stesse sono compiute.
Si invitano i sigg. prefetti ed i sigg. questori a prescrivere, ai sensi dell'art. 9 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, ai titolari delle licenze di cui agli articoli 28 e 31 del medesimo testo unico, l'obbligo, quando procedono all'attività di "demilitarizzazione" o di "disattivazione", di rilasciare apposito certificato, riportante la matricola originaria dell'arma, che attesti l'operazione effettuata.
Come già evidenziato, ai sensi della normativa vigente (art. 1 della legge n. 110/1975 e art. 1 del decreto ministeriale 16 agosto 1977, n. 50001/10.CN/A - Gazzetta Ufficiale n. 264 del 28 settembre 1977) per le armi sottoposte a "demilitarizzazione" va comunque formalizzata istanza di catalogazione o classificazione dell'arma.
I possessori delle armi che siano state sottoposte alle operazioni di "demilitarizzazione" o "disattivazione", devono procedere, rispettivamente, alla denuncia di detenzione di arma comune ai sensi dell'art. 38 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza o alla comunicazione dell'intervenuta trasformazione dell'arma denunciata in simulacro ai sensi dell'art. 58, comma 1, del regolamento esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.
Gli estremi delle certificazioni di cui al punto 2.b, costituiscono oggetto di inserimento, a cura delle questure, nel Centro elaborazione dati per le necessarie variazioni riferite all'arma, mediante inserimento della voce "Arma disattivata".
Si richiama l'attenzione sulla circostanza che le armi "demilitarizzate" o "disattivate" prima dell'ottobre 1994, debbono intendersi tali qualora risultino essere state sottoposte alle operazioni di cui alla circolare n. 50.106/10.CN./D-76 del 21 aprile 1977. Le armi demilitarizzate o disattivate in data anteriore alla pubblicazione della presente circolare debbono intendersi tali qualora risultino essere state sottoposte alle operazioni di cui alla circolare n. 559/C.50106.D.94 dell'11 luglio 1994 ed alla circolare n. 559/C.50106.D.95 del 21 luglio 1995.
La presente circolare sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Roma, 20 settembre 2002

Il Capo della Polizia direttore generale della Pubblica sicurezza De Gennaro

Commento
Come ho già scritto nel mio codice delle Armi per le precedenti analoghe circolari, ribadisco che sia le due precedenti che quest'ultima sono l'espressione della smania burocratica di ingabbiare in una marea di carte cose che sono già sufficientemente regolate dalla legge.
Si prenda ad esempio la demilitarizzazione di armi da guerra al fine di trasformarle in armi comuni; la legge 110/1975 dice che tutte le armi comuni a canna rigata debbono essere catalogate prima di essere messe in commercio o prodotte. Ciò significa che se un fabbricante ha comperato uno stock di fucili da guerra e vuole demilitarizzarli, prima di tutto deve creare un prototipo dell'arma comune che vuol ricavare dall'arma da guerra e poi lo deve sottoporre alla Commissione che valuta se esso dà garanzie di non poter essere ritrasformato in arma da guerra oppure impone ulteriori modifiche. Dal momento poi che le armi sono munite del nuovo marchio del Banco di prova e del numero di catalogo, sia ha la certezza che l'arma è in regola.
Questo dice la legge e quindi tutte le disposizioni sulla demilitarizzazione sono un mucchio di scemenze inutili buone solo a danneggiare le ditte italiane di fronte alla concorrenza estera. Sarebbe poi veramente interessante scoprire in base a quale rudimento di ragionamento il Ministero ritiene che si debba distinguere tra un'arma a forma di fucile d'assalto uscita da una catena di montaggio che la produce ex novo e la stessa arma uscita da una catena di montaggio che la produce modificando una esistente arma da guerra, se il risultato finale è identico.
Del tutto inutile è la disposizione secondo cui le modifiche possono essere fatte solo da soggetti legittimati a trattare armi da guerra, derivando ciò già dalla legge.
È stravagante la disposizione di una certificazione debba accompagnare l'arma in eterno. I marchi impressi sull'acciaio sono stati studiati proprio perché l'acciaio dura più della carta e perché non si può pretendere che un'arma circoli accompagnata da un documento di circolazione come le macchine; ma se un burocrate arrivasse a capire una cosa così semplice, non sarebbe più un burocrate!
Circa la prescrizioni tecniche non mi pare logico il fatto che il caricatore originale non possa essere limitato, ma debba essere proprio segato o prodotto ex novo; ciò significa censurare l'aspetto dell'arma e non la sua sostanza; e se il produttore di un comune fucile da caccia semiautomatico lo munisse di un finto caricatore da mitragliatore, che direbbe la Commissione, che esso fa troppo paura ai bambini?
Pura poco comprensibile il blocco obbligatorio del calciolo; dove sta scritto che un'arma comune non deve avere il calciolo ripieghevole; l'importante è che tale caratteristica sia catalogata.
In materia di disattivazione di armi il Ministero ha proprio sbagliato tutto perché:
1) si è inventato una normativa in un settore in cui manca ogni norma di riferimento;
2) pretende di imporre ai cittadini obblighi e comportamenti che solo la legge può stabilire. Del resto è nozione elementare del diritto che le circolari sono vincolanti solo per la pubblica amministrazione e che il cittadino non è affatto tenuto ad osservarle se sono in contrasto con la legge.
Per la legge e la giurisprudenza è principio ovvio e banale che un'arma è tale solo se è efficiente; se non è efficiente è un pezzo di ferro. E l'arma può diventare inefficiente per vetusta, per rottura accidentale o per altri motivi; è ovvio quindi che se posso far arrugginire l'arma finché diventa inefficiente, posso anche saldarla, otturarla, segarla, limarla per ottenere lo stesso risultato e che non devo chiedere l'autorizzazione a nessuno. Quindi tutte le disposizioni su domande preventive, autorizzazioni, controlli sono delle emerite scemenze. Quando un'arma è divenuta inefficiente, poco importa come e perché, che la detiene, se vuole scaricarla dalla denunzia (ma nulla vieta di tenerla in carico), basta che comunichi all'autorità che l'arma è inefficiente; se poi l'autorità non ci crede, fa i suoi controlli.
Seguono delle disposizioni relative alle armi antiche, ancor meno comprensibili, specialmente ora che sono liberalizzate persino le armi moderne ad avancarica: secondo il ministero per disattivare un'arma antica, che ormai è solo arma per una dimenticanza del legislatore, ci vorrebbe l'autorizzazione! Ma se basta tirare un po' forte sul cane per renderla inattiva!
L'autorità può senza dubbio emanare delle linee guida in modo che chi vi si attiene ha la sicurezza di non essere controllato, ma non può certamente imporre delle soluzioni tecniche sovrabbondanti o tali da togliere ogni valore collezionistico all'arma disattivata.
E sotto questo profilo le disposizioni date dal Ministero sono aberranti perché riducono l'arma disattivata ad un blocco inerte di cui, ad esempio, è impossibile apprezzare qualsiasi particolare meccanico.
Ed infatti secondo il ministero:
- l'otturatore dovrebbe essere praticamente demolito e saldato in posizione semiaperta! Solo al ministero sanno perché, se proprio devo saldarlo, non posso saldarlo tutto aperto a tutto chiuso. Ma poi se l'otturatore è reso inerte al suo interno, per quale motivo non deve poter essere libero di muoversi per apprezzarne l'uso di un tempo?
- la canna per essere resa inerte richiede lavorazioni più costose che a fare una canna nuova; ma hanno mai provato al ministero a ripristinare la funzionalità di una canna che sia stata semplicemente saldata elettricamente all'interno? ma lo sanno al ministero che un buon tubo d'acciaio Mannesman ha più resistenza di una canna di fucile e che se voglio sparare in un tubo non ho bisogno di prendere una vecchia canna saldata?
- la baionetta va resa inefficiente; forse al ministero avevano paura che sparasse! Se è mobile è un'arma propria e va denunziata; se è fissa è solo un pezzo di ferro appuntito e tagliente, ma non rientra più nella categoria delle armi proprie.
- i vuoti delle armi semiautomatiche devono essere riempiti e le minuterie devono essere eliminate! Ma siamo matti? Le minuterie non sono parti essenziali di arma, tanto che nulla vieta di costruire, usando le stesse identiche minuterie, lo stesso identico calcio di un'arma vera uno strumento giocattolo identico ad un'arma oppure un'arma di tipo liberalizzato.
Ripeto ancora, perché non lo si dirà mai abbastanza: un'arma non viene disattivata per trasformarla in un fermacarte o in appendiabiti, ma per essere utilizzata ancora per ragioni di studio e collezionismo e non può essere trasformata in un blocco informe di saldature e di resine: tanto varrebbe comperare quelle stampate da un pezzo di plastica.
Che al Ministero non si comprendano queste cose è grave, ma ancor più grave è che questi delitti culturali vengano avvallati dalla Commissione consultiva, nata per consigliare il Ministero e che ora pare essersi appiattita alla mera funzione di supina reggicoda.

 


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