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Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello proposto dall’E.N.P.A., Ente Nazionale Protezione Animali,
(omissis)
Innanzitutto, è opportuno ricostruire il quadro normativo.
La legge 12 giugno 1913 n. 611, recante norme relative alle società protettrici degli animali, prevedeva espressamente la possibilità di nomina da parte delle stesse società di guardie, cui era da riconoscersi ex art. 7 della legge medesima, la qualifica di agenti di pubblica sicurezza (possibilità confermata dalla legge 11 aprile 1938 n. 612, istitutiva dell’E.N.P.A.).
Successivamente, con D.P.R. 31 marzo 1979 detto Ente ha perso il carattere di persona giuridica pubblica; l’art. 5 del citato decreto presidenziale, pur avendo privato le guardie zoofile della qualifica di agenti di pubblica sicurezza, ha mantenuto alle stesse la qualifica di guardie giurate.
Inoltre, l’art. 27, comma 1, della legge 11 febbraio 1992 n. 157 ha affidato la vigilanza venatoria: a) agli agenti dipendenti degli enti locali delegati dalle regioni. b) alle guardie volontarie delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale nazionali presenti nel Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale e a quelle delle associazioni di protezione ambientale riconosciute dal Ministero dell'ambiente, alle quali sia riconosciuta la qualifica di guardia giurata.
Ai soli agenti, di cui alla lett. a) è stata riconosciuta la qualifica di agenti di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza.
Sul riconoscimento della qualifica di agenti di polizia giudiziaria alle guardie volontarie delle associazioni di protezione ambientale è sorto un contrasto soprattutto nella giurisprudenza della Cassazione penale.
In alcune pronunce è stato affermato che le guardie volontarie delle associazioni di protezione ambientale rivestono la qualifica di agenti di polizia giudiziaria, atteso che la l. 11 febbraio 1992 n. 157 attribuisce espressamente alle stesse i compiti di vigilanza venatoria sulla applicazione della medesima legge, in essi ricomprendendosi il potere ispettivo, quello di controllo della fauna abbattuta o catturata ed il potere di accertamento dei reati, cui è necessariamente collegato il dovere di acquisire gli elementi probatori e di impedire che i reati vengano portati ad ulteriori conseguenze. (Cassazione penale , sez. III, 02 febbraio 2006 , n. 6454; sez. III, 01 aprile 1998).
In altre occasioni, è stato invece affermato l’opposto principio dell’insussistenza di detta qualifica di agenti di polizia giudiziaria (Cassazione penale , sez. III, 21 settembre 2004 , n. 40613; sez. III, 13 giugno 1997 , n. 1812; sez. III, 27 marzo 1996 , n. 1519).
Il Collegio ritiene che non vi siano ragioni per discostarsi dall’orientamento prevalso nella giurisprudenza amministrativa, che si è espressa in senso sfavorevole al riconoscimento della qualifica di agenti di polizia giudiziaria in capo alle guardie volontarie delle associazioni di protezione ambientale (Cons. Stato, VI, n. 168/1982; n. 4304/2001; n. 5430/2006).
Avendo l'ENPA perduto la personalità giuridica di diritto pubblico, i suoi agenti sono oggi guardie giurate volontarie di un'associazione protezionistica nazionale riconosciuta e ad essi la legge sulla caccia conferisce espressamente i poteri di vigilanza e di accertamento indicati nei commi 1 e 5 dell'art. 28, della legge n. 157/92, ma non anche quello di procedere al sequestro penale previsto dal 2 comma dello stesso articolo, riservato agli ufficiali ed agenti di P.G..
La stessa legge n. 157/92 ha espressamente riconosciuto la qualifica di agenti di polizia giudiziaria agli agenti dipendenti dagli Enti locali delegati dalle Regioni (art. 27, comma 1, lett. a), senza estendere tale riconoscimento alle guardie volontarie delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale, menzionate alla lettera b) dello stesso comma.
L’assenza dell’espresso riconoscimento della qualifica costituisce chiaro indice della volontà del legislatore, trattandosi di una disposizione speciale avente ad oggetto proprio i compiti e le qualifiche in materia di vigilanza venatoria.
In presenza di tale disposizione speciale, tale qualifica non può essere riconosciuta, agli agenti dell'E.N.P.A., a norma del combinato degli artt. 57, 3 comma, e 55 c.p.p., argomentando dal fatto che ad essi sono conferiti dalla legge sulla caccia poteri di vigilanza e di accertamento di eventuali reati, in quanto l'art. 57 c.p.p., nell'indicare le categorie di soggetti cui va riconosciuta la qualifica di ufficiali o di agenti di P.G., fa espressamente salve "le disposizioni delle leggi speciali" e la legge sulla caccia si pone sicuramente con carattere di specialità rispetto alle norme, anche sostanziali, contenute nel codice di rito.
3. Sulla base di tali considerazioni, l’appello deve essere respinto.
NOTA: Il Consiglio di Stato ha adottato una chiara decisione che dovrebbe por termine alle incertezze della Cassazione, che pare non avere le idee chiare in materia di diritto amministrativo. Eppure la legge venatoria è chiarissima e solo l'animo poliziesco-persecutorio di certi pubblici ministeri, disposti a credere a qualunque guardia giurata come se fossero tutti dei gentiluomini, ha portato ad affermazioni giurisprudenziali fuorvianti. La Cassazione si è poi adeguata.
Sul problema generale del potere di accertamento delle guardie si veda l'apposito scritto
email - Edoardo Mori |
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