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Il territorio agro-silvo-pastorale viene così suddiviso e destinato:
- per la gestione programmata della caccia
- zona faunistica di protezione
- centri pubblici di riproduzione
- oasi di protezione
- zone di ripopolamento e cattura
- zone di caccia comunque vietata
- caccia riservata a gestione privata
- centri privati di riproduzione
- aziende faunistico-venatorie
- aziende agri-turistico-venatorie
Le competenze amministrative locali in materia di caccia sono affidate alle regioni; recita l’art. 9 LC che Le regioni esercitano le funzioni amministrative di programmazione e di coordinamento ai fini della pianificazione faunistico-venatoria di cui all'articolo 10 e svolgono i compiti di orientamento, di controllo e sostitutivi previsti dalla presente legge e dagli statuti regionali. Alle province spettano le funzioni amministrative in materia di caccia e di protezione della fauna secondo quanto previsto dalla legge 8 giugno 1990, n. 142, che esercitano nel rispetto della presente legge.Sono fatte salve le maggiori competenze delle regioni o province a statuto speciale.
La legge, all’art.10, stabilisce il
principio generale che tutto il territorio italiano (compreso il
territorio urbano ove vivono volpi, martore, storni e piccioni) deve
essere soggetto a pianificazione faunistica e venatoria per ristabilire
e conservare un equilibrio ottimale fra le specie, ivi compresi i
carnivori, per mantenere la densità ottimale, per regolare il prelievo
venatorio.
Sia chiaro che l’equilibrio e la densità ottimale
devono essere valutati non solo in relazione alle esigenze della fauna
che potrebbero essere soddisfatte appieno solo eliminando il loro
concorrente principale che è l’uomo, ma in relazione a tutte le
esigenze e problematiche del territorio, quali quelle agricole, quelle
turistiche, quelle del traffico, ecc. Non è pensabile che si possa
reintrodurre il lupo in zone ove potrebbe sopravvivere solo mangiando
animali domestici o l’orso in zone troppo frequentate da escursionisti
(nessuno dei due ama la presenza dell’altro!). Del pari l’esperienza
degli ultimi anni ha dimostrato che i cinghiali esercitano un effetto
devastante sulle coltivazioni agricole e che è difficile controllarli
persino attraverso un pressante prelievo venatorio
Sono le regioni o le province (qui si intendono le province in genere,
non solo quelle autonome) che provvedono alla pianificazione del
territorio mediante la sua destinazione differenziata. Le regioni (art.
10, comma 10) attuano la pianificazione faunistico-venatoria
mediante il coordinamento dei piani provinciali di cui al comma 7
secondo criteri dei quali l'Istituto superiore per la protezione e la
ricerca ambientale (ISPRA) garantisce la omogeneità e la congruenza. Il
piano faunistico-venatorio regionale determina i criteri per la
individuazione dei territori da destinare alla costituzione di aziende faunistico-venatorie, di aziende agri-turistico -venatorie e di centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale.
A
tal fine il territorio di ogni regione o provincia deve essere
destinato per una quota dal 20 al 30 per cento a zona faunistica di
protezione in cui vige il divieto di cacciare e si favorisce la sosta e
la riproduzione della fauna selvatica. In questa percentuale vengo
ricomprese le oasi di protezione, le zone di ripopolamento e cattura, i
centri pubblici di riproduzione delle fauna selvatica, i territori ove
sia comunque vietata l'attività venatoria anche per effetto di altri
leggi o disposizioni.
Nella Zona faunistica delle Alpi la
percentuale del territorio destinato a zona di protezione deve essere
pari ad una quota dal 10 al 20 per cento (la norma parla di territorio
delle Alpi, ma solo perché il legislatore non sapeva scrivere!)
Un’altra quota massima del 15 per cento può (ma non deve) essere
destinata alla caccia riservata a gestione privata (art. 16 LC) e ai
centri privati di riproduzione.
Il restante territorio è destinabile alla gestione programmata della caccia (art. 14).
Entro queste prescrizioni generali sono le province che predispongono piani faunistico-venatori formando
dei comprensori omogenei e piani di miglioramento ambientale, che
possono prevedere anche l’immissione di fauna selvatica a fine di
ripopolamento.
I calendari venatori delle province devono indicare
le zone dove l'attività venatoria è consentita in forma programmata,
quelle riservate alla gestione venatoria privata e le zone dove
l'esercizio venatorio non è consentito.
Gestione programmata della caccia (art. 14 L.C.)
Le regioni, con apposite norme, sentite le organizzazioni professionali
agricole maggior-mente rappresentative a livello nazionale e le
province interessate, ripartiscono il territorio agro-silvo-pastorale
destinato alla caccia programmata ai sensi dell'articolo 10, comma 6,
in ambiti territoriali di caccia, A.T.C.), di dimensioni
subprovinciali, possibilmente omogenei e delimitati da confini naturali.
Province confinanti, ma situate in regioni diverse, possono, su iniziativa delle regioni, creare un A.T.C. comune.
Gli A.T.C. hanno un proprio organo di gestione in cui il 60% dei membri
costituito, in forma paritaria dai rappresentanti di strutture locali
delle organizzazioni professionali agricole maggiormente
rappresentative a livello nazionale e delle associazioni venatorie
nazionali riconosciute, ove presenti in forma organizzata sul
territorio. Il 20 per cento dei componenti è costituito da
rappresentanti di associazioni di protezione ambientale presenti nel
Consiglio nazionale per l'ambiente e il 20 per cento da rappresentanti
degli enti locali.
La norma non è molto logica perché fa riferimento al territorio
provinciale o regionale e non al territorio della A.T.C. così che
possono finire per essere decisivi soggetti che non hanno un
collegamento diretto con lo ATC interessato.
Le norme regionali stabiliscono le modalità con cui ogni cacciatore,
previa domanda all'amministrazione competente, ha diritto all'accesso
in un ambito territoriale di caccia o in un comprensorio alpino
compreso nella regione in cui risiede. Egli può avere accesso ad altri
ambiti o ad altri comprensori anche compresi in una diversa regione,
previo consenso dei relativi organi di gestione.
Con una complessa procedura viene fissato il numero di cacciatori ammissibile per ogni A.T.C. (indice di densità venatoria),
ma è facoltà degli organi direttivi degli ambiti territoriali di caccia
e dei comprensori alpini, con delibera motivata, di ammettere nei
rispettivi territori di competenza un numero di cacciatori residenti
superiore a quello fissato dal regolamento di attuazione, purché si
siano accertate, anche median-te censimenti, modificazioni positive
della popolazione faunistica e siano stabiliti con legge regionale i
criteri di priorità per l'ammissibilità.
Inoltre le regioni
stabiliscono con legge le forme di partecipazione, anche economi-ca,
dei cacciatori alla gestione, per finalità faunistico-venatorie, dei
territori com-presi negli ambiti territoriali di caccia e nei
comprensori alpini ed, inoltre, sentiti i relativi organi, definiscono
il numero dei cacciatori non residenti ammissibili e ne re-golamentano
l'accesso.
Agli A.T.C. sono attribuiti concreti compiti di gestione del territorio
attraverso la or-ganizzazione della ricognizione delle risorse
ambientali e della consistenza faunistica, la programmazione di
interventi per il miglioramento degli habitat.
Essi provvedono inoltre all'attribuzione di incentivi economici ai conduttori dei fondi rustici per:
a) la ricostituzione di una presenza faunistica ottimale per il
territorio; le coltivazioni per l'alimentazione naturale dei mammiferi
e degli uccelli soprattutto nei terreni dismessi da interventi agricoli
ai sensi del regolamento (CEE) n. 1094/88 del Consiglio del 25 aprile
1988; il ripristino di zone umide e di fossati; la differenziazione
delle colture; la coltivazione di siepi, cespugli, alberi adatti alla
nidificazione;
b) la tutela dei nidi e dei nuovi nati di fauna selvatica nonché dei riproduttori;
c) la collaborazione operativa ai fini del tabellamento, della difesa
preventiva delle coltivazioni passibili di danneggiamento, della
pasturazione invernale degli animali in difficoltà, della manutenzione
degli apprestamenti di ambientamento della fauna selvatica.
L'organo di gestione degli ambiti territoriali di caccia provvede,
altresì, all'erogazione di contributi per il risarcimento dei danni
arrecati alle produzioni agricole dalla fauna selvatica e
dall'esercizio dell'attività venatoria nonché alla erogazione di
contributi per interventi, previamente concordati, ai fini della
prevenzione dei danni medesimi.
La Corte dei conti con sentenza 133/2015 ha stabilito che le ATC sono
enti di diritto pubblico, con tutte le conseguenze in ordine a natura
degli atti, procedure, trasparenza. Però la questione è molto
controversa e molte le regioni le hanno definite come associazioni
private che possono richiedere il riconoscimento della personalità
giuridica. La ATC alpina è del tutto assimilata al Comprensorio alpino.
A mio parere è assurdo che il diritto di cacciare, che deve
essere eguale per tutti, venga delegato ad una associazione privata
senza alcun controllo sulla sua democraticità e sul rispetto
delle regole e così non consentendo un completo acceso agli atti.
Giurisprudenza
• L’oggetto
delle leggi n. 394 del 1991, relativa alle aree protette, e n. 157 del
1992, relativa invece alla protezione della fauna e al prelievo
venatorio, è diverso. La prima si occupa soltanto del prelievo
venatorio nelle aree protette e nelle zone contigue e presenta pertanto
carattere di specialità rispetto alla seconda. *Corte Cost. 11 novembre
2010, n 315.
• Il principio di
rappresentatività, di cui all’art. 14, comma 10, della legge n. 157 del
1992, ha carattere inderogabile (sentenza n. 299 del 2001); in
particolare, che detta disposizione, nello stabilire «i criteri di
composizione degli organi preposti alla gestione dell’attività
venatoria negli ambiti territoriali individuati secondo le modalità
indicate, fissa uno standard minimo ed uniforme di composizione degli
organi stessi che deve essere garantito in tutto il territorio
nazionale» (sentenza n. 165 del 2009). Ne deriva l’illegittimità
costituzionale dell’art. 19 della legge regionale del Molise n. 19 del
1993, nella parte in cui, con riferimento alla composizione degli enti
di gestione degli ambiti territoriali di caccia, non garantisce la
paritaria rappresentanza delle associazioni venatorie e delle
organizzazioni professionali agricole. *Corte Cost. 22 luglio 2010 n.
268.
• Pertanto l'essere gli ATP disciplinati
direttamente dalla legge su aspetti sostanziali concernenti la stessa
composizione dei loro Comitati direttivi, il carattere certamente
pubblicistico dei fini perseguiti trascendenti una dimensione puramente
privata, il collegamento tra la materia in esame e la regolamentazione
sovranazionale, la presenza di forme di finanziamento non collegate al
mercato e di poteri di controllo e vigilanza da i parte degli Enti
pubblici territoriali (peraltro ricordate anche nella sentenza
impugnata) portano a concludere per il carattere di ente pubblico
dell'ATP intimato. Conseguentemente, anche in relazione all'art. 97
Cost., in linea di massima il perseguimento di finalità di natura
pubblicistica da parte di un ente qualificabili come "pubblico" deve
essere condotto con criteri di imparzialità ed efficienza e secondo
criteri uniformi e trasparenti e quindi appare applicabile la normativa
di natura generale predisposta ad hoc per tale settore e quindi, come
ritenuto dal Giudice di prime cure, il D.Lgs. n. 165 del 2001 e
segnatamente la norma di cui all'art. 51, comma 2, che dispone
l'applicabilità delle L. n. 300 del 1970 alle pubbliche amministrazioni
a prescindere dal numero di dipendenti, come già ritenuto dal Giudice
di prime cure. Pertanto si deve ritenere che le conseguenze del
licenziamento (pacificamente illegittimo) siano quelle stabilite in
primo grado, non essendo applicabile la L. n. 108 del 1990, art. 4, ma
il richiamato D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 51, in quanto l'ATC, per le
ragioni già evidenziate, non è qualificabile come associazione di
diritto privato, priva di finalità di lucro. Cass. civ., Sez. lavoro,
n. 16467 del 27/09/2012.
email - Edoardo Mori |
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