Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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Trattato del diritto della caccia - Uso di selvatici vivi per scopi diversi dall'abbattimento

La legge sulla caccia regola dettagliatamente, ma in modo frammentario e confuso, la cattura di animali per scopi diversi da quello venatorio.
Le norme sono sparse in vari articoli con notevole confusione, anche per il fatto che molte volte vengono dettate regole per gli “animali da richiamo” in genere, senza tener conto del fatto che quali richiami vengono usati solo uccelli e non mammiferi! Ulteriore confusione deriva dal fatto che il legislatore, con una tecnica affatto nuova, ha messo dei divieti e delle sanzioni senza prima spiegare come intendeva regolare la materia. Si sa che cosa è vietato, in modo frammentario, ma non si sa che cosa è consentito. È un po’ come se nel Codice della Strada fosse punito chi viaggia contromano, senza prima scrivere che bisogna tenere la destra!

In via generale la legge dice che è vietato detenere, acquistare e vendere esemplari di fauna selvatica, ad eccezione dei capi utilizzati come richiami vivi (art.21 lett. ee).La norma si riferisce ad animali vivi, poiché la legge ha sempre specificato quando intendeva far riferimento ad animali morti
Chi leggesse solo questa norma dovrebbe concludere che si possono detenere (e quindi allevare) solo uccelli selvatici da utilizzare come richiami vivi e che è vietato detenere (e quindi allevare) mammiferi selvatici. Perciò un allevamento di cervi, ad esempio, potrebbe essere creato utilizzando solo cervi già allevati; cosa che ricorda molto il problema filosofico se sia nato prima l’uovo o la gallina. In realtà si tratta solo di una affermazione di principio poi smentita, corretta ed integrata da altre disposizioni.
Infatti già l’art. 21, lett. bb, fa divieto di vendere, detenere per vendere, trasportare per vendere, acquistare uccelli vivi o morti, nonché loro parti o prodotti derivati facilmente riconoscibili, appartenenti alla fauna selvatica, ma fa eccezione per le seguenti specie: germano reale (anas platyrhynchos); pernice rossa (alectoris rufa); pernice di Sardegna (alectoris barbara); starna (perdix perdix); fagiano (phasianus colchicus); colombaccio (columba palumbus).
Quindi si possono commercializzare e detenere uccelli vivi ad uso di richiamo nonché, sia vivi che morti, il germano reale, la pernice rossa, la pernice di Sardegna, la starna, il fagiano ed il colombaccio, naturalmente rispettando le norme sui richiami vivi e sulla tassidermia. Dovrebbe essere poi chiaro ad ogni interprete che è ovvio che tutte le specie cacciabili sono detenibili dal cacciatore, una volta morte, visto che nessuna norma lo obbliga ad abbandonare sul posto il capo di selvaggina ucciso! Perciò la norma su germano reale e colleghi vorrebbe in sostanza dire che queste specie, da vive, possono essere detenute e commercializzate quantomeno a scopo di allevamento e ripopolamento e che, da morte possono essere vendute dal cacciatore.
Però l’art. 21 lett. cc, proibisce il commercio e l’acquisto (e perciò anche la detenzione) di esemplari vivi di specie di avifauna selvatica nazionale non proveniente da allevamenti, e non ci si capisce e più nulla! Che fine hanno fatto il germano, la pernice, ecc.? Dovrebbe essere chiaro ad ogni interprete che gli allevamenti di selvaggina vengono fatti o per ripopolamento o per usi alimentari e che non vi è certo motivo di scrivere in una legge che un animale allevato a scopo alimentare può anche essere venduto e mangiato.
Come non bastasse, si trovano poi norme, ormai superate. L’art. 30 lett. h) vieta di catturare o detenere fringillidi (uccelli non elencati alla lett. bb) non di allevamento in numero superiore a cinque; però, se essi sono richiami, si applica la norma sui richiami che consente di detenere fino a 10 esemplari. Il legislatore non si è ricordato che fra gli uccelli selvatici usabili come richiami, non deve essere previsto alcun fringillide fin dal 1993 (DPCM 22 novembre 1997 e L. 1° marzo 2002 n. 39). Per la stessa ragione è rimasta nella legge la disposizione dell’art. 21 lett. q) che vieta di usare richiami vivi non provenienti da allevamento nella caccia agli acquatici.
L’art 20 regola l'introduzione dall'estero di fauna selvatica viva, purché appartenente alle specie autoctone e solo a scopo di ripopolamento e di miglioramento genetico e quindi, giustamente, vieta l’introduzione incontrollata di specie non autoctone che potrebbero gravemente alterare gli equilibri naturali. Però in mancanza di diversa disposizione si deve concludere che è libera l’importazione di esemplari di specie autoctone o non autoctone morti, purché non appartenenti a specie protette (in questo senso si vedano le norme sulla Tassidermia).
Ma che dire dell’art. 21, lett. t) che fa divieto di commerciare fauna selvatica morta non proveniente da allevamenti per sagre e manifestazioni a carattere gastronomico? Chiaro che per la legge può essere venduta selvaggina morta purché per scopo diverso dall’uso in sagre e manifestazioni a carattere gastronomico, ma era meglio prima stabilire ciò che è consentito e poi indicare i limiti.
Ovviamente la norma riguarda sia selvaggina cacciata in Italia che all’estero; quella italiana perché la norma non la esclude; quella estera perché sarebbe assurdo proteggere i selvatici esteri più dei selvatici nostrani.
La conclusione ricavabile da queste norme pare essere:
- può essere allevato ogni tipo di mammifero purché si usino animali provenienti da allevamenti;
- si possono allevare per fini commerciali solo uccelli appartenenti alle specie germano reale, pernice rossa, pernice di Sardegna, starna, fagiano e colombaccio;
- sfugge del tutto la logica di non poter allevare qualsiasi uccello piaccia allevare (merli, galli cedroni, ecc.) e perché il legislatore si sia dimenticato degli allevamenti di mammiferi.
- per gli uccelli da richiamo valgono altre regole (vedi più avanti).
Vediamo ora singole problematiche.
Cattura non temporanea
L’art 4 c.1 LC regola la cattura non temporanea (vale a dire mediante uccisione dell’animale, immediata o dopo la sua utilizzazione a scopo di studio); essa è consentita su ogni specie animale a scopo di studio e ricerca scientifica ed è consentito anche il prelievo di uova, nidi e piccoli nati. La legge parla solo di mammiferi ed uccelli in quanto le altre specie non sono contemplate dalla normativa venatoria; troveranno eventualmente applicazione altre norme sulla tutela dell’ambiente. Possono essere autorizzati a questo tipo di prelievo solo gli istituti scientifici delle università e del Consiglio nazionale delle ricerche e i musei di storia naturale
Cattura temporanea
La cattura temporanea (cioè senza la previsione di una uccisione dell’animale) di uccelli può avvenire per il loro inanellamento oppure per la loro cessione a fine di richiamo. Tutte le specie possono essere catturate per l’inanellamento. Stando all’art. 21 lett. ee, certe specie di uccelli selvatici possono essere catturati e ceduti per essere usati come richiami vivi; l’art. 4 specifica trattarsi di allodola, cesena, tordo sassello, tordo bottaccio, merlo, pavoncella e colombaccio. La cattura è riservata a soggetti autorizzati.
La legge regola la cessione dei richiami, ma non tratta della detenzione di richiami catturati direttamente dall’interessatoné di richiami importati dall’estero. Per questi trova però applicazione la norma dell’art. 20 che consente l’importazione solo per scopi di ripopolamento.
Quindi i richiami, salvo l’eccezione vista, devono provenire da allevamenti.
È sempre proibito detenere mammiferi appartenenti alla fauna selvatica che non provengano da allevamento ed è proibito prendere i loro piccoli. Se si trovano in pericolo di distruzione o morti possono essere raccolti, ma si deve comunicare il fatto entro 24 ore all’autorità provinciale per la caccia (Art. 21 lett. o).
Sono le regioni che, su parere dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica, emanano norme per regolamentare l'allevamento, la vendita e la detenzione di uccelli allevati appartenenti alle specie cacciabili, nonché il loro uso in funzione di richiami (art. 5 c. 1).
L'attività di cattura per l'inanellamento e per la cessione a fini di richiamo può essere svolta esclusivamente da impianti della cui autorizzazione siano titolari le province e che siano gestiti da personale qualificato e valutato idoneo dall'Istituto nazionale per la fauna selvatica. L'autorizzazione alla gestione di tali impianti è concessa dalle regioni su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, il quale svolge altresì compiti di controllo e di certificazione dell'attività svolta dagli impianti stessi e ne determina il periodo di attività (art. 5).
Richiami vivi
Da quanto sopra esposto si ricava che possono essere usati come richiamo
- uccelli selvatici appartenenti alle specie allodola, cesena, tordo sassello, tordo bottaccio, merlo, pavoncella e colombaccio (art. 4 c.4);
- uccelli provenienti da allevamento.
Le regioni regolamentano l’uso come richiami degli uccelli selvatici la cui cattura può avvenire solo in impianti provinciali.
Le regioni regolano l’allevamento e l’uso come richiami di uccelli appartenenti alle specie cacciabili. Le regioni emanano altresì norme relative alla costituzione e gestione del patrimonio di richiami vivi di cattura appartenenti alle specie di cui all'art. 4, c. 4, consentendo, ad ogni cacciatore che eserciti l'attività venatoria da appostamento fisso, la detenzione di un numero massimo di dieci unità per ogni specie, fino ad un massimo complessivo di quaranta unità. Per i cacciatori che esercitano l'attività venatoria da appostamento temporaneo con richiami vivi, il patrimonio di cui sopra non potrà superare il numero massimo complessivo di dieci unità.
Ogni uccello da richiamo deve essere identificabile mediante anello inamovibile, numerato secondo le norme regionali che disciplinano anche la procedura in materia (art. 5 c. 7).
La sostituzione di un richiamo può avvenire soltanto dietro presentazione all'ente competente del richiamo morto da sostituire (art. 5 c. 8). Non è chiaro che cosa si debba fare se il richiamo è fuggito o se lo ha mangiato il gatto!
Per l’art. 5 c. è vietata la vendita di uccelli di cattura utilizzabili come richiami vivi per l'attività venatoria. Ciò in quando la cattura e la cessione sono riservate agli impianti autorizzati dalla provincia.
Per l’art. 21 è vietato:
lett. p) usare richiami vivi, al di fuori dei casi previsti dall'articolo 5;
lett. q) usare richiami vivi non provenienti da allevamento nella caccia agli acquatici;

lett. r) usare a fini di richiamo uccelli vivi accecati o mutilati ovvero legati per le ali e richiami acustici a funzionamento meccanico, elettromagnetico o elettromeccanico, con o senza amplificazione del suono.

Inanellamento
La cattura temporanea per l’inanellamento può essere effettuata solo da soggetti muniti di autorizzazione rilasciata dalle regioni su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica; l'espressione di tale parere è subordinata alla partecipazione a specifici corsi di istruzione, organizzati dallo stesso Istituto, ed al superamento del relativo esame finale.
L'attività di cattura per l'inanellamento può essere svolta esclusivamente da impianti della cui autorizzazione siano titolari le province e che siano gestiti da personale qualificato e valutato idoneo dall'Istituto nazionale per la fauna selvatica. L'autorizzazione alla gestione di tali impianti è concessa dalle regioni su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, il quale svolge altresì compiti di controllo e di certificazione dell'attività svolta dagli impianti stessi e ne determina il periodo di attività.
Chiunque abbatte, cattura o rinviene uccelli inanellati di darne notizia all'Istituto nazionale per la fauna selvatica o al comune nel cui territorio è avvenuto il fatto, il quale provvede ad informare il predetto Istituto.
Introduzione di fauna selvatica dall'estero (art. 20 LC)
L'introduzione dall'estero di fauna selvatica viva, purché appartenente alle specie autoctone, può effettuarsi solo a scopo di ripopolamento e di miglioramento genetico.
I permessi d'importazione possono essere rilasciati unicamente a ditte che dispongono di adeguate strutture ed attrezzature per ogni singola specie di selvatici, al fine di avere le opportune garanzie per controlli, eventuali quarantene e relativi controlli sanitari.
Le autorizzazioni per le attività di cui al comma 1 sono rilasciate dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali su parere dell'ISPRA, nel rispetto delle convenzioni internazionali. Nel caso di specie di uccelli che non vivono naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri dell'Unione europea, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali consulta preventivamente anche la Commissione europea.
Limiti all’uso di selvatici abbattuti
È vietato commerciare fauna selvatica morta non proveniente da allevamenti per sagre e manifestazioni a carattere gastronomico (art. 21 lett.t).
Quando è sequestrata fauna selvatica, viva o morta, gli ufficiali o agenti la consegnano all'ente pubblico localmente preposto alla disciplina dell'attività venatoria il quale, nel caso di fauna viva, provvede a liberarla in località adatta ovvero, qualora non risulti liberabile, a consegnarla ad un organismo in grado di provvedere alla sua riabilitazione e cura ed alla successiva reintroduzione nel suo ambiente naturale; in caso di fauna viva sequestrata in campagna, e che risulti liberabile, la liberazione è effettuata sul posto dagli agenti accertatori. Nel caso di fauna morta, l'ente pubblico provvede alla sua vendita tenendo la somma ricavata a disposizione della persona cui è contestata l'infrazione ove si accerti successivamente che l'illecito non sussiste; se, al contrario, l'illecito sussiste, l'importo relativo deve essere versato su un conto corrente intestato alla regione
Della consegna o della liberazione di cui al comma 3, gli ufficiali o agenti danno atto in apposito verbale nel quale sono descritte le specie e le condizioni degli esemplari sequestrati, e quant'altro possa avere rilievo ai fini penali. (Art. 28 comma 4 LC).
Allevamenti e commercio di fauna selvatica
In questa materia occorre sempre controllare ciò che dicono le varie leggi regionali, anche al fine di trovare conferme alle interpretazioni sopra esposte, sicuramente non troppo chiare. Si deve sempre considerare che quando i problemi cadono in mano alla burocrazia vi è una esplosione di norme e disposizioni (spesso del tutto sproporzionate rispetto alla loro utilità) che il normale cittadino, anche se giurista, non è in grado di reperire e conoscere, senza mai avere la certezza che non gli sia sfuggito qualche cosa.
Ad esempio la regione Toscana ha applicato e integrate le norme statali con le seguenti disposizioni (Legge regionale 12 gennaio 1994, n. 3):
Art. 43 Commercio di fauna selvatica
È vietato a chiunque vendere, detenere per vendere, trasportare per vendere, acquistare uccelli vivi o morti, nonché loro parti o prodotti derivati, appartenenti alla fauna selvatica, che non appartengano alle seguenti specie: germano reale; pernice rossa; starna; fagiano; colombaccio, e i soggetti (pare che questi “soggetti” siano gli animali!) provenienti dagli allevamenti di cui agli articoli 39, 40, 41 e da centri pubblici e privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale.
Nota: applicazione del tutto corretta della norma statale
La fauna selvatica morta non assoggettata a processi di lunga conservazione, utilizza per fini alimentari, appartenente alle specie: germano reale; pernice rossa; starna; fagiano; colombaccio; lepre; coniglio selvatico; cervo; daino; capriolo; cinghiale nel rispetto delle vigenti norme sanitarie, può essere commercializzata, solo durante il periodo di caccia previsto per ciascuna delle suddette specie e per i cinque giorni successivi. Tale termine è prorogabile fino ad un massimo di ulteriori cinque giorni dal comune competente per territorio su istanza degli interessati.
Nota: opportuna integrazione della norma statale la quale sia era dimentica che non ci sono solo uccelli ma anche tanti mammiferi. Si comprende che gli animali elencati possono essere commercializzarti senza limite di tempo se surgelati.
Il commercio di fauna selvatica morta proveniente dagli allevamenti a fini alimentari di cui ai commi precedenti articolo 41 o dall'estero, non è sottoposto alle limitazioni temporali di cui ai commi precedenti.
Nota: giusta precisazione, ma rimane il dubbio sulle specie commerciabili ; è consentito importare carne di gazzella o di canguro? Ovviamente sì come dimostra il comma 4 dell’articolo 44.
4. Sono vietate la detenzione ed il commercio della fauna selvatica catturata o uccisa illegalmente.
Art. 44 Introduzione di specie di fauna selvatica dall'estero
L'introduzione dall'estero di fauna selvatica viva appartenente alle specie già presenti sul territorio regionale, può effettuarsi solo a scopo di ripopolamento.
I permessi d'importazione possono essere rilasciati unicamente a ditte che dispongono di adeguate strutture ed attrezzature per ogni singola specie di selvatici al fine di avere le opportune garanzie per verifiche, eventuali quarantene e relativi controlli sanitari.
Le autorizzazioni per le attività di cui al primo comma sono rilasciate dal Ministero per il coordinamento delle politiche agricole, alimentari e forestali su parere dell'INFS nel rispetto delle convenzioni internazionali.
La fauna selvatica abbattuta da cacciatori fuori del territorio nazionale può essere dagli stessi introdotta, ai sensi delle normative vigenti, qualora se ne dimostri la legittima provenienza.

In materia di allevamenti di fauna selvatica è utile la lettura di questo provvedimento della Provincia di Como con cui nel novembre 2009 sono stati regolati gli allevamenti di fauna selvatica.
DISPOSIZIONI PARTICOLARI PER L’ALLEVAMENTO DI FAUNA SELVATICA A SCOPO ALIMENTARE, ORNAMENTALE E AMATORIALE
Art. 1 – Finalità
La Provincia di Como con le presenti disposizioni disciplina l’allevamento, la detenzione, la vendita e la cessione di fauna selvatica omeoterma, in base all’art. 39 della L.R. 26 del 16 agosto 1993 e del R.R. n.16 del 4 agosto 2003, nonché nel rispetto di quanto previsto dal Regolamento di Polizia Veterinaria di cui al D.P.R. 320 dell’8 febbraio 1954, della L. 150 del 7 febbraio 1992 in materia di commercio internazionale di specie di fauna e flora selvatiche in pericolo di estinzione e della L. 473 del 22 novembre 1993 sul maltrattamento degli animali.
Art. 2 – Tipologia degli allevamenti
1. Gli allevamenti si distinguono in allevamenti per fini commerciali ed allevamenti senza fini commerciali, sulla base delle tipologie previste nel R.R. 16 del 4 agosto 2003.
- Categoria A: allevamenti a fini commerciali, esercitati da imprese agricole legalmente riconosciute, in cui l’attività risulti essere la sola, ovvero la principale, ai fini del reddito d’impresa;
- Categoria B: allevamenti per fini commerciali, realizzati a scopo di integrazione dei redditi;
- Categoria C: allevamenti amatoriali e ornamentali senza fini commerciali.
2. Gli allevamenti a fini commerciali e di ripopolamento sono consentiti solo ai titolari di impresa agricola.
3. Gli allevamenti di fauna di specie selvatiche utilizzate a fini di ripopolamento e/o per le attività cinofile devono essere limitati alle specie autoctone.
4. Nel conteggio degli individui di ornitofauna selvatica allevati a scopo ornamentale e amatoriale, appartenenti alla famiglia dei Fringillidi, non vanno considerati gli ibridi né gli individui a fenotipo mutato.
Art. 3 – Vincoli particolari 1. Ai sensi dell’art. 24 comma 2 del R.R. n° 16 del 4 agosto 2003, si dispone su tutto il territorio provinciale il divieto di allevamento del cinghiale (Sus scrofa) e dei suoi ibridi, sia a fini commerciali che a scopo amatoriale.
2. L’allevamento degli Ungulati ruminanti è consentito previa richiesta di autorizzazione al Servizio Caccia della Provincia di Como e successiva verifica a cura del Corpo di Polizia Locale della Provincia, tesa a verificare l’idoneità delle recinzioni degli allevamenti che devono essere allestite in modo da evitare il rischio di fuoriuscita dei capi, tenuto conto delle specie contenute, dell’orografia e della tipologia del terreno; a tal fine si richiede di attenersi alle indicazioni tecniche contenute nello specifico allegato che costituisce parte integrante e sostanziale delle presenti disposizioni.
3. Per l’allevamento a scopo ornamentale e amatoriale di uccelli appartenenti a specie selvatiche autoctone è necessaria l’iscrizione alla FOI (Federazione Ornicoltori Italiani) o ad altra associazione di ornicoltori riconosciuta a livello nazionale o internazionale.
Art. 4 – Richiesta di autorizzazione
1. Le autorizzazioni per l’allevamento della fauna selvatica vengono rilasciate dal Servizio Caccia della Provincia, previa presentazione di domanda da effettuarsi mediante modulistica appositamente predisposta (Allegato 1).
2. Sono eventualmente accettate allo stesso modo domande in carta libera purché complete delle seguenti indicazioni:
- generalità e residenza dell’allevatore;
- località in cui avrà sede l’allevamento;
- specie di animali che verranno allevati e tipologia dell’allevamento;
- certificazione atta a dimostrare la legittima provenienza dei soggetti riproduttori mediante fattura d’acquisto o autocertificazione del venditore attestante l’avvenuta cessione dei soggetti riproduttori;
- relazione tecnico-gestionale in cui sono indicate il tipo di strutture e di recinzioni esistenti, con dichiarazione di conformità a quanto previsto dal presente regolamento, in particolare per quanto previsto nell’art. 7;
- dichiarazioni di conformità a quanto previsto dalla normativa vigente per quanto riguarda le norme di Polizia Veterinaria, sul commercio internazionale di specie di fauna e flora selvatiche in pericolo di estinzione e sul maltrattamento degli animali.
3. La Provincia rilascia apposita autorizzazione, che ha durata quinquennale e può essere rinnovata.
4. Il rinnovo è subordinato, all’osservanza degli adempimenti indicati nell’autorizzazione ed all’assenza nel periodo di validità precedente alla richiesta di rinnovo, di sanzioni dovute gravi inadempienze. La domanda di rinnovo deve essere presentata almeno 6 mesi prima della scadenza.
5. Gli allevamenti già esistenti all’emanazione delle presenti disposizioni saranno autorizzati con nuovo provvedimento, previa presentazione di nuova richiesta o di conferma di quella precedente.
Art. 5 – Registro di allevamento
1. Per gli allevamenti di categoria A e B, la Provincia rilascia all’atto dell’autorizzazione un apposito registro vidimato (allegato 2).
2. In tale registro debbono essere indicati:
- la specie, il sesso se identificabile, il numero dei riproduttori e la loro origine documentata;
- l’eventuale contrassegno;
- il numero di animali nati, morti, acquisiti e ceduti, con l’indicazione dei soggetti cedenti e cessionari;
- gli eventi patologici significativi.
3. Al registro devono essere allegati i verbali dei controlli sanitari ed amministrativi.
4. Il registro deve essere sempre tenuto nei locali dove ha sede l’allevamento, a disposizione dei soggetti preposti alla vigilanza. 5. Al fine di aggiornare l’anagrafe degli allevamenti, copia del registro riferito al 31 dicembre dell’anno appena concluso, deve pervenire alla Provincia entro il 31 gennaio di ogni anno. 6. La tenuta di tale registro non è obbligatoria per gli allevamenti di fagiano, starna, pernice rossa, quaglia e anatra germanata.
Art. 6 – Contrassegno e marcatura individuale dei mammiferi
1. Negli allevamenti di mammiferi tutti gli animali, con la sola esclusione della lepre comune, vanno marcati mediante apposito microchip rilasciato dall’ASL. Le spese relative all’acquisto dei microchip sono a carico del titolare dell’allevamento.
2. In casi particolari, stabiliti dal Servizio Veterinario della competente ASL, la marcatura può avvenire anche tramite altri dispositivi concordati con il Servizio Veterinario.
3. Il numero del contrassegno va riportato nel registro di cui all’art. 5 del presente Regolamento.
4. La marcatura degli animali nati nell’allevamento avviene entro un mese dalla nascita con conseguente comunicazione, entro 10 giorni, alla Provincia – settore Caccia e Pesca - da parte dell’allevatore, per mezzo di apposito modello predisposto (allegato 3)
5. La marcatura degli animali nati all’esterno dell’allevamento è autorizzata dalla Provincia competente, sulla base della certificazione comprovante la loro acquisizione legale (allegato 4).
Art. 7 – Contrassegno e marcatura individuale degli uccelli
1. Negli allevamenti di uccelli a scopo ornamentale e amatoriale, ad esclusione del fagiano, della starna, della pernice rossa, della quaglia e dell’anatra germanata, tutti gli esemplari devono essere detenuti previa marcatura per mezzo di apposito anello inamovibile.
1. Gli esemplari di avifauna nati in cattività vanno segnalati entro l’anno in corso alla Provincia, mediante il modello predisposto (allegato 5) e devono essere regolarmente marcati o inanellati con anello chiuso, conforme alle disposizioni previste dalla Commissione Tecnica Nazionale della FOI o da altra associazione ornitologica nazionale o internazionale riconosciuta e deve riportare il numero di matricola dell’allevatore, nonché l’anno di nascita ed il numero di individuazione dell’animale. Tale inanellamento deve avvenire entro 10 giorni dalla nascita.
2. Sono ammessi l’allevamento e la detenzione di volatili provenienti da paesi esteri purché adeguatamente inanellati e accompagnati da documentazione identificativa comprovante la nascita in cattività.
3. La marcatura degli animali nati all’esterno dell’allevamento è preventivamente autorizzata dalla Provincia, sulla base della certificazione comprovante la loro acquisizione legale (allegato 6). Art. 8 – Recinti e strutture di stabulazione
1. Gli allevamenti di mammiferi devono garantire strutture di recinzione tali da impedire la fuga dei soggetti detenuti, nonché essere provvisti di idonei dispositivi per la cattura, da utilizzare sia per la marcatura dei soggetti che per ogni altra eventuale operazione che richieda la manipolazione degli animali. Queste strutture devono essere descritte nella relazione tecnico-gestionale da allegare alla richiesta di autorizzazione all’allevamento.
2. Le strutture dell’impianto nonché le tecniche di produzione e di ambientamento per gli allevamenti di specie destinate al ripopolamento e/o detenute per fini anche amatoriali, devono garantire il mantenimento della rusticità e delle caratteristiche comportamentali degli individui. A questo riguardo si rimanda a quanto stabilito dall’INFS:
- Galliformi, da 1 a 30 gg: 0.02-0.5 mq / capo;
- Galliformi, oltre 30 gg: 0.5 – 2.0 mq/capo in voliera;
- Lepri in recinti di preambientamento: 100 mq/capo;
- Ungulati: 5.000 mq / capo.
3. Per la detenzione di un singolo soggetto di avifauna allevata a scopo ornamentale o amatoriale, l’allevatore deve disporre di una gabbia di capienza interna minima di 26 decimetri cubici. Per l’allevamento di più animali nella stessa gabbia o voliera deve comunque essere garantito uno spazio vitale minimo di 18 decimetri cubici per soggetto.
4. Tutte le strutture di detenzione devono essere collocate in ambiente salubre, adeguatamente aerato, dove vengono previste periodiche operazioni di disinfestazione e disinfezione. Le gabbie utilizzate a fini espositivi, essendo per uso temporaneo, sono individuate in quelle approvate dalla C.O.M. (Commissione Ornitologica Mondiale).
Art. 9 – Prelievo e cessione degli animali
1. I capi allevati debbono essere prelevati con i normali mezzi di cattura previsti per le diverse specie. Il prelievo con i mezzi di cui all’art. 13 della L. 157/92 (Mezzi per l’esercizio dell’attività venatoria), è consentito per esigenze di carattere strettamente sanitario e previo apposita autorizzazione dell’autorità sanitaria.
2. L’abbattimento dei capi allevati a scopo alimentare è consentito durante tutto il corso dell’anno solare. La macellazione deve avvenire nel rispetto della normativa vigente in materia. Gli esemplari prodotti possono essere ceduti unicamente a centri di macellazione riconosciuti ai sensi della normativa vigente o ad altro analogo allevamento autorizzato.
3. Al momento della cessione degli animali, l’allevatore deve rilasciare all’acquirente, oltre ai documenti di natura fiscale, una ricevuta attestante il nominativo e, se previsti, gli estremi di autorizzazione dell’allevatore, il nominativo dell’acquirente, la specie, il numero identificativo dell’individuo, quando previsto per l’allevamento, e il numero totale di capi ceduti.
4. Gli allevamenti a scopo amatoriale o ornamentale possono cedere in forma gratuita i soggetti allevati, purché accompagnati da modello prestampato fornito dalla Provincia (allegato 7). 5. Gli esemplari di specie destinate al ripopolamento potranno essere ceduti esclusivamente ai soggetti legittimati all’attività di ripopolamento o ad altri allevatori autorizzati.
Art. 10 – Anagrafe degli allevamenti
1. Presso la Provincia, Servizio Caccia, è istituita l’anagrafe degli allevamenti, aggiornato annualmente, in cui vengono indicati la denominazione, la tipologia di allevamento, le specie allevate, il numero di riproduttori per specie, il numero di capi prodotti per specie, in numero di capi acquisiti, il numero di capi ceduti.
2. Al fine di aggiornare l’anagrafe degli allevamenti di cui sopra, i titolari sono tenuti ad inviare comunicazione al Servizio Caccia della Provincia (Allegato 8). Sono esentati da questa comunicazione gli allevamenti a scopo ornamentale e/o amatoriale in cui la riproduzione di queste specie viene impedita, tramite separazione degli esemplari di sesso diverso.
Art. 11 – Norme sanitarie
1. Tutti gli allevamenti sono soggetti al rispetto delle norme sanitarie vigenti, nonché al regolamento di Polizia Veterinaria e all’obbligo di adottare misure per garantire il benessere degli animali.
2. Ogni allevatore deve disporre di apposita struttura per l’isolamento di selvatici malati o portatori di patologie in atto, accantonando gli animali morti per cause non naturali per i successivi accertamenti sanitari e deve segnalare al servizio veterinario dell’ASL territorialmente competente, ai sensi di legge, situazioni patologiche di natura epidemica in atto o sospette.
Art. 12 – Revoca dell’autorizzazione
1. La revoca dell’autorizzazione di allevamento è disposta dall’Amministrazione provinciale, con proprio atto, in caso di recidiva nella mancata ottemperanza dei singoli obblighi e prescrizioni del presente regolamento o delle normative vigenti in materia.
2. L’autorizzazione può essere nuovamente rilasciata previa regolare richiesta, a far data dal compimento del terzo anno dall’avvenuta revoca.
Art. 13 – Verifiche, controlli e vigilanza 1.La Provincia effettua controlli e vigila sulla corretta applicazione delle norme previste dal presente regolamento tramite il Corpo della Polizia Provinciale.
2. La vigilanza è altresì affidata ai soggetti di cui alla vigente normativa in materia di caccia.
Art. 14 – Disposizioni finali
1. Gli allevamenti già esistenti all’emanazione del presente regolamento devono adeguarsi entro e non oltre 120 giorni.
2. Per quanto non previsto dal presente regolamento si rinvia alle Leggi e ai Regolamenti vigenti che disciplinano la materia.


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