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CAPITOLO I
E' del tutto probabile che il futuro ci porti ad un eccesso di animali nocivi
ed immondi, quali ratti, piccioni, storni, portatori di inquinamento e di gravi
malattie per l'uomo e gli altri animali.
L'alterato equilibrio ecologico (inevitabilmente collegato al carico demografico
su di un certo habitat), gli improvvisi mutamenti climatici, renderanno sempre
più probabili improvvisi aumenti nelle popolazioni di questi ed altri
animali, che potrebbero rappresentare un pericolo serio. Non dimentichiamo che
noi non siamo affatto immuni di fronte a quelle malattie portate dai topi nelle
loro migrazioni e che fino al 1600 hanno periodicamente distrutto parte dei
popoli degli stati europei.
Siccome non è pensabile di affrontare questi animali con le armi convenzionali,
credo sia interessante vedere come i nostri antenati risolvevano il problema mediante
l'uso di trappole e lacci e cioè con mezzi assolutamente naturali ed ecologici,
compatibili con l'ambiente ed atti a favorire la selezione naturale. Ricordo che,
del resto, in altri paesi europei, con antica tradizione venatoria, le trappole
per la cattura di nocivi o di animali da abbattere sono del tutto leciti. In Italia
è vietata la produzione, vendita e detenzione di trappole per la fauna
selvatica e il loro uso venatorio; non sono vietate le trappole non destinate
alla fauna selvatica. E' consentito usare trappole per catturare topi, talpe,
arvicole (che non sono animali tutelati) e per le attività di cattura od
uccisione per scopi non venatori (eliminazione di animali malati, cattura di uccelli
negli aeroporti, riduzione di popolazioni sovrabbondanti, ecc.)
I mezzi diversi dalle armi, usabili per la cattura di animali sono:
- i lacci
- le trappole
- il vischio
- le reti
La concreta realizzazione di questi mezzi non segue regole precise; i nostri antenati
erano maestri nello sfruttare nel modo più sapiente l'ambiente e le piccole
cose che esso offriva e tutti gli apparecchi che descriveremo richiedono di
essere adattati, per costruzione e sistemazione, alla specifica situazione.
Il che richiede, oltre alla conoscenza dell'ambiente, una profonda conoscenza
delle abitudini degli animali.
Si consideri, ad esempio, che il topo è uno degli animali più
difficili da catturare e che con lo stesso modello di trappola è
difficile catturare oltre qualche esemplare di una popolazione di topi: dopo
un po' essi imparano a riconoscerla. Una trappola in cui è stato ucciso
un topo deve essere ripulita sulla fiamma perché altrimenti gli altri
topi la eviteranno accuratamente.
Tutti i mammiferi sono poi estremamente diffidenti nei confronti dell'odore
dell'uomo ed è difficile farli avvicinare ad una trappola che non sia
stata adeguatamente "mascherata". In genere i cacciatori si servivano di
miscele di prodotti maleodoranti, di cui vi risparmio le ricette!
>Anche la cattura di animali nocivi richiede la stessa applicazione, lo stesso
spirito di osservazione, la stessa pazienza, la stessa esperienza che debbono
guidare il vero cacciatore.
Il rispetto per l'animale, anche se nocivo, impone di studiare sistemi che,
per i modi di applicazione ed intervento, provochino una morte rapida e senza
inutili sofferenze. Anche se qui, per completezza, illustreremo ogni tipo di
trappola, sia chiaro che solo alcune rispondono a tale requisito. Altre
potranno essere usate solo se si è sicuri di poter liberare o finire
l'animale poco tempo dopo la sua cattura nella trappola.
I lacci
Lo strumento più antico e di uso più semplice è indubbiamente
il laccio. Esso può assumere due forme.
- il laccio fisso in cui l'animale si va ad infilare e che si stringe attorno al
suo corpo, immobilizzandolo o strangolandolo per effetto della trazione che esercita
lo stesso animale;
- il laccio mobile che si stringe attorno al corpo dell'animale per effetto di una
forza esterna; questa può essere costituita dalla forza di un albero piegato
oppure da un contrappeso.
Il materiale con cui costruire il laccio varia a seconda del peso della prevedibile
preda e della possibilità o meno che essa possa aver modo di tagliarlo con i
denti (un topo riesce a rosicchiare ogni cosa salvo il ferro!). Un laccio mobile
potrà essere formato da una corda o da una striscia di cuoio, ma in genere
si preferisce ricorrere a lacci metallici; lacci molto robusti possono essere costruiti
con il cordino dei freni delle biciclette (che però nei lacci fissi tende a
riallargarsi). Gli esperti consigliano in genere di usare i sottili fili di rame
che compongono un cavo elettrico, ritorti nel numero sufficiente ad assicurare la
richiesta tenuta.
Il laccio fisso va posto in aperture di tane o staccionate o su stretti sentieri
in cui l'animale deve passare necessariamente, in modo che al suo passaggio, si stringa
attorno al suo corpo. L'altezza dal suolo e la larghezza del cappio devono ovviamente
essere adattate alla prevedibile preda.
Il laccio mobile richiede un sistema di scatto ed è la costruzione di questo che
farà la differenza.
I sistemi di scatto sono moltissimi, limitati solo dalla fantasia e dall'inventiva di
chi opera. Un raffinato potrebbe persino usare un sistema a fotocellula oppure
recuperare il meccanismo di scatto di una carabina con stecher e usare quello,
ma noi ci limiteremo ad illustrare i meccanismi costruiti sul posto con pochi pezzetti
di legno, quali usati da ogni trapper degno di questo nome.
Quello di impiego pressoché universale è rappresentato nella figura che
segue; esso è formato da un cilindretto di legno con una tacca ad angolo retto.
Il cilindretto viene legato alla corda tenuta in tensione dalla forza esterna (albero
o ramo piegato, contrappeso) e, facendo forza, viene agganciato ad uno spuntone o
perno sporgente da un tronco o da un piolo. All'altro lato del cilindretto viene
fissato un filo di strappo o d'inciampo o lo stesso cappio: quando l'animale
inciampa nel filo che attraversa il sentiero o lo tira per prendere l'esca, o infila
la testa nel cappio, il cilindretto scivola dallo spuntone che lo trattiene, liberando
così la corda sotto trazione.
Il filo di strappo può talvolta essere sostituito da una bacchetta fissata
perpendicolarmente al cilindretto e che, urtata, lo fa ruotare su suo asse.
L'abilità del costruttore consiste nel dosare esattamente l'attrito
cilindretto-perno, in modo che lo sgancio non avvenga prematuramente per un colpo di
vento o per il passaggio di un animale di taglia molto inferiore a quella prevista.
Il meccanismo può essere reso estremamente sensibile se il perno viene
sostituito da una rotella o da un cuscinetto a sfera.
La figura che segue rappresenta lo schema di massima di ogni laccio mobile. In questo
caso il cappio è fissato alla corda di trazione e lo scatto si sgancia quando l'animale
inserisce il capo o una zampa entro di esso.
Il ramo o l'albero piegato hanno la funzione non solo di strangolare l'animale, ma anche di sollevarlio in alto al riparo da altri predatori. Se non vi è questa esigenza, il ramo può esserre sostituito da un peso:
Le figure seguenti mostrano particolari del sistema di scatto
Esempio di utilizzo del filo a strappo
La figura mostra come cappio e filo di strappo possono coincidere
Invece del laccio può essere usata una rete per catturare viva la preda che calpesti la rete.
Invece del filo a strappo, l'esca può essere inserita direttamente sul cilindretto
Per la cattura di uccelli si è fatto ricorso a mezzi semplificati; tra questi il più diffuso tra i popoli primitivi è l'archetto che ha la struttura illustrata nella figura che segue
Un ramo viene ripiegato e ad esso viene collegato un filo doppio che passa attraverso un foro
o una fessura ricavata nel tronco. Dal lato opposto il filo presenta un nodo che si
troverà all'uscita del foro. Sul foro e sul nodo viene appoggiato un bastoncino
leggero ed appuntito che viene trattenuto in posizione orizzontale dalla tensione del
filo. La parte finale del filo viene poi allargata ad anello sul bastoncino. Quando
un uccello si posa sul bastoncino, attratto da adeguata esca, il bastoncino cade, liberando il nodo ed il filo, e l'uccello rimane intrappolato per le zampe.
Invece del ramo si può utlizzare anche un peso
Invece di un ramo può essere utilizzato un bastone curvato ad arco e fissato
poi al terreno.
Il congegno può essere meccanizzato secondo lo schema che segue
In cui si utilizza la forza di una molla. Il tutto può essere mimetizzato entro
un tubo o una canna di bambù ed essere piantato ove occorre.
Lo stesso principio era usato in trappole usate un tempo per catturare i falchi e che
usavano la forza di un elastico o di una molla.
Talvolta la trappola assume la forma illustrata qui sotto in cui la corda circonda
il posatoio con l'esca e viene guidata attorno alle zampe dell'animale da una
corona di penne.
Per la caccia ad acquatici segnalo questa trappola galleggiante, sistemata in una bottiglia ben zavorrata con pietre
email - Edoardo Mori |
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