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Pistone moderno
Ci si pone spesso il problema dell’origine dei pistoni e le risposte che si odono sono quasi sempre semplicistiche e ricollegate ad episodi aneddotici od occasionali, come se essi rappresentassero una strana invenzione. Lo sparo di armi a salve è invece un uso autonomo e primario della polvere da sparo.
Dobbiamo renderci conto che la polvere da sparo è nata come prodotto per far botti e che solo lentamente si arrivati a trovare il modo di utilizzarla per proiettare proiettili o per usarla come esplosivo in bombe o mine. Inizialmente del resto i miscugli prodotti erano del tutto rudimentali e di efficacia incerta. Gli stessi Cinesi, che senz’altro per primi hanno utilizzato la miscela zolfo - carbone - salnitro, non hanno usato armi da fuoco prima di noi e non sono mai andati oltre gli effetti pirotecnici, senza per altro considerarla una grande invenzione, visto che Marco Polo nel 1260 circa neppure ne parla.
Ma il produrre un rumore pari a quello del tuono era già un grande successo in epoche in cui sui campi di battaglia il rumore (grida, tamburi, batter di armi) veniva usato per atterrire l’avversario e in cui il suono potente (ad es. rintocchi delle campane, schioccare di fruste) veniva usato come segnale di allarme oppure per riti pagani, conservati a malincuore dalla chiesa cattolica, come la cacciata di spiriti maligni o il saluto della primavera.
Quindi l’uso della polvere da sparo per fare rumore precede, anche se di poco, il suo impiego distruttivo. È certo che i primi scoppi accidentali si sono verificati in mortai ed è del tutto verosimile che i primi recipienti in cui venne fatta scoppiare appositamente della polvere siano stati dei mortai; ciò dei robusti recipienti di bronzo appoggiati a terra e con sfogo verso l’alto. Anche perché era molto più facile costruire un mortaio che un cannone. Quando poi si iniziarono a costruire fucili e cannoni fu naturale usarli anche per tiri a salve, o caricando armi vere a salve oppure costruendo appositi arnesi, di più semplice fattura. Ricordo che feudatari e religiosi erano tenuti a provvedere al proprio armamento per la difesa delle terre loro affidate e per combattere per il loro signore; le armi da fuoco erano invece interdette ai contadini e ai borghesi.
Nel mondo germanico era molto tradizionale era l’uso di sparare la notte di Natale, all’inizio della messa di Natale; nel corso della messa venivano sparate altre sei salve: tre alla elevazione dell’Ostia e tre alla elevazione del calice; vi erano poi della salve di spari alla fine della messa. Si sparava poi ancora nella notte di Capodanno e dell’Epifania e infine per la festa del Corpus Domini.
Ben presto si diffuse anche l’uso di sparare durante i matrimoni sia davanti alle case dei futuri sposi che davanti alla chiesa, all’uscita degli sposi (in tedesco l’uso è detto “Brautwecken” e cioè lo “sveglia-sposa”). In alcune zone si sparava anche nel corso del rito pagano dell’accensione dei fuochi di San Giovanni sui monti.
Dalle cronache di Salisburgo risulta che agli inizi del 1700 nella fortezza non vi erano solo cannoni da difesa, ma anche mortaietti e cannoni destinati solo al tiro a salve e detti “Gesundheitskanonen”, vale a dire “cannoni della buona salute”, destinati solo a fin di bene ed allegria invece che di morte.
Fino ai primissimi anni del 1900 erano molto in uso gli spari a salve per scacciare i temporali e la grandine. Era infatti ferma convinzione di molti, convinzione basata più che altro su fortuite coincidenze, che le vibrazioni degli spari o quelle delle campane, potessero dissipare le dense nuvole temporalesche oppure spostarle sui terreni altrui (cosa che di certo non migliorava le relazioni fra villaggi vicini!).
L’idea era così salda che i militari usavano sparare a salve prima di una battaglia per evitare la pioggia sul proprio terreno; si narra che Federico il Grande una volta fece sparare la sua armata di 3600 uomini con tutti i cannoni a disposizione, prima della battaglia con l’imperatore Giuseppe II.
L’uso però risale al medioevo in cui, in previsione della grandine, oltre a processioni di preghiera per chiedere perdono a Dio ed evitare il suo castigo, si sparava per scacciare il malocchio delle streghe.
Ben presto ci si rese contro che gli spari erano solo uno spreco di polvere e verso la fine del 1700 essi vennero proibiti un po’ dappertutto. Segnalo però che in Italia vennero tenuti dei convegni (Casale Monferrato 1899, Padova 1990, Novara 1901) in cui non si escluse che gli spari potessero essere utili.
Le notizie storiche su questi arnesi sono molto scarse e provengono per lo più dal mondo germanico ove vengono indicati con il nome generico di Böller. Essi poi vengono distinti in mortaietti orizzontali (Legeböller), mortaietti verticali (Standböller), cannoncini a salve (Böllerkanonen), mortaietti con calciatura a pistola (Handböller) o a fucile (Schaftböller) (Le due immagini che seguono sono tratte dal testo di Wilhelm Klein, Böller-Schiessen, Brauchtum & Historie)
Tipico mortaietto verticale
Un tipo del tutto particolare è quello simile, per dimensioni, al pistone dei Pistonieri e che viene chiamato Prangerstutzen il che significa, più o meno, fucile da parata. Si tratta di arnesi dal peso di 10-30 kg, riccamente lavorati ed adornati la cui origine storica viene localizzata nelle zone di Tennengau e Flachgau del Salisburghese, dove sono ufficialmente documentati a partire dal 1693 (Thalgau).
Prangerstutzen
Da lì, nel novecento, si sono diffusi verso la Baviera (in particolare nella zona di Berchtesgaden) ed il resto dell’Austria. Pare che l’unico altro posto in cui essi vengono usati da tempi antichi, quasi certamente dal 1500, siano proprio le valli dei monti Lessini il che lascia comprendere che il loro uso nel Salisburghese era di molto anteriore a quello documentato. Si calcola che in Austria attualmente vi siano circa un migliaio di sparatori con i Prangerstutzen. Sono chiaramente arnesi costruiti solamente per sparare a salve in quanto con essi è impossibile mirare, devono essere imbracciati in modo particolare, con appoggio all’anca per evitare di essere colpiti nella fase di rinculo, hanno un calibro medio di 22 mm, ben superiore a quello di un fucile.
È molto probabile che i Prangerstutzen rappresentino l’evoluzione dei mortaietti in modo da avere uno strumento da sparo portatile e riccamente adornato per usarlo assieme al costume tradizionale nelle festività. Allo sviluppo di questi arnesi ha contribuito certamente la necessità per i borghesi, a cui erano interdette le armi militari, di partecipare alle cerimonie con salve di spari, del tutto usuali fra nobili e militari. Si legge nelle cronache che proprio dalla fortezza di Salisburgo, nel 1664, vennero sparati 1500 colpi a salve per salutare l’imperatore Leopoldo I.
I pistoni della Lessinia si distinguono per la particolare calciatura, chiaramente sviluppata per reggere cariche più potenti di quelle che consente una calciatura diritta da fucile, e che ha richiesto poi una particolare tecnica di imbracciatura con l’arma tenuta in braccio quasi come un bambino e la canna diretta verso terra, poco avanti al piede dello sparatore. Si ottiene così di trasformare il movimento rettilineo del rinculo in un movimento rotatorio impresso a tutto il corpo.
È del tutto infondata la tesi che originariamente essi siano nati come armi da postazione in quanto la loro forma e costituzione sarebbe insensata per scopi offensivi; ancor meno sostenibile l’aneddoto che li fa derivare dalla necessità di difendere i valichi della Lessinia nel 1611: perché mai non avrebbero dovuto usare normalissime armi da fuoco, già ampiamente diffuse e perfezionate?
Il termine pistone indicava in passato, nel linguaggio popolare, l’arma da fuoco leggera, l’archibugio, e in sostanza, pur derivando dalla parola pestare, voleva indicare la cosa che si preme entro un tubo, così come la parola tromba indica il corpo di una pompa in cui scorre un pistone, per cui un fucile di grosso calibro diventa un trombone. Si noti la coincidenza per cui nella lingua ceca, già nel 1400, vi era la parola pishtal che significava tubo e da cui, secondo alcuni, sarebbe derivato il nome della pistola. Ma forse il percorso linguistico è stato proprio l’inverso!
La capsula con innesco che viene usata con l’acciarino a percussione per sparare il pistone viene chiamata in Lessinia con il termine “patrona”, che è la parola tedesca per “munizione” (in tedesco l’innesco si chiama Zundhütchen e cioè “cappelletto di accensione”). Pare che derivi dal termine “padrona”, cioè “la madonna protettrice” riferito all'involucro protettivo di carta o pergamena in cui veniva avvolta la polvere della carica.
I Böller venivano caricati con la polvere più ordinaria, con basso contenuto di salnitro (tre parti di salnitro, 1 p. di zolfo e 1 parte di carbone), intasata con segatura. Attualmente si usa la composizione con 70% salnitro, 18% carbone e 12% zolfo con granitura di circa 2 mm., intasata con carta. Ha una densità di caricamento di 1,4 gr/cm³, una temperatura di accensione di 300° e di combustione di 3.000°.
In Italia è abbastanza diffuso l’uso dei mortaietti, mentre è limitato l’uso dei pistoni la cui diffusione è limitata alla parte veronese dei monti Lessini, con una propaggine a Marano di Valpolicella fin dalla metà del 1700. E' documentato l'uso dei pistoni a Valsanzibio (Colli Euganei) nel 1912, ma deve trattarsi quasi certamente di uso importato da persone emigrate dalla Lessinia.
Vi sono dei gruppi di "trombonieri" a Cava de’ Tirreni i quali sparano con archibugi ad avancarica. Ciò dimostra che essi poco hanno a che vedere con lo sparo di trombini e che dovrebbero più correttamente definisti "archibugieri"; l’abilità loro richiesta è quella di sparare una sequenza di salve con il minor numero di cilecche, mentre il trombino è uno strumento da sparo ben diverso da un archibugio e che richiede particolare abilità ed allenamento, dovendo essere maneggiato in modo del tutto particolare. Caratteristica tipica dei trombini della Lessinia è di essere quelli più pesanti di tutti e quelli caricati con la più potente carica di polvere, superiore anche ai 100 grammi, il che aumenta le difficoltà di impiego.
I Pistonieri dell’Abbazia di Badia Calavena (Verona)
Circa 20 km ad est di Verona si apre verso nord la valle del torrente Illasi che nasce sulle vette dei monti Lessini a circa 1700 metri di altezza. Questa valle è nota per i suoi abitatori originariamente di lingua tedesca, giunti a partire dal 1295 dalla Baviera e dal Tirolo per lavorare come affittuari dei beni dei conventi; si definiscono come Cimbri, non per legami etnici con le antiche popolazione cimbre in guerra con l’antica Roma (legami invocati talvolta, ma del tutto leggendari; inoltre secono le regole linguistiche, essi avrebbero conservato il nome di Kimbri e non certo di Cimbri!), ma per distorsione della parola tedesca che indicava la loro attività di boscaioli e lavoratori del legno. Nelle lingue germaniche la parola "zimber" o "zimbar" indicava il legname la davoro e quindi lo "zimberman" era colui che tagliava e lavorava il legname. In inglese ha dato origine alla parola "timber", boscaiolo, e quindi, miracoli dell'etimologia, si scopre che i Cimbri sono ricollegabili alle scarpe Timberland!
La valle è ora è zona di produzione di ottimi vini (Valpolicella, Durello), di ciliege e di lumache (ai primi di dicembre di ogni anno si tiene a Badia Calavena la “fiera dei “bogoni”).
La valle è ancor più nota, fin dall’epoca neolitica, per la presenza di selce che ha dato costante lavoro alla popolazione locale fino a metà ottocento. Infatti il mondo germanico si riforniva di pietra focaia per le sue armi proprio in questa valle e le pietre, lavorate sul posto, venivano trasportate con gran pena attraverso il passo Pertica (m. 1522), fino ad Ala, sul lato nord dei monti Lessini, e da lì trasportate lungo l’Adige e a poi a dorso di mulo, oltre il Brennero. A Badia Calavena vi è il museo della pietra focaia.
Fra queste popolazioni si è conservato fino ad oggi l’uso di sparare i Böller della loro patria (il che dimostra l’antichità dello strumento) i quali però hanno assunto forme del tutto particolari che lo fanno distinguere da ogni altro Böller portatile. Mentre infatti altrove ci si limita a sparare con pistole o fucili rinforzati, il pistone o trombino della Lessinia è divenuto uno strumento di forma particolare, di peso e dimensioni al limite della maneggiabilità,che richiede una tecnica di sparo che nulla ha a che vedere con quelle richieste da una arma da fuoco tipica.
Fenomeno questo del tutto normale nelle comunità isolate e chiuse, in cui certi usi seguono una evoluzione tutta propria, priva di collegamenti con altre zone, con manifestazioni di gigantismo.
Attualmente vi sono tre compagnie che usano i pistoni e sono quelle di Badia Calavena (la più importante ed attiva, con costune rosso), quella di San Bortolo con costume giallo (in questo paese vi è anche il Museo del Trombino) e quella di Marano Valpolicella con costume azzurro..
Il “campione” fra i pistoni è un esemplare del 1924, battezzato "Boca Mora" (ogni pistone ha un proprio nome), costruito per la famiglia Stoppele da Domenico Stocare, e che ha le seguenti dimensioni:
Altezza: 124 cm
Peso: 50 kg
Diametro esterno della canna: 6,8 cm
Calibro interno della canna: 3,2 cm
Spessore massimo del calcio; 17 cm
I modelli usuali pesano circa 30 kg, sono alti circa un metro e hanno un calibro di circa 2 cm.; la carica di polvere nera da mina può raggiungere circa i 100 grammi e va adeguata al peso dell’arma e al fisico dello sparatore.
La tecnica di sparo è bene illustrata dalla foto in cui il Presidente dei Pistonieri dell’Abbazia, Néreo Stoppele, mostra come viene imbracciato lo strumento, saldamente tenuto con l’apposita maniglia. Il piede viene protetto con una fascia di cuoio o stoffa perché lo strumento va puntato poco avanti al piede sinistro e viene lambito dalla fiammata, dai residui di sparo e dal terriccio proiettato dall’onda d’urto.
La perfezione dello strumento deriva dal perfetto equilibrio delle masse, studiato in modo da rendere possibile lo sparo di una “mina” altrimenti impensabile. La curvatura del calcio di pesante radica di noce e la sua massa imponente fanno sì che il baricentro dello strumento si viene a situare nel punto in cui appoggia sul braccio sinistro. Quando si spara lo strumento non ha un immediato rinculo all’indietro, che atterrerebbe lo sparatore, ma ruota sul punto di appoggio, la canna si sposta vero l’alto, passa davanti alla faccia dello sparatore che non deve assolutamente dimenticarsi di toglierla dalla sua traiettoria, e ricade sulla spalla destra; a questo punto l’energia residua viene assorbita dall’intero busto dello sparatore che la disperde facendo almeno un intero giro su sé stesso (se la carica è un po' forte anche due giri!).
La canna del pistone è munita alla bocca di una campana di bronzo o di ottone che, a mio parere, ha funzione acustica, oltre che quella di contenere la vampata iniziale.
Parata dei pistonieri (Giugno 2007)Il pistone si carica versando un po' di polverino nella canna e facendolo penetrare bene nel luminello mediante colpetti sul legno vicino ad esso con il mazzuolo di legno; poi viene versata la carica di polvere, vi si sistema sopra un pezzo di carta attorcigliato e mediante un bastone poco più lungo della canna (vedi foto sopra) e il mazzuolo, si batte con forza e ripetutamente fino a che la carica è ben intasata; solo allora si pone la capsula sul luminello e si monta il cane. Il grilletto non sporge dal calcio ma è posto entro un incavo sotto il meccanismo di scatto.
Particolare del grilletto e delle fasce di ottone
Non è noto il sistema di accensione del passato; è verosimile che per lungo tempo venisse usata una piastra a miccia, più che adatta per usi non militari. E' possibile che nel 1600-1700 venissero usate batterie a focile, forse recuperate da vecchi fucili. L'uso della capsula di accensione risale ai primi decenni dell'ottocento.
I pistoni e la legge
I pistoni sono chiaramente armi a salve, del tutto inidonee ad essere usate per offendere. A differenza dei mortaietti esse sono soggette a verifica obbligatoria del Banco di Prova e dànno ogni garanzia di sicurezza.
Sono quindi strumenti “da segnalazione acustica”, per usare un barbaro termine burocratico, di libera detenzione e liberamente usabili (senza disturbare il prossimo).
Per spari in luogo abitato o nel corso di manifestazioni è opportuno munirsi della licenza di PS per spari pericolosi, fermo restando che la pericolosità è modesta, per cui è sufficiente mantenere una decina di metri di distanza dal pubblico; non si ha memoria di incidenti che abbiano provocato lesioni allo sparatore o al pubblico.
Qui sotto vedete un filmato che illustra tutte le operazioni che precedono lo sparo. Il filmato è stato ripreso il 3 giugno 2007 a Badia Calavena, località Pergari. Sparano i Pistonieri dell'Abbazia con due rappresentanti di Marano Valpolicella.
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