Eravamo convinti che, almeno, la problematica dei medici autorizzati a rilasciare i certificati medici in materia di autorizzazioni relative alle armi, fosse stata risolta definitivamente.
Infatti, con la sentenza del Consiglio di Stato n. 5884, del 5 dicembre 2017, è stata scritta la parola fine alle vicende processuali risalenti al 1998, essendo stato stabilito che l’attività certificativa per le licenze di porto
debba essere disimpegnata in strutture sanitarie pubbliche, con tutte le garanzie dalle stesse offerte in termini qualitativi e non
dal singolo sanitario operante come libero professionista, sia esso medico militare, della Polizia di Stato o del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco (per approfondimenti, in questo sito,
Certificati medici: disparità di trattamento).
Eravamo convinti anche che, con il D.L.vo n. 104/2018, attuativo della Direttiva n. 853/2017, si fosse chiarito definitivamente quali medici potessero certificare l’idoneità sanitaria, distinguendo tra la semplice detenzione (nonché per il nulla osta all’acquisto) e la più delicata attività di porto.
Infatti, l’art. 12 del D.L.vo 104, al comma 2, in merito all’obbligo di presentare il certificato medico ogni 5 anni da parte di chi sia detentore di armi senza licenza di porto, ha stabilito che tale certificazione può essere rilasciata anche da
un medico militare, della Polizia di Stato o del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Diversamente, lo stesso art. 12, al comma 3, in merito alla certificazione per l’idoneità psico-fisica, regolamentata dal D.M. 28 aprile 1998 (decreto ancora in vigore, in attesa di nuovo regolamento previsto dall’art. 6 del D.L.vo 204/2010), per il rilascio delle licenze di porto, ha stabilito che tale certificato può essere rilasciato anche
dai singoli medici della Polizia di Stato, dei Vigili del fuoco o da medici militari, solo se
in servizio permanente ed in attività di servizio.
Quindi, eravamo convinti che con il D.L.vo 104 si fosse scritta, ancora una volta, la parola fine alla battaglia dei certificati.
Infatti, secondo l’interpretazione dell’uomo della strada, al quale peraltro sono dirette le leggi, si comprende che:
- il certificato di idoneità psichica per la semplice detenzione può essere richiesto e rilasciato da singoli medici militari, della Polizia o Vigili del fuoco, anche se svolgono tale attività certificativa fuori dalle
strutture sanitarie dei corpi di appartenenza (es. presso ambulatori di associazioni private di volontariato, autoscuole, ecc.), sia che siano in attività di servizio, che in pensione, non essendo stata specificata nessuna limitazione in tal senso;
- invece, il certificato per l’idoneità psico-fisica per le licenze di porto, può essere richiesto e rilasciato ugualmente dai suddetti singoli medici, ugualmente anche fuori delle strutture sanitarie dei corpi di appartenenza, con la sola differenza che tali medici devono essere
in servizio permanente ed in attività di servizio.
Purtroppo il Ministero dell’Interno non ha ritenuto di condividere l’interpretazione dell’uomo della strada, avendo stabilito, con circolare del 12 settembre 2018 (pagg. 8,9), che ambedue le suddette tipologie di certificati possono essere rilasciati anche da singoli medici militari, della Polizia o dei Vigili del fuoco, sempreché siano in attività di servizio, con tassativa esclusione di coloro che siano in pensione.
Di fronte a tale interpretazione restrittiva, l’uomo della strada, che riteneva di avere le idee chiare, almeno una volta tanto, si pone la domanda: perché per il certificato della detenzione i medici interessati devono essere in attività di servizio, non essendo ciò contemplato dal D.L.vo 104, al contrario del certificato per il porto, per il quale lo stesso decreto lo prevede espressamente?
O è formulata male la previsione normativa, o è sbagliata l’interpretazione!
Non vi è dubbio che le due tipologie di certificati sono ben differenti tra loro, siccome quello per la detenzione prevede il solo accertamento dell’idoneità psichica, mentre quello per il porto, più complesso, sia l’accertamento dell’idoneità psichica che fisica. Da questa differenza si può dedurre la volontà del legislatore di diversificare i requisiti sullo stato di servizio dei medici certificatori.
Tale legittimo dubbio sulla interpretazione del Ministero ha trovato la risposta interlocutoria nell’ordinanza del Tar del Lazio, n. 2807, del 14 maggio 2019.
Infatti, un medico militare non più in attività di servizio, che si è visto rifiutare dalla Questura di Venezia i propri certificati per il nulla osta per l’acquisto e la detenzione di armi, è ricorso al TAR del Lazio, chiedendo anche la sospensiva della circolare del 12 settembre 2018, nella parte in cui si stabilisce che per qualsiasi certificato di idoneità è necessario che i medici militari, della Polizia e dei Vigili del fuoco siano in attività di servizio.
Il Tar ha accolto la richiesta della sospensione della suddetta circolare, ravvisando nel ricorso validi elementi che consentono di ritenere probabile che il ricorrente abbia ragione, considerando che l’atto della Questura sia viziato di eccesso di potere per disparità di trattamento (la Questura di Padova accetta tali certificati), riconoscendo, nel contempo,
un pregiudizio grave ed irreparabile nell’atto di rifiuto.
Di tale ennesimo contenzioso ne ha dato notizia il Ministero dell’Interno, con circolare del 28 maggio 2019, con la quale è stata riconfermata l’interpretazione restrittiva del D.L.vo 104 e preannunciato ricorso al Consiglio di Stato.
A sostegno di tale interpretazione, il Ministero richiama
uno specifico dictum della giurisprudenza amministrativa di merito la quale, sin dal 2014, aveva evidenziato che la possibilità di rilascio dei certificati in argomento da parte dei medici in quiescenza deve risultare da una espressa disposizione normativa, come, ad esempio, accade in materia di patenti per la conduzione di autoveicoli.
Comunque, in merito, è da osservare che la sentenza richiamata (TAR Puglia, n. 2848, 20 novembre 2014) è stata emessa nel 2014. È di chiara evidenza che dal 2014 qualcosa è cambiato in materia di certificazione per l’idoneità alle armi. E’ cambiato qualcosa, come abbiamo visto, con il D.L.vo n. 104 del 2018, ove si è voluto fare una netta distinzione tra potestà certificativa per la detenzione e quella per le licenze di porto.
La battaglia sui certificati medici, iniziata nell’ormai lontano 1998 continua.
Bisognerà attendere il 10 marzo 2020, data fissata dal Consiglio di Stato per l’udienza nella quale verrà esaminato nel merito il ricorso, per sapere finalmente chi vincerà la guerra!.......
Nel frattempo, accertiamoci che tutti i certificati, indistintamente, siano rilasciati da medici
in servizio permanente ed in attività di servizio.
Firenze 19 giugno 2019 ANGELO VICARI