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CERTIFICATI MEDICI: DISPARITA’ DI TRATTAMENTO? - Angelo Vicari
Da tali considerazioni emerge chiaramente che, per l’attività certificativa in genere, non vi è nessuna differenza tra medici delle ASL, quelli militari e della Polizia di Stato relativamente alla loro funzione pubblica.
Pertanto, sorge spontaneo chiedersi perché, di fatto, vi sia questa disparità di trattamento limitata al solo rilascio del certificato di idoneità per le licenze di porto.
La risposta a tale domanda ci è stata data dallo stesso Consiglio di Stato, con la sentenza richiamata in premessa, con la quale è stato chiarito che l’unico limite alla potestà certificativa dei medici militari e della Polizia di Stato per le suddette licenze è determinato solo dalla struttura sanitaria ove deve essere svolta questa attività professionale.
Infatti, il Consiglio di Stato ha evidenziato che, con il decreto in questione (D.M. 1998), non si è inteso esentare i medici militari (o della Polizia di Stato) dalla attività certificativa in materia, ma, piuttosto, si è stabilito che essa debba essere disimpegnata in strutture sanitarie pubbliche, con tutte le garanzie dalle stesse offerte in termini qualitativi.
Ma se questo è l’unico limite oggettivo, perché, dunque, i Ministeri della Difesa e dell’Interno continuano a fare resistenza ad autorizzare i loro medici al rilascio di tali certificati, in regime di intra moenia, presso le rispettive strutture sanitarie pubbliche di appartenenza, fuori dagli orari di servizio, alla stregua dei medici delle ASL?....
Dobbiamo riconoscere che il Ministero dell’Interno, già dal 2016, ha dato disposizione ai propri medici affinché il certificato in questione venga rilasciato, presso gli uffici sanitari della polizia non solo ai propri dipendenti in servizio, ma anche ai loro familiari, disposizione che, perlomeno, dovrebbe essere adottata anche dal Ministero della Difesa.
Ma perché non estendere tale possibilità anche a tutti gli altri cittadini?
Forse nessuno ha spiegato ai Ministeri interessati che superare tale limitazione non è un semplice favore, ma un vero e proprio dovere stabilito dallo stesso D.M. del 1998, siccome qualsiasi cittadino ha il diritto di ottenere anche il certificato per le licenze di porto d’armi scegliendo tra medico della ASL, militare o della Polizia di Stato, come previsto anche per legge dall’art. 35 del T.U.L.P.S. relativamente al N.O. acquisto di armi.
Quindi, i Ministeri della Difesa e dell’Interno non possono assolvere tale dovere con divieti o limitazioni, ma devono porre in essere ogni attività burocratica e organizzativa che permetta a qualsiasi cittadino di esercitare il proprio diritto. Tali adempimenti e relative autorizzazioni eviterebbero qualsiasi inspiegabile disparità di trattamento nei confronti dei medici militari e della Polizia rispetto ai medici delle ASL , nonché tra cittadino qualunque e parenti di poliziotti o militari.
Firenze 23 dicembre 2017
Ecco il testo della sentenza:
N. 05884/2017REG.PROV.COLL. N. 09127/2016 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9127 del 2016, proposto dal dottor Domenico Morabito, rappresentato e difeso dall'avvocato Francesco De Leonardis, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Cola di Rienzo n. 212;
contro
il Ministero della Salute, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale Dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
il Ministero della Difesa e il Ministero dell’interno, in persona dei rispettivi Ministri in carica, non costituiti;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I BIS n. 05654/2016, resa tra le parti, concernente la mancata autorizzazione all'attività di medico libero professionista per il rilascio di certificazioni di idoneità al porto d’armi.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Salute;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2017 il Consigliere Carlo Schilardi e uditi per le parti l’avvocato De Leonardis e l’avvocato dello Stato Caselli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso al T.A.R. per il Veneto notificato il 13 agosto 1998, il dott. Domenico Morabito, ufficiale medico dell'Aeronautica Militare con il grado di Tenente Colonnello, impugnava il Decreto del Ministro della Sanità del 28 aprile 1998 nella parte in cui era stato stabilito che l'accertamento dell'idoneità psicofisica per il rilascio della licenza di porto d'armi era riservato ai competenti uffici medico-legali o distretti sanitari delle ASL o della Polizia di Stato, escludendo, quindi, che i singoli medici militari potessero svolgere tali funzioni nell'ambito della loro attività professionale.
Il dott. Domenico Morabito sosteneva che il decreto ministeriale gravato avrebbe dovuto conformarsi alla disciplina relativa alle competenze dei medici militari di cui all’art. 161 par. 712 e ss. RD 17.11.1932 (Regolamento del Servizio Sanitario Militare Territoriale), che prevede la possibilità di svolgere funzioni estranee ai compiti istituzionali tra cui la possibilità di svolgere attività certificativa per il rilascio della licenza di porto d'armi.
Il TAR per il Veneto con ordinanza n. 1219/1998 concedeva la misura cautelare richiesta dall'interessato.
Le Amministrazioni convenute (Ministero della Salute, Ministero dell'Interno e Ministero della Difesa) proponevano ricorso per regolamento di competenza che veniva accolto da questo Consiglio di Stato con sentenza n. 1776/1998 con cui si dichiarava la competenza del T.A.R. per il Lazio, innanzi al quale il giudizio veniva riassunto.
Nelle more il ricorso veniva dichiarato perento con decreto presidenziale n. 16558 del 29.9.2014, poi revocato a seguito di deposito da parte del sig. Morabito della dichiarazione di interesse ai sensi delTart. 1 co 2 all. 3 norme transitorie c.p.a..
Il dott. Morabito, con motivi aggiunti, impugnava, altresì, il provvedimento dell’Ispettore Generale della Sanità Militare prot. n. M-D SIGSM 0009563 id. IGESAN/PS-14/X del 5.9.2014 con cui, sulla base del parere dell’Ufficio Generale Affari Giuridici dello Stato Maggiore Difesa, veniva comunicato ai medici militari in servizio di non poter svolgere attività libero professionale "certificativa" in relazione a certificazione di idoneità alla licenza di porto d'armi e la non autorizzabilità della medesima attività da parte dell'A.D. e/o dei singoli diretti Comandi.
1.2. Il T.A.R. Lazio con sentenza n. 5654 del 12 maggio 2016 ha rigettato il ricorso.
Avverso la sentenza il dott. Domenico Morabito ha proposto appello.
Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa che ha chiesto di rigettare l'appello.
1.3. All'udienza pubblica del 5 dicembre 2017 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
2. Con un primo motivo di censura l'appellante lamenta la violazione degli artt. 3 e 4 del D.M. del 28 aprile 1998 del Ministero della Sanità.
L'appellante sostiene che il T.A.R. ha errato nel ritenere che il decreto del Ministro della Sanità del 1998 attribuiva il potere certificatorio, finalizzato all'accertamento dei requisiti psico-fisici per l'idoneità al porto d'armi, solo a strutture della sanità pubblica civile e militare, considerata la necessità di assoggettare i richiedenti a controlli più "efficaci e penetranti".
2.2. L'appellante assume che non vi sarebbe alcuna differenza tra il regime previsto dal D.M. del 1998 e quello previsto dal precedente del 1994, atteso che la visita svolta nell'ambito di strutture pubbliche veniva sempre effettuata da un solo medico (art. 3) e l'unica ipotesi in cui sarebbe stato previsto l'intervento di un collegio medico (art. 4) riguarda il caso in cui l'interessato abbia riportato un giudizio negativo da parte del medico certificatore e chieda il riesame della propria istanza.
2.3. Con un secondo motivo di ricorso, l'appellante contesta la sentenza del T.A.R. laddove il Tribunale ha ritenuto che la disciplina prevista nel decreto ministeriale del 1998 non fosse lesiva del "prestilo professionale o degli interessi economici" dei medici militari, in quanto giustificata dalla necessità di salvaguardare interessi di sicurezza pubblica da considerare prevalenti rispetto all’interesse meramente economico degli stessi a svolgere attività liberoprofessionale di rilascio a pagamento dei relativi certificati.
2.4. Sotto altro profilo l'appellante evidenzia che il regime così come delineato comporterebbe una disparità di trattamento tra i medici militari ed i medici delle ASL ai quali è consentita l'attività certificativa in regime di intra moenia, attività che di per sé ha natura libero professionale, seppure esercitata all'interno di strutture sanitarie pubbliche.
3. L'appello è infondato e va respinto.
3.2. L'art. 3 del decreto, di cui si controverte prevede, infatti, che "Uaccertamento dei requisiti psicofisici è effettuato dagli uffici medico-legali o dai distretti sanitari dell'unità sanitarie locali o dalle strutture sanitarie militari e della Polizia di Stato" e nella sentenza appellata il T.A.R. ha ritenuto non illegittime, né prive di giustificazione logica, le previsioni dell'art. 3 del D.M. del 28.4.1998 che, per il rilascio ed il rinnovo del porto d'armi ha modificato il D.M. del 14.9.1994 che consentivano l'attività certificatoria circa il possesso dei requisiti psicofisici necessari, anche al singolo medico militare, reintroducendo la precedente previsione del D.M. del 4.12.1991 che già riservava detto compito alle strutture della sanità pubblica civile e militare.
3.3. Orbene, il ricorso è stato respinto dal primo giudice nel presupposto che la sottrazione del potere certificatorio in capo al singolo medico militare e la restituzione al regime pubblicistico di relativi controlli “è insita nel grave rischio per la siciireppa pubblica di affidare ad un singolo sanitario operante come libero professionista nel libero mercato la delicata e complessa valutatone dell’idoneità del soggetto che richiede di girare armato (...) e della necessità di disporre di una struttura in cui assoggettare i richiedenti a controlli più efficaci e penetranti — che investono non solo la sfera psichica, ma anche tutta una serie di requisiti fisici (uditivi, visivi, motori, etc.) per scongiurare il rischio di incidenti ed abusi nell’uso delle armi. "
Con il decreto in questione, invero, non si è inteso esentare i medici militari dalla attività certificatoria in materia ma, piuttosto si è stabilito che essa debba essere disimpegnata in strutture sanitarie pubbliche, con tutte le garanzie dalle stesse offerte in termini qualitativi, potendo il medico certificatore disporre di collaborazione delle altre professionalità sanitarie presenti.
3.4. Sulla base di tali presupposti va inquadrata la determinazione dello Stato di far effettuare gli accertamenti sanitari, non in studi privati, ma in luoghi che consentono di "assoggettare i richiedenti a controlli più efficaci e penetranti - che investono non solo la fera psichica, ma anche tutta una serie di requisiti fisici (uditivi, visivi, motori, etc.). "
Come evidenziato dalla giurisprudenza, la sussistenza di una totale ed incondizionata idoneità fisica e psichica è condizione indispensabile per il rilascio del titolo abilitativo in parola, essendo necessario ai fini della tutela della pubblica incolumità, che le armi siano maneggiate da soggetti che ne possano garantire l'uso corretto senza pericoli per la collettività.
3.5. Apodittica è l'affermazione dell'appellante che non vi sia differenza tra la visita effettuata dal medico all'interno delle strutture pubbliche e quella effettuata privatamente dal libero professionista sia esso civile o militare e che sia irrilevante il titolo in base al quale i medici delle ASL svolgono l'attività certificatoria in parola, rileva il fatto che essi sono tenuti ad operare all'interno di una struttura pubblica.
Dal punto di vista letterale, invero, il riferimento ad "uffici medico - legali" esclude che possano essere presi in considerazione gli ambulatori privati, dovendosi trattare di "uffici" pubblici, come è reso manifesto dalle strutture abilitate, tutte inserite nell'ambito degli apparati di una pubblica amministrazione e tale previsione risulta in linea con la ratio e con l'impianto sistematico della disciplina in esame che, "per ovvie ragioni legate alla delicatezza della funzione esercitata, è intrisa di cadenze procedimentali pubblicistiche che vanno, appunto, dal luogo pubblico in cui vieneejfettuato l'accertamento del requisito, alla veste che deve conseguentemente avere il medico certificatore, dalla necessità di avvalersi di strutture sanitarie pubbliche per effettuare gli accertamenti medici necessari alle comunicazioni degli esiti alle autorità di pubblica sicurezza, sino al giudizio finale che, avverso l'eventuale attestato negativo, è demandato a un collegio medico costituito presso l'U.S.L. competente, di norma a livello provinciale, composto da almeno tre medici, pubblici dipendenti, con individuate specializzafion^'• (cfr. Cassazione Civile, sez. lav. 30 maggio 2016 n. 11130).
3.6. Nessuna discriminazione è recata dal D.M. del 28.4.1998 tra sanitari chiamati a svolgere le medesime funzioni, siano essi militari o civili, così da doversi configurare un difetto di legittimità dell'atto per eccesso di potere, per disparità di trattamento o ingiustizia manifesta, atteso che tali figure sintomatiche ricorrono solo quando, in situazioni identiche o analoghe, l'Amministrazione abbia applicato trattamenti diversi.
La disparità di trattamento è, infatti, sinonimo di eccesso di potere solo quando vi sia una assoluta identità di situazioni oggettive, che valga a testimoniare dell'irrazionalità delle diverse conseguenze tratte
dall'Amministrazione.
Come evidenziato dallo stesso appellante il medico, in sede di visita, può ritenere necessario prescrivere ulteriori accertamenti, da effettuarsi sempre presso strutture pubbliche e non è dubbio che sia corretto che essi siano disimpegnati nel medesimo contesto.
L'appellante sostiene che per la visita necessaria al rilascio della certificazione non sarebbe previsto l'utilizzo di alcuna strumentazione particolare e che il singolo medico, ove occorra, potrebbe dotarsi dei necessari strumenti anche nel proprio ambulatorio privato, ma con ciò finisce per riconoscere l'utilità di procedere a detto incombente in una struttura attrezzata, non mancando i casi che necessitano approfondimenti multidisciplinari.
3.7. Quanto al bilanciamento degli interessi collegati alla funzione certificativa in questione il T.A.R., poi, si è correttamente limitato ad osservare che quello alla sicurezza pubblica assume rango primario e prevalente, rispetto a quello dei liberi professionisti a svolgere tale attività.
4. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in misura di euro 2.000,00 in favore del Ministero della Salute appellato e costituito.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano in misura di Euro 2000,00 in favore del Ministero della Salute appellato e costituito.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2017 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente Fabio Taormina, Consigliere Carlo Schilardi, Consigliere, Estensore Giuseppe Castiglia, Consigliere Luca Lamberti, Consigliere
L'ESTENSORE Carlo Schilardi
IL PRESIDENTE Antonino Anastasi
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