La oramai datata legge quadro sull’ordinamento della
polizia municipale (7 marzo 1986, n. 65), nonché il collegato Decreto
del Ministro dell’Interno sulla disciplina concernente l’armamento ( 4
marzo 1987, n. 145), lasciano ancora spazio alla interpretazione
estensiva sulla obbligatorietà della denuncia di detenzione, ai sensi
dell’art. 38 del T.U.L.P.S., dell’arma di servizio assegnata in via
continuativa (art. 6 D.145/87). Infatti, sembra che alcuni Comandi di
polizia municipale, previe intese con l’Autorita’ di P.S., pretendano
che l’agente assegnatario provveda ad effettuare la denuncia di
detenzione .
Tale interpretazione può trovare giustificazione nella finalità
dell’art. 38, cioè quella di mettere a conoscenza le Forze di polizia
della disponibilità di armi da parte dei cittadini, così da permettere
tempestivi interventi per la salvaguardia della incolumità e sicurezza
pubblica.
Lo stesso Decreto 145/87, all’art. 2, prevede, espressamente, che i
regolamenti comunali sull’armamento devono osservare “le disposizioni
vigenti in materia di detenzione delle armi e munizioni”, previsione
ribadita nell’art. 6, relativo alle modalità di assegnazione dell’arma
in via continuativa, con il quale si stabilisce che “si applicano, per
quanto non previsto, le vigenti disposizioni in materia di detenzione”.
Anche nell’art. 11, che elenca i doveri dell’assegnatario dell’arma di
servizio, non è stata prevista esenzione dall’obbligo di
effettuare la denuncia di detenzione.
Con la circolare esplicativa del D.M. 145/87, de 14 maggio 1987 emanata subito dopo
l’entrata in vigore del DM, il Ministero
tenne a precisare che “il limite fondamentale è che nessuna deroga è
stata autorizzata alla vigente normativa sulle armi e gli esplosivi,
salvo quella di consentire il porto senza licenza”, evidenziando la
volontà del legislatore “di non fare della polizia municipale un corpo
armato”.
Quest’ultima precisazione, peraltro, fugò ogni possibile dubbio in
merito alla ipotesi che i Corpi di polizia municipale potessero, in
materia di armi e munizioni, usufruire delle deroghe previste dall’art.
30 della legge 110/75, stabilite per le Forze ed i Corpi armati dello
Stato, nonché dallo stesso art. 38, c. 2, lett. a) del T.U.L.P.S..
Nella prima applicazione della L. 65/86 e D.M. 145/87, fu, anche,
sostenuto che gli agenti della polizia municipale, pur riconosciuti
Agenti di P.S. e pertanto autorizzati a portare l’arma in dotazione
senza licenza di porto ai sensi degli artt. 5 della L. 65/86
(modificato da art. 17 L. 127/97) e 73 del Regolamento di esecuzione
del T.U.L.P.S., non potevano rientrare nemmeno nella deroga
prevista dall’art. 38, c. 2, lettera c), del citato T.U., cioè quella
che esenta dall’obbligo della denuncia di detenzione “le persone che
per la loro qualità permanente hanno diritto di andare armate” senza
licenza.
Sembravano, infatti, determinare limiti alla “qualità permanente” di
Agente di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria (art. 57 c.p.p.)
quello del territorio del comune di appartenenza, nonché quello
“funzionale” del periodo di attività di servizio.
Successivamente, fu adottata dal Ministero la interpretazione
estensiva. Infatti, con la circolare del 17 ottobre 1990, fu rilevato
che la qualità di Agente di P.S. “non può avere una portata temporale
connessa e limitata all’occasionalità,in quanto la medesima, una volta
acquisita, entra a far parte dello status giuridico permanente che
qualifica il personale in questione e può venir meno solo con la
perdita dei requisiti soggettivi che ne condizionano il conferimento”,
ferma restando la limitazione territoriale.
A seguito ed in considerazione di tale interpretazione sulla
qualifica “permanente” di Agente di P.S., lo stesso Ministero, con
circolare del 26 marzo 1992 prese posizione sul quesito,
avanzato da più parti, relativo all’obbligo, o meno, della
denuncia di detenzione dell’arma assegnata in via continuativa. Fu
stabilito che l’agente della polizia municipale “non soggiace
all’obbligo della denuncia”, siccome ricompreso nella deroga prevista
dall’art. 38, c. 2, lett. c) del T.U.L.P.S., relativa a coloro che “per
la loro qualità permanente hanno diritto di andare armate” senza porto
d’armi (art. 73 Reg. T.U.), evidenziando che secondo “l’orientamento
interpretativo prevalente”, la qualifica di Agente di P.S. “una volta
acquisita, entra a far parte dello status giuridico permanente”
dell’appartenente al Corpo di polizia municipale.
Tale circolare, seppur datata, non risulta essere stata
aggiornata da altre contrarie, ma, anzi, con circolare del 18 gennaio
2006, il Ministero, per contemperare l’esigenza che le Forze di
polizia siano a conoscenza della disposizione di armi con quella
della non obbligatorietà della denuncia da parte degli Agenti di
polizia municipale, tenne a precisare che, per le armi acquistate dai
Comuni, con N.O. ex art. 35 del T.U.L.P.S., intestato al Sindaco, al
Comandante o altro dirigente, gli uffici interessati debbono compilare
il modello rilevazione armi (mod. 38) per l’inserimento allo schedario
nazionale. Tale modello deve riportare, oltre al Comune, anche il
nominativo del soggetto cui è stato rilasciato il N.O. così da
“consentire, in sede di accertamenti di polizia, di individuare in
tempo reale, non solo l’appartenenza di un’arma, oggetto di
accertamento, ad un Ente locale, ma anche il funzionario che può dare
notizie ufficiali sulle sorti delle armi stesse”.
Comunque, sarebbe opportuno che i Comandi polizia municipale,
quando registrano la consegna dell’arma in via continuativa,
riportassero il luogo di detenzione, inviandone, nel contempo,
comunicazione, non solo al Prefetto (art. 6, c. 3, D.M. 145/87) , ma
anche agli Uffici di Polizia e Comandi dei Carabinieri competenti per
territorio.
Tale segnalazione permetterebbe, inoltre, in sede di controllo
amministrativo di cui all’art.38 del T.U.L.P.S., di accertare in tempo
reale che l’arma in dotazione per il servizio ed il relativo
munizionamento sono di proprietà del Comune di appartenenza e, quindi,
non devono essere ricomprese nel numero delle armi e quantitativo di
munizioni detenibili dall’agente di polizia municipale come privato
cittadino, alla stregua degli appartenenti alle Forze di polizia.
Non possiamo chiudere l’argomento senza dover constatare che oramai,
anche alla luce delle modifiche normative che si sono succedute
in materia, per ultimo il recente D.L.14/2017, finalizzate alla
realizzazione della “sicurezza integrata” per il benessere delle
comunità territoriali, il ruolo degli appartenenti al Corpo di Polizia
municipale è sempre più preminente e insostituibile, per cui la
relativa normativa ha necessità di una urgente
rivisitazione.Firenze
5 marzo 2017
ANGELO VICARI
Nota di E. Mori
Il dr. Vicari ha esposto egregiamente e in modo documentato la
situazione de jure còndito (=
in base alla norme esistenti), come dicevano i latini, ed ha
evidenziato che sarebbe bene chiarire la situazione. Da questo punto di
vista, de jure condendo (come
fare le nuove norme) anticiperei qualche suggerimento, prima che il
ministero se ne esca con una spruzzata di assurda burocrazia. Ormai
purtroppo legislatori e burocrati ricordano più i tritacarne o gli
spandi-concimi che non i bravi artigiani di un tempo!
Dal primo gennaio 2012 è entrata in vigore la modifica al DPR 445/2000
sulle certificazioni amministrative, introdotta dall’art. 15 della L.
12 novembre 2011, n. 183 in cui si pone il principio che la Pubblica
Amministrazione è un organismo unitario per il quale non si può
presumere cha la mano destra non sappia ciò che fa la mano sinistra; in
alte parole, per principio generale, la PA conosce tutti i dati e
documenti in suo possesso e quindi non ha bisogno di richiederli ai
soggetti estranei. So benissimo che è una regola ampiamente violata (vi
sono delinquenti già condannati dieci volte con la sospensione
della pena - che può essere concessa una volta sola - perché nessun PM
fa la fatica di consultare la banca data della polizia!), ma questo è
un problema di teste (chi vuole può aggiungere un adeguato aggettivo) e
non di regole. La regola c'è, è giusta e va osservata.
Fatta questa premessa ineludibile, la conseguenza è che la PA, se
ritiene la cosa utile, deve organizzarsi per sapere in ogni momento
dove un'arma della PA si trova, ma non deve richiedere alcuna attività
al cittadino, sia esso o meno dipendente della PA.
Quindi si deduce che la PA non può richiedere all'agente della polizia
locale la denunzia dell'arma e delle munizioni a lui affidate, perché
ciò risulta già dalle carte comunali; se la PA le vuol conoscere si
deve organizzare per averle le necessarie comunicazioni dalla Pa di
competenza.
Non è colpa del cittadino se la PA ha un sistema informatico che fa
acqua fa tutte le parti, costituito da una miriade di programmi che non
possono comunicare fra di loro; problema derivato, quasi sempre, dal
fatto che ogni amministrazione voleva far mangiare un po' di soldi ad
un parente o ad un amico programmatore! E non è colpa del cittadino se
la PA si fa trasmettere una marea di comunicazioni che poi nessuno
legge o inserisce in un sistema informatico.
È in base a questo principio che tutti coloro che hanno registri di PS
controllati dalle questure (armieri, musei) ed enti pubblici come le
sezioni del TSN, non devono fare comunicazioni alla PS relative alle
annotazioni sui registri.
Il dr. Vicari ha bene esposto come dalle circolari emerga il feticcio
onnipresente sulle scrivanie della PS, secondo cui essa deve
sapere sempre e immediatamente dove un'arma si trova! Ciò era
forse vero quando nel 1930 il legislatore stabilì la denunzia
immediata delle armi, ma essa era correlata al potere del prefetto di
ritirare tutte le armi in caso di problemi di ordine pubblico, ma non
era di certo un imperativo categorico ineludibile. Infatti:
- le armi in possesso di persona con licenza di porto giravano e girano
per l'Italia e non si può sapere dove sono;
- gli stessi uffici di Ps si fanno consegnare le denunzie dai cittadini
e poi le elaborano anche dopo un mese o due (cosa illegale, ma lo
fanno!):
- ora la stessa legge ha stabilito che si può benissimo fare a meno di
sapere per 72 ore dove si trova un'arma.
Né si può ritenere che a fini delle indagini criminali sia necessario
sapere con immediatezza che arma ciascuno detiene: o sia ha
l'arma del delitto ed allora è facile risalire al suo acquirente,
visto il sistema di tracciabilità ormai mondiale, oppure non si ha
l'arma ed allora ben poco serve sapere immediatamente dove si trovano
in un certo giorno le armi di un dato territorio. Non è con le carte da
bollo che si risolvono i delitti e i delinquenti seri non usano
armi rintracciabili.