La Cassazione, con la sentenza n. 10310/2020, è tornata a disquisire sull’obbligo di presentare denuncia di trasferimento di armi in altro luogo, anche quando si tratti di movimentazione temporanea che non superi il periodo di tempo delle previste 72 ore (art. 38 T.U.L.P.S.).
Per meglio comprendere, citiamo il comportamento di un cittadino, già esaminato e considerato illegittimo dalla Cassazione (n. 50442/2017), il quale, per una più diligente custodia, aveva provveduto a spostare temporaneamente le proprie armi in altro luogo, dovendo installare l’impianto di allarme dove le stesse erano regolarmente detenute. Siccome tale nuova detenzione era durata soltanto un giorno, l’interessato aveva ritenuto di non essere obbligato a presentare la relativa denuncia, avendo riportato le armi nel luogo della iniziale detenzione nel termine delle 72 ore.
In merito all’obbligo di effettuare la denuncia anche per i trasferimenti temporanei che non superino le 72 ore, oramai si è formata una giurisprudenza di legittimità conforme (n. 50442/2017; n. 10197/2017; n. 50428/2018; n. 7418/2020). Una giurisprudenza così tanto conforme per cui le
considerazioni in diritto delle sentenze più recenti si riducono al classico
copia-incolla di quelle precedenti.
La Cassazione, con la sentenza in commento,
richiamandosi a pacifico orientamento interpretativo e condividendo le motivazioni del giudice di merito, ha osservato che il termine delle 72 ore
non può essere interpretato come spazio di tempo in cui sussiste per il titolare l’indiscriminata facoltà di rimuovere le armi dal domicilio oggetto della denuncia di detenzione e di riporle altrove. Infatti,
configura il reato di cui all’art. 38 T.U.L.P.S., in relazione all’art. 17 dello stesso Testo unico, il trasferimento di un’arma da un luogo ad un altro, quand’anche esso sia effettuato nell’ambito della circoscrizione territoriale del medesimo ufficio locale di pubblica sicurezza, senza provvedere a ripetere la denuncia, essendo sempre necessario che la competente autorità abbia in qualsiasi momento certezza del luogo in cui l’arma è detenuta al fine di effettuare gli eventuali necessari controlli.
Osserva, inoltre, la Suprema Corte che tale
finalità sarebbe frustrata se il possessore fosse abilitato agli spostamenti non segnalati dell’arma perché effettuati entro il termine di settanta due ore dal primo movimento.
Infatti,
potrebbero realizzarsi anche più spostamenti provvisori dell’arma, l’uno distinto dall’altro, senza darne notizia all’Autorità di pubblica sicurezza così frustrando la ratio della disciplina di controllo (Cass. n.50442/2017).
La Cassazione arriva a tale conclusione evidenziando che, per la denuncia di trasferimento in altro luogo, anche se temporaneo,
non si applica il termine di 72 ore, stabilito dall’art. 38, comma 1, T.U.L.P.S., siccome,
benché contemplate nello stesso articolo, le condotte doverose e le conseguenti sanzioni hanno un fondamento del tutto diverso. Infatti, la detenzione illegale di armi, cioè la mancata denuncia dopo la iniziale
acquisizione materiale, è sanzionata dalla legge n. 895/1967, perché tale
omissione determina l’ignoranza della presenza dell’arma in capo alla Autorità di pubblica sicurezza. Diversamente, la mancata ripetizione della denuncia di trasferimento è considerata un comportamento meno grave (la giustizia amministrativa ritiene, comunque, legittimo il divieto di detenzione di armi, ai sensi dell’art. 39 del T.U.L.P.S., Cons. St. n.4334/2017) e, quindi, sanzionato dall’art. 17 del T.U.L.P.S., siccome
le pubbliche autorità conoscono l’esistenza dell’arma e l’identità di chi ne ha la detenzione, ma possiedono un’informazione non aggiornata sul luogo dove trovasi l’arma, situazione ovviamente anch’essa pericolosa per la sicurezza per la sicurezza pubblica, ma rimediabile, sia utilizzando le denunce di trasporto delle armi presentate ai sensi dell’art. 34 T.U.L.P.S., sia interpellando il detentore.
Su quest’ultima constatazione ci permettiamo di osservare che il titolare di licenze di porto d’armi non è tenuto a presentare preventivo avviso di trasporto al Questore, potendo legittimamente movimentare fino a sei armi (circolare 14 febbraio 1998), per cui gli uffici di P.S. o comandi dei Carabinieri non sono messi in grado di conoscere il nuovo luogo di detenzione temporanea.
Inoltre, nella stessa sentenza, si rileva una discrepanza tra l’affermazione che l’omessa ridenuncia di movimentazione è
rimediabile utilizzando le denunce di trasporto delle armi presentate ai sensi dell’art. 34 T.U.L.P.S. e quella successiva nella quale si precisa che
in caso di trasferimento non è possibile individuare un momento di acquisizione della materiale disponibilità. Infatti, come abbiamo già rilevato, quest’ultima affermazione è valida solo per chi sia titolare di licenze di porto d’armi.
In merito a tale giurisprudenza, non riusciamo a comprendere quale esigenza di tutela della sicurezza vi sia nell’obbligo di denunciare anche i trasferimenti temporanei. La necessità che l’Autorità di P.S. abbia, in qualsiasi momento, la certezza del luogo in cui l’arma è detenuta, è indiscutibile. Invece, è discutibile la previsione di tale esigenza anche per gli spostamenti temporanei.
Lo stesso legislatore, con la riforma dell’art. 38 del T.U.L.P.S., scegliendo di passare dalla denuncia
immediata al termine delle 72 ore, ha implicitamente stabilito che, durante tale periodo di tempo, non vi è nessun pericolo per la tutela della sicurezza pubblica e nessuna esigenza di controllo, considerato che, chi viene in possesso di armi, è persona affidabile perché già titolare di titoli legittimanti. Così, in pratica, accade che, anche nel caso di chi acquista per la prima volta, per 72 ore l’Autorità di P.S. non è messa a conoscenza dove l’arma sarà detenuta. Infatti, l’armiere segnala l’acquisto, ma l’acquirente è libero di denunciare la detenzione anche in un luogo diverso dalla residenza. A maggior ragione nel caso di passaggio tra privati.
Dunque, non si capisce la preoccupazione della Cassazione sulla necessità che anche per lo spostamento temporaneo, inferiore alle 72 ore, debba essere presentata denuncia. Inutile aggravamento del lavoro di uffici di P.S. e comandi C.C. che vedono arrivare comunicazioni di trasferimento di armi, quando le stesse sono già state riportate nel luogo della prima denuncia.
Come osservato dal Giudice amministrativo, che ha condiviso l’interpretazione assolutoria di quello penale, il trasferimento definitivo di un’arma è cosa diversa dal semplice
spostamento momentaneo (C.G.A. della Sicilia, N. 00146/2016).
Una interpretazione giurisprudenziale diversa, accompagnata dalla precisazione, sull’avviso di trasporto, che si tratta di spostamento temporaneo di 72 ore, per cui non viene dato corso alla denuncia, riuscirebbero a contemperare l’esigenza del cittadino con quella della tutela della sicurezza pubblica.
Comunque, oramai, la Cassazione, con giurisprudenza costante, ha chiarito che, con la modifica dell’art. 38 del T.U.L.P.S., introdotta dal D.L.vo n. 204/2010, la denuncia di trasferimento di armi deve essere ripresentata anche se il trasferimento avviene in luogo in luogo poco distante e di competenza della stessa Autorità (Cass. n. 7418/2020).
Inoltre, ha precisato quale sia la sanzione applicabile in caso di omissione (art. 17 T.U.L.P.S., Cass. n.50428/2018).
Infine, con quest’ultima sentenza (n. 10310/2020), ha definitivamente chiarito che, anche per il trasferimento temporaneo per un periodo di tempo inferiore alle 72 ore, deve essere sempre presentata la relativa denuncia.
Vogliamo solo sperare che, anche se non si devono prendere in considerazione le 72 ore, tale termine rimanga valido, perlomeno, per presentare la denuncia.
Non vogliamo pensare che la Cassazione, non considerando tale termine per il trasferimento, voglia implicitamente ritornare a quanto stabilito dall’art. 38, prima della modifica del D.L.vo n. 204/2010, che contemplava quello incerto della
immediata denuncia.
Firenze 6 aprile 2020 ANGELO VICARI
Per approfondimenti Trasferimento di armi. Obblighi. La Cassazione fa chiarezza.
Nota di E. Mori
Un tempo si citava la "giurisprudenza
costante della S.C,", Ormai di costante c'è solo l'incapacità di capire i problemi, l' incapacità di leggere e capire ogni norma diversa dai quattro codici (ma forse sono un ottimista e non conoscono bene neppure quelli), l'incapacità di capire le situazioni di fatto da valutare, l'incapacità di applicare i cambiamenti normativi, così che si attaccano disperatamente a sentenze emesse al tempo in cui Berta filava, ecc. ecc. Non vi è limite alla incapacità di queste teste arrivate per caso a giudicare i concittadini. Una volta il collegio giudicante era composto da tre o cinque giudici perché si sperava che almeno uno fosse preparato e capace. Ormai ci hanno rinunziato! Ci dovrebbe essere la grande testa, il presidente del baraccone, a controllare che se in un certo periodo vengono giudicate tre persone per lo stesso fatto, vadano a casa con la stessa decisione. Ora si vede ogni giorno che il risultato è assolutamente casuale, che anche quando le soluzioni sono due, alternative, riescono a trovarne una terza stravagante (si veda il problema dei bossoli).