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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 986/07
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 6879/2002, proposto dal Ministero dell’Interno in persona del Ministro in carica, e la Prefettura di Bari,
contro
il sig. Giuseppe *****
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo della Puglia, sede di Bari, Sezione II, n. 2583 in data 27 maggio 2002;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso al Tribunale Amministrativo per la Puglia, Sede di Bari, il sig. Giuseppe *** impugnava il decreto del Prefetto di Bari n. 24/02/16B/A.S.E.C. in data 18/3/2002 concernente il diniego del rinnovo del decreto di nomina a guardia giurata e della licenza di porto di pistola.
Con la sentenza appellata i Primi Giudici hanno accolto il ricorso, annullando per l’effetto il provvedimento impugnato.
Avverso la predetta sentenza propongono appello il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Bari contestando gli argomenti posti a fondamento del decisum, lamentando errata interpretazione degli artt. 43 e 138 del T.U.L.P.S. e chiedendo il suo annullamento.
Si è costituito in giudizio il sig. Giuseppe **** chiedendo il rigetto dell’appello.
All’udienza del 19 dicembre 2006 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
Le parti appellanti contestano la sentenza in epigrafe, con la quale il giudice di primo grado ha annullato il decreto del Prefetto di Bari n. 24/02/16B/A.S.E.C. in data 18/3/2002 concernente il diniego del rinnovo del decreto di nomina a guardia giurata e della licenza di porto di pistola rilasciati all’appellato nell’anno 1992, lamentando un’errata interpretazione degli artt. 43 e 138 del TULPS. Sostengono che le norme richiamate attribuiscono all’Amministrazione un ampio potere discrezionale nella valutazione dei requisiti di buona condotta, necessari ai fini dell’ottenimento dell’autorizzazione a svolgere attività di guardia giurata e per la licenza di porto d’armi; in particolare, evidenziano che gli artt. 43 e 138 del TULPS richiedono una condotta ottima e la mancanza di qualsiasi condanna penale per delitto nonché la prova di una buona condotta, senza fare alcun riferimento all'istituto della riabilitazione, menzionato, invece, dall'art. 11 TULPS per le autorizzazioni di polizia in generale.
Secondo gli appellanti tali norme conferirebbero all’amministrazione ampia discrezionalità nel valutare la condotta e i precedenti penali di condanna, potendo basarsi il giudizio su qualsiasi indizio, non solo di rilevanza penale, salvo l’obbligo di adeguata motivazione non solo in presenza di fatti nuovi ma anche di una mutata valutazione dell’interesse pubblico coinvolto dal provvedimento. A tali fini la riabilitazione non potrebbe privare di valore i fatti costituenti reato commessi in passato e per i quali era intervenuta condanna penale.
Con l’atto di costituzione in giudizio l’appellato richiama l’efficacia della riabilitazione che investe tutti gli effetti penali della condanna; inoltre, sulla base dell’insegnamento della Corte Costituzionale (sentenza 25 luglio 1996, n. 311), evidenzia come i fatti inerenti l’affidabilità del soggetto devono poter incidere in termini attuali sul relativo giudizio: da qui il corollario secondo cui non possono valutarsi condotte risalenti nel tempo, ovvero occasionali, che non possono ragionevolmente incidere sul giudizio concernente il comportamento futuro del soggetto in questione.
Ritiene il collegio che giustamente il giudice di primo grado ha rilevato che i fatti di natura penale posti a base del provvedimento impugnato, di diniego di rinnovo del decreto di nomina a guardia giurata e della licenza di porto di pistola, sono risalenti nel tempo ed è intervenuto atto di riabilitazione, affermando quindi che i medesimi non possono più essere oggetto di valutazione specifica, essendo la riabilitazione atto conclusivo di un giudizio che ha accertato che la persona, di cui è causa, ha dato prove effettive e costanti di buona condotta.
La riabilitazione infatti non funge da limite esterno al potere discrezionale dell’Amministrazione, bensì da limite interno per cui, una volta intervenuta a seguito di un giudizio circa la provata buona condotta, il potere di valutazione dell’amministrazione procedente è circoscritto.
Una volta intervenuta la riabilitazione, in sostanza, l’amministrazione può procedere alla verifica dell’attuale permanenza della situazione accertata in passato ovvero dell’attuale idoneità dei fatti di reato per i quali vi era stata condanna a spiegare effetti sull’affidabilità del soggetto.
L’amministrazione deve, in altri termini, dar prova dell’esistenza di una relazione tra i fatti, pur risalenti o occasionali, e la presente inidoneità del soggetto a svolgere compiti di vigilanza armata.
Giustamente le parti appellanti sostengono che la valutazione dei fatti può mutare in conseguenza di sopravvenute esigenze di interesse pubblico, ovvero sulla base di una rivalutazione di quelle originariamente considerate, ma di ciò si deve dare adeguatamente conto, tanto più in ipotesi, come il caso di specie, in cui si è in presenza di una valutazione di affidabilità reiterata negli anni dalla medesima amministrazione.
Immutati i fatti che hanno costituito i presupposti delle precedenti decisioni dell’amministrazione, è quest’ultima che deve fornire prova del mutato interesse pubblico e tale prova deve essere particolarmente incisiva in modo da salvaguardare il principio di coerenza dell’agire dell’amministrazione nonché il principio di legittimo affidamento del privato cittadino nei confronti dell’agire dell’amministrazione.
A tale ultimo riguardo, deve anche essere ribadito come le stesse amministrazioni, odierne appellanti, abbiano per lungo tempo ritenuto l’appellato idoneo a svolgere attività di guardia giurata ed a detenere armi; il suo legittimo affidamento a fondare su tali provvedimenti la sua attività lavorativa, e quindi i propri mezzi di sostentamento, si basa quindi su decisioni espresse dell’amministrazione, che la stessa ha sempre riconfermato dall’anno 1992 all’anno 2002.
Deve convenirsi con la difesa erariale nell’affermazione secondo la quale le valutazioni più volte ripetute nel tempo, se erronee, possono essere oggetto di ripensamento.
Peraltro, qualora i provvedimenti, assunti sul fondamento delle sopraddette valutazioni, abbiano ingenerato situazioni di legittimo affidamento, la valutazione degli interessi, pubblici e privati, implicati dalla nuova scelta deve essere particolarmente rigorosa.
Nel caso di specie, le parti appellanti non deducono nella motivazione del provvedimento impugnato e nemmeno negli scritti difensivi alcun elemento che comprovi l’erroneità delle determinazioni assunte all’atto della nomina a guardia giurata dell’appellato, e del rilascio del porto d’armi; nemmeno viene dedotto alcun elemento sopravvenuto, che possa ingenerare il dubbio circa l’attuale affidabilità dell’appellato in ordine allo svolgimento dell’attività di guardia giurata, con il porto di armi.
Il provvedimento impugnato si fonda, quindi, esclusivamente sui fatti precedenti la riabilitazione inidonei, per le considerazioni che precedono, a costituire il suo fondamento.
Quanto affermato nella sentenza appellata deve, in conclusione, essere condiviso.
L’appello deve, conseguentemente, essere respinto.
La particolarità della vicenda giustifica l’integrale compensazione di spese ed onorari del giudizio fra le parti costituite.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge l’appello.
Compensa integralmente spese ed onorari del giudizio fra le parti costituite.
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il 23/02/2007
NOTA
A parte lo scandalo di un cittadino che per poter onestamente lavorare ha dovuto attendere 5 anni per una decisione che si poteva prendere in dieci minuti e lo scandalo ancora maggiore per cui il CdS ha ritenuto del tutto ragionevole non far pagare allo Stato le migliaia di euro che i cittadino ha dovuto pagare ai suoi avvocati per resistere al comportamento temerario del Ministero ... la decisione è del tutto ovvia.
Non può essere negata una licenza di porto d' armi a chi è stato riabilitato dopo aver commesso in passato reati di qualsiasi genere. Dal che si deduce che la licenza non può essere negata neppure quanto il reato si è estinto, evento ben più radicale della riabilitazione.
(13 febbraio 2007)
Si veda ora anche questa pagina in cui il CdS ha cambiato idea!
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