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Sulle
riviste e siti di armi è stato dato un certo risalto alla sentenza del
Consiglio di Stato 3087 del 12 luglio 2016, in cui, esaminando un
caso di diniego di licenze per omessa custodia di armi, ha scritto che “l’utilizzo di una cassetta con
combinazione riposta all’interno di un comodino della camera da letto
non può essere considerata una soluzione idonea, perché il comodino è
elemento di arredo e non di sicurezza e perché comunque qualsiasi
dispositivo di sicurezza, se collocato in un comodino, può essere
agevolmente asportato, ancor prima che forzato".
Molti mi hanno chiesto perché non l'abbia riportata e commentata e la
risposta è semplice; perché non merita di essere commentata perché è
del tutto fuor di luogo. buona solo a dimostrare quanto in basso
sia caduto il CdS.
In primo luogo dalla sentenza non si capisce che cosa sia successo.
Se vi era o meno omessa custodia lo decide il giudice penale e non la
PS o il TAR. Quindi o il giudice penale ha condannato e quindi il
provvedimento della PS era basato sulla sentenza e non vi è alcun
bisogno di valutare la motivazione, oppure il giudice ha assolto e la
PS non può avere una diversa opinione. Terza possibilità è che il
reato di fosse prescritto; in questo caso la PS può fare le sue
valutazioni, ma è ovvio che il TAR o il Consiglio di Stato, nel
valutare una situazione penale, devono applicare i criteri elaborati
dalla Cassazione e non inventarsene dei nuovi.
Questo aspetto è stato completamente ignorato dal CdS e Dio solo sa in
base a quali principi e fatti hanno deciso!
Se lo avessero fatto avrebbero capito che il problema non
può essere limitato al cassetto del comodino, ma riguarda l’intera
abitazione; se uno ha la porta blindata e le finestre non sono
scalabili, l’arma la può tenere anche sul tavolo. La sicurezza va
valutata in relazione a tutta la situazione e non solo al
fatto che l'arma sia in un cassetto piuttosto che una cassaforte; se vi
è la porta blindata o un impianto d'allarme e le finestre non sono
scalabili è la stessa casa ad essere sicura e non vi è bisogno di altro.
In secondo luogo il CdS ha copiato a pappagallo la massima dell'unica
sentenza della Cassazione che si è occupata della custodia in un
cassetto di un mobile: la nr. n. 47299 del 29/11/2011 da cui hanno
preso le frasi riportate. Ebbene, anche un neolaureato sa che le
massime sono molto sintetiche e contengono solo principi di diritto e
spesso sono mal formulate. Se si fossero andati a leggere la
sentenza originale avrebbero visto che il caso esaminato dalla
Cassazione era ben diverso: è vero che il reo teneva la pistola in un
comodino e aveva l'impianto di allarme, ma si era dimenticato di
accenderlo! Ovvio che l'abbiano condannato!
Notate poi l'acutezza dell'estensore il quale scrive che l'arma in un
armadio corazzato entro un comodino non era ben custodite perca il
ladro avrebbe potuto portare via il comodino con dentro l'arma. Ve lo
immaginate un romeno che dopo essere entrato in casa scalando una
finestra se ne va via con un comodino di mezzo quintale sottobraccio,
senza neppure sapere se dentro c'è oro o una pistola o il vaso da
notte? Si tende ad ignorare che in materia di furti un romeno è molto
più furbo di un magistrato!
Quindi la sentenza in esame è del tutto inconsistente e ben poco
adeguata allo stipendio dei consiglieri di stato! Non si sono chiesti
come mai il caso fosse finito davanti al giudice amministrativo. Non
hanno avuto dubbi su di una massima strana apparentemente in contrasto
con altra giurisprudenza della Cassazione, hanno applicato la
massima senza leggersi la sentenza!
C'è il sospetto, confermato da una precente sentenza già commentata,
che al CdS leggano e copino solo ciò che ha scritto il questore o
il prefetto, dotati, secondo loro, di leggendari poteri e capacità; del slavatori della patria da difenmdere ad oltranza.
21-11- 2016
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