Carlo Caselli (Il Viandante) |
Lunigiana Ignota - La Spezia 1933 |
(estratto)
Per il sentiero che segue a mezza costa lo sterile e sinistro monte Greta, giungo a Bergugliara, dove mi aspetta una scoperta che certo interesserà gli studiosi di archeologia. Sul muro esterno della casa di Francesco Filipelli è stata murata da poco una lastra d'arenaria messa in luce nell'abbattere un muro. Essa ha una scritta incisa, per me indecifrabile, e portante la data del 1576. Dalla croce che sormonta 1' iscrizione e dalla forma particolare, pare trattarsi d'una pietra funeraria, ricordante una persona notabile. Si sale sempre per Adelano, casale ai piedi del monte Gottero, ricco di lamponi, di mirtilli e ricchissimo di funghi, che hanno fatto la ricchezza di diverse famiglie. Scendo al borgo Castello, così chiamato per il Castello che sorgeva sopra un colle vicino, dove restano pochi ruderi coperti d'edera. Qui m'incontro con Quirino Giumaschi, orologiaio, orefice, suonatore di violino, fabbro, contadino e dentista. Mi riceve nel suo laboratorio ed appunto varie tradizioni che corrono sulla bocca dei vecchi della vallata.- Visitate, vi raccomando, il paese degli stregoni, Monte di Lama, sul dorso del monte Picchiara, nel territorio di Rossano - mi dice, raccontandomi la seguente leggenda. |
(Si omette la leggenda, null'altro che una favoletta sconclusionata!) In una casa di Coloretta si conservano gli avanzi d'una vettura a cavalli che appartenne a Don Mori, parroco della chiesa di Rossano. Essa ha una storia eloquente. Quando, una sessantina d'anni fa, si progettò la costruzione della strada provinciale da Pontremoli per Codolo a Coloretta, il Comune di Zeri pensò tosto alla costruzione d'una strada interna da Coloretta alla Chiesa di Rossano, centro della vallata omonima. Le due strade furono cominciate e quella per Rossano fu ben presto terminata invece la provinciale per Coloretta procedette lentissimamente; ed oggi arriva solamente fin presso Codolo, cioè a circa metà del percorso. A che cosa poteva servire la strada interna comunale per Rossano, se nessuna rotabile potevasi trovare a Coloretta, giacché questo borgo era, com'è ancora, in gran parte unito a Pontremoli per un sentiero? Il parroco Don Mori volle anticipare il piacere di farsi trasportare in carrozzella dal centro di Zeri alla sua parrocchia, e perciò fece portare a Coloretta, a dorso di mulo, una carrozza che comprò a Pontremoli. Egli si scarrozzò per diverso tempo, sperando sempre di poter usare il suo rotabile per trasportarsi a Pontremoli ; sperò di veder terminata la strada provinciale, ma il tempo logorò il veicolo i cui avanzi si conservano a ricordo del primo rotabile visto nelle due vallate di Zeri e di Rossano. Ora la strada comunale per Rossano è abbandonata, e presto non resteranno che dei piccoli tratti, come restano soli frammenti della carrozzella di Don Mori. Per quanto nel programma del mio viaggio sia fissato di percorrere solamente sentieri, per visitare la vallata di Rossano è gioco forza percorrere la strada che vide il calessino di Don Mori, tanto per alcuni tratti essa è già fatta sentiero. Rossano - L'albergo d'uno spezzino - Una festa misteriosa Monte di Lama - Un paese senza sole - Zeraschi contro Francesi. Rossano, come Zeri, è un aggregato di piccole borgate e casali occhieggianti tra folti boschi di castagno. Passata, La Dolce, gruppo di case a quasi mille metri (1), si scende a Piagna, povera borgata, dove si alleva bestiame, pecore, si coltiva frumento, granturco, ottime patate, eccellenti fagioli; vi crescono diversi alberi da frutta ed anche qui manca la vite. Le case sono per lo più come quelle di Noce, ed in mezzo all'abitato sorge l'oratorio di S. Maria Maddalena, che racchiude una bellissima tela, mal conservata. Nei monti vicini, formati da scisti galestrini grigi, bruni e giallastri, con strati d'ottima arenaria compatta, macigno, si rinvengono bellissimi cristalli di quarzo trasparentissimo come quelli che si trovano sul marmo di Carrara e molti li chiamano diamanti di Piagna. Alla Chiesa di Rossano, dove finisce la strada, incontro uno spezzina il decoratore Gattino, che m'invita in casa sua, costruita per albergare i villeggianti, che sarebbero andati nella vallata in seguito alla costruzione della strada provinciale Pontremoli-Coloretta, ma, come la carrozzella di Don Mori, la casa dei Gattino, si addita quale effetto d'un errore di calcoli: egli vive qua da 29 anni, dal giorno cioè che terminò di decorare la chiesa parrocchiale di S. Medardo, la quale non offre nessun interesse, e si sposò con una donna del luogo (2). Dal sagrato della chiesa, la vista è incantevole : si vedono come muraglie verdi, i monti Fiorito e Picchiara. All'ombra di questo, si nota una striscia bianca, il paese di Monte Lama, più vicino, il Chioso e Valle (3), dalla parte opposta, sul cocuzzolo d'un colle, il turrito paese di Castoglio. Questo borgo, un tempo murato con tre porte ben difese, ha intorno bellissimi vigneti, e sono questi i primi che incontro nelle regioni di Zeri e di Rossano (4). Il primo tratto di sentiero, che dalla Chiesa di Rossano sale al Chioso e risale sempre fino al Monte di Lama, passa in mezzo a quattro case, da una delle quali è spiato ogni passante. Da una finestretta quadrata sottotetto, eternamente aperta, una testa di vecchio barbuto vi guarda fisso e pare vi chieda chi siete e dove andate. Non rispondete, studiando la via sassosa, e la testa non si muove, rigida di macigno, seguita a guardarvi, finché non avrete girato tra il folto dei noci e dei castagni. Essa è là da un par di secoli, dal giorno in cui fu eretta la casa; e si considera come un nume tutelare del borgo. Probabilmente fu scolpita in un ciottolo, di macigno raccolto nel vicino canale, non si sa da chi; forse da un antico pastorello per dare sfogo nelle giornate d'ozio al suo prepotente istinto d'arte; forse fu rinvenuta nella campagna dov'era sepolta da secoli, saggio di scultura arcaica; forse è la testa d'una divinità pagana. Il giudizio a chi vorrà sostare più a lungo per esaminare la tecnica scultoria ed approfondire le diverse indagini. Chi si accingerà alla soluzione dei problema, potrà trarre elementi da altre due teste consimili notate in quel di Zeri. Una scavata e posta come vaso sul muro d'una mistadella (maestà), presso il villaggio di Bergugliara; l'altra, murata sopra la porta d'una vecchia casa di proprietà della signora Rachele Rossi, nel borgo di Castello. Sono diretto a Monte di Lama, ma bisogna prima fermarsi al Chioso, piccolo borgo con attorno tratti di terra fertile di grano, frutteti e praterie. Sotto un arco s'apre una porta con ricchi stipiti d'arenaria, che mette in una casa eloquente d'antica bellezza. Vi abita Francesco Raggi, venerabile vecchio di 86 anni, d'altissima statura, di portamento nobile, che scrive e legge ancora senza occhiali e ricorda chiaramente interessanti episodi della sua fanciullezza. Egli ricorda tra 1' altro d'aver visto a 9 anni in casa sua, il Duca e la Duchessa di Parma, dai quali ebbe in regalo un marengo d'oro per aver chiamato certo Michele Varesi, detto Liserio, rinomato per tutta la regione e avergli fatto suonare la Baga, piva con otre di pelle di pecora, un'intiera sera davanti ai Duchi. Egli narra diversi episodi relativi al trasporto del sale durante la dominazione toscana e racconta le tradizioni che corrono nella vallata rossanese. Accanto alla casa del Raggi, sorge un'altra abitazione ancor più eloquente d'antico splendore, ora pericolante per lesioni riportate dal terremoto di Lunigiana del settembre 1920, la casa della famiglia Figaroli, da cui uscì un medico, che, di servizio sul Mafalda, perì nel tragico naufragio di quel piroscafo. A pochi passi sorge l'oratorio di S. Giovanni, che si vuole fosse in origine un tempio pagano. In una lapide marmorea si legge che fu eretto dalla comunità di Pontremoli nel 492 ed ampliato poi dai Rossanesi nel 1686. Una campana d'altissimo valore, non ancora catalogata, porta la data del 1446. Quest'oratorio, il più antico ed il più noto in tutta la regione, è stato da poco tempo rimesso in parte a nuovo, guastandone lo stile architettonico primitivo. Un considerevole giacimento d'arenaria ben stratificata, che, per un fenomeno endogeno, una spinta in un punto laterale, abbia subito un dislocamento in modo da portare alla verticalità tutti gli strati, sui quali poi, in processo di tempo, si è formato un materasso di terreno vegetale, ha dato luogo ad un monte formato di tante lame di pietra d'arenaria, ha originato il monte di Lama. Gli strati centrali, così disposti a lame, hanno meglio resistito alla degradazione degli agenti atmosferici, e, sopra di quelli, in parte denudati di terra, sono state costruite dieci o dodici case, disposte secondo 1' asse delle lame, è stato eretto il casale di Monte di Lama o, come meglio trovo scritto, Montelama. Si comprende che per accedervi bisognerà, in qualche punto, arrampicarsi come, sopra pareti o lame pietrose verticali, e necessariamente gli abitanti per l'esercizio continuo, devono acquistare caratteri fisici ed anche morali diversi da chi vive sopra un terreno non così accidentato e meno pericoloso. Da ciò 1'elemento principale per vedere con la fantasia, negli abitanti di Montelama, degli esseri strani ed additarli capaci di cose non comuni, convinzione che, alimentata da litigi sorti in diversi tempi tra famiglie montelaminesi con altre delle due regioni di Rossano e di Zeri, si è andata diffondendo e radicando in altri tempi, tanto da attribuire a quei poveretti atti di stregoneria. Data l'accidentata posizione su cui sorge il casale, può essere bastato un fatto purchessia mal riferito ed abbia fatto come la goccia d'olio, che s'allarga sempre più, col tempo (5). Nessun occhio maligno, nessun aspetto sinistro e malvagio si può riscontrare nei pochi abitanti, che attendono al lavoro e sono devotissimi del loro santo, davanti alla cui immagine si raccolgono spesso a pregare nell'oratorio da loro fatto fabbricare in fondo all'abitato. |
Bosco è l'ultimo borgo di Rossano, ultimo topograficamente e pel prodotto. Per avere un'idea di questo borgo basta pensare ad un branco di gente caduta in un profondo burrone senza che sia accaduta alcuna disgrazia mortale. I più destri ed esperti, appena riavutisi dalla caduta sono andati in America od in Francia dove hanno trovato da campare la vita; ma i vecchi, le donne, i ragazzi, disorientati e, colla speranza sempre di trovare chi, tenendoli per mano li conducesse per una facile via, si sono dati alla fabbricazione di ricoveri invernali, squadrando e cementando i ciottoli di macigno del vicino torrente Serra, affluente dei Teglia. Alcuni, improvvisandosi scalpellini, muratori, fabbricanti di calce, fabbri e falegnami, hanno tirato su qualche casetta che può stare a confronto di tante costruite in luoghi più spaziosi, pianeggianti e più illuminati dal sole. Qualcuno ha coltivato a fagiuoli e patate pochi palmi di terra sulla sponda del torrente e più in alto ha seminato un campo di segale per poter con la farina far la crescenta, specie di gnocco (6), che, cotto fra grossi e grandi testi tiene luogo del pane. Qualche altro, ricordandosi di avere un fucile, s'è dato alla caccia. Le donne ed i ragazzi, nella stagione estiva, girano dall'alba al tramonto per i secolari, boschi di castagni a cercare funghi, che seccati, in certe annate hanno fruttato al paese fino a 50 mila lire. Ma tutti indistintamente, ignoranti ancora che la notte può essere rischiarata dal sole dell'elettricità, ignoranti di tanti e tanti progressi umani, attendono con vivo desiderio di poter uscir dal burrone quasi eternamente ombreggiato da selve di castagni. Come si può vivere dodici ore tra gente tormentata da cosi vivo assillo di spazio e d'aperto orizzonte, senza provare una profonda mestizia e non considerare, senza discutere, ogni sentiero come ottima via d'uscita? Zeri e Rossano contano giganti non solo fra gli uomini, ma anche nel mondo vegetale. Al Castello, di proprietà della signora Rossi, ho misurato un cerro di m. 6 di circonferenza, un noce presso Patigno di m. 4, nel sagrato della chiesa di S. Lorenzo ho notato tre giganteschi ippocastani; ho visto presso il molino di Bosco diversi ontani alti più di 20 metri e presso la Macchia, ai confini del territorio di Rossano con il casale del Cerro di Mulazzo, ho potuto ammirare un castagno con m. 17 (dico diciasette) di circonferenza, che serve da temporaneo ovile a 15 pecore di Zeffirino Menoni del Bosco. Il popolo Zerasco lega il suo nome alla storia per avere tagliato il passo, vinti e sbaragliati i Francesi il 26 maggio 1779. Giulio Rezasco dice che in quel giorno memorando due colonne di Francesi, provenienti, l'una da Borghetto, l'altra dalle Cento Croci, circa 300, comandati da Graziani, penetrarono nel territorio di Zeri, facendo larga rapina di bestiame ed oltraggiando le donne. Alla notizia dell'avanzata, quanti in Zeri avevano esperienza d'armi ed erano capaci di menar le mani corsero ad incontrare i nemici sui monti. I Francesi procedevano sparsi, non sospettando che un branco di villani male armati osassero contrastare il passo ai primi soldati del mondo; ma i nostri montanari, guidati da un umile prete, Giovanni Nonali (7), combatterono con ordine e coraggio, divisi in piccole squadre e misero in fuga il nemico che lasciò diversi morti sul terreno. Gli Zeraschi morti furono sette, tra i quali un prete, Domenico Filippelli, cappellano di 82 anni ed una donna, Caterina Rossi di 35 anni col figliolo lattante in braccio (8). Della gloriosa vittoria restarono a Zeri molti trofei d'armi nemiche, che furono poi spolverate nel 1847, quando, come dice il Montanelli, gli abitanti, sdegnati d'esser dati in baratto con altre terre della Lunigiana ai Borboni di Parma, ebbero il pensiero d'impedire quel baratto a mano armata. |
Note
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