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Le ricette di una famiglia sono la cosa che forse più rimane nella memoria
dei discendenti, che più stimola inconsci ricordi di sapori, che più
suscita nostalgie. Da ciò il mio sforzo di registrarle e tramandarle,
nei limiti in cui la decadenza dei prodotti consente di riprodurre i sapori originari.
Ogni cuoco ha la sua filosofia. La mia è che per realizzare una ricetta
ci vuole una grande sensibilità per i prodotti e che bisogna adattere
un pochino ogni ricetta ad essi e che bisogna sempre cercare il meglio.
Non basta usare la prima fetta di lardo che capita per migliorare una
ricetta; bisogna ricercare un lardo ben stagionato, ben insaporito, che
sia delizioso mangiato anche da solo e si avrà la certezza che
migliorerà la ricetta in cui viene usato. La nostra cucina italiana non
è basata sulle spezie, ma sulle erbe odorose e dovrà essere nostra cura
di averne sempre di fresche a disposizione oppure di prepararci le
nostre miscele essiccate. Personalmente mescolo rosmarino, timo,
salvia, mirto, origano, lavanda. Il segreto è trovare le giuste dosi di
ogni erba e poi di usare la miscela in modo che chi mangia il piatto
non senta mai che un sapore prevale sugli altri. In molti sughi o zuppe
una spolverata di polvere di fungo contribuirà spesso a sollevare il
tono del piatto e un cucchiaio di salsa di soia, con il suo glutammato
naturale, servirà ad esaltare il sapore e a far risparmiare un po' di
sale.
Per sei persone prendere 3 kg di agnello (meglio ancora di capretto) giovane, tagliato a pezzi di 70-100 grammi
Rosolarli bene in una teglia, sul fuoco o nel forno, con sale, pepe,
salvia, rosmarino, una foglia di alloro; alla fine bagnare con due
bicchieri di vino bianco. Cuocere in forno a 200 gradi per 1,5-2 ore
girandolo spesso e irrorandolo con il suo sugo.
Se l’agnello era stato surgelato, far evaporare bene l’acqua che uscirà.
Prendere nel frattempo2-3 kg di spinaci freschi, pulirli e
sbollentarli brevemente in poca acqua salata; strizzarli moltissimo e
bene in modo da far uscire il più possibile l’acqua e tagliuzzarli
grossolanamente.
Condire gli spinaci con una scodella di parmigiano, e/o pecorino, tre
uova, noce moscata, pepe, Aromat e un po’ di sale (meglio assaggiare
prima l’impasto!); rimescolare bene. Si può aggiungere un po' di
formaggio fresco di pecora sminuzzato.
Togliere l’agnello dal forno (a questo punto deve essere praticamente
cotto), scolare l’eventuale eccesso di liquido acquoso (non il
grasso!)e accostare bene i pezzi l’uno all’altro in modo da lasciare
nella teglia un angolo libero.
Coprire la carne con uno strato uniforme del composto degli spinaci che
copra anche il fianco della carne nell’angolo libero .
Rimettere la teglia al forno e cuocere ancora per circa mezz'ora. Ogni
dieci minuti raccogliere con un cucchiaio il grasso nell’angolo libero
della teglia e spargerlo sugli spinaci.
Se vi accorgete che gli spinaci lasciano colare tropp’acqua,
eliminatela. A fine cottura nella teglia deve restare solo un po’ di
grasso.
A questo punto, se vi sembra complicato, dimenticatevi tutto e usate questo metodo semplificato. Cuocete l'agnello al forno normalmente fino a cottura completa (circa due ore). Nel frattempo preparate un tortino con gli spinaci conditi come sopra e mettetelo al forno per 15 minuti; a questo punto cospargetelo con una mestolata di sugo dell'agnello e cuocete per altri 10 minuti. Il risultato è ottimo, ma se l'agnello ha molto odore, questo non viene attenuato.
Questa è un’antica ricetta della famiglia Mori del tutto sconosciuta nel resto del territorio. Ho trovato traccia di una ricetta toscana del 1500 in cui l’intero agnello veniva riempito con un ripieno di spinaci od erbette, ricucito e cotto al forno. Con questa ricetta gli spinaci acquistano un delizioso sapore e rendono contemporaneamente più delicato il sapore dell’agnello. È buono anche riscaldato. E' probabile che sia una ricetta di origine senese-fiorentina come le tante a base di spinaci che Maria de Medici aveva portaot in Francia.
Prendere circa 3 kg di agnello giovane e tagliarlo a pezzi piuttosto piccoli. Metterlo in una teglia ampia e condirlo con sale, pepe, Aromat, due cucchiaiate di salvia (quattro foglie), rosmarino, alloro (due foglie), tritati grossolanamente. Cospargere sulla carne due cucchiaiate di lardo battuto e un bicchiere di olio. Mettere al forno a 200 gradi per due ore rivoltando i pezzi ogni tanto. Dopo mezz’ora dall’inizio della cottura bagnare con due bicchieri di vino bianco. Chi vuole può aggiungere altre erbette: timo, lavanda, ecc., ma nessuna deve prevalere sulle altre.
Per 6/7 persone prendere un cosciotto di agnello e disossarlo.
Preparare una farcia con 3-4 etti di carne macinata (1/3 maiale, 1/3
vitello, 1/3 agnello), due uova, parmigiano, sale pepe, erbette
aromatiche, Aromat, e mettere tutta quella che ci sta al posto
dell'osso. Con un filo ricucere il cosciotto, ancora sale e pepe
all'esterno, un filo d'olio, rosmarino e arrostire al forno a 180/200
gradi per un'ora e mezza, rigirandolo una volta o due e bagnando con un
po' di vino bianco. Ora prendere un disco di pasta sfoglia già pronta e
ricoprirla con qualche fetta di prosciutto crudo, lasciando libero un
orlo di qualche centimetro; sopra al prosciutto stendere metà della
farcia rimasta e appoggiare su tutto il cosciotto. Spalmare sul
cosciotto il resto della farcia, coprire con qualche fetta di
prosciutto crudo e infine con un secondo disco di pasta sfoglia che si
salderà con il disco di base. Con gli avanzi della pasta fare qualche
strisciolina o fiorellino di decorazione. Sbatterei un uovo e
"pitturare" bene il "pacco" che assomiglia un po' ad un elmetto; ci si
appiccicano sopra le decorazioni e si pitturano anch'esse. Metterei di
nuovo in forno a 180 gradi per circa mezz'ora, finché è ben dorato. Si
taglia a fette e si serve con patate al forno e altre verdure. Non
richiede più di mezz'ora di lavorazione ed è facile da preparare.
Chi vuole può ovviamente prendere un'unica sfoglia di pasta da avvolgere attorno al cosciotto un miglior effetto estetico.
Prendere 8 etti di carne di maiale o vitello o manzo e preparare uno spezzatino
saporito. Soffriggere perciò una cipolla tritata in olio a cui avrete aggiunto
un battuto di lardo oppure di pancetta; aggiungere sedano, carota e uno spicchio
d’aglio tritati e dopo un po’ farvi rosolare la carne; bagnare con vino bianco.
Pepare, aggiungere una scatola di pomodori, una foglia di alloro, due
foglie di salvia, timo o maggiorana, un chiodo di garofano, un dado e
due mestoli d’acqua. Coprire e lasciar cuocere lentamente per circa
un’ora. Secondo i gusti, nel soffritto si può aggiungere un piccolo
peperoncino
Aggiustare il sale, togliere la carne dal sugo e frullarlo. È necessario
ottenere un sugo abbondante (almeno due mestoli) e quindi non risparmiare sulla
pancetta, sul sedano e la carota! Se piacciono si può aggiungere al sugo
una scatola di piselli, facendoli cuocere brevemente
Fate bollire sei etti di riso Carnaroli piuttosto al dente (nove minuti), scolatelo
e in una terrina conditelo con tutto il sugo caldo. Il sugo non deve colare,
ma il riso va condito bene. Aggiungete poi due uova, una cucchiaiata di capperi
spezzettati, una scodella di parmigiano e rimescolate bene.
Prendete quindi una tortiera di circa 27-30 cm di diametro, imburratela e cospargetela
di pan grattato (se non è antiaderente!), versate metà del riso
sul fondo e stendetelo bene; su di esso fare uno strato con tutta la carne e
poi ricoprite il tutto con il resto del riso.
Mettere al forno a 200 gradi per circa mezz’ora e poi sformare dalla tortiera.
Si serve a fette.
Questa è una ricetta tipica del pontremolese; un tempo, quando si trovavano buoni
animali da cortile, veniva anche fatta con carni di pollo e di coniglio.
Si chiama bomba perché veniva cotta negli stampi di rame a forma di cupola che
venivano messi direttamente nella brace.
È un ottimo piatto, buono anche freddo o riscaldato, e quindi ideale
per picnic.
Far bollire un litro di latte intero con circa un cucchiaino scarso
di sale. Quando inizia a bollire versarvi a pioggia 250 gr di semolino
e continuare a rimescolare per qualche minuto sul fuoco con un
cucchiaio di legno fino a che si addensa.
Togliere dal fuoco e aggiungere 50 gr di burro, una scodella di
parmigiano, due o tre uova, un po’ di noce moscata; rimescolare bene.
Versare la “polenta” così ottenuta in uno stampo imburrato,
lisciare bene con il dorso di un cucchiaio bagnato e mettere al forno a
180-200 gradi per circa mezz’ora, fino a che è ben dorato.
Sformare servire.
Il budino caldo è ottimo contorno per carni in umido al posto
della polenta. Freddo può accompagnare salame o formaggio al posto del
pane.
Se non si mettono il sale e la noce moscata e al posto del
formaggio si uniscono 150 gr. di zucchero, un po’ di uvetta e canditi,
un po’ di buccia di limone grattugiata, si ottiene un gustoso e leggero
dolce.
Per sei persone prendere un chilo di carne di capriolo (spalla, coscia) e tagliarlo a pezzi di circa 40-50 gr.
In un tegame rosolare una cipolla, un bel pezzo di pancetta tritata (o
lardo o entrambi) in olio e poi aggiungere i pezzi di capriolo. Far
cuocere rigirando spesso per una diecina di minuti.
Aggiungere due carote a pezzetti, un gambo di sedano, timo, due
foglie di alloro, bacche di ginepro, due chiodi di garofano, una
macinata di pepe, due bicchieri di vino rosso, un bicchiere di brodo,
tanto da coprire la carne. Coprire e lasciar cuocere per circa un’ora o
due (il tempo varia a seconda dell’età del capriolo). Dopo 45
minuti aggiungere una patata tagliata a pezzettini per addensare un po’
il sugo.
Togliere la carne e metterla in caldo ben coperta, ma lasciate i
pezzetti più piccoli nel sugo, specialmente se volete usarlo per
condire la pasta; frullare il sugo con le verdure ed insaporirlo con un
cucchiaino di senape dolce,un cucchiaio di marmellata di mirtilli
rossi, un cucchiaio di grappa e un cucchiaio di rum. Mescolare bene,
rimettere la carne nel sugo, dare un colpo di bollore e servire con
polenta o con budino di semolino.
La ricetta va bene anche per cervo e per camoscio giovani ed anche per il cinghiale giovane.
ATTENZIONE: E' un garve errore cucinare la selvaggina con del pomodoro; lo fanno quei cuochi sciocchi che pensano che la selvaggina puzzi come un becco e si inventano marinature con aceto e cotture con pomodoro per nascondere questo"difetto". O non hanno mai cucinato selvaggina oppure si sono fatti rifilare dei becchi da non cucinare mai!
Ingredienti per 4 persone: un chilo di cinghiale a pezzi, olio, tre
cucchiai di panna, due cipolle, un chilo di marroni, vino rosso, due
carote, uno spicchio di aglio, un rametto di salvia e uno di rosmarino,
un rametto di dragoncello, qualche grano di coriandolo, sale, pepe di
Caienna, tre chiodi di garofano, un mazzetto guarnito (prezzemolo,
lauro, timo), 50 gr. di lardo, burro, farina.
Quarantotto ore prima di preparare questo piatto, fate la marinata
mettendo in una larga casseruola il vino rosso, solo quanto serve per
poi coprire la carne, le due carote ben raschiate, tutti gli aromi, il
mazzetto guarnito, le spezie, qualche grano di pepe, una manciata di
sale. Ponete il recipiente sul fuoco e fate cuocere la marinata per
circa mezz’ora. Mettete i pezzi di cinghiale in una terrina, bagnateli
con la marinata già fredda e ponete la terrina in frigo per due giorni,
rigirando due o tre volte i pezzi di cinghiale. Il giorno della cottura
fate scaldare un bicchiere di olio in una casseruola di terracotta,
insieme con la cipolla tritata e il lardo tagliato a pezzi e lasciateli
tostare per cinque minuti. Aggiungetevi quindi i pezzi di cinghiale ben
sgocciolati dalla marinata, e fateli colorire da tutte le parti.
Salateli, pepateli e irrorateli con un bicchiere del liquido della
marinata filtrata. Fate cuocere per circa un’ora aggiungendo un po’ di
brodo. Nel frattempo fate un'incisione sulla buccia delle castagne e
ponetele sulla griglia del forno caldissima, lasciandole arrostire per
dieci minuti e rigirandole spesso. Sbucciatele e buttatele nella
casseruola del cinghiale, continuando la cottura per un'altra ora.
Trascorso questo tempo, togliete cinghiale e castagne dal recipiente e
teneteli in caldo. Versate sul fondo di cottura la panna e nel caso che
il sugo fosse troppo liquido unite anche una noce di burro maneggiato
con un cucchiaio di farina. Lasciate addensare il sugo per cinque
minuti, poi versatelo sul cinghiale e sui marroni che devono essere
disposti in un piatto di portata ben caldo.
Il tempo di cottura è calcolato per un cinghiale molto giovane. La marinata rimane più leggera se non la si fa bollire.
È un piatto dal sapore forte da servire solo a chi apprezza la selvaggina.
Se il cinghiale è giovane e macellato bene, la manrinata può essere di
un solo giorno e non cotta: la marinata serve per nascondere cattivi
sapori o per ammorbidire carni dure; ma i sapori buoni non vanno
coperti.
Prendere un chilo di carne di cinghiale giovane, tagliarlo a pezzi
di 40-50 grammi, eliminare bene in grasso che è quello con più sapore
di selvatico o che può irrancidire durante la conservazione, e metterli
in una terrina.
Tritare una cipolla grossa, uno spicchio d’aglio, due carote un
gambo di sedano e metterli assieme alla carne; unire una foglia di
alloro, foglie di salvia, rosmarino. Aggiungere una decina di bacche di
ginepro, timo, due chiodi di garofano, un cucchiaino di sale grosso,
pepe macinato. Bagnare con due cucchiai d’olio e con un bicchiere di
vino rosso e uno di vino bianco.
Rimescolare bene il tutto e schiacciare: la carne dovrà essere appena ricoperta dal vino.
Mettere in fresco per almeno dodici ore.
In un tegame rosolare in olio e burro un pezzo di lardo battuto
(50-60 grammi) e poi aggiungere i pezzi di carne ben scolati. Rosolarli
per una diecina di minuti e poi versare nel tegame il vino con tutte le
verdure e gli aromi. Aggiungere un dado da brodo, portare a bollore,
coprire e continuare la cottura a fuoco moderato per circa un’ora (il
tempo dipende dall’età del cinghiale).
Quando al carne è cotta, toglierla dal sugo, frullare il sugo,
aggiustare il sale, insaporirlo con un cucchiaio di grappa e uno di
rum, rimescolare, rimettere la carne nel sugo.
Se pensate che il sapore sia troppo forte potete attenuarlo con un bicchiere di panna; ma è uso di cuochi poco esperti.
Comperare una bella coda di manzo e farsela tagliare a pezzi di 5-6 cm dal macellaio.
Sbollentare rapidamente i pezzi in acqua bollente (non sono sicuro
che serva effettivamente a migliorare la ricetta, ma così sta scritto
in molto libri! Alcuni non la sbollentano, ma la infarinano, altri, me compreso, la mettono in acqua fredda per togliere tracce di sangue).
Battere 50 grammi di lardo e fare un soffritto con olio, una cipolla, uno spicchio d'aglio tritato, prezzemolo, peperoncino.
Aggiungere la coda e far rosolare. Bagnare con vino bianco, far
evaporare e unire una scatola di pelati, un po' di conserva, un dado,
poco sale, pepe, noce moscata, due chiodi di garofano, una foglia di
alloro e una di salvia. Aggiungere un bicchiere di vino bianco e acqua
fino a coprite la carne.
La cottura richiede circa quattro ore poiché va proseguito fino a che la carne non inizia a staccarsi bene dall'osso.
Conviene utilizzare una pentola a pressione e cuocere per circa 90
minuti. Aprire poi la pentola controllare che la carne sia al punto
giusto e solo allora aggiungere almeno mezzo chilo di costole di
sedano tagliate a pezzetti di circa un cm. Lasciar cuocere ancora una mezz'oretta facendo attenzione che
non bruci. Il sugo dovrà essere un po' scuro e non troppo liquido.
Alcuni usano mettere i sedani già bolliti e cuocere solo per un quarto d'ora, ma si perde il profumo del sedano.
La lunga cottura provoca lo scioglimento dei grassi e quindi il
sugo è alquanto grasso e poco adatto ai gusti e alle diete moderni. È consigliabile cucinare la coda con qualche
ora di anticipo, farla raffreddare, versare il sugo in un recipiente
alto che verrà messo in frigo in modo che il grasso affiori e si
condensi e possa venire eliminato oppure si mette, anche caldo, in un recipiente alto e stretto; quando il grasso è affiorato, lo si fa traboccare mettendo nel recipiente dei corpi solidi (sassolini, biglie di vetro, una bottiglia).
Servire con patate bollite o con polenta.
Prendere un coniglio giovane e tagliarlo a pezzetti (ad es. la coscia in tre pezzi), frattaglie comprese.
Metterlo in una terrina e condirlo con i seguenti ingredienti: due
spicchi d’aglio tritati finemente, una decina di bacche di ginepro
tritate, un cucchiaino colmo di aghi di rosmarino tritati, 3 foglie di
salvia tritate, timo, sale, pepe, Aromat, un bicchiere di vino bianco e
due cucchiai di aceto bianco. Rimescolare bene e lasciare insaporire
per alcune ore.
In una padella rosolare 80 gr. di buon lardo ben battuto in mezzo
bicchiere di olio e poi unire tutto quanto è nella terrina; coprire
bene la padella con un coperchio o una seconda padella e far cuocere a
fuoco moderato per 50 minuti rimescolando ogni tanto. Se vi accorgete
che asciuga troppo e corre il rischio di bruciare, aggiungere un po’ di
acqua o di brodo.
Si può insaporire ulteriormente con erbette (timo, mirto, ecc.) e con
mezzo cucchiaino di polvere di fungo (funghi secchi macinati).
Dopo di ciò, controllato che il coniglio sia cotto, togliere il
coperchio, bagnare con un po' di marsala o brandy, alzare un po’ il
calore e far rosolare nel grasso in modo che il coniglio prenda un bel
colore dorato.
Controllare sale e pepe e servire.
NOTA: La cottura può avvenire
al forno; circa 50 minuti a 180° in un tegame ben coperto, girando una
o due volte e controllando che non asciughi: poi si toglie il coperchio
e si fa dorare come detto sopra.
È un piatto molto saporito che si accompagna bene al puré di patate.
Questa è una ricetta di ripiego per render mangiabile la carne di pollo di allevamento, in mancanza di meglio.
Per quattro persone prendere almeno otto coscette (fusi) di pollo.
Alcune ore prima di cucinarle (meglio la sera prima) levarle dal frigo
ed asciugarle bene. In una scodella mettere quattro cucchiai di salsa
di soia cinese, due cucchiai di olio, due spicchi d’aglio tritati
finemente, sale, pepe, una spolverata di curry, erbette aromatiche
tritate, a piacere.
Rimescolare bene e con un pennello cospargere bene le coscette e
metterle ben accostate in un recipiente; versare sopra di esse quanto
rimasto nella scodella e lasciar riposare fino ad un’ora prima della
cottura. Prendere una teglia, sistemarvi dentro, accostate l’una
all’altra, le coscette dopo avere girate un po’ nei residui della
salsetta e mettere al forno a 200 gradi per un’ora. Dopo 40 minuti
girarle in modo che diventino ben abbrustolite da ogni lato. Meglio
mettere un sostegno sotto un lato della teglia in modo che il grasso
coli tutto dal lato opposto.
Alla fine le coscette saranno croccanti all’esterno e ancora morbide all’interno.
Servire subito ben calde per non farle asciugare.
(Dolce di patate)
Si tratta di una tipica ricetta argentina, nota con varianti in tutto
il Sud e Centro America; si ottiene una crema consistente come la
marmellata che viene conservata in frigo e servita talvolta con
decorazione di caramello. Ma vi è una variante con la consistenza della
cotognata, la quale viene venduta anche in scatola e si mangia a fette.
La ricetta base è la seguente:
Prendere delle patate, sbucciarle, bollirle e passarle al passaverdura in modo che non rimangano grumi.
Per mezzo chilo di passato prendere 250-300 gr. di zucchero e
mescolarvi i seguenti aromi: la buccia grattugiata di un arancio
(meglio abbondare; si può mescola reanche con buccia di limone o di
mandarino), una bustina di vaniglina (chi vuole spendere può prendere
anche una stecca di vaniglia), un cucchiaino di zenzero in polvere,
mezzo cucchiaino di cannella, una bella grattugiata di noce moscata,
tre chiodi di garofano macinati.
Scaldare 200 gr. di latte, sciogliervi lo zucchero con le spezie e
quando bolle aggiungervi il passato di patate. Cuocere a fuoco vivo
girando continuamente con un cucchiaio di legno per evitare che
attacchi e bruci, fino a che il composto si stacca da solo dal
fondo della pentola (dove passa il cucchiaio la pentola appare pulita).
Varianti:
- Si può rendere più denso il composto aggiungendo pectina; qualcuno aggiunge anche della gelatina.
- Si possono usare le patate americane (patate dolci) che aumentano l’aroma.
- Si possono aggiungere mele cotogne oppure pesche, facendole prima
cuocere a parte. Lo zucchero va naturalmente aumentato in relazione al
quantitativo di frutta aggiunto.
- Si può aggiungere un cucchiaio di rum (mia variante).
Le ricette variano alquanto circa il quantitativo di latte da impiegare
che talvolta è indicato pari al doppio del quantitativo da me indicato;
forse esso migliora il sapore, ma per farlo asciugare occorre
rimescolare sui fornelli per più di un’ora! Un bicchiere può bastare.
Un filetto di manzo di circa 2 kg , Brandy, 100-120 gr di funghi
tritati finemente. Mezza cipolla tritata finemente; 90 gr di burro; 4
cucchiai di pâté de foie gras; sale e pepe nero. Pasta sfoglia. Un
tuorlo leggermente battuto
Ripulire il filetto da nervetti e pellicine; spennellarlo con un
po’ di brandy e lasciarlo riposare fuori dal frigo per almeno mezzora.
Rosolare in 30 gr di burro i funghi e la cipolla finché saranno morbidi.
Arrostire il filetto in forno a calore moderato (170-180°) per
15-20 minuti fino a metà cottura; lasciarlo intiepidire e poi spalmarlo
con un composto di burro (i 60 gr rimasti) e di pâté.
Salare, pepare e cospargere con i funghi e le cipolle.
Tirare la pasta sfoglia in uno strato sottile , avvolgervi il
filetto, chiudendo perfettamente. Ponetelo sopra una piastra,
spennellarlo con acqua fredda e cuocere a forno caldo (220°) per 12-15
minuti. Spennellare di nuovo con tuorlo d’uovo sbattuto e continuare la
cottura finché la pasta è ben dorata.
Prendere un kg di carne magra (manzo, vitello, maiale, a seconda dei
gusti; meglio il manzo) e tagliarlo a dadini di circa 2cm di lato.
In una pentola sciogliere 50-60 gr. di burro (od olio misto a
burro; una volta si usava lo strutto), aggiungere 600 gr. di cipolla
tritata e far sosolare molto bene per almeno 15 minuti Aggiungere la
carne e farla rosolare; spruzzare con un po' di vino (va bene anche il
rosso) e lasciar evaporare.
Aggiungere un cucchiaio da tavola colmo di paprica dolce, rimescolare,
macinare un po' di pepe e poi aggiungere poco alla volta del brodo fino
a cottura ultimata (almeno un'ora e mezza per il manzo). Aggiustare il
sale a seconda del brodo usato. Se si ha, un cucchiaio di salsa di
soia.
Alla fine le cipolle si saranno praticamente sciolte e la carne sarà in un sughetto marron scuro e piuttosto denso.
Servire con patate o riso bollito.
Nella ricetta originale ungherese, oltre alla paprica aggiungevano una spicchio d'aglio schiacciato e un peperone a strisce.
Mettere a bagno mezzo chilo di lenticchie per mezza giornata e poi scolarle.
In un tegame rosolare in mezzo bicchiere d’olio una cipolla tritata
e 50 gr. di lardo ben battuto (o di pancetta non affumicata e tritata)
e poi aggiungere le lenticchie. Coprire di brodo per circa due
centimetri sopra le lenticchie, pepare, aggiungere una foglia di
alloro, uno spicchio di aglio intero e un bel rametto di rosmarino,
coprire e lasciar cuocere per almeno un’ora.
Controllare la cottura, aggiustare il sale ed il pepe e servire.
Il tempo di cottura dipende dal tipo e qualità della lenticchia. Se
durante la cottura ci si accorge che il liquido asciuga troppo,
aggiungere brodo bollente (acqua bollente se ci si accorge che il sale
è già sufficiente). Alla fine il liquido deve essere stato assorbito
quasi tutto e le lenticchie essere quindi “all’onda”.
Questa è la ricetta ideale per accompagnare il cotechino o lo zampone, ma è ottimo contorno per molti altri piatti o per una porzione di formaggio o qualche fetta di soppressa.
Questa è la ricetta tradizionale italiana per la lepre in salmì e
per ottenere un ottimo sugo con cui condire pappardelle e fettuccine.
La lepre ha un sapore alquanto forte e chi non ama la selvaggina è
meglio che .. la lasci mangiare agli altri!
Per la ricetta tradizionale è necessario avere la lepre uccisa da poco,
non frollata, in modo da ricavare una scodella di sangue quando si
scuoia. Se è già rigida il sangue è irrecuperabile converrà lasciarla
riposare due giorni. Il fegato e il cuore vanno cucinati assieme alla
carne. Una lepre buona non deve aver superato l’anno di età e peserà
circa 2 chili puliti.
In mancanza di una lepre appena cacciata sarò necessario ripiegare su
una lepre congelata. Questa arrivano dall’Argentina, sono buone ma
richiedono qualche adattamento. Dopo lo scongelamento è probabile che
il sangue esterno abbia preso un cattivo odore. Bisogna lavare bene la
lepre, tagliarla a pezzi, lavarla nuovamente e lasciarla per una
mezz’ora almeno in acqua e vino bianco o poco aceto. Al sangue
ovviamente si rinunzia mentre che il fegato verrà sostituito da tre
fegatini e cuori di pollo o da un etto di fegato di maiale.
Dopo aver tagliato a pezzi la lepre metterla in un recipiente.
Aggiungere: uno spicchio d'aglio schiacciato, un gambo di sedano e due
carote tritate, un mezzo porro tritato, una foglia di alloro, un
rametto di rosmarino e uno di timo, due foglie di salvia, due chiodi di
garofano, 6 bacche di ginepro, poco sale grosso, pepe.
Rimescolare la carne e il fegato con le verdure e schiacciare bene il
tutto nel recipiente. Versare su di essa un bicchiere di vino rosso e
uno di vino bianco in m odo da coprire a filo la carne
Mettere il recipiente coperto al fresco per 12-24, rimescolando il composto due o tre volte.
Per la cottura prendere una pentola capiente, un bicchiere d’olio
extravergine e 50 grammi di pancetta o lardo condito, ben battuto.
Rosolare bene il lardo e poi aggiungere i pezzi di carne ben scolati
dal vino. Rosolare per un quarto d’ora e poi aggiungere tutta la
marinata di vino con tutte le verdure. Dopo qualche minuto aggiungere
il fegato tagliuzzato e, se disponibile, il sangue nonché un dado per
brodo. Far cuocere per circa due ore in tutto.
Quando la carne è tenera, toglierla dal sugo e con un mixer ad
immersione frullare il sugo grossolanamente. Aggiustare il sapore con
sale e pepe e aggiungere un cucchiaio di rum ed uno di grappa.
Rimettere la carne nel sugo e cuocere ancora per qualche minuto.
Se il sugo è un po' acidulo aggiungere un cucchiaio di marmellata di mirtilli.
Ingredienti per torta grande o per due da 25 cm: 300 g farina, 300 g
burro e 300 g, zucchero meglio se di canna, 300 g. mandorle macinate
senza buccia, scorza grattugiata di un limone, un uovo, sale, una punta
di coltello di chiodi di garofano macinati, un mezzo cucchiaino raso di
cannella, mezza bustina di lievito. Per guarnitura 300 gr. di
marmellata di lamponi.
Impastare tutti i prodotti assieme, eventualmente con un
bicchierino di distillato o di vino bianco (a Linz si usa la
Kirschwasser, distillato di ciliegie). Non impastare troppo. Mettere in
frigo e lasciar riposare per una o due ore. Scaldare il forno a 180°.
Prendere 2/3 della pasta e stenderla nella teglia infarinata. Spalmare
la marmellata sopra; con l'altro terzo fare le strisce per i rombi di
decorazione, posarli sulla superficie e pennellarli con uovo. Cuocere
al forno per 40 minuti almeno. Non si mangia calda.
Varianti: si può variare in più o in meno la cannella (meglio in
meno); qualcuno mette una bustina di zucchero vanigliato, qualcuno
quattro gocce di aroma di mandorle amare. Alle mandorle si possono
mescolare nocciole; qualcuno mette due cucchiai di miele. Il lievito si
può omettere.
Raccogliere da un albero lontano da fonti di inquinamento 20 noci quando esse
sono già formate, ma ancora tanto tenere da poter essere perforate con un ago.
Quindi in pianura vanno raccolte verso metà giugno; in montagna si può giungere
fin verso la fine di giugno.
Lavarle e tagliarle a metà (volendo anche in quattro spicchi) così come sono,
con il mallo. Vi consiglio di usare guanti di gomma, altrimenti girerete per
una settimana con le dita abbronzate!
Mettere le noci in un vaso di vetro trasparente che si possa chiudere
ermeticamente e aggiungete i seguenti ingredienti: un litro di alcol a
95°; 200 gr. di zucchero, acqua a seconda del grado alcolico che si
vuole ottenere; se si vuole un buon digestivo non si deve scendere al
di sotto dei 40°), un grammo di cannella (circa un quarto di stecca), 4
chiodi di garofano, la buccia di un limone a pezzetti. Chiudere bene il
vaso e metterlo al sole per almeno 25 giorni, scuotendolo ogni tanto
per far sciogliere lo zucchero. Per ottenere da un alcol puro a 95° un
liquore a 40° occorre aggiungere circa 1000 grammi di acqua; per ogni
grado in meno dell’alcool togliere 25 gr. di acqua. Per ottenere 45°
togliere 200 gr. di acqua; per ottenere 35° aggiungere 350
gr. acqua. In questo calcolo si è tenuto conto della zucchero che
aumenta il volume della soluzione. Consiglio di mettere un litro di
acqua e poi eventualmente di aggiunge altra acqua alla fine secondo i
propri gusti. Si veda il programma per calcolare esattamente la quantità di acqua da aggiungere.
Scolare il liquido e metterlo in bottiglie filtrandolo attraverso un batuffolo
di cotone.
Tappare bene e lasciar stagionare almeno un anno in cantina, al buio.
Volendo può essere corretto aggiungnedoi un po' di marsala secco.
Se sulle noci scolate si versa una bottiglia di marsala secco e si
lascia stagionere per sei mesi si otterrà un altro litro di nocino
leggero molto buono; se le noci erano molto tenere si potrà mangiarle
come frutta sotto spirito.
Questa ricetta con poco zucchero e poche spezie consente di ottenere un ottimo amaro digestivo, eccezionale per ogni tipo di intasamento dello stomaco. Non è la tipica "ricetta della nonna" perché nulla garantisce che la nonna fosse una esperta di liquori e perché i gusti sono cambiati. Una volta si servivano rosoli a scarsa gradazione alcolica, ora si preferiscono liquori secchi.
Dosi per 5 persone.Se si usa una padella per frittura di 32 cm di diametro e 5,5 cm di altezza interna, alla fine sarà piena con un margine di circa un cm. Al massimo si può arrivare a mezzo kg di riso (otto porzioni). Non bisogna superare lo spessore di riso in cottura; o si diminuiscono le porzioni o si prendono due padelle! Per quattro persone dovrà essere almeno 28 cm.
Cuocere un sacchetto di cozze alla marinara: rosolare un cucchiaio di cipolla tritata finemente, aglio, prezzemolo e un piccolo peperoncino in mezzo bicchiere d'olio; aggiungere un bicchiere di vino bianco e buttare nella padella le cozze chiuse; cucinare coperte fino a che si aprono (circa 5 minuti); buttare quelle che non si aprono. Mettere in una scodella il liquido di cottura, staccare le cozze dal guscio e conservarle nel liquido.
Nella stessa padella rosolare con olio 2 filettini di maiale (o polpa tenera) tagliati a dadini (un cm) o un filettino e una salsiccia a pezzi. In totale occorrono circa 350 gr. di carne. Salare poco e pepare. Volendo una piccola spruzzata di vino bianco o marsala. Togliere la carne e nello stesso grasso rosolare dei gamberetti sgusciati (mezzo chilo surgelati); si può fare anche 2/3 di gamberetti e1/3 di seppioline o polipetti, salare poco e pepare. Volendo una piccola spruzzata di vino bianco. Togliere e nel grasso rimasto aggiungere un cucchiaio di cipolla tritata e uno spicchio d’aglio tritato; far rosolare. Unire 5 pomodori a pezzetti (o una scatola di pelati) e 1 peperone a pezzetti (un cm) . Cuocere per dieci minuti. Unire le carni, e circa metà del liquido delle cozze e cioè una scodella (se si usa più liquido aumenta il sapore di pesce della paella; è questione di gusti; io preferisco che sia delicato; però le cozze moderne spesso vengo lavorate in acqua dolce e non dànno alcun sapore di mare al loro brodetto; in questi casi conviene aggiungere al sugo due acciughe salate). Preparare 3/4 di litro di brodo. Sciogliere una bustina di zafferano ( 0,25 gr) in una tazza del brodo assieme ad uno spicchio d’aglio tritato e prezzemolo. Versare nella padella assieme al resto e portare ad ebollizione.
Aggiungere 350/400 gr. di riso Carnaroli, rimescolare bene, aggiungere brodo in modo che il liquido copra il tutto per circa un cm e cuocere per 15 minuti senza rimestare; via via che la superficie asciuga, versare con cautela del brodo bollente. Dopo 15 minuti, mescolare, aggiungere le cozze sgusciate e i gamberi e lasciar sobbollire ancora 5 minuti sempre tenendo un velo di brodo sulla superficie. Aver cura che dei grani di riso non rimangano all'asciutto sui pezzi di carne. A questo punto assaggiare il liquido di cottura per controllare il sale; esso varia molto a seconda del liquido delle cozze; dopo aver fatto il suo è bene controllare il sale e fare il brodo più o meno salato. Se alla fine siete sicuri che ne manca, aggiungerne un po' sciolto in due cucchiai di brodo.
Chi vuole guarnire la paella per presentarla in tavola terrà da parte, in caldo una dozzina di cozze nel loro mezzo guscio, una dozzina di gamberetti o uno scampo a personascampi e li sistemerà sulla paella due minuti prima di toglierla dal fuoco, in modo che anch'essi si scaldino bene.
Attenzione: se si è in montagna il riso impiega 30-40 minuti a cuocere!
La ricetta originale prevede anche altri ingredienti come il pollo e la salsiccia. Ma se non si è sicuri che sono di buona qualità, è meglio non usarli.
Dosi per sei persone
Prendere mezzo chilo di salsiccia, bucarla e metterla in forno a
200 gradi fino a che sia quasi cotta e il grasso sia colato fuori.
Gettare il grasso, togliere la pelle e sminuzzarla oppure tagliarla a
dischetti.
Se la salsiccia (o salamella) è veramente buona, si può mettere cruda, a fiocchetti.
Nel frattempo avrete preparato una litro di buona besciamella. Per
farla fate bollire un litro di latte intero con una foglia di alloro e
mezzo cucchiaino di sale; prendete poi 60 gr di burro e fatevi rosolare
uno scalogno tritato e una fetta di prosciutto oppure di salame
senz’aglio; aggiungete 4 cucchiai colmi di farina, fate cuocere per un
minuto o due e poi versate un quarto del latte; quando inizia ad
addensarsi versate tutto il latte e cercate di sciogliere i grumi di
farina; siccome non ci riuscirete, prendete un frullatore ad immersione
e risolvete il problema! Rimettete la salsa sul fuoco e fate bollire
lentamente per una diecina di minuti, sempre rimescolando; mentre
curate la salsa, aggiungetevi del timo sbriciolato, noce moscata
grattugiata, pepe, Aromat, un cucchiaino di salsa di soia; alla fine
controllate che sia salata al punto giusto. La besciamella deve essere
saporita e buona e non una squallida crema di latte come quella già
pronta in commercio.
Nel frattempo avrete fatto bollire abbondante acqua salata e vi
avrete cotto al dente sei etti di maccheroni rigati. Scolateli e
divideteli in tre parti.
In una tortiera di circa 30 cm di diametro fate un primo strato di
maccheroni, cospargetelo di parmigiano, distribuite un terzo della
salsiccia e un bel mestolo di besciamella; proseguite così con altri
due strati, terminando con abbondante besciamella (che poi colerà verso
il basso). Spargere ancora un po’ di parmigiano
Mettere in forno caldo a 200 gradi e cuocere fino a che la superficie sarà dorata.
Per quanto strano, ben pochi sanno fare una buona carbonara e i
libri di cucina sono pieni di ricette approssimative, se non errate.
La ricetta segue una sua logica, da cui non ci si può allontanare, pena risultati del tutto insoddisfacenti.
Per quattro persone prendere un bel pezzo di guanciale (almeno 120
gr), tagliarlo a fettine e poi a quadretti e rosolarlo con un cucchiaio
d’olio in una padella larga. Si può dare profumo all’olio con uno
spicchio d’aglio, da togliere appena inizia a colorirsi.
Quando il guanciale è croccante, bloccare la cottura con una cucchiaiata di vino bianco che evaporerà subito.
Nel frattempo avremo preso tre uova (quattro se sono di quelle
piccole) che sbatteremo con la forchetta in un piatto con una presa di
sale. Certi cuochi moderni tendono a buttarei gli albumi; è cosa insensata. Essi sono poi costretti ad aggiungere acqua o panna per rendere cremoso il piatto che, in origine non era affatto cremoso. Grattugiamo otto cucchiaiate colme di formaggio pecorino romano e
mescoliamone la metà alle uova. Solo la metà, altrimenti la salsa diventa troppo densa e no si amalgama bene.
Nel frattempo avremo fatto cuocere la pasta di tipo lungo e consistente (bucatini,
linguine); deve essere cotta ben al dente.
Scolare la pasta e versarla nella padella in cui sta rosolando il guanciale e rimescolare bene a fuoco vivo.
Spegnere il fuoco e versare le uova sbattute sulla pasta.
Rimescolare bene in modo che il calore residuo faccia rapprendere
l’uovo che deve perdere il lucido del bianco d’uovo.
A questo punto aggiungere il formaggio rimasto e fare le porzioni
nei piatti. Sopra la pasta nel piatto macinare abbondante pepe fresco
(se si mette nella padella il profumo del pepe non si sente più) e
servire immediatamente.
La pasta alla carbonara deve essere un pochino salata e il sale va regolato a seconda del pecorino usato.
In mancanza del guanciale usare pancetta tesa stagionata o rigatino
( si può usare Speck o pancetta o lardo di Colonnata, non quello che sa
solo di cannella,) o un loro misto, ma allora la ricetta diventa “Pasta
tipo alla carbonara”
Mettere a bagno mezzo chilo di ceci per una giornata. Scolarli,
coprirli con 3,5 litri di acqua e un cucchiaino di sale e farli bollire
a fuoco lento per circa due ore fino a che saranno ben cotti (a seconda
della qualità si può arrivare anche a tre ore).
Prendere un bel rametto di rosmarino e tritare un po’ gli aghi; in
un tegamino rosolare uno spicchio d’aglio con il rosmarino e alla fine
sciogliere nell’olio un cucchiaio scarso di concentrato di pomodoro,
senza farlo bruciare. Versare il tutto nella pentola dei ceci assieme a
5 o 6 funghi secchi. e lasciar cuocere ancora una decina di minuti.
Aggiustare sale pepe (si può anche aggiungere un dado da brodo) e
poi mettere della pasta corta, come preferita; si adatta molto anche la
pasta all’uovo.
Alcuni aggiungono al pomodoro anche un filetto di acciuga sotto sale. Alcuni
la preferiscono un po’ brodosa, altri passano al setaccio un po’ di ceci per
renderla più cremosa. Una fetta di lardo o di pancetta o una cotica, messe
a bollire con i ceci, non peggiorano la minestra, ma solo la sua digestione!
La
ricetta del sugo "alla puttanesca" è una delle più maltrattate e sui
libri ed in internet si ritrovano ricette in cui si usa il burro o la
cipolla o una dose spropositata di aglio, o dosi del tutto
insufficienti di acciughe o capperi, o procedure di cottura e
condimento irrazionali, che meglio meriterebbero il nome di "sugo alla
puttanata".
Eppure la ricetta non è altro che l'antica ricetta napoletana "alla
marinara" (che si ritrova nella frittata di vermicelli "à cafone"
oppure, senza acciughe, nel sugo "alla rusticana") che all'inizio degli
anni 50 il pittore Eduardo Colucci, che abitava a punta Mulino di
Ischia, ribattezzò come "alla puttanesca". E da allora viene indicata
come tipica di Ischia in alcuni libri di cucina.
La ricetta richiede una pasta consistente e originariamente si
preferivano i maccheroni; ora si propende per le linguine. Eppure nella
maggior parte delle ricette si parla genericamente di spaghetti
Ecco quindi la ricetta più ragionevole e ragionata per mezzo chilo di pasta!
In una padella che possa poi contenere la pasta si metta olio
abbondante (100-150 grammi). Mai il burro che è sconosciuto alla cucina
napoletana che, semmai, avrebbe usato lo strutto. Rosolarvi uno
spicchio d'aglio, o al massimo due non troppo grossi, tagliati a
pezzettini. A seconda dei gusti la rosolatura può essere più o meno
tirata. Sbriciolare nell'olio un peperoncino. Prendere sette acciughe
sottosale (mai quelle sott'olio che hanno un diverso sapore), lavarle
bene, ricavarne i filetti senza spine e farle sciogliere delicatamente
nell'olio (se prendono troppo calore diventano amare). Aggiungere una
scatola di pomodorini (ovviamente se si usa mezzo chilo di pomodorini
freschi è meglio!) e un cucchiaio di pomodoro concentrato e far cuocere
un po'.
Aggiungere ancora due cucchiaiate di capperi sotto sale (mai quelli
sottaceto!) dopo averli lavati e un etto abbondante di olive nere di
Gaeta snocciolate e tagliate in tre o quattro pezzetti. In genere il
sale delle acciughe e dei capperi è sufficiente; altrimenti aggiungerne
un poco.
Tirare bene il sugo e versare nella padella la pasta al dente facendole ben assorbire l'olio per mezzo minuto.
Alcuni aggiungono del prezzemolo, ma non ha alcun senso. Alcuni napoletani veraci giurano che ci vuole un po' di origano.
Non si usa ovviamente formaggio.
Circa l'abbinamento con il vino, in molte ricette consigliano vini
bianchi, il che è una assurdità per un piatto così robusto e untuoso
che fa desiderare un deciso "lavaggio" delle bocca. Un rosso asciutto
di medio corpo, come ad esempio l'Ischia Rosso, è senz'altro
preferibile.
NB: Fino al 1970 tutte le ricette prevedevano l'uso di acciughe; attualmente nei ricettari scritti da giornalisti, le acciuge sono scomparse; soluzione sciocca e insensata perché il sugo perde tutta la sua tipica forza.
Questa ricetta riunisce una preparazione emiliana con l’antico uso
dei veneti di usare gli avanzi del fegato alla veneziana per ricavarne
un patè.
Ingredienti: 250 g di fegato di
maiale, 300 g di fesa di vitello o di maiale tritata grossolanamente,
30 g di speck, una cipolla, 25 g di scalogno affettato,
40 g di burro, 1/2 bicchiere di marsala fino, 1/2 bicchiere d’acqua, 1
foglia di alloro, 2-3 foglie di salvia, 1 rametto di rosmarino , due
funghi secchi, sale e pepe.
Per completare il paté: 100 g di burro, 150 g di lardo di Colonnata ( o uno molto buono comunque, dal sapore delicato).
Preparazione: Prendere il fegato di maiale, eliminate le impurità e i nervetti e tagliarlo a piccole fettine sottili.
Cuocere il fegato come alla veneziana; in una padella rosolare almeno
per venti minuti una grossa cipolla tagliata fine, con un cucchiaio di burro, senza farla
colorire; se necessario aggiungere appena di brodo. Aggiungere poi il
fegato e farlo cuocere rapidamente; salare e pepare e mettere da parte.
Nella stessa padella mettere tre cucchiai d’olio (o burro), lo scalogno
tritato o un quarto di cipolla, lo speck tagliato a fettine sottili,
far rosolare e poi aggiungere la carne tritata e gli aromi; salare e
pepare e far rosolare per una decina di minuti. Rimettere nella padella
il fegato con la cipolla e bagnare con un bicchierino di marsala e far
evaporare per alcuni minuti. Attenzione: lo Speck può essere più o meno affumicato e non deve assolutamente prevalere. Nel dubbio è meglio metterne solo una fetta, per l'aroma.
Lasciar intiepidire, aggiungere il lardo ben tagliuzzato e poi
frullare bene con il mixer. Aggiungere il burro ben morbido e frullare ancora. Se
l’impasto fosse ancora troppo denso per frullarlo bene, aggiungere uno
o due cucchiai di panna o un bicchirino di cognac..
Assaggiare e, se necessario, aggiustare bene i sapori. Attenzione al lardo che potrebbe già essere ben salato di suo.
Versare il paté in uno stampo e mettere in frigo per qualche ora fino a che si rassoda. Per estrarre comodamente il paté dallo stampo è opportuno inserire nello stampo un foglio di pellicola da poter poi afferrare e tirare.
Il paté si conserva più giorni, fasciato o coperto in modo che non
asciughi e si mangia freddo, tagliandolo a fette che si lasceranno
appena ammorbidire sul piatto, prima di spalmarlo sulle tartine. Si può
congelare. Se si spennella la superficie con burro fuso, si crea una superficie che impedisce che secchi la massa del paté.
Pulire bene quattro pernici e inserire nella loro pancia una foglia di salvia e un pezzetto di pancetta affumicata
Rosolare in 50 gr. di burro e un po’ d’olio 80 gr. di lardo di
Colonnata (non quello che sa di cannella!) ben battuto e poi aggiungere
le pernici e se disponibili le frattaglie, con qualche foglia di
salvia.
Rosolarle bene e quando prendono colore versare su di esse un bicchierino di cognac e accenderlo.
Quando la fiamma si spegne aggiungere un mezzo bicchiere di marsala
secco, salare e pepare. Coprire il tegame e proseguire nella cottura
aggiungendo via via del brodo in modo che vi sia sempre un cm di
liquido, rivoltando le pernici ogni volta.
Quando sono cotte (minimo un’ora e mezza) aggiungere al liquido di
cottura cinque o sei capperi spezzettati e un filetto di acciuga sotto
sale e far cuocere ancora cinque minuti.
Togliere le pernici, versare il sugo in un recipiente alto e
stretto ed eliminare il grasso eccessivo che affiora. Rimettere il sugo
rimasto e le pernici nel tegame, riscaldare bene e servire.
La ricetta va ben per quaglie, fagiani, uccelletti, beccacce, adattando
il tempo di cottura alle dimensioni dell’animale e alla sua qualità (di
allevamento o selvatico, giovane o vecchio).
Servire con polenta, riso bollito o sformato di semolino.
Sbattere 170 gr. di burro morbido con 170 gr. di zucchero. Quando
l'impasto è cremoso aggiungere una alla volta quattro uova intere.
Sbattere ancora fino ad avere una crema; se è un po' granulosa non fa
nulla.
Aggiungere in una sola volta 300 grammi di farina, una bustina di
lievito, una punta di sale, un bicchierino di rhum e 300 gr. tra uvetta
bagnata nel rhum, frutta candita, mandorle sbucciate e macinate.
Sbattere ancora bene.
Versare tutto in uno stampo per plumcake imburrato e infarinato.
Mettere in forno caldo a 180°; dopo 20 minuti il plumcake sarà già
lievitato; fare un taglio per il lungo sulla superficie, ridurre la
temperatura del forno a 160° e cuocere per altri 40 minuti. Con uno
stuzzicadenti controllare che esca bene asciutto.
Variante: si ottiene un dolce delizioso sostituendo i canditi
usuali con pezzettini di zenzero candito e aggiungendo all'impasto un
cucchiaio colmo di zenzero in polvere (ricetta olandese).
Per quattro persone far bollire al dente quattro etti di riso da
risotti in acqua salata. Scolarlo, rimetterlo nella pentola calda e sul
fuoco al minimo, condirlo con tre uova intere, cinque cucchiaiate di
parmigiano e un cucchiaio di burro. Rimescolare sul fuoco fino a che
l’uovo si è ben addensato e ha perso il lucido del bianco d’uovo.
È un piatto rapidissimo e saporito che si può mangiare
come primo. È però uno straordinario contorno per fritti, quali milanesi
o bastoncini di merluzzo.
Per 4 persone
Rosolare una piccola cipolla con 50 gr. di burro e 5° grammi di
prosciutto crudo. Aggiungere 350 gr di riso Carnaroli e fargli
assorbire il grasso per un minuto o due.
Versare mezzo bicchiere di vino bianco e farle evaporare a fuoco vivo.
Prendere una scatoletta di tonno da 125 grammi, scolare bene l’olio
immondo che usano i produttori e sminuzzare il tonno nel riso. Pepare,
coprire di brodo poco salato e cuocere per 20 minuti rimestando spesso
e aggiungendo brodo quando occorre.
Se il brodo non era salato, il risotto dovrebbe avere il sapore
giusto; se è troppo salato, imparate la lezione per la volta
successiva; se è sciapo, aggiustate il sale!
Servite all’onda come ogni risotto. Se avete un tartufo da affettarci sopra, non guasta di sicuro.
Per quattro persone
Bollire un polpo di circa tre etti: buttare il polpo in acqua
bollente salata con una foglia di alloro; volendo anche carota, sedano,
cipolla.
Si può fare anche una cottura con pochissima acqua, assieme a quella che rilascia il polpo; in tal caso usare una pentola con coperchio in modo che il liquido non evapori.
Non cuocere troppo, altrimenti si stacca la pellicina
rossa che invece va conservata.
In una pentola mettere mezzo bicchiere di olio, un peperoncino
sbriciolato e uno spicchio d'aglio tritato; rosolare senza far bruciare
l'aglio e aggiungere il polpo; spruzzare di vino bianco e poi
aggiungere una scatola di pomodori (oppure pomodori freschi e maturi);
bagnare con un mestolo del brodo di cottura del polpo; far cuocere per
circa mezz'ora aggiungendo il brodo quando necessario.
Se ci si accorge di aver lasciato pezzi di polpo troppo grossi, frullare con il frullatore ad immersione, a bassa velocità.
Bollire la pasta (penne), scolarla e poi passarla in una padella
con in sugo in modo che lo assorba e si amalgami bene con esso.
Se ci si accorge che il polpo (surgelato) ha poco sapore, si può aggiungere durante la cottura una manciata di gamberetti.
Ingredienti per sei persone
Pane toscano raffermo, 300 gr.
Fagioli bianchi cannellini 400 gr.
Un porro
Una cipolla
Due spicchi d’aglio
Cavolo nero gr.400
Cavolo verza gr.300
Un mazzetto di bietola giovane
Due patate
Due carote
Due coste di sedano
Cinque pomodori
Olio di oliva, un bicchiere
Pepolino (timo)
Le verdure devono essere fresche di giornata; in mancanza di cavolo
nero sostituirlo con cavolo verza. Se non si hanno pomodori maturi
usare due cucchiai di conserva.
Preparazione
Mettere a bagno per una notte i fagioli secchi in acqua senza sale
o bicarbonato. Scolarli e metterli a bollire in due litri di acqua
fredda.
La cottura dei fagioli deve essere fatta a fuoco bassissimo in modo che l'acqua
"frema". Questo perché se la cottura viene fatta sostenuta i
fagioli si rompono, vengono svuotati e rimangono quasi tutte bucce. L'acqua
dev'essere abbondante e condita con 2 cucchiai d'olio, 1 pomodoro, 1 spicchio
d'aglio, salvia e sale. Il sapore migliora se si mettono a bollire anche cotenne
o un osso di prosciutto. Cuocere fino a che saranno al punto giusto, toglierli
dal brodo di cottura che va conservato e passare al passaverdura circa due terzi
dei fagioli.
Nel frattempo in una pentola a bordi alti, meglio se di coccio , avremo
rosolato in otto cucchiai d’olio la cipolla tritata e uno spicchio
d’aglio. Una volta imbiondite, aggiungere il porro, il sedano, le
carote, le patate, il tutto affettato molto finemente; quindi unire i
pomodori spezzettati, pepolino , sale, pepe ed i cavoli tagliuzzati. Il
cavolo nero dev'essere privato delle costole e tagliato a listarelle
così come il cavolo verza.
Far appassire tutte le verdure per una decina di minuti e poi
aggiungere l'acqua di cottura dei fagioli e i fagioli che abbiamo
passato. Aggiustare sale e pepe e lasciar sobbollire per almeno un’ora.
Il cavolo nero deve essere ben cotto.
Quando sarà tutto pronto aggiungete i fagioli interi messi da parte; far cuocere ancora qualche minuto; la preparazione dovrà risultare piuttosto liquida.
Prendere ora del pane toscano casereccio di almeno una settimana in
modo che sia ben raffermo e tagliarlo a fette di un centimetro di
altezza. Sistemare le fette di pane nella pentola su due strati e
togliere dal fuoco. Lasciar raffreddare.
Al momento di servire (meglio il giorno dopo) riscaldare a fuoco
basso e con il coperchio, lasciando sobbollire per breve tempo in modo
che la minestra si trasformi in una crema morbida ed omogenea.
Assolutamente niente formaggio. Aggiungere, una volta servito nei
piatti, un filo d' olio extravergine d'oliva della miglior qualità.
Per quattro persone prendere due filettini di maiale, ripulirli bene e tagliarli a fettine.
In una padella ampia mettere due cucchiai di olio e un cucchiaio di
cipolla tritata fine, rosolare la cipolla e aggiungere la carne. Pepare
e rosolare alcuni minuti; poi aggiungere una spruzzata di marsala, un
cucchiaio di salsa di soia e sale. Portare a cottura (in totale
7-8 minuti a seconda dello spessore delle fettine). Il liquido deve evaporare tutto.
Togliere la carne e nello stesso grasso cuocere tre manciate di
gamberetti sgusciati, pure insaporiti con appena di soia, pepe e una
spruzzata di vino bianco; far evaporare il liquido.
Togliere i gamberetti e insaporire allo stesso modo mezza scatola di piselli.
Secondo i gusti si possono aggiungere altre cose, ad esempio anelli
di seppia o moscardini oppure dadini croccanti di sedano e carota.
Nella ricetta originale vengono preparare anche due uova strapazzate e
ben cotte.
Mescolare tutto di nuovo nella padella e scaldare sul fuoco.
Contemporaneamente si saranno bolliti per 10 minuti 3 etti di riso
Carnaroli; scolarlo e versarlo nella padella con il resto. Condire con
due-tre cucchiai di soia cinese (è più densa di quella giapponese) e
con un cucchiaio di zenzero in polvere. Mescolare bene su fiamma vivace
e servire subito ben caldo.
È un piatto saporito e rapido che si può preparare in circa 20
minuti. Si può preparare in ancor minor tempo se ci si limita alla sola
carne!. Si può mifliore la ricetta facendola ,,,alla italiana". Rosolate i dadini di maile con cipolla, sale, pepe, erbette provenzali e una spruzzata di marsala,. Quando è cotto togliere il maile e mettere nella stessa padella i gamberetti; sale, pepe e una spruzzata di cognac. Rimettere la carne nella padella e cuocere il tutto per un minuto;si possono aggiugere un po' di piselli. Aggiungere il riso bollito e rimescolare bene; se proprio si vuole, aggiungere un cucchiaino di zenzero macinato. Si può aggiungere, come fanno i cinesi, una frittatina d'un uovo spezzettatata.
150 gr. di cioccolata fondente
150 gr. di burro
150 gr. di zucchero
150 gr. di farina
6 uova
1 cucchiaio di lievito per dolci
mezzo bicchiere di marmellata di albicocche, sale, due cucchiai di zucchero in povere
Sciogliere a bagnomaria la cioccolata; unire il burro morbido, lo zucchero e i rossi d'uovo; mescolare bene.
Montare i bianchi con lo zucchero in polvere; unire i bianchi al resto e poi la farina mescolata con il lievito.
Versare in una forma imburrata e infarinata e cuocere per 45 minuti a 180 gradi.
Quando è fredda tagliarla in due e farcirla con la marmellata.
Glassa: 125 gr. di cioccolata, 3 cucchiaia di acqua, 125 gr. di
zucchero in polvere, un cucchiaio di burro, 6 cucchiaia di panna.
Sbattere il cioccolato sciolto con acqua e zucchero; scaldare appena e unire la panna. Stendere sulla torta e sui lati di essa.
Fare a caldo uno sciroppo con 2 litri di acqua e 2,5 kg di zucchero; bollire una decina di minuti e lasciar raffreddare bene.
Prendere 12 fiori di sambuco e togliere tutti i gambi in modo che
rimangano solo i fiorellini e metterli nello sciroppo; aggiungere 40
grammi di acido citrico e 4 limoni interi, tagliati a pezzetti, privati
dei semi e un po' schiacciati.
Lasciar riposare per 24 ore, filtrare e imbottigliare in bottiglie non troppo grandi (7/10).
Scaldare il forno a 200° e imburrare la piastra (o rivestirla di carta da forno).
Prendere
1/4 di panna
1 bustina di fissatore per panna
1 bustina di zucchero vanigliato
e montare il tutto ben sodo
Prendere poi
2 tazze di farina
2-3 uova
1 tazza di zucchero
1 presa di sale
1 bustina di lievito
e mescolare il tutto alla panna.
Stendere l'impasto sulla piastra, metterla a metà altezza nel
forno, senza ventilatore, e cuocere per 12 minuti fino a che non inizia
a colorarsi (attenzione, brucia facilmente).
Togliere dal forno in modo che si intiepidisca.
Prendere ora 200 gr di burro, una tazza di zucchero e 3-4 cucchiai
di latte; far bollire sul fuoco, aggiungere due tazze di mandorle
sbucciate e tagliate a sottili fettine (ci sono già in commercio; in
mancanza tritarle o tagliarle a filetti) e lasciar un po' intiepidire.
Stendere poi le mandorle e il resto sulla pasta nella piastra e
rimettere nel forno caldo per altri 12 minuti, stando bene attenti a
toglierla non appena è dorata.
Si ottiene una torta dello spessore di circa 1,5 cm che viene
tagliata a quadrati di 5-7 cm di lato e può essere conservata a lungo
ben chiusa in una scatola.
Prendere per ogni persona una cipolla bianca di media grandezza; pulirla e
affettarla ad anelli sottili. Questa operazione si compie senza lacrimare se
si usa un sottile coltello da salame affilatissimo.
In una pentola sciogliere 10 grammi di burro per ciascuna cipolla assieme ad
un pizzico di zucchero (dà solo il colore, non è essenziale) e poi
aggiungere le cipolle; cuocere per 25 minuti a fuoco lento e rimescolando spesso,
evitando assolutamente che le cipolle brucino o prendano troppo colore. Alla
fine le cipolle dovranno essersi ridotte di molto ed avere un colore giallino.
Aggiungere ora due mestoli di brodo a testa, uno spicchio d’aglio schiacciato
ogni due cipolle e far bollire a fuoco bassissimo per circa un’ora.
Controllare il sale, pepare, aggiungere un bicchierino di cognac o di marsala
secco ogni 4 porzioni e la zuppa è pronta.
Sistemare in ogni piatto delle fette di pane casereccio, mettervi sopra una
cucchiaiata di parmigiano a filetti e coprire con la zuppa di cipolle bollente.
Prendere un pollo ruspante o una faraona; tagliarlo in 8 pezzi e rosolarli
bene in olio e burro; aggiungere mezz’etto di pancetta affumicata (o speck)
tagliata a dadini e rosolare anch’essa.
Versare nella pentola un bicchierino di brandy e fiammeggiare.
Aggiungere un bicchiere di vino rosso, una foglia di alloro, due chiodi di garofano,
timo, una quindicina di cipolline, sale, pepe e lasciar cuocere per circa 20
minuti ben coperto e a fuoco basso; se fosse asciugato troppo aggiungere appena
d’acqua o brodo.
Quando il pollo sarà tenero unire una quindicina di champignons interi
(o dimezzati se troppo grossi), abbondante prezzemolo tritato e far cuocere
ancora per 10-15 minuti. Se piace, si può unire un mezzo spicchio d’aglio
tritato.
Mettere i pezzi di pollo, cipolline e champignons in un piatto di portata caldo;
addensare la salsa con un cucchiaino di burro impastato con un cucchiaio di
farina usando una forchetta e versarla sul pollo.
Si accompagna bene con puré di patate.
Preparare una usuale pasta frolla con 350 gr di farina, 100 gr zucchero, buccia di limone. 150 gr di burro (si può usare metà margarina), un uovo intero e un tuorlo,I n un
pentolino far caramellare 250 gr di zucchero senza aggiungere acqua, a calore basso;
quando ha bel color biondo sciogliervi 2 etti di panna liquida e 3
cucchiai di miele. E' probabile che lo zucchero si indurisca; in tal
caso continuare a rimescolare sul fuoco fino ad ottenere una
consistenza fluida. Se necessario aggiungere ancora un cucchiaio di
miele. A questo punto incorporarvi 3 etti di noci grossolanamente
tritate, rimescolare bene e lasciare raffreddare per un po'.
Stendere 2/3 della pasta sul fondo di una teglia, rivestendone anche il
bordo, e stendere su di essa il composto. Coprire con un disco formato
con il resto della pasta e chiudere con il bordo. Con la forchetta fare
tanti forellini sulla superficie della torta. Si può pitturare con un
rosso d'uovo, ma la ricetta originale prevede che la torta rimanga un
po' "pallida".
Mettere in forno caldo a 200° per circa 35 minuti. La pasta frolla deve
essere piuttosto alta in modo che l'impasto rappresenti circa un terzo
delle spessore totale della torta. Se prevale l'impasto di noci, la
torta può riuscire un po' troppo dolce. Si ottiene una torta del diametro di 26 cm e circa 3 cm di spessore.
Vi è una variante in cui le noci vengono mescolate allo zucchero
caramellato prima della panna e vengono un po' arrostite in esso.
Non mangiare la torta calda, ma attendere un giorno. Si conserva molto bene e a lungo in frigo e si può congelare.
A Morbegno l'impasto di noci viene sistemato fra due ostie in modo da
ottenere delle sottili mattonelle di circa 8 cm di lato. Si chiamano
"cupete".
(pagina aggiornata il 19-3-2020)