Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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Perizia sui residui disparo - Prof. Marco Morin

Pubblico qui una perizia del prof. Marco Morin in materia di residui di sparo. Come è noto egli è stato il fondatore di questa scienza in Italia e ne è uno dei due o tre dei massimi esperti.
Purtroppo i Pubblici Ministeri continuano a credere che indagini così delicate siano cose di routine affidabili ai laboratori di Carabinieri e Polizia e i risultati si vedono: ogni volta che le perizie di questi laboratori vengono sottoposte a serio controllo si rivelano errate ed inconsistenti. La perizia può essere molto istruttiva per tutti coloro che si trovino a dover affrontare l'argomento.

Essa è esemplare nel dimostrare quale deve essere la buona preparazione di un perito, ben informato su tutta la più recente letteratura scientifica, capace di comprenderla nelle lingue straniere e capace di usare strumenti di analisi. Tutte cose che non si possono pretendere da un poliziotto o un carabiniere, addestrati alla bell'e meglio in base "alla prassi dell'ufficio" o "a ciò che si è sempre fatto".

Il rapporto relativo alla ricerca di residui di sparo svolta dal Servizio di Polizia Scientifica sui prelievi eseguiti sulle mani di X. Y. si chiude con le seguenti conclusioni:
“In considerazione dei risultati conseguiti nell’analisi particellare, si può concludere che su entrambi i tamponi relativi alle mani di X. Y. è stata rilevata la presenza di particelle appartenenti alla classe dei residui dello sparo.
In particolare, la particella contenente piombo+antimonio+bario+stagno rilevata sul tampone relativo alla mano sinistra, è ritenuta in letteratura univocamente riferibile allo sparo di cartuccia/e ad innesco amercurico-non corrosivo di tipo comune.”
Esaminando gli atti, le microfotografie e gli spettri analitici delle due particelle si è costretti a censurare severamente il lavoro di chi il 30 Agosto 2002 ha sottoscritto la relazione e a contestare fermamente i risultati da loro indicati.
Un primo, gravissimo errore è stato quello di effettuare la ricerca di residui dello sparo su prelievi eseguiti abbondantemente fuori tempo. Dalla documentazione disponibile risulta infatti che l’episodio delittuoso è avvenuto verso le ore 18 del giorno 11 Novembre 2001 mentre le operazioni di prelievo hanno avuto inizio alle ore 23.40, cioè dopo 5 ore e 40 minuti. E questo da quando la letteratura internazionale indica al massimo in 4 ore il tempo utile entro cui effettuare i prelievi sulle mani dei viventi: con tempi superiori l’eventuale positività non può che essere attribuita a inquinamento specifico accidentale. Riteniamo ora opportuno chiarire in dettaglio questo aspetto.
IL FATTORE TEMPO.
Appare innanzitutto evidente che chi ha eseguito la ricerca ignora le nozioni basilari della materia. Partendo dal lavoro di J. Andrasko e A.C. Maehly - Detection of Gunshot Residues on Hands by Scanning Electron Microscopy - in: JFSCA, Vol. 22, April 1977, pp. 279-287; (cfr. nostro allegato 1) veniamo a conoscenza che la ricerca di residui su prelievi effettuati 5 ore dopo lo sparo è del tutto priva di senso. Gli autori infatti, a pagina 283, trattando a fondo il fattore tempo scrivono:
" The Time Factor
In actual cases, when a person is suspected of discharging a gun it is of considerable importance to detect gunshot residue on hands some time after the shooting. It is known that the amount of GSR on hands accompanied by normal unrestricted activity decreases rapidly with time. This problem obviously does not occur in a suicide.
For determining the effect of the time factor on the detection of GSR by SEM, five single-shot tests were conducted. After the shooting the subjects continued their normal daily activity (such as typing, writing, reading, engineering work, or laboratory work). The only restriction was that they were not supposed to wash their hands. The time between the shooting and the sample collection was 1, 2, 2½, 3 , and 5 h. Upon examination, GSR were detected in all tests with the exception of the last one (5 h.)."
Tradotto in italiano abbiamo: " Il fattore tempo.
Nei casi reali, quando una persona è sospettata di aver sparato con un'arma da fuoco è di grande importanza poter individuare i residui sulle mani anche qualche tempo dopo la deflagrazione. E' noto che la quantità di residui di sparo sulle mani nel caso di attività normale diminuisce rapidamente col passare del tempo. Questo problema naturalmente non interessa i casi di suicidio.
Per determinare l'effetto del fattore tempo sull'individuazione di residui con il SEM, sono stati eseguiti cinque test sparando un colpo in ogni caso. Dopo lo sparo i soggetti hanno proseguito nelle loro normali attività quotidiane ( quali scrivere a macchina, leggere, lavoro meccanico o attività di laboratorio ). L'unica restrizione imposta è stato il divieto di lavarsi le mani. Il tempo intercorso tra lo sparo e il prelievo è stato di 1, 2, 2½, 3 e 5 ore. Nel corso delle successive ricerche residui di sparo vennero individuati in tutti test, eccettuato l'ultimo ( 5 ore )."

Dunque, nell'opera citata è chiaramente sottolineata l'importanza del fattore tempo trascorso fra lo sparo e il prelievo e si rende noto il mancato ritrovamento di residui sulle mani di chi, 5 ore prima, aveva sparato un colpo di pistola, senza peraltro mai lavarsi le mani.
Sperimentazioni approfondite hanno invariabilmente dimostrato la generalmente bassissima persistenza temporale sulle mani dei residui di sparo. A questo proposito rimandiamo al nostro allegato 2, fotocopiato dalla pubblicazione SEM/MPA FIREARMS DISCHARGES RESIDUES -VOL.I , edita nel 1980 dal Metropolitan Police Forensic Science Laboratory di Londra ( Scotland Yard ) dove a pag. 12 si legge:
" FIREARMS DISCHARGES RESIDUES
Firearms discharges residues may be detected on swabs taken from the hands of the firer of the firearm. They are unlikely to be detected when swabs are taken more than two hours after the gun has been fired, except in suicide cases.
Firearms discharges residues may also be found on the frontal areas of the face and head and the number of swabs necessary to sample all the relevant areas is provided in the FDR swabbing kit. The amount of residues deposited in these areas will vary depending on the type of firearms discharged."
Tradotto in italiano si ha:
" RESIDUI DI SPARO DI ARMI DA FUOCO.
I residui di sparo possono essere individuati sui prelievi effettuati sulle mani di chi ha sparato. E' improbabile che vengano individuati quando i prelievi vengono effettuati dopo due ore dallo sparo, eccettuato nei casi di suicidio.
Residui di sparo possono anche essere trovati sulle aree frontali del viso e della testa e il numero dei tamponi necessari per saggiare le aree importanti è contenuto nel FDR kit. La quantità di residui depositati varierà in funzione del tipo di arma sparata."

La ricerca sulle mani viene eseguita solo se il prelievo avviene nella certa immediatezza dello sparo.
Nel lavoro di J.S. Wallace - uno dei "padri" riconosciuti di questa tecnica di ricerca e individuazione dei residui di sparo - e J. McQuillan - Discharge Residues from Cartridge-operated Industrial Tools in: Journal of Forensic Science Society 1984, 24; a pag. 508 (allegato 3), troviamo scritto quanto segue.
"Statistics gathered from firearms residue casework show that 98% of all suspects with discharge residues on their hands were apprehended within two hours of the shooting incident. As a consequence of this we no longer analyse samples from the hands if the time between incident and apprehension exceeds two hours."
Tradotto in italiano si ha:
"Statistiche ottenute dalle indagini svolte mostrano che il 98% di tutti gli indiziati sulle cui mani sono stati trovati residui di sparo erano stati fermati (e sottoposti a prelievo) entro due ore dall'episodio delittuoso. Come conseguenza non sottoponiamo più a ricerca i prelievi che sono stati eseguiti ad oltre due ore dallo sparo."

Anche in un convegno tenutosi il 29 e 30 Settembre 1993 a Belfast presso il prestigioso Northern Ireland Forensic Science Laboratory si è ribadito che il tempo massimo per il prelievo sulle mani è di 3-4 ore dopo lo sparo (allegato 4).
Ormai il fattore tempo, con i limiti che abbiamo visto, è accettato non solo nelle nazioni più progredite ma anche in Italia, almeno da parte degli operatori più preparati. A titolo di esempio citiamo Francesco Aragona e Ezio Zernar. Il primo, a pag. 287 del suo Compendio di Medicina Legale e delle Assicurazioni (cfr. allegato 5) scrive:
"I prelievi sull'indiziato di reato (mani, guance, indumenti) devono essere fatti nel più breve tempo possibile essendo noto che le particelle metalliche tipiche dello sparo tendono a disperdersi entro poche ore (4-5 ore, in genere) o addirittura subito se lo sparatore ha avuto l'accortezza di lavarsi le mani o di detergerle vigorosamente con strofinacci."

Del secondo, che è responsabile della microscopia a scansione nel laboratorio di indagini scientifiche della Procura della Repubblica a Venezia (è opportuno ricordare che proprio a Venezia, nel lontano 1978, per la prima volta in Italia si iniziò ad impiegare il microscopio elettronico a scansione con microsonda per la ricerca dei residui di sparo) produciamo (allegato 6) la depo­sizione nell'ambito di una consulenza tecnica eseguita per la Procura della Repubblica di Caltanisetta. Dopo aver rilevato che il prelievo all'indiziato era stato eseguito dopo 11 ore e 30 mi­nuti dall'evento delittuoso, Zernar afferma:
"Premesso quanto sopra ed essendo noto che oltre le quattro ore non si rilevano più residui di sparo sulle mani di una persona che abbia fatto uso di armi da fuoco, se ne deduce che l'asserita presenza di una particella attribuibile a residuo di sparo sia proveniente da inquinamento ambientale."
Per quanto riguarda l'esperienza operativa citiamo il caso di tre sovrintendenti della Polizia di Stato che, per un tragico equivoco, ingaggiarono un mortale conflitto a fuoco con un brigadiere dei Carabinieri (Piazzola sul Brenta [TV], Novembre 1991). Ai tre, che non si erano lavati le mani, venne effettuato il prelievo dopo sei ore e, malgrado avessero certamente sparato rispettivamente 30, 20 e 14 colpi ciascuno (due con la pistola-mitragliatrice M12S e uno con la pistola Beretta mod. 92S), su nessuno dei prelievi venne trovata la minima traccia di residui di sparo.
Che il limite di tre/quattro ore sia universalmente accettato dai veri specialisti risulta anche da
quanto scritto nei più recenti trattati di balistica giudiziaria pubblicati. In Firearms, the Law and Forensic Ballistics di T. A. Warlow (London, 1996; cfr. allegato 7 ) a pagina 198 possiamo leggere:
"The gunshot residue (GSR) particles range in size between 1 and 10 μm diameter. Their persistence on the hands of an individual during even normal activities are very limited; most
will be cast off within 2 h and generally speaking a realistic time limit for their detection would be 4 h."
Tradotto in italiano si ha:
"Le particelle residuo di sparo (GSR) variano in dimensioni tra undiametrodi1e10μm.Laloropersistenzasullemanidiun individuo durante attività anche normali è molto limitata; la maggior parte verrà persa nel corso di due ore e, in via generale, un limite di tempo massimo per il loro ritrovamento può essere di quattro ore."

Nell’ Handbook of Firearms and Ballistics di Brian J. Heard (Chichester - New York, 1997; cfr. allegato 8) nel quale, a pag. 190, possiamo leggere:
GSR retention
Gsr particles deposited on the hands as a result of firing are not stuck there by some “magic” glue-like property. Neither are they imbedded in the skin. They are, therfore, readily removed by everyday activities.
.... omissis ...
Even so, for all pratical purposes all GSR particles will be removed from the hands by everyday activities within three hours of a weapon being fired.”
Tradotto in italiano si ha:
Persistenza dei residui di sparo Le particelle GSR (gunshot residues = residui di colpo di arma da fuoco) depositate sulle mani quale conseguenza di uno sparo non rimangono fissate grazie a una “magica” proprietà adesiva. E neppure rimangono infisse nella cute. Esse risultano semplicemente posate sulla superficie della pelle. Vengono pertanto prontamente rimosse da una qualsiasi normale attività.
... omissis ... Nondimeno, tutte le particelle residuo di sparo verranno rimosse dalle mani dalla normale attività quotidiana entro tre ore da quando è stata sparata l’arma.
Segue, alla pagina successiva, un grafico (Figura 6.4 qui sopra riprodotta) che visualizza in modo chiarissimo la permanenza delle particelle in funzione del tempo trascorso.
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Nel nostro caso in nessun laboratorio serio si sarebbe dato inizio a una ricerca che in via assoluta non avrebbe potuto fornire risultati scientificamente attendibili. Nel già citato lavoro di J.Andrasko e A.C.Maehly - Detection of Gunshot Residues on Hands by Scanning Electron Microscopy - in: JFSCA, Vol. 22, April 1977, pp. 279-287; (cfr. nostro allegato 1). A pag. 283-284 possiamo leggere:
"Our observations confirm that the number of GSR particles on the firing hand decreases rapidly with time. It was also noted that particles larger than approximately 10 µm (µm = micron) disappeared from the hands during the first hour after firing. Only small GSR particles (< 3 µm) were observed after 2 h or more."
Tradotto in italiano si ha:
"Le nostre osservazioni confermano che il numero delle particelle residuo di sparo presenti sulla mano che ha sparato diminuisce rapidamente con il passare del tempo. Si è anche notato che le particelle approssimativamente più grandi di 10 micron spariscono dalle mani durante la prima ora dal momento dello sparo. Solo piccole particelle (inferiori a 3 micron) sono stateosservatedopodueoredallosparo."
Nel SEM/MPA Training Manual, edito nell'Aprile 1980 dal Matropolitan Police Forensic Science Laboratory di Londra (cfr. allegato 9), a pag. 11, nell'ambito del paragrafo dedicato alla di­stribuzione e persistenza, leggiamo:
"The persistence of residues has been extensively studied by SEM and other methods. Particles are lost from the surface of the skin and clothing extremely rapidly (Fig. 12), and are removed completely by washing or even rubbing the hands with dry tissue,... The largest particles, those easiest to find during searching, are lost first, so that three or four hours after firing only numbers of small particles remain. Fortunately, residues persist on clothing for much longer periods; positive results have been obtained up to 24 hours after firing."
Tradotto in italiano si ha:
"La persistenza dei residui è stata approfonditamente studiata con il SEM (microscopio elettronico a scansione) e con altri metodi. Le particelle vengono perse dalla superficie della pelle e dal vestiario in un modo estremamente rapido (fig. 12), e vengono rimosse completamente lavando le mani o anche detergendole con un panno asciutto,... Le particelle più grandi, quelle più facili da trovare durante la ricerca, vengono perse per prime, cosicché tre o quattro ore dopo lo sparo rimangono solo piccole quantità di particelle minori. Fortunatamente i residui possono persistere sul vestiario per periodi più lunghi; risultati positivi sono stati ottenuti fino a 24oredopolosparo." -
Il medesimo disegno, indicato come Figure 5 e qui sotto riprodotto, si trova anche a pag. 27 del manuale SEM/MPA Firearms Discharge Residues - Vol. 2 edito nel Novembre 1980 sempre dal Metropolitan Police Forensic Science Laboratory di Londra.

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Come è possibile riscontare dal grafico di destra, dopo poco più di un’ora dallo sparo si possono rinvenire solo particelle aventi un diametro di 1μm o meno.
Da quanto sopra riportato appare evidente che:
1] Il limite massimo di permanenza dei residui dello sparo sulle mani di persone che non si sono lavate è intorno alle quattro ore.
2] Trascorse due ore dallo sparo non è possibile trovare particelle aventi un diametro superiore ai due micron (μm).
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Questa lunga esposizione, basata sulle principali fonti bibliografiche internazionali e resasi necessaria per non lasciare dubbi sull’assoluta correttezza delle nostre affermazioni, ci permette altresì di chiarire l’aspetto legato alle dimensioni delle particelle. I due tecnici della Polizia Scientifica non hanno infatti tenuto conto della morfologia e delle dimensioni delle due particelle da loro individuate e indicate come appartenenti alla classe dei residui dello sparo. Nel modo in cui appare evidente dalle microfotografie riprodotte in allegato (allegato 10), la particella individuata sul prelievo della mano destra presenta un lato maggiore di ben 16.2 μ m mentre quella individuata sul prelievo della mano sinistra presenta un lato maggiore di 11.3 μm – Dette misure sono state ricavate per comparazione con il marker da 10 μm presente in basso a sinistra di entrambe le macrofotografie. Entrambe dette particelle sono di forma irregolare e non sferica: in questo modo non possono fornire quel criterio morfologico che sarebbe in grado di fornire una importante contributo.
E’ pertanto inevitabile prendere atto che anche queste dimensioni, assolutamente esorbitanti, concorrono a dimostrare lo sbaglio commesso da chi ha eseguito l’indagine.
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Passiamo ora alla composizione chimica delle due particelle, composizione riscontrata dai due tecnici della Polizia Scientifica utilizzando la microsonda a dispersione di energia (acronimo EDX) montata sul microscopio a scansione. Ricordiamo che in questo genere di analisi l’altezza dei picchi non consente una esatta determinazione quantitativa. Osservando però determinati criteri è possibile valutare, con molta approssimazione, dei valori congeneri ai relativi livelli di concentrazione degli elementi presenti. Lo spettro analitico prodotto (affoliazione generale 94) rivela una massiccia presenza di piombo + zolfo: il picco più alto rappresenta infatti la somma per sovrapposizione del picco Mα1-2 del piombo (posto a 2.339 KeV) e del picco Kα1-2 dello zolfo (posto a 2.307 KeV). Seguono, come livello di concentrazione, il silicio, individuato dal suo picco Kα1-2 posto a 1.739
KeV, l’alluminio, individuato dal suo picco Kα1-2 posto a 1.486 KeV e il calcio, individuato dal suo picco Kα1-2 posto a 3.690 KeV. La concentrazione di questi tre ultimi elementi viene definita, come si vedrà più sotto, a livello “maggiore”. Assenti elementi classificabili a livello “minore”, troviamo a livello di “traccia”, in ordine decrescente, il potassio, il ferro, il bario e il rame.
Affermare, come hanno fatto i tecnici della Polizia Scientifica, che si tratta di una particella “contenente piombo + bario” risulta pertanto quantomeno riduttivo: sarebbe infatti stato esatto affermare che la particella in oggetto contiene, in ordine decrescente di concentrazioni, “piombo + zolfo + silicio + alluminio + potassio + ferro + bario + rame”, con gli ultimi quattro elementi a livello di traccia. E’ evidente che eventuali spari c’entrano, con questa particella, come i classici cavoli a merenda.
Passando alla seconda, quella individuata sul prelievo relativo alla mano sinistra, vediamo che i tecnici della Polizia Scientifica hanno scritto trattarsi di “..particella contenente piombo + antimonio + bario + stagno “. Lo spettro analitico da loro prodotto risulta però di impossibile lettura. Innanzitutto sull’asse delle ordinate lo spettro in questione parte dal valore di 1.800 KeV mentre è indispensabile presentare uno spettro completo con partenza da 0. Nel nostro caso non si è in grado di sapere cosa c’è prima del piombo: potrebbero infatti essere presenti magnesio, alluminio e silicio, tutti elementi individuabili solamente con i loro picchi Kα1-2 posti rispettivamente a 1.253, 1.486 e 1.739 KeV.
Procedendo poi nella zona compresa fra i 3.000 e i 4.000 KeV notiamo una caotica sovrapposizione di simboli che non individuano con precisione alcun picco. Abbiamo ingrandito e allargato la zona (allegato 11 basso) riportando le “linee” di identificazione di tre elementi, stagno, antimonio e calcio, che potrebbero essere presenti ma questa operazione non ha fornito molto aiuto. Riteniamo quasi certa la solo la presenza di antimonio: in un caso del genere, in assenza delle pregiudiziali temporali, dimensionali e morfologiche in precedenza segnalate, sarebbe stato necessario analizzare la particella utilizzando una sonda a dispersione di lunghezza d’onda (WDX). Solo con questa apparecchiatura, molto più sensibile della EDX, sarebbe stato possibile “risolvere” i  picchi sovrapposti e individuare correttamente gli elementi presenti. Ma, date le circostanze, sarebbe stata comunque una operazione del tutto inutile.
Dobbiamo ora notare un gravissimo errore che dimostra una scarsa conoscenza della materia da parte di coloro che hanno eseguito l’indagine. La dichiarazione, già riportata, “In particolare, la particella contenente piombo+antimonio+bario+stagno rilevata sul tampone relativo alla mano sinistra, è ritenuta in letteratura univocamente riferibile allo sparo di cartuccia/e ad innesco amercurico-non corrosivo di tipo comune.”
contiene infatti capitali inesattezze.
Innanzitutto non corrisponde alla realtà che particelle contenenti piombo+antimonio+bario+stagno   siano   state   mai   ritenute   in   letteratura   come
univocamente riferibili allo sparo di cartucce ad innesco amercurico – non corrosivo di tipo comune. Come si potrà vedere più sotto, i residui dello sparo di cartucce con innesco comune formato da solfuro di antimonio, stifnato di piombo e nitrato di bario, possono contenere stagno (poco) solo se si tratta di munizioni molto vecchie. Le uniche cartucce moderne che formano residui contenenti stagno sono le Sellier & Bellot ma allora non deve essere presente l’antimonio, elemento che manca alla miscela di innesco. Da un punto di vista analitico la particella in oggetto potrebbe essere tutto fuorché un residuo dello sparo.
Ancora più grave risulta il fatto che i tecnici della Polizia Scientifica ignorano che oggi non è più possibile sostenere l’esistenza di particelle univocamente riferibili allo sparo. Si tratta di un argomento complesso che richiede alcuni approfondimenti.
I CRITERI DI IDENTIFICAZIONE: L’ASPETTO ANALITICO E LE VARIE MODIFICAZIONI AVVENUTE NEL TEMPO
Le ricerche iniziali, rimaste ancora oggi fondamentali, sono state eseguite da Nesbitt, Wolten ed altri presso la Aerospace Corporation di El Segundo, California. I risultati sono stati descritti nel
Final Report on Particle Analysis for Gunshot Residue Detection edito nel Settembre 1977 (Aerospace Report No. ATR-77 [7915]-3) e riassunti in tre saggi nel Journal of Forensic Science.
Le informazioni essenziali sono riportate a pag. 410 del primo dei detti saggi, G.M. Wolten ed Al.: Particle analysis for the detection of gunshot residue. I: Scanning Electron Microscopy/Energy Dispersive X-Ray characterisation of hand deposits from firing. JFSCA, Vol.24 no.2, April 1979; allegato 12.
"Composition Criteria for Identification - The following four compositions have thus far been observed only in gunshot residue and therefore considered characteristic:
(1) lead, antimony, and barium;
(2) barium, calcium, and silicon, with a trace of sul-phur;
(3) barium, calcium, and silicon, with a trace of lead if copper and zinc are absent; and
(4) antimony and barium."
Any particle having one of these compositions may also contain one or several of the following and only the following elements: silicon, calcium, aluminium, copper, iron, sulphur, phosphorus (rare), zinc (only if copper is also present), nickel (rare, and only with copper and zinc), potassium, and chlorine. Some tin may be present in obsolete ammunition. The following compositions are consistent with gunshot residue but are not unique to it:
(1) lead and antimony;
(2) lead and barium;
(3) lead;
(4) barium if sulphur is absent or present only as a trace; and
(5) antimony (rare).
Again, any of the additional elements listed above, and only those, may be present.


Tradotto in italiano:
"Criterio analitico per l'identificazione - Le seguenti quattro composizioni sono state fino a questo momento osservate solo nei residui di sparo e pertanto sono considerate caratterizzanti:
(1) piombo, antimonio e bario;
(2) bario, calcio e silicio, con tracce di zolfo;
(3) bario, calcio e silicio, con tracce di piombo e assenza di rame e zinco;
(4) antimonio e bario."
Qualsiasi particella che presenta una di queste composizioni può anche contenere uno o più dei seguenti e solo dei seguenti elementi: silicio, calcio, alluminio, rame, ferro, zolfo, fosforo (raro), zinco (solo se è presente anche il rame), nichel (raro, e solo in presenza di rame e zinco), potassio e cloro. Poco stagno può essere presente in cartucce di vecchia produzione.
" Le seguenti composizioni sono compatibili con i residui di sparo ma non caratterizzanti in modo univoco:
(1) piombo e antimonio;
(2) piombo e bario;
(3) piombo;
(4) bario se zolfo è assente o presente solo in tracce;
(5) antimonio (raro).
Anche in questo caso qualunque degli elementi addizionali elencati precedentemente, e solo quelli, possono risultare presenti."

In un importante studio di J.S. Wallace e J. McQuillan (entrambi scienziati del Northern Ireland Forensic Science Laboratory di Belfast) pubblicato nel vol. 24 del Journal of the Forensic Science Society Discharge Residues from Cartridge-operated Industrial Tools, gli Autori, tra l'altro, forniscono una aggiornata classificazione delle particelle residuo di sparo. Ecco quanto troviamo a pag. 503 e ss.(allegato 3)-"Firearms discharge residue classification
The following classification system is a modification of that given by Wolten and colleagues [1]. It is based on casework experience with bulk elemental analysis and particle analysis, past laboratory tests on firearms and associated items (including cartridge tools) and the available literature on the chemistry relating to firarms. ...(Omissis) This classification system applies to brass-cased, lead-, antimony-and barium-primed ammunition and brass- cased, lead- and barium-primed ammunition. It is intended as a general guide only, and is shown in Table 4.

TABLE 4. Discharge residue particle classification1

Unique                            Indicative
Pb, Sb and Ba                 Ba, Ca and Si2
Sb and Ba                        Pb and Sb
                                        Pb and Ba
                                      Sb (with S)
                                       Sb (without S)
                                      Ba2
                                     Pb
                                     Pb, Sb and Ba absent3,4
1. The indicative particle types are listed in approximate order of decreasing significance.
2. S absent or acceptable as trace only when Ba present at a major level.
3. Any of the above may also include some or all of the following: Al, Ca, S, Si at major, minor or trace level;
Cl, Cu, Fe, K, Zn (only if Cu also present and Zn/Cu < 1) at minor or trace level; Mg, Na, P at trace level only, and see text.
4. Particles containing no Pb, Sb or Ba may be considered indicative if they are composed entirely of the elements in 3 above and are accompanied by other types of indica­tive particles.
In the scheme, the particle types in the indicative category are approximately in an order of decreasing significance. The terms major, minor and trace are defined in terms of peak height rather than concentration. The strongest peak height should be 'on scale' and background levels must be allowed for. The peak heights depend on sample surface irregularities and matrix effects and there is a further complication with overlapping peaks. With this in mind, we define the terms as follows:
Major. Any element whose main peak height is greater
than one-third of the peak height of the strongest peak
in the spectrum.
Minor. Any element whose main peak height is between
one-tenth and one-third of the peak height of the
strongest peak in the spectrum.
Trace. Any element whose main peak height is less than
one-thenth of the peak height of the strongest peak in
the spectrum."
Tradotto in italiano si ha:
"Classificazione dei residui di sparo di arma da fuoco. Il seguente sistema di classificazione è una modifica di quello dato da Wolten e colleghi [1]. E' basato su esperienza di lavoro con sistemi di analisi qualitativi e analisi di particelle, su prove di armi e munizioni (incluse quelle per strumenti da lavoro) eseguite in laboratorio e sulla letteratura disponibile concernente la chimica riguardante le armi da fuoco.    ...Omissis...
Questo sistema di classificazione si applica a cartucce con bossolo in ottone e innesco a base di piombo, antimonio e bario e a cartucce con bossolo in ottone e innesco a base di piombo e bario. E' inteso solo come guida generale ed è riepilogato nella Tavola 4.

 TAVOLA 4.      Classificazione delle particelle residuo di sparo1
Uniche                             Indicative
Pb, Sb e Ba                    Ba, Ca e Si2
Sb e Ba                          Pb e Sb
                                     Pb e Ba
                                     Sb (con S)
                                     Sb (senza S)
                                     Ba2
                                     Pb
                                     Pb, Sb e Ba assente
1. Le particelle di tipo indicativo sono elencate in un ordine approssimativamente decrescente di significati­vità.
2. S assente o accettabile solo in traccia quando il Ba è presente a livello maggiore.
3. Ciascuna delle sopra elencate combinazioni possono con­tenere parte o tutti dei seguenti elementi: Al, Ca, S,
Si a livello maggiore, minore o in traccia; Cl, Cu, K, Fe, Zn (solo se Cu è anche presente e Zn/Cu < 1) a li­vello minore o in traccia; Mg, Na e P solo a livello di traccia, vedi testo.
4. Le particelle che non contengono Pb, Sb o Ba possono essere considerate indicative se sono composte esclu­sivamente degli elementi elencati al punto 3. e se so­no accompagnate da altri tipi di particelle indicati­ve.
Nello schema, i tipi di particelle appartenenti alla categoria indicativa sono approssimativamente elencati in ordine di decrescente significatività. I termini 'livello maggiore, minore e in traccia' vengono definiti secondo l'altezza dei picchi piuttosto che secondo la concentrazione. L'altezza del picco più forte dovrebbe essere 'in scala' (i.e. non superare la scala verticale) e deve essere lasciato spazio per i livelli di fondo. Le altezze dei picchi dipendono dalle irregolarità superficiali del campione e dagli effetti matrice e vi è ulteriore complicazione con i picchi che si sovrappongono. Tenendo presente quanto sopra noi definiamo i termini come segue:
Maggiore. Qualsiasi elemento la cui altezza del picco principale è più grande di un terzo dell'altezza del picco più forte presente nello spettro. Minore. Qualsiasi elemento la cui altezza del picco principale è compresa tra un decimo e un terzo della altezza del picco più forte presente nello spettro. Traccia. Qualsiasi elemento la cui altezza del picco principale è inferiore a un decimo dell'altezza del picco più forte presente nello spettro."
Con il passare degli anni, sulla scorta di sempre nuove esperienze e sperimentazioni, ci si rese conto che le particelle contenenti bario e antimonio dovevano essere considerate non più come certamente attribuibili a residui dello sparo ma solo compatibili con essi.
In altre parole il ritrovamento di sole particelle contenenti bario e antimonio non venne più considerato, dalla maggioranza dei più qualificati esperti del settore, come indicazione certa di sparo. A suffragio di questa affermazione si rimanda a quanto scritto da T. A. Warlow a pag. 199 della sua opera Firearms, the Law and Forensic Ballistics (London, 1996; cfr. allegato 7) e cioè:
“When assessing what constitutes particles unique for GSR when only this inorganic technique is used, the following criteria have been estabilished for the necessary combination of elements.
(1) Pb, Ba, Sb.
(2) Ba, Ca, Si.
(3) Ba, Al, no S.
(4) Pb, Ba, Ca, Si, Sn.
(5) Pb, Ba, Ca, Si.
(6) Ba, Sb, no S.
(7) Sb, Sn.
Only composition No. 1 should be considered as unique for GSR. Compositions No. 2, 4 and 6 should also be considered as unique if the morphology of the partices are consistent with GSR.
Tradotto in italiano si ha:
“Quando si valuta, impiegando solo questa tecnica di analisi inorganica (il complesso SEM/EDX, n.d.a.), quali sono le particelle univoche GSR, sono stati stabiliti i seguenti criteri di combinazioni di elementi.
(1) Pb, Ba, Sb.
(2) Ba, Ca, Si.
(3) Ba, Al, assente S.
(4) Pb, Ba, Ca, Si, Sn.
(5) Pb, Ba, Ca, Si.
(6) Ba, Sb, assente S.
(7) Sb, Sn.
Solo la composizione N° 1 deve essere considerata come univoca per i GSR. Le composizioni N° 2, 4 e 6 devono anche essere considerate come univoche se la morfologia delle particelle è compatibile con i GSR.
Passiamo a pag 193 (allegato 8) del volume Handbook of Firearms and Ballistics (Chichester, 1997) da Brian J. Heard. Nell’ambito del paragrafo dedicato all’interpretazione dei risultati troviamo la seguente affermazione:
“If a standard primer composition of lead styphnate, barium nitrate and antimony sulphide is taken, then only particles which contain lead (Pb), barium (Ba) and antimony (Sb) can be positively identified as being GSR particles.”
Tradotto in italiano si ha:
“Se si prende in considerazione un innesco standard a base di stifnato di piombo, nitrato di bario e solfuro di antimonio, allora solo le particelle che contengono piombo (Pb), bario (Ba) e antimonio (Sb) possono essere sicuramente identificate come particelle residuo dello sparo (GSR)”
Queste recenti pubblicazioni non fanno altro che riportare quanto, come si è detto più sopra, da qualche anno si sta evolvendo nell’ambito della comunità scientifica internazionale. A titolo di esempio ricordiamo lo studio di Mary-Jacque Mann e Edgard O’Neil Espinoza The Incidence of Transient Particulate Gunshot Primer Residue in Oregon and Washington Bow Hunters (in: Journal of Forensic Sciences, Vol. 38, No. 1, Gennaio 1993): nell’ambito del paragrafo “System Optimization”, a pag. 25 (cfr. allegato 14) possiamo leggere quanto segue.
A positive control standard, upon which the system was originally optimized, was routinely reanalyzed every 3 to 4 kit runs (12 to 16 stubs). This standard was obtained by tape dabbing the right hand of one of the authors (MJM) after three sequential test fires of a .380 Beretta pistol loaded with Winchester-Westernammunition. This standard contains unique tricomponent and supporting binary and monomer particles ranging in size from < 1 µm to > 20
Tradotto in italiano si ha:
“Uno standard positivo di controllo, sulla base del quale il sistema venne originariamente ottimizzato, è stato oggetto di rianalisi routinaria dopo l’esame di ogni 3 o 4 kits (da 12 a 16 stubs). Questo standard è stato ottenuto dal prelievo effettuato sulla mano destra di uno degli autori (MJM) dopo tre spari di prova effettuati sparando cartucce marca Winchester-Western con una pistola Beretta calibro .380 (9mm corto, N.d.A). Questo standard conteneva particelle univoche a tre componenti e particelle binarie e monomere di supporto dalle dimensioni comprese fra <1 µm e > 20 µm.”
Il termine “supporting”, che abbiamo tradotto “di supporto”, chiarisce che le particelle binarie e monomere hanno valore di positività solo in presenza di particelle “univoche a tre componenti”.
Questo mutamento di classificazione non deve stupire in quanto la messa a punto del metodo è, per sua specifica natura, in continua evoluzione. Ricordiamo che Wolten e colleghi, sia nel Final Report on Particle Analysis for Gunshot Residue Detection edito nel Settembre 1977 (Aerospace Report No. ATR-77 [7915]-3). Report, sia nell’articolo Particle Analysis for the Detection of Gunshot Residue. I: Scanning Electron Microscopy/Energy Dispersive X-Ray Characterisation of Hand Deposits from Firing. JFSCA, Vol.24 no.2, April 1979 (pag. 410) hanno chiaramente scritto:
“The following four compositions have thus far been observed only in gunshot residue and are therfore considered characteristics: ....”
che, tradotto in italiano, dà:
“Le seguenti quattro composizioni sono state notate, fino a questo momento, solo nei residui dello sparo e pertanto vengono considerate caratteristiche: ...”

Ricapitoliamo.
Quando, nel 1977, vennero codificati i primi protocolli relativi alla ricerca e all'individuazione dei residui di sparo a mezzo del complesso formato da microscopio elettronico a scansione e da microsonda analizzatrice (SEM/EDX) furono indicate come esclusive le particelle la cui composizione, all'analisi chimica elementare, presentava una di quattro combinazioni diverse. Gli autori    specificarono, come abbiamo già ricordato più sopra, che     "Le seguenti quattro
composizioni sono state fino a questo momento osservate solo nei residui di sparo e pertantosono considerate caratterizzanti" lasciando quindi correttamente aperta la strada ad eventuali successive modifiche.
Alcuni anni più tardi, nel 1984, Wallace e McQuillan riducevano a solo due le composizioni caratteristiche e la circostanza veniva accettata senza alcuna contestazione dalla comunità scientifica internazionale.
A partire dall'inizio degli anni '90 anche le particelle "binarie" contenenti antimonio e bario non vennero, almeno nel ristretto mondo dei veri specialisti, più considerate come esclusive ma solo compatibili. Rimanevano quindi classificabili come esclusive (ovviamente per gli inneschi contenenti in origine stifnato di piombo, solfuro di antimonio e nitrato di bario; per altri tipi di inneschi il discorso è diverso e non interessa questo caso) solo quelle contenenti prevalentemente piombo, antimonio e bario.
Date le premesse non si poteva peraltro escludere che in un futuro, prossimo o remoto, si sarebbero scoperte particelle contenenti piombo, antimonio e bario derivanti da processi diversi dallo sparo e che il metodo di ricerca avrebbe perso del tutto o in parte la sua validità.
Ed è proprio quello che è recentemente avvenuto. Nell'ambito delle indagini relative all'omicidio di Marta Russo avvenuto a Roma nel maggio 1997 grande importanza ha rivestito la ricerca di residui di sparo. Detta ricerca, effettuata in un primo tempo da personale della Polizia Scientifica e del Centro Carabinieri Investigazioni Scientifiche, diede risultati asseritamente positivi che fortunatamente vennero totalmente demoliti dalla successiva perizia disposta dalla Corte di Assise. I consulenti della Difesa, che avevano immediatamente contestato i risultati dell'Accusa, anche con l'aiuto degli scienziati inglesi del Forensic Science Service si resero conto che la quasi totalità dei residui "individuati" dall'Accusa erano in realtà particelle provenienti dai freni a disco di alcuni tipi di vetture. I periti della Corte, che fortunatamente erano fra i migliori specialisti italiani, con una approfondita sperimentazione raggiunsero le medesime conclusioni. Non solo. Si accertò, e questo in sintonia con analoga sperimentazione della Difesa, che i sistemi frenanti di alcune vetture producevano particelle perfettamente identiche a quelle fino a quel momento ritenute esclusivamente provenienti da fenomeni di sparo. Particelle cioè sferiche o comunque tridimensionali contenenti prevalentemente piombo, antimonio e bario. Di questa importantissima notizia, per ragioni di opportunità processuale, venne data cauta notizia solo agli specialisti riuniti nella "lista postale" forens-l di Internet in data 7 settembre 1998 (allegato 15). Un anno più tardi si era in grado di confermare che effettivamente particelle morfologicamente e analiticamente sovrapponibili a quelle considerate “univoche” per i residui di sparo si formavano nel sistema frenante a disco di numerose autovetture.
Questa scoperta, riportata in seguito da C. Gentile negli Atti del Sedicesimo convegno nazionale di studio sulla disciplina delle armi (Brescia, 2000; pag. 217-226) e ripresa da C. Torre e colleghi (Brake Linings: A Source of non-GSR Particles Containing Lead, Barium, and Antimony in: J. Forensic Sci 2002;47(3); 494-504), permette di affermare che non è più possibile ritenere come univocamente proveniente da fenomeni di sparo le particelle contenenti piombo, bario e antimonio.
In realtà esiste un raffinatissimo criterio morfologico-analitico che può fornire attendibili indicazioni, ma non certezze assolute, sull’origine di simili particelle ma si tratta di un metodo che solo pochi veri specialisti al mondo sono in grado di utilizzare. Per illustrare le conseguenze di questa “declassificazione”   ci piace riportare le frasi con cui Gentile conclude la sua relazione
bresciana (allegato 16).
In materia di GSR l’espressione di un parere motivato non può prescindere dall’analisi minuziosa delle condizioni di contorno del fatto per cui si indaga cosa questa ben più difficile, impegnativa e carica di responsabilità di quanto non sia la semplice valutazione del dato strumentale alla luce di una rigida classificazione che per il passato poteva anche apparire valida per gli innegabili aspetti suggestivi ad essa connessi ma che oggi non è più praticabile.
L’eliminazione delle classificazioni univoche porterebbe in virtuoso automatismo alla naturale sparizione di tutti quei sedicenti esperti che, privi di preparazione necessaria, non sono mai stati in grado di andare oltre gli stereotipi memorizzati nei computers, clonati all’infinito e buoni per tutte le stagioni.
Le novità scientifiche che da molti sono considerate causa del crollo della credibilità della tecnica forniranno invece l’occasione per il recupero della sua validità.”
CONCLUSIONI
Per le ragioni più sopra esposte appare evidente come non sia scientificamente possibile collegare le particelle individuate sui prelievi effettuati a X. Y. a qualsivoglia sparo di arma da fuoco. Il tempo trascorso fra l’episodio delittuoso e le operazioni di prelievo, le dimensioni delle particelle, la loro morfologia e la loro composizione, sono tutti elementi che provano esclusivamente i gravi errori metodologici e concettuali commessi da chi ha eseguito l’indagine. Considerando la delicatezza di queste indagini, generalmente legate a gravi episodi delittuosi, risulta incontrovertibile che la ricerca e l’individuazione dei residui dello sparo rappresenta una attività che dovrebbe essere inderogabilmente riservata a specialisti preparati e costantemente aggiornati.

Nota di E. Mori
Pubblico questa relazione ( anche se appena datata) perché è esemplare nel dimostrare quale deve essere la buona preparazione di un perito, ben informato su tutta la più recente letteratura scientifica, capace di comprenderla nelle lingue straniere e capace di usare strumenti di analisi. Tutte cose che non si possono pretendere da un poliziotto o un carabiniere, addestrati alla bell'e meglio in base "alla prassi dell'ufficio" o "a ciò che si è sempre fatto".

 

 

Testo della perizia in formato pdf (250 kb)


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