Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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I terroristi altoatesini Amplatz e Klotz - Chi sparò contro di loro e perché?

Riporto questa mia sentenza del 1992 che aveva affrontato un noto episodio del terrorismo altoatesino degli anni 60 in cui era stato ucciso  Alois Amplatz, mentre il suo collega Georg  Klotz (il martellatore della Val Passiria) era rimasto ferito. Nel caso in realtà  non vi era assolutamente nulla da chiarire se non fosse stato per il fatto che un magistrato di Venezia, la cui ossessione era di scovare tracce delle malefatte dei servizi segreti in ogni episodio della storia italiana, non avesse ritenuto di aver scoperto una di queste malefatte! Il PM di Bolzano batteva la stessa strada senza avvedersi della totale inconsistenza delle ipotesi accusatorie sottopostegli. La sentenza è stata pienamente confermata nei successivi gradi di giudizio. Mi era costata non poca fatica perché mi ero dovuto studiare circa otto metri di faldoni dei servizi segreti!
Mi pare di ricordare che la perizia nel processo del 1964 fosse una delle prime perizie dell'ing. Salza.
Per curiosità segnalo che Eva Klotz, figlia di Georg  Klotz, è dal 1983 consigliere provinciale a Bolzano, nel partito autonomista, mentre Gerda Amplatz, figlia di Alois, nel 1994 ha sposato il PM che aveva condotto le indagini.
La sentenza è interessante sotto il profilo delle scienze forensi perché dimostra la pericolosità dei sospetti e degli indizi quando non si tiene conto della realtà delle cose: gli indizi possono servire a qualche cosa, ma non devono mai contrastare con i fatti, con la logica, con la psicologia delle persone, con l’esperienza umana.

Nr.1233/91 PM
Nr. 291/92 GIP
Nr.Sent. 389/92 GIP

TRIBUNALE DI BOLZANO
UFFICIO DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il giudice per le indagini preliminari Dr. Edoardo Mori
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nel procedimento penale contro

  1. COMPAGNONE Renato, nt. a Teano il 4.3.1925, res. a Bolzano via Palermo n. 10. Libere assente
  2. FERRARI Enrico, nt. a Medolla (MO) il 7.6.1920, res. a Modena via Nardi n. 14. Libero assente.

IMPUTATI
del delitto p.e p. dagli artt. 1 10, 575 e 577 n. 3 CP, per avere, in concorso tra di loro, il primo quale ufficiale addetto all'ufficio politico della Questura di Bolzano e buon conoscitore della lingua tedesca, il secondo quale Comandante del Gruppo Carabiniere di Bolzano, meglio sotto indicati, ufficiali oggi tutti deceduti cagionato la morte di Alois Amplatz, cittadino italiano, ricercato dalle Autorità italiane perché colpito da mandato di cattura per reati di terrorismo; in particolare per avere in occasione di una riunione svoltasi presso la Questura di Bolzano la mattina del giorno 6.9.1964, presenti anche il Questore di Bolzano dr. Alitto Bonanno, il dirigente l'ufficio politico della Questura dr. Giovanni Peternel, buon conoscitore della lingua tedesca, ed il Capo Gabinetto del Questore dr. Nicolodi, deciso di determinare e per avere poi effettivamente determinato Kerbler Christian - cittadino austriaco e confidente della Questura di Bolzano sin dal novembre del 1963 - ad uccidere i latitanti Georg Klotz ed Alois Amplatz che già da alcuni giorni erano entrati clandestinamente in territorio italiano e la cui cattura, tentata nei giorni precedenti anche con la collaborazione dei fratelli Kerbler, confidenti della Questura e di Platter Anton, detto "Toni", confidente dei carabinieri, era risultato oltremodo difficile e pericolosa, omicidio che in danno dell'Amplatz si è consumato a Saltusio nella notte del 7.9.1964,mentre il Klotz, nella medesima circostanza è rimasto gravemente ferito, fatti per i quali il Kerbler è stato condannato in contumacia dalla Corte D'Assise di Perugia alla pena di anni 22 di reclusione, dopo essersi reso latitante con l'aiuto di personale della Questura sin da 48 ore successive ai fatti delittuosi sopra descritti; con l'aggravante di avere agito con premeditazione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il presente processo concerne un aspetto dell'episodio degli anni di fuoco del terrorismo sudtirolese in cui Amplatz Alois rimase ucciso e Klotz Georg ferito in un fienile di alta montagna sopra Saltusio, in Val Passiria.
Per tali fatti la Corte d'Assise di Perugia ha già condannato Christian Kerbler per omicidio e tentato omicidio.
Dopo 28 anni questo giudice per l’udienza preliminarei è chiamato a compiere un'opera di archeologia giudiziaria in quanto il giudice istruttore di Venezia - (questi, dovendo istruire un procedimento concernente la caduta di un aereo militare negli anni sessanta e avendo teorizzato il coinvolgimento dei servizi segreti, ha finito per indagare su tutta la storia italiana di quell'epoca e, quindi, anche sul terrorismo in Alto Adige, sebbene metri cubi di atti giudiziari dell'epoca comprovassero che i servizi segreti avevano fatto solo il loro dovere e sebbene egli fosse assolutamente privo di competenza) - il quale evidentemente aveva raccolto delle "soffiate" da persone interessate, ha fatto emergere degli indizi da cui si poteva dedurre che il Kerbler aveva agito su incarico di organi della polizia e dei carabinieri.
Partendo dagli indizi fatti emergere dal GI di Venezia, il PM di Bolzano ha svolto un'accuratissima indagine giungendo poi alla conclusione che effettivamente gli odierni imputati, in concorso con altre persone decedute, avevano commissionato al Kerbler l'uccisione di Amplatz e Klotz.
Non è il caso di rievocare qui le vicende del terrorismo sudtirolese, che ormai fanno già parte dei libri di storia, e quindi questo giudice si limiterà a delineare ciò che di nuovo e rilevante emerge dagli atti.
I dati più interessanti emersi (vedansi atti del SISMI) concernono la personalità di Christian Kerbler e di suo fratello Franz. Kerbler Christian, cittadino austriaco, aveva iniziato la sua carriera criminale in Germania, ove lavorava come "manager" di un'attricetta, e da cui era stato espulso perché accusato di furto e truffa. È verosimile che in quel momento egli, ricattabile per vari motivi (pare fosse anche omosessuale), fosse entrato già in contatto con i servizi segreti tedeschi perché, appena rientrato in Austria, si infiltra come simpatizzante tra gli estremisti tirolesi e sudtirolesi. Egli si presenta come un giornalista e si vanta di poter tenere contatti con altre organizzazioni terroristiche europee, di poter ottenere una buona stampa per la causa tirolese, di poter viaggiare senza destar sospetti, di poter tenere i collegamenti tra le varie organizzazioni. Sta di fatto che egli, assieme al fratello Franz la cui posizione è più defilata, effettivamente entra nel giro di Klotz ed Amplatz, di cui si conquista la fiducia. Fiducia mal riposta perché poco dopo, all'inizio del 1964, il Kerbler si presenta alla Questura di Bolzano e offre i suoi servigi di spia, ben accolti. Il SISMI (si userà questa denominazione moderna per semplicità) invece, che sospetta, a ragione, che il Kerbler sia un doppio o triplo giochista, al servizio anche dei servizi segreti austriaci, disposto a tradire chiunque lo paghi, e che teme che egli possa coinvolgere l'Italia in qualche trappola, rifiutano di avere contatti con lui. I rapporti successivi con la Questura sono però tenuti in prevalenza da Franz Kerbler. Il Kerbler si offre di far catturare Klotz in Austria per la somma di otto milioni (circa cento milioni attuali), ma la sua offerta non viene accolta proprio perché il SISMI teme che egli faccia trovare Klotz morto e, d'accordo con 1 servizi austriaci, coinvolga l'Italia in uno scandalo.
Si giunge cosi, dopo continui contatti in cui i Kerbler forniscono continue informazioni sull'attività anti-italiana in Austria, all'agosto 1964 in cui Amplatz e Klotz decidono di entrare in Italia, di prendere contatti con i loro rispettivi gruppi e di commettere attentati. Pare anzi che il Klotz fosse ben deciso a passare dagli attentati ai tralicci a quelli contro esseri umani, sia italiani che sudtirolesi, al fine di riscaldare gli animi.
I Kerbler informano prontamente la Questura dei programmi dei due e infatti il giorno 30 agosto 1964, al rifugio Pian di Moso in Passiria, una pattuglia della Guardia di Finanza intercetta Klotz ed Amplatz: vi sono due scontri a fuoco in cui rimane ferito da un colpo di pistola un vicebrigadiere. I due terroristi abbandonano due zaini con munizioni e detonatori e si rifugiano, assieme ai due Kerbler, nella baita sopra Saltusio ove si verificherà l'episodio conclusivo.
Nei giorni successivi non si sa bene che cosa sia avvenuto, ma il giorno 4 settembre Klotz (come egli stesso poi narrerà alla polizia austriaca e in interviste ai giornali) che si è recato con Franz Kerbler al maso Unterwieder a cercar viveri, viene nuovamente intercettato da una pattuglia italiana: Kerbler, che si trovava più in basso, forse di proposito, non viene neppure sfiorato dai colpi e sparisce; Klotz riesce ancora a fuggire verso la capanna al di sopra di Saltusio ove lo attendono Amplatz e Christian Kerbler.
A questo punto ciò che avviene nella capanna può essere ricostruito in base alle dichiarazioni del Klotz e dei testimoni sentiti nel processo contro Kerbler. Nel pomeriggio del 5 settembre Christian Kerbler (e d'ora in poi si parlerà solo di lui) scende a Saltusio a comperare viveri. Pare che la figlia dell'oste di Saltusio narri poi di averlo visto parlare con una persona a bordo di un'auto, ma la circostanza non ha trovato conferma. Il Kerbler ritorna alla capanna solo verso le sei della mattina del giorno sei settembre e si scusa affermando di aver fatto tardi alla sera e di non aver voluto rientrare di notte. In proposito crea un po' di equivoco la dichiarazione rilasciata dà Klotz alcuni anni dopo, secondo cui il Kerbler sarebbe rientrato solo alle sei del pomeriggio; ciò non può essere per vari motivi:
a) dalle dichiarazioni stesse di Klotz poche settimane dopo i fatti, risulta che egli ritiene che il Kerbler poteva aver ricevuto la pistola solo la sera del 5 o la notte sul sei (vedi fogli II, B, 152, 209 e 233) e quindi esclude egli stesso che il Kerbler abbia potuto allontanarsi il giorno 6;
b) in un altro atto risulta che Kerbler giunse alle sei del mattino;
c) i due nella baita aspettavano il rifornimento di viveri e Kerbler poteva loro far credere di aver smarrito la strada la sera prima, a causa del buio, ma non poteva certo giustificare loro la sparizione per un'intera giornata;
d) il pastore Hofer che abitava nella malga vicina racconta che il Kerbler rimase nei pressi della sua malga dalle 9 del mattino fino alle 17, che lo vide allontanarsi e che tornò poi alle 20 con Amplatz e Kerbler; siccome per andare a Saltusio e risalire alla baita occorrono almeno quattro ore di marcia, è evidente che il Kerbler non si è allontanano dalla zona della malga per tutto il giorno ed è pure evidente che egli tornò al mattino dai due compagni con i viveri e poi preferì tenersi lontano da loro per tutta la giornata, pur restando lì vicino.
Quindi Kerbler ritorna alla baita e le sue spiegazioni vengono accettate perché alla sera dello stesso giorno, una domenica, Klotz e Amplatz armati di un fucile semiautomatico Winchester e di un mitra tedesco, vanno assieme al Kerbler a passar la serata dal pastore, che abita a qualche centinaio di metri, e più tardi, se ne vanno tutti a dormire perché il Klotz, stante la notte buia e nuvolosa, non teme sorprese (secondo un'altra versione forse lascia di guardia il Kerbler armato di fucile).
Nel corso della notte tra il 6 ed il 7 settembre, verso le 2,30-3 Amplatz viene ucciso da tre colpi di pistola e Klotz viene trapassato ad una spalla e colpito di striscio ad un labbro da altri due colpi di pistola. Egli racconta che al suo brusco risveglio vede Kerbler inginocchiato nel fieno tra lui e Amplatz e che gli punta contro una torcia elettrica tutto spaventato; convinto che la capanna sia assalita dai carabinieri, fugge nel bosco. Si tenga presente che era una notte senza luna (la scomparsa totale della luna cadeva per l'appunto il giorno 5 settembre), nuvolosa, e che il sole non sarebbe sorto fino alle ore 5,20: era quindi buio pesto poiché anche il crepuscolo sarebbe iniziato solo vero le quattro. Fino a questo punto Klotz non ha ancora alcun sospetto verso Kerbler.
Poco più di un'ora dopo, alle 4,30, Kerbler giunge sporco di terra, con le braccia graffiate e sanguinanti, tutto stravolto, ad un distaccamento degli alpini di Saltusio e chiede di telefonare a Bolzano, dicendo che vi sono morti e feriti, che i terroristi hanno sparato; ha in mano una borsa nera e l'alpino di guardia lo manda all'osteria perché il telefono non poteva essere usato se non per servizio; all'osteria il Kerbler si attacca al telefono che però non funziona; è in grande stato di agitazione, tanto che vuota i rimasugli di vino rimasto nei bicchieri sul bancone; prima parla di un incidente stradale, poi dice che in una capanna sopra Saltusio vi sono morti e feriti e che egli teme che il pastore che abita li vicino venga ucciso anch'esso; afferma di voler telefonare a un "dottore" di Bolzano e chiede che vengano chiamati i Carabinieri. Il figlio dell'oste corre dagli alpini a chiedere aiuto e poco dopo le 5 un sergente e un caporale si recano all'osteria, si rendono conto della situazione, per quanto potevano loro riferire i presenti che facevano da interpreti, e alle ore 5,15 il sergente telefona ai Carabinieri di Merano.
Quando giungono i carabinieri e lo perquisiscono, gli trovano in tasca una pistola Beretta cal. 9 mod. 34, ancora con l'otturatore aperto, come avviene quando si esplodono tutti i colpi contenuti nel caricatore (per richiudere la pistola occorre mettere l'arma in sicura e sfilare un poco il caricatore). Il Kerbler dà ai carabinieri un nome falso,
di cui si serviva normalmente per la sua copertura.
Kerbler viene portato dai Carabinieri e Merano e qui viene preso in consegna da funzionari della Questura. Nel tragitto da Merano a Bolzano egli fugge e se ne perdono le tracce fino al 1976, anno in cui viene arrestato (e rilasciato poco dopo) a Londra, con l'accusa di taccheggio.
Nella capanna viene rinvenuto un fucile Winchester pronto al tiro, ancora appoggiato a terra con la canna sporgente all'esterno, un mitra tedesco e una pistola Walther, armi tutte già in possesso dei due terroristi. Il cadavere di Amplatz è sul fieno, sollevato da terra, entro il suo sacco a pelo.
Nel corso dell'istruttoria a carico del Kerbler, svolta con estrema accuratezza ed ascoltando tutti i possibili testimoni, veniva eseguita una perizia balistica da cui, per l'assoluta rozzezza delle metodiche usate a quel tempo, si può ora ricavare con sicurezza solo che i proiettili che avevano raggiunto Amplatz erano stati sparati da una Beretta mod. 34. Risultava anche del tutto pacifico, e in base alle testimonianze, e in base alla perizia, che altri proiettili e bossoli rinvenuti erano riferibili a una raffica di mitra sparata con leggerezza da uno dei militari intervenuti per il primo sopralluogo, nel timore che nella capanna si trovassero ancora dei terroristi!
Stabiliti questi dati di fatto, che appaiono provati oltre ogni possibile dubbio, vediamo ora su che cosa si fonda la tesi accusatoria del PM.
Egli parte da due ordini di elementi: da un lato alcune dichiarazioni di testi circa un diretto coinvolgimento di polizia e carabinieri nell'uccisione di Amplatz, dall'altro alcune incongruenze nel comportamento degli imputati, dimostranti che essi attendevano l'evento.
Le dichiarazioni o i documenti sono i seguenti:
1) Nel "diario" del gen. Manes, comandante dell'Anna dei Carabinieri nel 1965, si legge un appunto secondo cui egli avrebbe saputo da qualcuno che la pistola usata dal Kerbler sarebbe stata di un capitano o maresciallo dei Carabinieri di Bressanone.
2) Il Maresciallo Provenzano, ottantenne, del SISMI racconta che alle ore 9,30 del giorno 6 settembre 1964 si tenne una riunione presso la Questura di Bolzano, presenti il Questore Allitto, l'allora Comandante del Gruppo CC col. Ferrari, il Peternel dirigente dell'Ufficio politico, il capo di gabinetto Nicolodi e il Compagnone: il Questore riferì che Amplatz, Klotz e l'infiltrato Kerbler erano appena entrati in Italia e che erano pedinati dalla Guardia di finanza e dai Carabinieri e gli chiese se il SISMI era disposto a collaborare alla "azione". Egli rispose di no adducendo la mancanza di uomini.
3) Peternel, ora defunto, dichiara che vi furono degli incontri con Kerbler alcuni giorni prima del fatto per concertare una sorpresa a carico di Klotz ed Amplatz; afferma però che, a suo giudizio, a sparare non fu il Kerbler ma i Carabinieri. Risulta che il Pe- temel riferì questa sua opinione al senatore Volgger.
4) Il teste Marzollo, settantenne, che dopo il 1967 aveva comandato il Gruppo CC di Bolzano e che nel 1964 si trovava in servizio a Trento, riferisce al GI di Venezia
che Ferrari, Pignatelli e Monico (che era il superiore di Provenzano) gli raccontarono che Kerbler aveva avuto l'incarico di eliminare Klotz e Amplatz, facendo figurare che fosse avvenuto un conflitto a fuoco con le forze di polizia. Aggiungeva che il Peternel gli riferì di aver ricevuto dal questore Allitto l'ordine di far scappare il Kerbler. Va detto però che in un interrogatorio successivo ad opera del PM di Bolzano il teste Marzollo ha notevolmente ridimensionato le sue affermazioni, tanto che appare verosimile che il GI di Venezia, il quale verbalizzò senza l'ausilio di un segretario o cancelliere, cosi sminuendo l'affidabilità delle sue percezioni, abbia interpretato nel senso peggiore possibile le dichiarazioni che riceveva; in base a quanto precisato dal teste Marzollo, risulta che il Ferrari, con cui non andava proprio d'accordo, non gli riferì nulla, e che gli altri gli parlarono solo di!un'operazione per catturare i due terroristi; ha confermato invece che il Peternel gli disse di aver fatto fuggire il Kerbler. Si noti che lo stesso gen. Manes annota che il Ferrari era a conoscenza di molti sopprusi ed illegalità e che ne voleva riferire all'autorità giudiziaria, proposito questo che mal si attaglia a chi proprio dovrebbe essere il responsabile dell'illegalità e ha tutto l'interesse a tacere.
Le incongruenze evidenziate dal PM sono le seguenti:

  1. Il giorno 6 settembre 1964 Bergamo Dino, comandante della Stazione CC di San Leonardo in Passiria riceve dal suo superiore cap. Rocchietti, l'ordine di seguire i collegamenti radio con le due pattuglie di sette uomini ciascuna che ogni giorno operavano nella zona alla ricerca di terroristi.
  2. Il teste Santini, che comandava dette pattuglie, ricorda che alcuni giorni prima personale della Questura era giunto in zona con un confidente (ovviamente diverso dal Kerbler che altrimenti avrebbe poi riconosciuto al momento della cattura) che aveva indicato delle baite, ma non quella in cui si trovavano Klotz e Amplatz, come possibili ricoveri di terroristi.
  3. Tra le 5 e le 6 del mattino del giorno 7 settembre Bergamo riceve da Merano l'ordine di andare a Saltusio ove vi è un giovane che dichiara di aver ucciso due terroristi. Quando ritorna a Merano con il giovane, verso le ore 7, trova che in caserma vi sono già molte persone in borghese (cioè della Questura).
  4. Dal registro giornaliero di servizio della caserma dei CC di Merano risulta che due carabinieri furono inviati in perlustrazione nella zona di Saltusio con partenza dalla caserma alle quattro del mattino. Uno dei due carabinieri (teste Mangiagli) dice però che è del tutto possibile che 1' orario di partenza fosse stata "anticipato" di qualche ora per far figurare un po' più di straordinario. E, a dire il vero. dallo stesso registro risulta proprio una precedente uscita in altro giorno, alla stessa ora.
  5. Ferrari dice di ricordare che la mattina del giorno 7 settembre, piuttosto presto, ricevette una telefonata dalla compagnia CC di Merano in cui lo si informava della vicenda del tedesco presentatosi agli alpini di Saltusio; egli allora telefonò al Questore e

assieme partirono per Merano. Ritiene di aver già saputo in quel momento che la sparatoria riguardava l'uccisione di Amplatz ed il ferimento di Klotz e ritiene che a dirgli ciò sia stato il Rocchietti. Rocchietti invece nega di aver già saputo a quell'ora che il fatto concerneva i due.

  1. Il fatto che l'indagato Ferrari abbia negato circostanze a suo carico che sarebbero provate, secondo il PM.
  2. Il fatto che il sergente del distaccamento degli alpini abbia telefonata a Merano invece che alla stazione di San Leonardo.
  3. La circostanza che il Kerbler sia stato preso in consegna dalla Questura e poi, molto verosimilmente, fatto fuggire.

Queste sono le risultanze in atti e su di esse ci si deve basare per stabilire se sussistano sufficienti elementi che giustifichino la richiesta di rinvio a giudizio da parte del PM.

Ritiene questo GUP che il processo in esame vada trattato con particolare prudenza e cautela, non tanto perché l'accusa va ad incidere sull'onore di persone che, fino ad ora, risultano aver degnamente servito lo Stato, quanto per il fatto che un'indagine condotta a distanza di trent'anni, non su dati di fatto, ma solo e soltanto sul filo di rasoio dei ricordi e spesso, sorge il dubbio, sul filo dell'arteriosclerosi, non può non tener conto di quella che è la caratteristica stessa del ricordo. Insegna la psicologia che il ricordo, non appena è trascorso un breve lasso di tempo dai fatti, si cancella rapidamente e che le lacune che cosi si creano vengono riempite in modo fittizio dalla mente che ricostruisce una storia coerente in base a nuove informazioni, a nuovi ragionamenti, a nuove impressioni. Ciò è dimostrato nel caso in esame, ove è evidente che la maggior parte dei testimoni non ricorda ciò che sapeva nell'immediatezza dei fatti, ma ricorda globalmente ed inscindibilmente ciò che ha elaborato nella sua mente in base agli apporti di dichiarazioni di altre persone (dichiarazioni che potevano essere illazioni, pettegolezzi, malignità, verità), di articoli di stampa, di personali illazioni.
Si prendano ad esempio le dichiarazioni del teste Provenzano, degnissima persona che ha degnamente servito lo Stato: egli afferma, smentito da tutti gli altri interessati ancora viventi, che vi fu una riunione in Questura la mattina del giorno sei settembre. È però convinzione di questo giudice che egli sbagli nel ricordare perché è impossibile che il Questore il giorno 6 abbia detto che Klotz e Amplatz erano "appena" entrati in Italia in quanto era già noto a tutte le forze di polizia, a seguito degli scontri a fuoco verificatisi e al ferimento del vicebrigadiere della finanza, che Klotz (e quindi Amplatz e Kerbler, secondo le precedenti informazioni), erano già in Val Passirla; appare quindi probabile che la riunione si sia verificata subito dopo il 30 agosto e che gli altri interessati non se ne ricordino poiché per essi era una normale riunione di routine, all'epoca quasi quotidiana. Ma vi è di più: se si ammettesse che la riunione era avvenuta proprio la mattina del giorno 6 settembre, si avrebbe ipso facto la prova dell'innocenza degli imputati: essi infatti avrebbero complottato un'azione di eliminazione dei due terroristi mediante il sicario Kerbler, ma .... non avrebbero avuto alcuna possibilità di comunicare la loro decisione al Kerbler poiché è certo che questi, dalle 6 del mattino del giorno 6 e fino alla sparatoria, è rimasto sempre assieme a Klotz ed Amplatz! Questa del resto era l'opinione dello stesso Klotz che non riusciva a comprendere come il Kerbler avesse potuto avvisare le forze di polizia, tanto che arrivava ad ipotizzare che il Kerbler girasse con una radio trasmittente sotto la camicia (è appena il caso di rilevare che l'ipotesi della trasmittente è puramente fantascientifica, perché all'epoca non esistevano mezzi miniaturizzati in grado di assicurare collegamenti efficienti e duraturi, specie in zone montagnose e perché il Kerbler non avrebbe di certo corso il rischio di farsi cogliere con una gracchiante radio sotto la camicia e perché egli non avrebbe avuto bisogno di correre a cercare un telefono!).
Alla luce di queste considerazioni vediamo quindi quali sono i margini di rilevanza degli elementi indicati dal PM:
1) Il "diario" del gen. Manes non è un diario, ma un informe raccolta di appunti in cui egli annotava pettegolezzi di ogni genere che gli venivano riferiti. Esso quindi è privo di ogni valore probatorio e va detto che lo stesso Klotz non si è mai meravigliato troppo per il fatto che Kerbler avesse una pistola il che si spiega con il fatto che, come risulta dalle informazioni ricevute dal SISMI in epoca non sospetta, una Beretta come quella usata dal Kerbler già girava in Austria tra i sudtirolesi. Va precisato inoltre che senz'altro non si trattava di un'arma in dotazione ai Carabinieri, poiché il suo numero di matricola sarebbe stato registrato nei registri dell'Arma e perché la pistola, come risulta dalla perizia, montava la canna di un'altra arma, il che non accade con le armi di servizio. Va detto inoltre che è oltremodo assurda l'ipotesi che per recuperare una pistola Beretta si dovesse far ricorso a chissà quale fornitore: all'epoca gli uffici di polizia rigurgitavano di armi di ogni genere che venivano recuperate nelle continue operazioni repressive ed è noto che la pistola Beretta, prodotta in oltre due milioni di esemplari, era diffusissima sia in Italia, sia tra i militari tedeschi ed austriaci che erano stati in Italia.
Quanto poi il diario dice circa il Ferrari, va più a suo discarico che a suo carico, come già esposto.
2) Già si è detto della deposizione del teste Provenzano. Si deve aggiungere che egli stesso rifiutò la partecipazione adducendo la mancanza di uomini: ciò significa che
l'operazione che gli veniva proposta non era affidata ad un sicario, ma che si progettava un'operazione di rastrellamento, o similare.
3) Peternel è credibile quando dice che vi furono incontri con il Kerbler alcuni giorni prima del fatto poiché il Kerbler era pagato proprio per dare informazioni sui luoghi in cui sarebbe stato possibile intercettare i due terroristi.
4) Le dichiarazioni del teste Marzollo, vanno lette proprio alla luce di quanto detto sopra sui ricordi: è ovvio che dopo l'episodio si parlò ampiamente di ciò che era stato fatto e di ciò che avrebbe potuto essere fatto, che qualcuno gli parlò di piani (o propositi o velleità o desideri ?) di far fuori i terroristi, ma è del tutto impossibile stabilire ora ciò che effettivamente venne detto.
5) L'ordine, o la raccomandazione, data a Bergamo di seguire le comunicazioni radio fra le varie pattuglie, va a favore degli imputati; se essi avessero avuto motivo di ritenere che durante quelle ore il Kerbler avrebbe ucciso i due terroristi, non vi sarebbe stato proprio nulla da ascoltare alla radio; il Kerbler avrebbe ucciso e se ne sarebbe andato per i fatti suoi nel modo più silenzioso possibile. Oppure si vuol sostenere che gli imputati erano in attesa che Kerbler perdesse la testa e facesse tanta confusione? Ma anche in questo caso il Bergamo avrebbe avuto l'ordine di stare al telefono, e non alla radio! L'ordine ricevuto è invece del tutto ovvio se si considera che si sapeva quasi con esattezza ove si trovavano i due terroristi e che ingenti forze erano alla loro ricerca: nulla di più probabile che da un momento all'altro una pattuglia potesse essere in grado di segnalare di aver individuato la baita ove si nascondevano.
6) La circostanza che il sergente degli alpini abbia telefonato a Merano invece che a San Leonardo è priva di significato: tutti i fatti dimostrano che il distaccamento degli alpini non era allertato, non si attendeva nulla di strano, nulla sapeva della presenza di Kerbler in zona, nulla potè apprendere di strano dalla sua bocca nell'osteria. Quindi se il sergente telefonò a Merano, ciò significa che la prassi dell'epoca era quella di informare la Compagnia e non una piccola stazione quando vi era un caso un po' importante, e non certo che egli era consapevole di chissà quale cospirazione.

Quindi, in buona sostanza, l'unico punto a cui rimane da fornire una risposta è il seguente: gli altri elementi sopra elencati (lettere a-h) sono idonei a dimostrare che gli imputati già si attendevano che nella notte tra il 6 ed il 7 settembre il Kerbler avrebbe sparato a Klotz e ad Amplatz? Fermo restando che anche una risposta positiva potrebbe trovare una sua naturale giustificazione.
La risposta non è può essere affatto categorica: la circostanza di cui alla lettera d) e cioè le risultanze del registro memoriale della Caserma non sono significative, specie dopo la spiegazione data dal teste Mangiagli, sicuramente indifferente. L'ordine dato di seguire le comunicazioni radio al teste Bergamo è anch'esso privo di rilevanza in quanto spiegabile con varie motivazioni. Eventuali illogiche negazioni da parte dell'indagato Ferrari sono spiegabili come espedienti difensivi.
Anche la circostanza che il Kerbler sia stato fatto fuggire, può benissimo e sufficientemente essere spiegata anche in relazione ai precedenti rapporti e non è idonea a confermare la tesi accusatoria. Quando il Kerbler fugge non è affatto già chiarito che sia stato lui ad uccidere Klotz ed Amplatz. Come è possibile quindi, tanto per formulare una delle numerosi ipotesi possibili, escludere con sicurezza che egli non abbia raccontato, ad esempio, che Klotz e Amplatz si erano sparati reciprocamente?
Rimane quindi solo da esaminare se era possibile che qualcuno nell'Anna dei Carabinieri, già alle sei del mattino, potesse sapere o dedurre che la sparatoria aveva riguardato Klotz e Amplatz.
Al riguardo si potrebbe fare un ragionamento semplicistico: se il PM ritiene che i Carabinieri già in anticipo sapevano che Kerbler avrebbe ucciso i due terroristi, allora non si comprende perché il Ferrari avrebbe dovuto ritenere che era stato ucciso solo Amplatz e ferito il Klotz; sarebbe stato per lui logico ritenere che entrambi erano stati uccisi, a meno di non immaginare che Kerbler aveva avuto l'incarico di sparare...a rate, per ragioni economiche! Ma se neppure Kerbler sapeva bene chi aveva ucciso, come poteva già saperlo Ferrari?
Ragionamento molto più tranquillizzante e convincente è invece che lo stesso Ferrari, come tutti gli altri, sia tradito dei propri ricordi: la mattina del giorno 7 egli è stato sicuramente informato che un giovane tedesco diceva che vi era stata una sparatoria tra terroristi, con morti e feriti in una baita sopra Saltusio (vedi teste Bergamo) ed è del tutto logico che egli, il quale ormai sapeva benissimo che in quella zona si aggiravano Kerbler, Amplatz e Klotz, abbia compreso che la sparatoria concerneva proprio i soggetti sotto controllo. Che poi il morto fosse proprio Amplatz e il ferito Klotz è un dato che è andato a ristrutturare i suoi ricordi successivamente, quando sono giunte notizie più precise.
Ciò che rimane quindi a carico degli imputati è nulla più di un'ipotesi accusatoria che potrebbe assurgere a fonte di convincimento del giudice solo nel caso che i fatti non consentissero alcun'altra ipotesi altrettanto coerente, alcun'altra soluzione alternativa, e nel caso che l'ipotesi accusatoria avesse un elevatissimo grado di verosimiglianza.
Questa verosimiglianza manca nel caso di specie poiché non è possibile una sistemazione dei dati accusatori in un'ipotesi accettabile per coerenza.
Esaminiamo il comportamento che avrebbero tenuto gli imputati. Non può essere posto in dubbio che il loro agognato scopo era quello di giungere alla cattura dei due terroristi, il che avrebbe significato la possibilità di identificare complici e mandanti e un sicuro balzo in avanti nella loro carriera; stante la decisione e pericolosità dei due terroristi è ovvio che essi accettassero anche la possibilità di uno scontro a fuoco con l'uccisione o il ferimento dei due terroristi. Se il giorno 5 il Kerbler era in grado di indicare loro la baita in cui essi si trovavano (cosa oltremodo facile come si deduce dalla cartina militare in atti: la baita è collegata a valle con un sentiero ed è una delle ultime sotto la cresta del monte Sella) e sapeva che in essa sarebbero rimasti, perché mai i Carabinieri non avrebbero dovuto essere in grado di organizzare un accerchiamento notturno della baita con la sicura cattura dei due (un conto è uno scontro a fuoco a seguito di un incontro casuale, altra cosa ben meno pericolosa è il tenere sotto tiro da posizioni sicure un piccolo fienile)?
Ammettiamo invece, per amor d'ipotesi, che essi avessero armato il sicario Kerbler per uccidere i due: per quale motivo la polizia avrebbe dovuto coinvolgere nel delitto i Carabinieri? E per quale motivo essi avrebbero dovuto tenere una riunione di più persone, cercando anche di coinvolge il SISMI?. Di regola un'operazione del genere viene fatta il più nascostamente possibile. Ed inoltre, se il Kerbler doveva uccidere i due, non vi era alcuna operazione da organizzare: era sufficiente dargli una pistola, se già non l'aveva, e attendere che il giorno dopo il Kerbler, con tutta calma, telefonasse di andare a "scoprire" i cadaveri. Tra l'altro, visto che Carabinieri e Polizia erano d'accordo, non vi era neppure il pericolo che uno dei corpi scoprisse i cadaveri prima dell'altro e si soffiasse il merito della scoperta!
Esaminiamo ora il comportamento tenuto dal Kerbler.
Se le cose fossero andate secondo la tesi accusatoria, egli aveva ogni possibilità di compiere gli omicidi quando meglio gli pareva e con tutta la calma che i suoi nervi gli consentivano. Per quale motivo, pur avendo la massima libertà d'azione e tutta la notte a disposizione, attende proprio il momento più buio della notte? Perché avendo a disposizione un ottimo fucile da guerra, spara con la pistola? In via di ipotesi ragionevole si può immaginare che i suoi nervi di omosessuale non fossero molti saldi (però avrebbe avuto il coraggio di tornare armato da due pericolosi terroristi, che se non fossero stati degli allocchi avrebbero dovuto già capire da tempo che il Kerbler li tradiva), che egli abbia tentennato per alcune ore in un crescente tormento e che, colto da raptus, abbia agito un po'insensatamente. Si può anche immaginare che egli sia stato colto da terrore trovandosi con la pistola scarica e con il Klotz ancora vivo e vegeto. Ma anche cosi, per quale motivo egli avrebbe dovuto scendere a rotta di collo per mille metri di dislivello con una pendenza del 50%, nella notte fonda, a rischio di uccidersi, per andare a telefonare al Questore?
Chi progetta di uccidere ha ovviamente in testa un preciso piano su ciò che deve fare dopo l'uccisione. Se è ragionevole pensare che il Kerbler sia scappato al più presto dal Klotz, dopo qualche centinaio di metri egli era al sicuro, le ragioni del suo panico erano venute meno e poteva tranquillamente dar corso al suo piano originario di fuga: secondo logica egli, che non era sospettato, che sapeva di avere la protezione della polizia, che sapeva che il Klotz non poteva certo andare a denunciarlo, avrebbe dovuto semplicemente scendere a valle, attendere la luce del giorno e, con il suo impermeabile e la sua borsa, che pur nell'agitazione ed il panico non aveva dimenticato di prendere, andarsene per i fatti suoi, in attesa di incassare la taglia. E per quale motivo egli avrebbe dovuto andare ad allertare esercito e popolazione locale, quando il suo interesse era che i cadaveri fossero scoperti il più tardi possibile?
Nel caso in esame è invece senz'altro possibile individuare delle ipotesi alternative e questo giudice ne propone ora alcune, senza alcuna pretesa o intenzione di individuare una verità, che non conosce, ma solo per dimostrare che l'ipotesi accusatoria non preclude soluzioni alternative favorevoli agli imputati. Nel momento in cui si ridiscute la storia, non si può ovviamente dare per certo nulla e occorre valutare tutti gli elementi a disposizione, per quanto possano valere. Da questo punto di vista si potrebbe persino porre nuovamente in discussione la sentenza di condanna del Kerbler.
Kerbler Christian era senza dubbio un tipo losco ed è del tutto probabile che fosse agli ordini più del servizio segreto tedesco di Gehlen (all'epoca, e forse ancora oggi, molto inquinato da estremisti di destra) piuttosto che della polizia italiana: dopo il sette settembre l'opinione generale in Austria era proprio che egli avesse ucciso Amplatz per ordine dei tedeschi i quali, unitamente a Burger e al BAS, ritenevano che qualche martire avrebbe potuto solo giovare alla causa sud tirolese. Qualcuno in Austria, tenendo conto dei non buoni rapporti tra Amplatz e Klotz, aveva persino avanzato l'ipotesi che fosse stato il Klotz a sparare ad Amplatz e questa versione ricompare in alcune interviste che il Kerbler avrebbe rilasciato a giornali durante la sua fuga: questa tesi pare senz'altro da scartare perché il Klotz era senza dubbio un fanatico, ma risulta essersi comportato sempre in modo corretto (è uno dei pochi che non ha cercato di speculare sulla morte di Amplatz attribuendo la sua uccisione a trame varie) e perché non è compatibile con il comportamento tenuto dal Kerbler subito dopo il fatto. Rimane però del tutto aperta la possibilità che il Kerbler avesse ricevuto precise istruzioni anche dai tedeschi.
Si può ritenere provato che egli (il quale in Austria disponeva di una radio ricetrasmittente, ma che poteva anche tranquillamente telefonare in Questura) abbia avvisato la polizia italiana del prossimo ingresso in Italia rendendo cosi possibile le prime due intercettazioni dei giorni 30 agosto e 4 settembre. È' verosimile che il fratello Franz già il giorno 4 settembre, o egli stesso il giorno il giorno 5, quando scende a Saltusio, abbiano un contatto personale con qualcuno della Questura (Con chi? E' molto probabile che fosse qualcuno senza "poteri decisionali" e che si è limitato ad ascoltare ciò che Kerbler aveva da comunicare; vale a dire che in questi incontri non si è di certo potuto decidere di armare il Kerbler). A questo punto le possibilità iniziano a ramificarsi: può aver proposto di uccidere i due terroristi, può aver proposto di consegnarli legati e imbavagliati, può aver semplicemente comunicato la sua intenzione di agire personalmente, se aveva ricevuto ordini in proposito da altri e visto che le pattuglie non riuscivano a colpirli neppure quando giungevano loro addosso di sorpresa (il che, se non altro, dimostra che esse non avevano di certo ricevuto l'ordine di uccidere ad ogni costo!). Oppure egli  può aver semplicemente tentato di indicare la baita in cui si trovavano, senza riuscire a dare indicazioni per la scarsa conoscenza dei luoghi o può aver promesso di dare ulteriori informazioni nei giorni successivi o può aver chiesto una pistola per difendersi dai due che ormai iniziavano a sospettare di lui (vedasi deposizione della moglie di Klotz). Ipotesi altrettanto sostenibile potrebbe essere la seguente: Kerbler chiede una pistola e dice che in caso di scontro a fuoco egli collaborerà alla cattura dei terroristi (attività che sarebbe stata legittima). Anche se questa ipotesi fosse vera, sarebbe impossibile individuare una partecipazione di chi accettò la sua proposta, alla successiva uccisione notturna, al di fuori di ogni azione di polizia.
Tutte queste ipotesi non implicano necessariamente un concorso degli imputati nell'uccisione e, anzi, fanno ritenere che essi, in ogni caso, non potevano influire sulle decisioni del Kerbler, ormai risalito alla baita. Queste ipotesi quindi orientano tutte verso un comportamento passivo e di attesa della polizia, e non verso un comportamento attivo.
Il comportamento successivo del Kerbler orienta verso ipotesi di una sua decisione improvvisa piuttosto che verso ipotesi di atti premeditati. Supponiamo che egli, giunto alla balta e guardato un po' in tralice dagli altri due, abbia iniziato a riflettere sulla propria situazione e che la sua coscienza sporca gli abbia fatto credere che i due terroristi fingessero di credergli per poterlo poi eliminare alla prima occasione favorevole (non certo sul posto ove uno sparo avrebbe potuto attirare l'attenzione di una pattuglia); questi sono pensieri che cominciano a rodere dentro, ad ingigantirsi, a creare uno stato ansioso insopportabile che sfocia nell'azione esplosiva liberatoria. In un momento qualsiasi della notte Kerbler decide che ormai l'unica sua salvezza è uccidere gli altri due anche a costo di rimetterci la taglia per la cattura, afferra la pistola e spara, con l'aiuto di una torcia elettrica e con mano tremante, tre colpi ad Amplatz e due o tre a Klotz; questi scatta seduto come se fosse incolume e lo guarda in faccia; Kerbler crolla per l'emozione dell'atto compiuto e per il terrore che Klotz lo uccida e fugge, talmente terrorizzato che non pensa alla sua incolumità, non pensa a gettare l'inutile pistola con l'otturatore aperto che gli ostacola la corsa, non pensa alla sua salvezza, ma corre tra la gente raccontando storie assolutamente sconnesse, tali da inchiodarlo alle sue responsabilità e tranquillamente si fa catturare. Eppure in quel momento egli non poteva certo sapere che avrebbe poi avuto il modo di fuggire.
In conclusione non esistono quindi sufficienti elementi che consentano di far assurgere a valore probatorio gli equivoci indizi emersi nel corso delle indagini: non vi è prova che vi sia stata una riunione per concertare l'uccisione di Klotz e Amplatz, non vi è prova che la pistola di Kerbler gli sia stata data dagli imputati, è provato che una eventuale decisione adottata dagli imputati il giorno 6 settembre 1964 non poteva essere portata a conoscenza del Kerbler, non vi è prova che gli imputati abbiano tenuto comportamenti non spiegabili altrimenti che con l'ipotesi accusatoria. Essi inoltre, anche se potessero essere provati con certezza, non sarebbero idonei a consentire la formulazioni di ipotesi accusatorie univoche in quanto potrebbero altrettanto bene essere inquadrati in ipotesi sullo svolgimento degli avvenimenti che non implicano alcuna attività contraria alla legge o ai propri doveri da parte degli accusati.
Ricorrono quindi tutti i presupposti per l'applicazione dell'art. 425 CPP poiché la mancanza di prove, la mancanza di indizi (i fatti assurgono a valore di indizio solo se "concordanti", il che qui non è) che sostengano un'ipotesi accusatoria si risolvono in una evidenza dell'innocenza degli imputati.
Gli atti a carico degli indagati Mario Rocchietti, Silvano Russomanno, Allitto Bonanno, Giovanni Peternel vanno quindi archiviati per infondatezza della notizia di reato. Gli imputati Ferrari e Compagnoni vanno prosciolti perché il fatto non sussiste.
PQM

Visti gli art. 409 e 425 CPP
Ordina l'archiviazione degli atti concernenti Marco Rocchietti, Silvano Russomanno, Allitto Bonanno, Giovanni Peternel, per infondatezza della notizia di reato.
Dichiara non doversi procedere contro Compagnone Renato e Ferrari Enrico perché il fatto non sussiste.
Bolzano, 30 novembre 1992

 

(18 aprile 2014)

 


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