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Quello che propongo qui è un pezzo storico. Ero giovane pretore a Chiavenna (SO) da due anni e non riuscivo a raccapezzarmi con il diritto delle armi. Mi portavano dei deliziosi Rubin Schmidt e non capivo se erano da guerra o comuni. Delle armi sapevo ciò che sa un cacciatore di merli e allodole e un lettore di Salgàri. Acquistai alcuni libri (credo il Grande Atlante delle Armi leggere di Smith e un libro tedesco sulle armi corte) e dopo pochi mesi, alla fine del 1973 scrissi l’articolo che segue sulla rivista giuridica La Giustizia Penale (1974, II, 50). Lo stesso anno mi “scoprì” Emanuele Marcianò e l’articolo comparve su Diana Armi.
Mi ritrovai ad essere l’unico esperto di diritto che capisse qualche cosa anche di armi e da allora ... non ho mai smesso!
Questo articolo contribuì a far cambiare la definizione di arma da guerra con la legge 18 aprile 1975 n. 110.
Riletto dopo 32 anni non posso che confermare ogni parola di ciò che avevo scritto e constatare che non avevo detto sciocchezze tecniche.
Considerazioni balistiche e giuridiche sulla nozione di arma da guerra
Questo breve scritto si propone di vagliare la nozione di arma da guerra contenuta nelle leggi di pubblica sicurezza, le quali, purtroppo, hanno ignorato ogni sia pur elementare nozione di balistica e di tecnologia delle armi da fuoco ed hanno portato ad una disciplina della materia così incoerente da consentire piena discrezionalità alla P.A. e un'applicazione giurisprudenziale del tutto formalistica e priva di base logica.
La distinzione fra armi da guerra ed armi per uso di privati si delinea assai presto nella storia delle armi da fuoco, per i requisiti di semplicità di fabbricazione, di sicurezza di funzionamento (anche a scapito della leggerezza, dell'eleganza e della modernità), di unità di calibro, che dovevano possedere le armi da guerra. Già nel XVII secolo, ad esempio, nel ducato di Milano, le canne di fucile per uso di privati dovevano essere, per legge, di calibro inferiore a quello dei fucili da guerra.
L'art. 30 dell'all. B alla legge 20 marzo 1865 n. 2248 per l'unificazione amministrativa del Regno, ispirandosi al codice toscano, disponeva che « nessuno può eseguire arruolamenti, ingaggi, accolte di uomini, d'armi e munizioni da guerra senza licenza dell'autorità governativa ».
Il codice penale del 1889 non parlava di armi da guerra. Solo all'art. 468 vietava di detenere « un ammasso di armi in numero non minore di venti, ovvero uno o più pezzi di artiglieria o altre macchine consimili ».
La legge di P.S. 30 giugno 1889 nr. 6144, emanata contemporaneamente al codice penale, all'art. 10, parla ancora di « arma da guerra » dicendo: « oltre ai casi previsti dal C.P. sono proibite le raccolte di armi da guerra o di parti di esse, di munizioni, uniformi militari o di altri oggetti destinati all'armamento o all'equipaggiamento di truppe »; l'art. 8 del regolamento a detta legge precisa poi che « sono armi da guerra le armi di ogni specie, da punta o da taglio o da fuoco, adottate per l'armamento della truppa. Sono munizioni da guerra le palle, le bombe, la polvere, le capsule ed ogni altra materia destinata al caricamento delle armi da fuoco. Fanno parte dell'equipaggiamento gli zaini, gli oggetti di attendamento, gli apparecchi d'artiglieria e simili.
Come si può agevolmente rilevare, l'accento è posto, come nel codice penale, piuttosto sulla raccolta che sulla detenzione e un'arma (escluse naturalmente le artiglierie) era considerata da guerra non sulla base di sue caratteristiche tecniche, ma esclusivamente in considerazione della sua destinazione effettiva all'armamento di truppe e la ratio della legge non era quella di vietare ai cittadini di detenere certe armi per una loro intrinseca eccessiva micidialità, ma piuttosto quella di impedire loro di disporre privatamente di equipaggiamenti militari.
Nel 1889, per inquadrare la situazione dal punto di vista della storia delle armi, si era affermato l'uso della cartuccia con bossolo metallico e da tre anni era apparso il primo fucile ad otturatore idoneo all'impiego delle polveri senza fumo, e cioè il Lebel francese. I fucili monocolpo venivano scartati dai militari e soppiantati dai fucili a ripetizione: lo Spencer americano (1860) usato nella guerra di secessione e dai Garibaldini a Digione, il Winchester (1866), il Mauser tedesco (18711884), il Vetterli svizzero (1867), adottato dall'Italia nel sistema monocolpo nel 1871 e nel sistema a ripetizione Vetterli-Vitali nel 1887, ancora lo svizzero Rubin-Schmidt del 1889 e i Mannlicher modelli 1876 e 1888 austriaci. Già venivano sperimentati i primi fucili semiautomatici e le mitragliatrici, in particolare la Gatling (186467) e la Maxim (1884) americane, erano già state impiegate su numerosi campi di battaglia. Tra le armi corte imperavano le rivoltelle e già si sperimentavano pistole automatiche che sarebbero apparse ben presto: la Borchardt nel 1893, la Bergmann nel 1894, la Mauser nel 1895.
Il T.U. delle leggi di P.S. 6 novembre 1926 n. 1848, all'articolo 27, proibiva « la raccolta e la detenzione di armi da guerra o delle armi tipo guerra, nazionali o straniere, o di parti di esse, di munizioni, di uniformi militari e di altri oggetti destinati all'armamento ed all'equipaggiamento di truppa ».
La regolamentazione vigente è contenuta nell'art. 28 T.U.L.P.S. 18 giugno 1931 n. 773 il quale vieta « la raccolta e la detenzione di armi da guerra e di armi ad esse analoghe, nazionali o straniere, o di parti di esse, di munizioni, di uniformi militari o di altri oggetti destinati all'armamento ed all'equipaggiamento di forze armate nazionali o straniere ».
Il regolamento di P.S. R.D. 6 maggio 1940 n. 635, all'articolo 33, precisa poi che « sono armi da guerra le armi di ogni specie, da punta, da taglio e da sparo destinate, o che possono essere destinate, per l'armamento delle truppe nazionali o straniere o per qualsiasi uso militare. Sono armi da guerra quelle che presentano caratteristiche analoghe alle armi da guerra ».
Nell'art. 44 (che riproduce sostanzialmente la circolare Min. Interni, div. di P.S., del 29 luglio 1932 nr. 10179 1016155) si dice poi che sono considerate armi comuni (cioè non da guerra), oltre ad alcune armi tipicamente da caccia (fucili a canna liscia, spingarde) i fucili con più canne, di cui una o più rigate, purché non idonei ad impiegare cartucce con pallottola totalmente blindata, i fucili ad una sola canna rigata che, pur potendo impiegare cartucce con pallottola parzialmente blindata, abbiano una gittata non superiore ai 500 metri con alzo di mira massimo di 300 metri, le rivoltelle o pistole a rotazione di qualsiasi peso, calibro e dimensione, le pistole automatiche il cui potere di arresto non sia superiore a 25 metri. Questo articolo si fonda evidentemente sul presupposto che le armi da guerra abbiano una potenzialità offensiva (maggior gittata per i fucili, maggior potere di arresto per le pistole) di grado più elevato di quella delle armi comuni. Le leggi successive non hanno immutato al concetto di arma da guerra.
Le nome vigenti sopra riportate sembrerebbero a prima vista abbastanza chiare, ma, non appena si tenti di applicarle, si vede che la nozione di arma da guerra proposta è così onnicomprensiva e quella di arma comune così inconsistente sotto il profilo della scienza balistica, che si dovrebbe giungere alla conclusione che sono probabilmente armi comuni solo i fucili a canna liscia, e ciò in contrasto con la stessa prassi accettata ormai da quasi un secolo.
Esaminiamo infatti i problemi che sorgono relativamente alla qualificazione dei vari tipi di armi, con esclusione di quelle da considerarsi incontestabilmente da guerra (fucili mitragliatori, mitragliatrici, bazooka, lanciagranate, armi pesanti, ecc.).
Armi da fuoco lunghe
Come già detto, per il T.U.L.P.S. sono sicuramente armi comuni i fucili a canna liscia, di qualunque calibro. Per i fucili misti (canne lisce e canne rigate) ed i fucili ad una sola canna rigata, il regolamento di P.S. pone una strana contrapposizione, anche sotto il semplice aspetto linguistico, tra la canna rigata dei primi, che non dovrebbe essere « idonea ad impiegare pallottole totalmente blindate » e la canna rigata dei secondi che « pur potendo impiegare cartucce con pallottola parzialmente blindata » dovrebbero avere una gittata non superiore a 500 metri e un alzo di mira non superiore a 300 metri. E a questo punto, come suol dirsi, casca l'asino, perché i due requisiti relativi al tipo di pallottola ed alla gittata, non sono riscontrabili né realizzabili in nessun fucile a canna rigata che non sia una specie di giocattolo. Ed invero:
a) Non vi è, né vi può essere, alcuna differenza tra la canna rigata di un fucile che spari pallottole parzialmente blindate e quella di un fucile che spari pallottole totalmente blindate.
Una leggera differenza costruttiva può, ma non necessariamente, esistere solo tra canne per proiettili di piombo nudo e canne per proiettili parzialmente o totalmente blindati perché per le prime i solchi della rigatura possono essere più profondi che per le seconde.
I proiettili di piombo nudo appartengono ormai alla storia e tutti i proiettili da caccia o da guerra per armi moderne a canna rigata debbono essere almeno parzialmente blindati perché il proiettile di solo piombo o sue leghe non resiste a velocità superiori ai 400 ms; la velocità di un proiettile alla bocca di un qualunque fucile a canna rigata va dai 400 ai 1.200 ms e se il proiettile fosse di piombo nudo, invece di ruotare « avvitandosi » nella rigatura, si deformerebbe e per l'attrito fonderebbe superficialmente rovinando la canna con il riempirne di piombo le rigature e, come suol dirsi, impiombandola; perciò i proiettili sono costituiti da un'anima di piombo contenuta in un involucro di metallo più resistente, formato in genere da leghe speciali di ramezinconichel (es. Maillechort, Lubaloy, Gilding, Tombak ecc.) o, ancor meglio, da ferro malleabile protetto dall'ossidazione e reso più scorrevole da un leggero deposito superficiale di lega ramenichel. I proiettili per usi militari sono totalmente rivestiti dall'involucro di metallo duro; generalmente invece in quelli per caccia la corazza non copre la punta del proiettile ove il piombo rimane a nudo. E' chiaro però che per l'esigenza che il piombo non venga a contatto con la rigatura della canna a velocità superiore ai 400 m/s, il proiettile potrà avere non corazzata solo la punta a forma conica od ogivale, che non tocca la canna, mentre dovrà essere necessariamente protetto in tutta la parte cilindrica del suo corpo, a contatto con la parete della canna. Di conseguenza per una canna rigata di fucile è assolutamente la stessa cosa spararvi un proiettile interamente blindato od uno parzialmente blindato, ed in effetti non vi sarà alcuna differenza nella pressione sviluppata dalla cartuccia e nella velocità iniziale del proiettile.
Del resto, anche se a prima vista ciò può sembrare paradossale, i militari usano le pallottole totalmente corazzate non perché esse siano più micidiali di quelle a punta di piombo (soft nase, come le chiamano gli inglesi), ma, al contrario, perché esse lo sono di meno. Mentre infatti il proiettile corazzato, se possiede una velocità sufficiente, perfora agevolmente un corpo umano, ivi comprese le ossa, senza quasi deformarsi, di tal che il foro di uscita è uguale a quello di entrata e, se non viene colpito un punto vitale e non si verificano speciali fenomeni collegati all'onda di urto, non debbono temersi gravi conseguenze, il proiettile a punta molle invece, al minimo ostacolo, si deforma, talvolta si frantuma, provoca gravi lesioni interne e (se non viene ritenuto nel corpo con maggior pericolo di gravi infezioni) esce provocando un foro lacerato di parecchi centimetri di diametro. Il proiettile a punta molle non è, in altre parole, che un tipo di proiettile dumdum il cui uso è stato vietato nel 1898 dalla convenzione dell'Aia per ragioni umanitarie e per la considerazione che in guerra è importante non tanto uccidere l'avversario quanto metterlo fuori combattimento, gravando inoltre il nemico del poso di un ferito; in caccia invece si richiede di poter fulminare il capo di selvaggina in modo che non fugga ferito o carichi il cacciatore.
La contrapposizione fatta dal legislatore è quindi inesistente e quasi certamente frutto di errore o dell'applicazione di nozioni balistiche vecchie di almeno cinquant'anni. Unica distinzione possibile sarebbe stata quella tra armi previste per l'uso di cartucce sviluppanti una velocità inferiore a 400 m/s, e quindi atte a sparare proiettili di piombo nudo, ed armi per cartucce sviluppanti una velocità superiore e richiedenti proiettili almeno parzialmente corazzati; armi del primo tipo però appartengono ormai alla storia e non vengono più fabbricate se non per il tiro al bersaglio (carabine Flobert e modeste carabine cal. 22) ed anche se impiegano cartucce a bassa velocità, ciò non significa che esse non possano essere idonee (che esse cioè non abbiano canna e meccanismi abbastanza resistenti) per sparare cartucce più potenti.
b) Non esiste alcun fucile a canna rigata che abbia una gittata inferiore a 500 metri.
Per intendere la norma di legge occorre in primo luogo stabilire che significato abbia il termine « gittata ».
In balistica il termine gittata indica la distanza in linea retta tra il punto di caduta del proiettile e l'arma da cui proviene, distanza che è in funzione dell'angolo (ed. angolo di elevazione) che il prolungamento dell'asse della canna puntata prima dello sparo (ed. linea di tiro) forma con la retta che congiunge l'arma con il bersaglio (ed. linea di sito). Il proiettile che non incontra ostacoli sulla sua traiettoria e che ricade al suolo per il solo effetto della forza di gravità e della resistenza dell'aria, raggiunge la sua gittata massima quando viene sparato con un angolo di elevazione compreso tra i 30 e i 35 Gradi. La gittata massima di un fucile dipende dalle caratteristiche della canna, dalla forma del proiettile, dal suo peso, dalla carica di polvere, dalla velocità iniziale, elementi tutti variabili anche per munizioni dello stesso calibro. Gli esperti sono concordi nell'indicare i seguenti valori medi di gittata massima: Carabine ad aria compressa cal 4,5 per ragazzi m. 100150
Carabine ad aria compressa cal. 4,5 da tiro » 200 300
Carabine Flobert cal. 6 » 300 400
Carabina Flobert cal. 9 » 600 700
Carabina cal. 22 corto » 9001000
Carabina cal. 22 lungo » 13001500
Carabina cal. 22 Hornet » 2000
Rivoltelle e pistole cal. 6,35 » 800
Rivoltelle e pistole cal. 7,65 e 9 corto » 13001500
Pistole cal. 9 lungo o analogo » 2000
Fucili da caccia a canna liscia (palla unica) » 10001400
Fucili a canna rigata calibro 6 e superiori » 15005000
Al termine della traiettoria di massima gittata il proiettile di un fucile o di una pistola conserva una velocità superiore ai 60 m/s e quindi una forza viva sufficiente a produrre ferite letali ove colpisca punti vitali del corpo umano. Si calcola ad esempio che una pallottola di pistola cal. 9 lungo, dopo aver percorso mille metri, abbia ancora una velocità di 100 ms ed una penetrazione nel legno di abete di 2,9 cm.
I militari parlano talvolta di « gittata utile » o « pratica » o di « impiego » per indicare la distanza più conveniente di impiego di un'arma nel campo tattico, distanza alla quale le caratteristiche tecniche e balistiche della traiettoria conservano la loro essenza e piena possibilità di utilizzazione, a cui cioè il proiettile conserva tutte le qualità richieste. Questo però è un dato alquanto relativo ed opinabile, valutato dagli esperti secondo vari ordini di considerazioni come, ad esempio, l'abilità di tiro del soldato medio, l'efficacia piena del proiettile al di sotto di una certa velocità residua, la difficoltà di vedere un bersaglio umano oltre una certa distanza (circa 600 metri), ecc. Perciò mentre un fucile militare ha una gittata massima che va da 2500 a 5000 metri, a seconda del tipo, e monta un alzo graduato per tiri fino a m. 1500/2000, si stima che la gittata pratica per un bersaglio umano sia di circa 300 metri se l'arma è usata ad occhio nudo e di circa 600 metri se l'arma è munita di cannocchiale (in questo senso, ad esempio, i testi dell'esercito italiano per il Garand M 1 ed il Winchester M 1 ed M 2).
Questa valutazione appare però molto prudenziale e condizionata dalle moderne vedute in fatto di tattica militare che punta più sul volume di fuoco che sulla precisione di tiro, perché, per citare un caso fra tanti, quando nel 1862 negli Stati Uniti, in Svizzera ed in Austria si sperimentò il fucile Peabody, che visto ora appare alquanto rudimentale, si riscontrarono buoni risultati su di una distanza di 600 metri.
In balistica venatoria si usa talvolta, impropriamente, il termine « gittata » per indicare la distanza a cui il proiettile sparato orizzontalmente da un tiratore di media altezza (m. 1,50 da terra) tocca il suolo, solitamente con pericolosissimi ed imprevedibili rimbalzi dato il modesto angolo di impatto; tale distanza va dai 200 ai 500 metri a seconda del tipo di arma e di cartuccia. Poiché la gittata pratica e la gittata venatoria non superano (o superano di poco) i 500 metri anche per armi considerate da guerra, deve necessariamente ritenersi che i compilatori del regolamento di P.S., parlando di gittata, abbiano inteso far riferimento alla gittata massima, come è poi confermato dal fatto che gli stessi organi, nella circolare 15 luglio 1954 della dir. gen. di P.S., esaminando se la carabina Beretta cal. 22 L.R. tipo Sport sia o meno arma comune, fanno riferimento alla gittata massima che « anche sulla base di apposite esperienze effettuate dal Ministero della difesa » fissano del tutto erroneamente in 800 metri contro gli effettivi 1300 metri (la circolare conclude che l'arma, pur avendo gittata superiore a 500 metri deve considerarsi comune, in considerazione del limitato potere di arresto, dimenticando che questo viene preso in considerazione dalla legge solo riguardo alle pistole).
c) Il requisito che il fucile comune non abbia alzo superiore a 300 metri, a differenza degli altri due, è facilmente realizzabile, ma non può certo servire quale carattere distintivo perché l'alzo è fondamentalmente solo un perno o una vite, facilmente amovibile e rimpiazzabile, e, se la distinzione si dovesse basare solo su di esso, ogni fucile potrebbe essere trasformato alternativamente in arma da guerra e in arma comune con pochi minuti di lavoro.
Conseguenza di quanto esposto è che è impossibile distinguere i fucili a canna rigata per uso di caccia o di sport da quelli da guerra sulla base delle caratteristiche balistiche della traiettoria del proiettile o di una presunta diversa efficacia che, se mai, sarebbe maggiore nelle armi da caccia; queste infatti nella maggior parte dei casi sono più maneggevoli e più potenti delle armi da guerra perché meglio rifinite e messe a punto, costruite con materiali migliori (un fucile militare costa attualmente dalle 30 alle 50 mila lire; molti fucili da caccia superano le lire 400.000 ed anche il milione!), atte ad essere munite di cannocchiale così da consentire tiri precisi fino a 300 metri, mentre con un fucile da guerra il tiro a 300 metri su sagoma umana è già considerato compito di pochi esperti. Il principale testo italiano di tecnologia delle armi da fuoco, del De Florentis, afferma anch'esso che vi sono armi comuni di potenza e precisione superiore a quella delle armi da guerra: la carabina Winchester M 1 cal. 7,62 Nato, in dotazione agli eserciti Nato, impiega ed esempio un proiettile avente una velocità iniziale di soli 600 ms — velocità inferiore a quella di 800 m/s che è considerata la minima indispensabile per originare nel corpo colpito un'onda di urto sufficiente per produrre un effetto di shock — mentre le munizioni per caccia dello stesso calibro, come le cartucce Winchester 308, sviluppano una velocità iniziale compresa tra gli 800 ed i 1085 ms, a seconda del tipo. Il fucile Garand M 1 o quello Beretta BM 59, pur essi cal. 7,62 Nato, impiegano anch'essi munizioni sviluppanti una velocità di 830 ms.
Ulteriore logica, ma assurda conseguenza, imporrebbe di considerare armi da guerra tutti i fucili a palla attualmente impiegati per caccia o sport, ivi comprese le armi cai. 22 (5,6 mm.) perché la legge di P.S. considera da guerra ogni arma destinata o destinabile all'armamento di truppe italiane o straniere e l'orientamento attuale degli eserciti è di usare tale piccolo calibro, con cartuccia sviluppante l'alta velocità iniziale di 1000 m/s, per i fucili d'assalto, come l'americano ColtArmalite M 16, l'israeliano Galil, l'italiano Beretta 70/223.
Un'altra prova dell'approssimazione con cui è stata regolata la materia si rinviene nella legge 23 febbraio 1960 numero 186 che regola la prova e punzonatura delle armi da fuoco e che è inconciliabile con le norme del T.U.L.P.S. là dove considera cosa naturale e lecita la modifica ad uso di caccia delle armi da guerra nazionali e straniere: è vero che ciò corrisponde ad una prassi comunissima per cui sulle nostre Alpi sono impiegati per la caccia al camoscio fucili della prima guerra mondiale ('91, Mauser, Mannlicher) o dell'esercito svizzero — si ricordi che il R.D. 3 agosto 1919 n. 1360, all'art. 10, consentiva agli ex combattenti della prima guerra mondiale di detenere armi e munizioni come ricordo bellico — ma le modifiche apportatevi non mutano, né lo potrebbero, la loro micidialità: è chiaro infatti che non possono essere modificate né la struttura della canna, né l'otturatore, che è la parte più delicata di ogni fucile, ma solo altre parti e fornimenti (alleggerimento delle parti in legno, modifica dell'alzo, eliminazione della baionetta e del relativo innesto) che non incidono minimamente sulla gittata dell'arma e sul tipo di proiettile utilizzabile. D'altro canto l'otturatore deve senz'altro considerarsi « parte di arma da guerra » e non si vede come un moschetto mod. '91, ad esempio, potrebbe venir trasformato in arma comune, magari eliminando persino la rigatura ed utilizzandolo per spararvi pallini da caccia, quando una sua parte, autonoma ed intercambiabile, continua, secondo la legge, ad essere da guerra. Questo a meno di non ritenere che la legge 23 febbraio 1960 abbia abrogato, per loro incompatibilità, le norme delle leggi di P.S., il che, anche se certamente non previsto dal legislatore, sarebbe pienamente sostenibile sul piano giuridico.
Armi da fuoco corte
Il nostro legislatore non ha indicato il criterio per distinguere le armi lunghe dalle corte, per cui spesso può sorgere qualche legittimo dubbio di qualificazione (fucili a canne mozze, pistole mitragliatrici, pistole con calciolo ecc.). In mancanza di questo criterio (che la legge tedesca fissa nella lunghezza totale non superiore a 40 cm. per le armi corte) è opportuno attenersi al criterio tradizionale di distinguere le armi da fuoco da imbracciarsi da quelle da impugnarsi con una sola mano; alcune pistole da guerra erano adattabili per essere utilizzate come una specie di fucile imbracciabile mediante l'aggiunta di un calciolo, in genere costituito dalla stessa fondina rinforzata (ad es. la Luger P 08 che, in un modello a canna lunga, aveva anche l'alzo fino ad 800 metri), ma esse sono sempre state tradizionalmente considerate armi corte.
Le armi corte si distinguono in pistole propriamente dette, in pistole a rotazione o a tamburo, in pistole dette volgarmente automatiche ma in realtà solo semiautomatiche (ad ogni pressione sul grilletto parte un solo colpo) e in pistole automatiche propriamente dette, atte cioè a sparare a raffica e rappresentate da pochissimi tipi come la Star P spagnola, la Beretta mod. 51 raff. e la Stechikn sovietica.
Le pistole propriamente dette sono armi corte ad una o più canne che possono sparare un solo colpo per canna; unici tipi ancora in commercio sono praticamente le pistole Derringer e le pistole da tiro. Esse sono senza possibilità di equivoco armi comuni, di qualunque calibro siano, perché non indicate per impieghi bellici. In materia di pistole automatiche — continueremo a chiamare così le pistole semiautomatiche, seguendo l'uso comune — e rivoltelle il regolamento di P.S. contiene due indicazioni: ci dice che sono considerate armi da guerra le pistole automatiche il cui potere di arresto sia superiore a 25 metri e che, per contro, sono considerate armi comuni le pistole automatiche aventi un potere di arresto inferiore e le rivoltelle di qualunque peso, calibro e dimensione. La circolare della dir. gen. di P.S. n. 10179/1011747 del 25 gennaio 1933 già aveva affermato che « sentito anche il ministero della Guerra, si fa presente che le rivoltelle, di qualunque calibro e dimensione sono escluse dalla categoria pistole da guerra ».
La circolare 22 giugno 1948 dello stesso Organo ha poi aggiunto che « poiché le pistole automatiche di calibro superiore al 7,65, come risulta da esperienze effettuate dai competenti organi tecnici e militari, hanno potere di arresto non superiore ai 25 metri (limite massimo di gittata fissato dall'art. 44 Reg. P.S. per le pistole automatiche considerate armi comuni), ne deriva che le pistole stesse non possono essere considerate armi comuni, bensì da guerra ».
Le disposizioni sopra riportate sono la prova dell'incompetenza in materia di armi di chi le ha emanate, e non è certo consolante leggere che « i competenti organi tecnici e militari » confondono il potere di arresto con la gittata e credono che un proiettile di pistola cal. 7,65 non vada oltre 25 metri!
L'impostazione data al problema dall'art. 44 Reg. P.S., fondamentalmente non era errata in quanto ben è possibile distinguere e classificare le armi da fuoco a seconda del loro potere di arresto; l'errore è consistito invece nel ritenere che il potere di arresto potesse essere espresso e misurato in metri, dimenticando che un tale dato non può essere calcolato né in via teorica né sperimentale, ma rappresenta solo e sempre l'opinione personale dello studioso di problemi balistici che l'esprime. L'errore è stato poi aggravato dai cosiddetti organi tecnici i quali, nelle loro circolari, hanno mostrato di ritenere, del tutto a torto: a) che il potere di arresto dipenda solo dal calibro dell'arma; b) che le rivoltelle siano tutte inferiori per potenza e funzionalità alle pistole automatiche e quindi non idonee all'armamento di truppe; e) che le pistole automatiche cal. 7,65 non siano abbastanza efficaci per poter essere impiegate in usi militari e che quindi non debbano essere considerate armi da guerra secondo il T.U.L.P.S.
Vediamo di esaminare per quale motivo queste opinioni siano errate.
a) Il potere di arresto (stopping power, in inglese) di un proiettile, o per essere più precisi, di un proiettile sparato da una determinata arma, poiché la lunghezza della canna ed il grado di adattamento tra canna e proiettile influiscono sulla velocità iniziale del proiettile stesso, indica il grado della sua efficacia nell'arrestare l'assalto di un aggressore attraverso gli effetti meccanici e biologici che esso provoca nel corpo colpito. E' una imprecisione parlare di potere di arresto di un'arma, a meno che non si intenda usarla come corpo contundente. Il potere di arresto è tanto maggiore quanto più rapidamente avviene il trasferimento dell'energia dal proiettile al corpo colpito e varia a seconda della deformabilità della pallottola.
Numerosi Autori hanno cercato di esprimere in formule matematiche il risultato di esperienze compiute sul corpo umano e su animali prendendo come elementi per il calcolo i seguenti dati: 1) il diametro ed il volume della cavità provocata dal proiettile sparato nel legno di abete, 2) la velocità di impatto del proiettile, 3) il calibro del proiettile, 4) il volume momentaneo della cavità che si forma nel corpo umano (sperimentalmente sostituito da un blocco di gelatina elastica), attorno al proiettile, per effetto dell'onda d'urto.
In via semplificata e pratica si può ritenere che il potere di arresto sia direttamente proporzionale alla sezione del proiettile ed al quadrato della sua velocità di impatto (PA = S*V2) e che possa essere sperimentalmente valutato prendendo come termine di confronto il volume della cavità prodotta dal proiettile nel legno di abete stagionato, posto ad un metro dalla bocca dell'arma. Si veda in proposito la tabella che segue, ove sono contenuti i dati comparativi per i più comuni tipi di munizioni e si osservi come sia impossibile stabilire una relazione costante tra calibro e penetrazione nel legno.
E' intuitivo però che i dati tratti dagli esperimenti sul legno di abete, se riferiti al corpo umano, hanno un valore solo orientativo, poiché questo non è omogeneo e l'effetto del proiettile varia a seconda che siano colpiti punti vitali o non vitali, tessuti molli od ossei, cavità del tronco o arti. Deve inoltre considerarsi che proiettili di grande forza viva (es. cal. 22 Jet Magnum) trapassano il corpo per cui solo una parte della loro energia si trasferisce distruttivamente al corpo e che, come già detto a proposito dei fucili, mentre una pallottola blindata produce un tramite uniforme, invece il proiettile di piombo totalmente o parzialmente nudo si deforma e produce vaste lacerazioni interne.
Non è poi superfluo ricordare che la nozione di potere di arresto sopra esposta e utilizzata dal nostro legislatore, deriva dall'esperienza militare e non può essere trasferita pari pari alla pratica quotidiana. In questa la pericolosità di un'arma dovrebbe valutarsi non solo attraverso gli effetti del proiettile sul corpo, ma anche con riferimento alla maggiore o minore capacità di penetrazione del proiettile attraverso ostacoli, quali lamiere d'auto, vetri, saracinesche e porte, penetrazione che non è affatto proporzionale al potere di arresto: ad esempio un proiettile calibro 7,65, dopo aver perforato una portiera di automobile, penetra ancora nel legno di abete per cm. 1, un proiettile cal. 7,63 Mauser per cm. 6 ed uno cal. 9 lungo per ben cm. 11.
Munizioni per |
Peso/gr |
Vo |
E/ kgm |
Volume cavità in legno a |
Penetrazione nel legno a m 1 m 50 |
||
10,4 mod. 89 |
11,3 |
210 |
28 |
9,5 |
8 |
8 |
6,5 |
8 Lebel 1892 |
7,85 |
228 |
20,8 |
12,5 |
11,5 |
6,3 |
5.9 |
32 S&W |
5,7 |
215 |
13,4 |
10,5 |
9,5 |
5,1 |
4,6 |
38 S&W |
9,4 |
223 |
24 |
11,7 |
10,8 |
7,5 |
6,9 |
357 S&W magn |
10,2 |
450 |
106 |
36 |
29 |
25 |
18 |
44 S&W magn |
15,6 |
475 |
182 |
44 |
36 |
41 |
34 |
Munizioni per pistole Cal. |
|
|
|
|
|
|
|
22 corto |
2,6 |
285 |
7,5 |
8,2 |
6.4 |
2 |
1,6 |
22 Jet magnum |
2,6 |
750 |
75 |
50 |
38 |
12 |
10 |
6,35 |
3,25 |
230 |
8.8 |
8,4 |
7,4 |
2,7 |
2,4 |
7,65 |
4,8 |
297 |
21,6 |
12,6 |
11 |
15,8 |
5,1 |
7,65 parabellum |
6,6 |
358 |
39 |
20 |
18 |
9,6 |
8,4 |
7,63 Mauser |
5,5 |
437 |
53.5 |
25,4 |
20,4 |
11,7 |
9,5 |
9 corto |
6 |
265 |
21,5 |
9,5 |
8,3 |
6,1 |
5.3 |
9 parabellum |
8 |
327 |
43,6 |
17,2 |
15.3 |
11 |
10,4 |
9 Mauser |
8,25 |
404 |
68,6 |
26.5 |
20.2 |
15,7 |
13 |
9 Bergmann |
8,35 |
343 |
50 |
19,5 |
17 |
12,7 |
11,2 |
E' facile concludere che nessuno riuscirà mai a valutare il potere di arresto usando come unità di misura il metro e che il reg. di P.S. può portare solo a valutazioni e discriminazioni assurde: tanto per fare il solito esempio, la Beretta mod. 34 cal. 9 corto deve essere considerata da guerra perché in dotazione all'esercito e di calibro superiore al 7,65 ed invece la Beretta mod. 52 cal. 7,65 para, più efficace e micidiale, sotto ogni profilo, è considerata arma comune!
b) Non vi è alcun ragionevole motivo per sostenere che le rivoltelle non siano più armi idonee all'armamento di truppe e che non debbano mai essere considerate armi da guerra, qualunque sia. il loro calibro, e non si capisce che cosa abbia indotto l'autorità di P.S. a ritenere il contrario.
Rivoltelle e pistole automatiche hanno ciascuna pregi e difetti. La rivoltella contiene meno colpi di una pistola (da 6 ad 8 contro gli 814 di una pistola), richiede più tempo per essere ricaricata in quanto occorre provvedere all'espulsione dei bossoli esplosi ed al reinserimento delle cartucce, occorre esercitare una maggior forza sul grilletto poiché con esso si deve contemporaneamente azionare il percussore e far ruotare il tamburo per portare una cartuccia in posizione di sparo, tutto ciò con conseguente minor precisione e rapidità di tiro; la carica non viene sfruttata interamente per le perdite di gas che si verificano attraverso la fessura tra il tamburo e la canna.
Per contro le rivoltelle hanno meccanismi più robusti e meno soggetti a rotture e ad inconvenienti; non sono soggette ad incepparsi perché nel caso che un colpo non esploda è sufficiente tirare il grilletto per portare una nuova cartuccia in posizione di sparo; sono sempre pronte allo sparo senza che occorra portare prima la cartuccia in canna o togliere la sicura, pur non essendovi il pericolo di spari accidentali per caduta od urto dell'arma; possono impiegare munizioni con una potenza doppia rispetto a quella delle munizioni per pistola in quanto i meccanismi e congegni non sono sollecitati al momento dello sparo (si veda ad esempio la cartuccia cali 44 magnum che, pur tenuto conto della perdita di gas, sviluppa un'energia di circa 150 Kgm. contro i soli 68 Kgm. del cal. 9 Mauser); per i criminali infine, presentano il vantaggio di non espellere bossoli compromettenti sul luogo del delitto.
Del resto, anche se gli eserciti di quasi tutti gli Stati hanno preferito dotarsi di pistole automatiche per esigenza di unità di munizionamento (di poter cioè usare la stessa cartuccia per la pistola e per i fucili mitragliatori) in quanto i bossoli per rivoltella debbono avere una forma diversa, è un fatto che ancora nella seconda guerra mondiale l'esercito inglese impiegava, accanto alla pistola, anche il revolver Webley-Scott cal. 38, che parecchi soldati italiani erano armati con la rivoltella mod. '89, che le polizie americane sono prevalentemente armate di revolvers e che i Marines americani preferiscono i revolvers alle pistole automatiche.
e) Anche l'affermazione che le pistole cal. 7,65 non sarebbero idonee all'uso bellico è errata e smentita dal fatto che numerosi eserciti hanno avuto in dotazione tale calibro nella prima e nella seconda guerra mondiale: il Portogallo la Savage 7,65, l'Ungheria ed i paesi balcanici la Frommer 7,65, l'Unione Sovietica la Tokarew 7,62 fino al 1940, la Cecoslovacchia vari modelli cai. 7,65 e 7,62, la Finlandia la Luger 7,65 fino al 1935, la Francia vari tipi fino al 1949, la Iugoslavia la Tokarew 7,62 dal 1955 in poi; lo stesso esercito italiano dotò la Marina e l'Aeronautica con la Beretta 7,65.
Come già detto sopra, la potenza di un'arma non può essere valutata solo in base al calibro; dalla tabella che precede si ricava che il calibro 7,63 Mauser è molto più potente del cal. 7,65 e dello stesso cal. 9 lungo; munizioni dello stesso calibro hanno poi potenzialità diversa a seconda della carica di polvere e del peso e forma del proiettile, così che, ad esempio, vi sono nove tipi correnti di cartucce ca. 9 per pistole automatiche (cal. 9 corto, lungo, Makarow, Parabellum, Bergmann, Steyer, Colt 38 ACP, Colt 38 Super, Mauser) di cui l'ultimo è tre volte più potente ed efficace del primo.
Da quanto esposto discende, tra l'altro, che non può servire come criterio distintivo tra armi comuni ed armi da guerra quello dell'adozione o dell'adottabilità da parte di eserciti: circa l'adozione è possibile identificare alcune marche e modelli di armi (es. Beretta mod. 34, Luger P 08, Walther P 38) impiegate da truppe italiane o straniere, ma è impossibile trarne dei criteri per prevedere quali armi siano adottabili in futuro: nella seconda guerra mondiale truppe di commandos inglesi hanno usato efficacemente archi e frecce ed il lanciagranate M 79 usato nel Vietnam dagli americani non è, in sostanza, che un fucile a canna liscia e corta; non è affatto improbabile che qualche Stato decida prossimamente di dotarsi di pistole cal. 22 per unità di munizionamento con i fucili di assalto.
Con una normativa così incoerente era naturale che anche la giurisprudenza venisse fuorviata anche se, a dire il vero, essa non ha compiuto il minimo sforzo per porsi e approfondire i problemi sopra esposti e per cercare di dar loro un inquadramento sistematico. In particolare non ha mai cercato di chiarire quale fosse la ratio incriminatrice delle norme, anche se di solito essa dà per scontato che le armi da guerra siano più micidiali e pericolose delle armi comuni, opinione che però non può fornire la ragione del perché una baionetta od un pugnale debbano essere più micidiali di un coltellaccio o del perché debba essere punito con egual severità (ci si riferisce qui al T.U.L.P.S. e non alle successive « gride » contro le armi da guerra) chi raccoglie borracce od elmetti e chi raccoglie mitragliatrici.
La maggior parte delle sentenze, che non si riportano perché contenute in ogni commento alla legge di P.S., concernono casi considerati pacifici e relativi alle tipiche armi in dotazione all'esercito italiano fino alla seconda guerra mondiale (fucile '91 e relativa baionetta, Beretta cal. 9).
Alcune sentenze meritano invece di essere riferite per la erroneità dei principi in esse affermati.
In talune di esse si leggono affermazioni senz'altro sconcertanti come: « la pistola cal. 9 è da guerra perché per essa non può essere concessa la licenza di porto d'armi » (Cass. 7 maggio 1949), « la Beretta cal. 7,65 è arma comune perché in libero commercio e può essere comperata da chiunque» (App. L'Aquila 16 luglio 1952), «la pistola a tamburo mod. '89 è da guerra perché per essa non è consentita la licenza di porto d'armi» (Cass. 13 marzo 1950). Queste affermazioni potrebbero servire per sostenere la tesi che la consuetudine è fonte di diritto anche in materia penale perché evidentemente si è considerata determinante l'interpretazione che della legge di P.S. hanno dato i Questori e gli armaioli!
Altre sentenze esaminano il problema, della rivoltella mod. '89; la Cassazione è costante nel considerarla arma da guerra giustificandosi con il dire che l'arma « era destinata all'armamento del corpo dei Carabinieri e d'altri corpi dell'esercito» (Cass. 13 marzo 1950) e «per le caratteristiche di calibro e potenzialità » (Cass. 26 giugno 1950; 18 dicembre 1952; 16 luglio 1953; 28 dicembre 1953; 20 aprile 1971). Tale orientamento deve ritenersi del tutto errato: l'art. 33 del reg. di P.S. è chiaro nel dire (anche se, come si è visto, senza fondamento logico) che tutte le pistole a rotazione, di qualunque peso, calibro e dimensione, sono armi comuni e si riferisce indubbiamente anche alle rivoltelle che siano state adottate da eserciti perché altrimenti la disposizione sarebbe del tutto superflua; oppure bisognerebbe ammettere che per le rivoltelle il reg. di P.S. prescinde dalla maggiore o minore potenza e basa una distinzione di così gravi conseguenze solo sul dato formale dell'adozione o meno dell'arma da parte di un esercito; si avrebbe quindi, ad esempio, la conseguenza che la rivoltella Smith & Wesson mod. 1971 cal. 45 dovrebbe essere considerata da guerra perché usata dagli Stati Uniti nella prima guerra mondiale (assieme ad altre rivoltelle e pistole), mentre la moderna S. & W. cal. 44 magnum special, più perfezionata, sarebbe arma comune perché mai ufficialmente usata in guerra. Del resto la severità della legge e dei suoi interpreti si è sempre indirizzata solo verso i mod. '89 e mai su altre rivoltelle, come la Lebel francese o la rivoltella d'ordinanza svizzera, del tutto simili all'italiana, abbastanza diffuse in Italia, risalenti alla stessa epoca, egualmente impiegate da eserciti, ma costantemente ritenute armi comuni.
La tesi della S.C. potrebbe essere sostenibile soltanto presupponendo (come sembra affiorare in alcune sentenze) che la ratio della legge sia quella di impedire che i privati detengano armi uguali a quelle in dotazione ai militari, indipendentemente dalla maggiore o minore efficacia, anche al fine di evitare confusione e di poter stabilire in ogni caso se un proiettile sia uscito dall'arma di comune cittadino o di un militare. Lo scopo della legge non è stato certamente questo perché altrimenti avrebbe vietato i singoli specifici modelli di arma in attuale destinazione e non ogni tipo di arma da guerra, presente passato o futuro, italiano o estero.
Risibile è poi il riferimento alle caratteristiche « di calibro e potenzialità » del mod. '89, quando è risaputo che esso è stato una rivoltella quanto mai rozza, spesso costruita in modeste officine, persino con il castello non in acciaio ma in ottone o in piastre di rame saldate assieme, laddove, come si è visto, l'efficacia di una rivoltella è strettamente condizionata dalla precisione di lavorazione, con tolleranze minime. Nell'esaminare la fattispecie la S.C. incorre chiaramente in una petizione di principio perché considera come pacifico che le armi da guerra siano più efficaci delle armi comuni e poi, ritenuto che il mod. '89 è stato in dotazione all'esercito, ne trae la conclusione che esso ha caratteristiche di potenzialità che lo rendono da guerra.
In una sentenza della S.C. del 24 giugno 1953 si legge: « la micidialità per sé sola non può servire come criterio di distinzione tra armi da guerra e armi comuni, avendo essa il significato di attitudine, potenzialità di uccidere, propria sia delle une, sia delle altre; il criterio differenziale è invece dato dalla possibilità di destinazione o meno ad armamento delle forze armate ». La frase suona molto bene, ma è del tutto priva di contenuto perché non spiega sulla base di quali elementi si debba valutare detta possibilità di destinazione.
In una sola sentenza è possibile rinvenire un principio di approfondimento delle questioni in esame e cioè nella sentenza della Cass. 28 febbraio 1972 (in Giust. Pen. 1972, II, 846) concernente la sciabola e in cui si conclude che questa, pur essendo arma da taglio e da punta destinata all'armamento, in particolari condizioni, delle FF.AA., non è arma da guerra perché ormai da considerarsi solo un ornamento della divisa e per essere la sua potenzialità offensiva, in una guerra moderna, praticamente inesistente. La S.C. afferma in primo luogo che (anche per i nuovi criteri che hanno ispirato la legislazione speciale in materia, dal D.L.L. 10 maggio 1945 n. 254 alla L. 2 ottobre 1967 n. 895) la ratio della distinzione e della diversità di sanzioni applicabili alle armi da guerra è di disarmare i cittadini venuti illegittimamente in possesso di mezzi bellici e di prevenire la commissione di reati da parte dei detentori, per cui ciò che importa per qualificare un'arma come da guerra non è l'uso militare di essa, il che sarebbe privo di ogni fondamento logico, bensì una sua presumibile maggiore potenzialità offensiva e micidialità, dalla quale deriva necessariamente una più elevata efficacia per il perseguimento degli scopi illeciti. In secondo luogo la S.C. osserva che l'art. 33 del reg. di P.S. rispecchia una situazione obiettiva che non trova più rispondenza nei sistemi di guerra moderna, per cui la potenzialità offensiva di una arma deve essere riferita alle possibilità di impiego attuali e conclude affermando che per arma da guerra deve intendersi l'arma di ogni specie, da punta o da taglio o da sparo, destinata o che possa essere destinata per l'armamento delle truppe nazionali o straniere, purché suscettibili d'impiego bellico secondo la concezione della guerra moderna. La sentenza contiene osservazioni pregevolissime, ma, in concreto, non risolve alcun problema perché, logicamente, non è con un ragionamento giuridico che può essere stabilita la suscettibilità di impiego bellico di una arma e può ovviarsi alle manchevolezze ed agli errori della legge.
Queste note debbono necessariamente concludersi con l'esposizione di soluzioni atte a portare un po' di chiarezza nella materia.
Dopo quanto si è detto non occorre dilungarsi per spiegare perché le norme del regolamento di P.S. siano viziate per violazione di legge, in quanto sottopongono a disparità di trattamento casi identici, e per eccesso di potere, in quanto determinate da una inesatta ed incongrua rappresentazione della realtà. Esse debbono quindi essere disapplicate.
L'art. 28 del T.U.L.P.S., preso a sé, può trovare invece un'interpretazione aderente all'attuale stato della pratica civile e militare, conforme ai dettami della balistica ed alla situazione che si ha in altri stati europei, anche se probabilmente una tale interpretazione non era prevista (ma con ciò non disvoluta) dal legislatore, ancorato a vecchi schemi già superati da almeno un decennio all'apparire della norma.
Nel 1889 la tattica militare si basava ancora quasi totalmente sull'elemento umano coadiuvato dalle artiglierie, e quindi fucili, baionette e pistole, ed eventualmente sciabole, era tutto quanto occorreva per armare delle truppe; giustamente la legge vietava la raccolta di tali armi, specialmente nei tipi sempre più perfezionati di cui via via si dotavano gli eserciti, con lo scopo di impedire la formazione di corpi armati al di fuori del controllo statale.
Nella I guerra mondiale inizia la decadenza delle armi per il combattimento ravvicinato, come la sciabola, la baionetta, la pistola, rese poco micidiali dal combattimento a distanza con artiglierie, gas, mitragliatrici, e lo stesso fucile a ripetizione ordinaria comincia ad essere soppiantato dai fucili automatici e dalle pistole mitragliatrici. Attualmente l'arma da fuoco individuale tipica del 'soldato è il fucile mitragliatore e la pistola gli è data in dotazione più che altro come strumento di sicurezza psicologica: statistiche americane nella II guerra mondiale hanno infatti accertato che le perdite inflitte al nemico per mezzo di pistole erano del tutto irrilevanti.
Mentre nel corso di quasi un secolo si svolgeva questa evoluzione della strategia e delle armi da fuoco, accadeva che le invenzioni ed i meccanismi escogitati per l'uso militare (con qualche eccezione per gli Stati Uniti ove talvolta l'uso privato dell'arma ha preceduto l'uso militare), via via che venivano superati dai sempre nuovi miglioramenti e perfezionamenti, si volgarizzavano e diventavano di uso comune per scopi di difesa personale, caccia sport. Si verificava quindi che accanto alle armi in dotazione ai militari, armi talvolta già tecnicamente sorpassate ma conservate per ragioni economiche come ha spesso fatto l'Italia, vi erano armi del tutto analoghe, differenziabili di solito solo formalmente e non sostanzialmente, a disposizione dei privati.
Per arma comune non deve quindi intendersi un dato fucile o una data pistola o un dato coltello, con particolari caratteristiche che li qualifichino come inferiori, o comunque diversi, rispetto ad analoghi fucili o pistole o coltelli usati dai militari (caratteristiche che non sussistono), ma bensì quei tipi o categorie di armi che, anche se nate per uso militare, come in genere è stato per la stragrande maggioranza delle armi, ed anche se ancora in uso presso eserciti di stati poveri, costretti a comperare i residuati bellici degli stati più ricchi, si sono poi volgarizzate e sono ormai entrate nell'uso comune, a differenza di altre che, anche se abbandonate dai militari, non potranno mai trovare alcun impiego civile (cannone ad avancarica, lanciafiamme ecc). Se il privato può impiegare armi militari, non vi deve essere difficoltà ad ammettere che talvolta i militari possono avere in dotazione armi comuni senza che ciò incida sulla natura intrinseca dell'arma e le conferisca un indelebile crisma di pericolosità.
Questa interpretazione non contrasta con la ratio legis di impedire la formazione di corpi armati privati poiché è chiaro che la norma, proprio per la distinzione che pone tra le armi, non è volta ad impedire la formazione di corpi di truppa comunque armati, magari con archi e zagaglie o fucili da caccia a pallini, ma invece di truppe che per l'armamento possano star alla pari con quelle ufficiali; e in un'epoca in cui le battaglie e le guerre si combattono con aerei, carri armati e missili, non sono certamente i fucili semiautomatici, le armi corte e le armi bianche offensive che possono impensierire uno Stato.
A questa stregua sono armi comuni tutti i fucili a colpo singolo, tutti i fucili a ripetizione manuale, tutti i fucili a ripetizione semiautomatica, senza che si possa fare fra di essi alcuna distinzione sulla base del calibro o, ancor peggio, di accessori e fornimenti non determinanti; sono invece armi da guerra i fucili automatici (che non possono trovare applicazioni venatorie o sportive e sarebbero eccessivi per scopi di difesa personale), le mitragliatrici, i bazooka, i lanciagranate ecc. Sono armi comuni tutte le rivoltelle, come già riconosciuto dal legislatore, e tutte le pistole semiautomatiche, di qualunque tipo e calibro; sono invece armi da guerra le pistole automatiche propriamente dette, predisposte per poter sparare anche a raffica e le pistole mitragliatrici. Sono armi comuni tutte le armi bianche offensive, ivi comprese le baionette ed i pugnali.
Ove non si volesse aderire a questa interpretazione, che non contrasta con la lettera e la ratio della legge, corrisponde a principi di logica ed equità, è conforme alla prassi ed alle legislazioni di altri stati ed alla natura delle cose, dovrebbe senz'altro sollevarsi il problema della costituzionalità dell'art. 28 T.U.L.P.S.
La giurisprudenza della Corte costituzionale ha riconosciuto implicitamente od esplicitamente in numerose sentenze (nn. 11/962, 155/1963, 72/1964, 22/1965, 108/1967. 2728496880153/1969, 195986113/1970, 490124149160146/1971) che il principio di uguaglianza contenuto nell'articolo 3 della Costituzione è violato quando il legislatore detta una certa disciplina senza por mente alla circostanza che ipotesi simili erano già regolate in modo diverso, oppure quando equivocando sulla ratio di una certa disciplina la estende a situazioni differenti; ciò perché la sua determinazione non è frutto di una cosciente scelta politica basata sulla ponderazione degli elementi di differenziazione e di analogia della fattispecie, sibbene piuttosto della casuale disattenzione o della sua erronea conoscenza della materia regolata.
L'art. 28 T.U.L.P.S. consente, senza luogo a dubbio, delle violazioni al principio di uguaglianza assolutamente inique per il diverso trattamento a cui sottopone situazioni uguali o, ciò che è ancor peggio, per il fatto che viene a valutare come più gravi fatti e comportamenti che dovrebbero essere ritenuti più lievi dell'ordinario. Basti pensare che mentre può sperare di essere punito con la sola ammenda chi detenga la più moderna e potente rivoltella ora in commercio, è invece fulminato con anni di arresto chi detenga una rivoltella mod. '89, di fabbricazione primitiva, magari corrosa dalla ruggine e più pericolosa per lo sparatore che per i terzi; è lecito detenere potenti e precise pistole calibro 7,65, ma si è certi dell'arresto immediato e della galera se si è dimenticata in un cassetto una pistola RothSteyr cal. 8 del 1907, già considerata come superata all'inizio della grande guerra; è consentito girare sulle spiagge affollate con fucili da pesca subacquea capaci di inchiodare una persona a venti metri, ma si corrono i guai più seri se si appende ad un muro, a soli fini ornamentali una baionetta, cimelio bellico del nonno, che differisce da un coltello da cucina solo per non essere affilata e per avere nel manico un foro che consentirebbe di fissarla su di un fucile ipotetico, che nel novantanove per cento dei casi non si possiede; ciò vale anche per il pugnale ed il legislatore e gli interpreti dovrebbero proprio spiegarci in base a quali esperienze ed a quale ratio debba ritenersi preferibile essere infilzati da un coltello con un solo filo invece che da un pugnale con due fili (infatti un bowieknife è arma comune e un pugnale delle stesse dimensioni è arma da guerra!).
L'illegittimità dell'art. 28 T.U.L.P.S. e delle riforme del regolamento di P.S. ad esso relative, impongono una rapida modifica della legislazione in materia, con la speranza che il legislatore, almeno una volta, si affidi a dei veri esperti, che non mancano in Italia, o, quanto meno, si ispiri alle norme straniere più moderne (la legge tedesca 14 giugno 1968 ad esempio, pur non immune da manchevolezze, è estremamente esauriente e chiarisce molti dei punti lasciati oscuri dal legislatore italiano: definisce armi da fuoco corte quelle con lunghezza totale non superiore a 40 cm., considera armi da sparo ogni arma che con qualunque fonte di energia lanci un proiettile, inteso in senso lato, con una energia iniziale di almeno 0,75 Kgm., proibisce i silenziatori e le anni insidiose, non considera tra le armi da guerra le pistole, ecc.).
Il legislatore infine dovrebbe ricordare che solo le democrazie deboli e le dittature hanno paura delle armi nelle mani dei cittadini perché i governi saldi, che non temono contrasti interni, ritengono giusto che il cittadino sia armato, proprio perché egli sia in grado di difendere le sue libertà dagli attacchi interni od esterni; ancora oggi è valido il detto « mostrami la tua legge sulle armi e ti dirò se sei un cittadino libero in uno stato sovrano ».
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