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GLI E’ TUTTO DA RIFARE !.... (Angelo Vicari)
Fa seguito al precedente articolo sull'argomento
Il Giro d’Italia ci fa ricordare il grande campione Gino Bartali, grande nello sport e nella vita, in particolare per la famosa frase che era solito esclamare: gli è tutto sbagliato, gli è tutto da rifare.
Ebbene, siamo convinti che, in considerazione delle tragedie che continuano a verificarsi con l’uso di armi legalmente detenute, gli è tutto da rifare per l’accertamento preventivo e, soprattutto, per il controllo successivo dell’idoneità psico-fisica per la detenzione di armi.
Siamo stati particolarmente colpiti dalla strage di Rivarolo Canavese; un pensionato di 83 anni, facendo uso della propria pistola legalmente detenuta, ha ucciso il figlio disabile, la moglie malata e due coniugi vicini di casa, tentando, infine, di suicidarsi, ma senza successo.
Siamo sicuri che, nonostante si possano predisporre le più svariate attività di prevenzione, non potremo mai conoscere a fondo le problematiche mentali che, all’improvviso, determinano l’insospettabile uomo della porta accanto a fare una strage anche nei confronti delle persone più care. I numerosi casi che si sono succeduti in questi ultimi anni confermano tale difficoltà nell’attività di prevenzione.
La psichiatria lavora in una branca della medicina nella quale, ancor oggi, è disagevole tracciare confini netti tra il sano ed il morboso. I manuali di antropologia criminale, psichiatria forense e psicologia giudiziaria riportano numerosi casi di individui normali, i quali, all’improvviso, diventano omicidi-suicidi.
Siamo anche sicuri che, quando un soggetto, nel suo delirio da rovina, quasi sempre nascosto da comportamenti assolutamente normali, si determina a compiere una strage, convinto così di risparmiare sofferenze ai propri congiunti, non sarà certo la mancanza di disponibilità di un’arma da sparo a impedirgli di portare a termine il suo progetto. Quante volte sono stati usati strumenti disponibili in ogni casa come coltelli da cucina, martelli, ecc., riuscendo, ugualmente, a compiere una strage.
Comunque, tale impossibilità di realizzare una prevenzione assoluta, non può giustificare un atteggiamento remissivo da parte degli organi preposti alla tutela della incolumità pubblica.
Non possiamo e non dobbiamo rimanere insensibili di fronte a queste tragedie, come se ci fossimo abituati alle morti di innocenti. Dobbiamo riflettere in positivo, facendo proposte concrete che possano dare speranza di trovare le soluzioni più adeguate.
Purtroppo, invece, di fronte a stragi, come quella di Rivarolo, assistiamo al solito copione: qualche riga sui giornali locali, le solite polemiche su chi doveva vigilare ed intervenire, un fascicolo aperto in Procura che, molto probabilmente, sarà presto messo agli atti. Silenzio fino alla prossima strage e la triste telenovela ricomincia.
Ma è possibile che di fronte a queste tragedie nessuno si senta in dovere di intervenire?
E’ da sottolineare ed evidenziare che, ancor oggi, i medici accertano l’idoneità psico-fisica per portare armi con le procedure e gli accertamenti previsti dal D.M. del 28 aprile 1998. Oggi, dopo quasi 23 anni, non possiamo non riconoscere quanti e quali progressi ha fatto la ricerca in campo medico ed in particolare in psichiatria, da poter essere utilizzati anche per una maggiore e più adeguata prevenzione nell’abuso delle armi.
Questa volta non si può fare nessun rilievo al legislatore. Infatti, con il D.L.vo n. 204/2010 (art. 6), entro 180 giorni dall’entrata in vigore di quest’ultimo, doveva essere emanato un decreto del Ministero della Salute, di concerto con il Ministero dell’Interno, per disciplinare le modalità di accertamento dei requisiti psico-fisici per l’idoneità all’acquisizione, alla detenzione ed al conseguimento di qualunque licenza di porto delle armi, nonché al rilascio del nulla osta.
Con lo stesso decreto avrebbero dovuto essere definite le modalità dello scambio protetto dei dati informatizzati tra il Servizio Sanitario nazionale e gli uffici delle Forze dell’ordine nei procedimenti finalizzati all’acquisizione, alla detenzione ed al conseguimento di qualunque licenza di porto delle armi.
Nonostante siano trascorsi più di 10 anni, di tale decreto nessuna traccia, o, perlomeno, vogliamo sperare che una bozza sia stata redatta, successivamente chiusa in un cassetto, di cui si è persa la chiave.
Invece, tale decreto potrebbe essere l’occasione, oltre che per migliorare i relativi accertamenti di idoneità, anche e soprattutto per coinvolgere i medici di famiglia nell’accertamento della idoneità psico-fisica, incaricati, attualmente, del solo rilascio del certificato anamnestico.
Chi meglio del medico di famiglia è in grado di conoscere a fondo la situazione sanitaria dei propri assistiti, anche se, purtroppo, questa pandemia ha messo a nudo le carenze della medicina territoriale, non per colpa dei medici, ma di un legislatore disinteressato ad una riforma del settore per valorizzare al massimo tale fondamentale attività di prevenzione sanitaria.
Fa ben sperare il recente progetto di riforma della sanità, riportato nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, nel quale viene valorizzata la prevenzione e l’assistenza sanitaria sul territorio, per la cui realizzazione risulta determinante la figura del medico di famiglia, non più libero professionista convenzionato, ma dipendente del Servizio sanitario nazionale. Una tale importante trasformazione del rapporto di lavoro potrebbe permettere di superare la sola possibilità di rilascio del certificato anamnestico, legittimando il medico di famiglia a certificare, anche, l’idoneità in materia di armi, alla stregua dei medici delle A.S.L, della Polizia di Stato, dei Militari e dei Vigili del fuoco.
Il lavoro del medico di famiglia dovrebbe essere preso in considerazione soprattutto per l’attività di controllo dell’idoneità di un soggetto a continuare a detenere armi nel corso degli anni. Tale monitoraggio permanente, con sufficienti probabilità di successo, permetterebbe di cogliere per tempo gli eventuali segni premonitori di disturbi deliranti, per un intervento tempestivo.
E’ evidente che tale coinvolgimento e responsabilizzazione del medico di famiglia può trovare attuazione solo ove gli vengano forniti adeguati supporti normativi e tecnici. Infatti, il medico di famiglia non può non essere a conoscenza se un proprio assistito sia, o meno, detentore di armi.
Tale esigenza potrebbe essere facilmente soddisfatta con la possibilità di scambio dei dati informatizzati tra il Servizio sanitario e gli uffici delle forze dell’ordine, come già previsto dall’emanando decreto.
Inoltre, dovrebbe essere previsto a livello normativo, l’obbligo del medico di famiglia di segnalare alle Autorità competenti situazioni psico-fisiche dei propri assistiti detentori di armi che, secondo scienza e coscienza, possano pregiudicare l’idoneità a detenerle, con conseguente pericolo di abuso.
E non si dica, come al solito, che ciò non è possibile per la legge sulla privacy, siccome, la tutela alla riservatezza del singolo deve cessare di fronte alla tutela della incolumità pubblica. Già da tempo, nel codice della strada ( art. 128), è previsto che i responsabili delle unità di terapia intensiva o di neurochirurgia sono obbligati a dare comunicazione dei casi di coma di durata superiore a 48 ore agli uffici provinciali del Dipartimento per i trasporti, per la revisione della patente di guida.
Non pensiamo che il solo coinvolgimento e la responsabilizzazione del medico di famiglia possano essere in grado di evitare in modo assoluto tutte le stragi commesse da chi detiene legalmente armi. Tuttavia, è doveroso mettere in campo tutti gli sforzi per permettere che le armi vengano detenute solo ed esclusivamente da parte di soggetti che diano pieno affidamento di non abusarne.
Tale impegno nel trovare le migliori soluzioni nella prevenzione si impone anche per il rispetto che dobbiamo a tutte quelle persone, vittime innocenti di stragi, che non hanno avuto il tempo di sapere: perché!...
Firenze 26 maggio 2021 ANGELO VICARI
Aggiunta di E. Mori:
Nella mia proposta di legge del gennaio 2018, avevo proposto questa norma che introduce un nuovo art. 9 nella legge 110:
“Art. 9 - Requisiti soggettivi per la detenzione e il porto d' armi.
1. Le autorizzazioni di polizia prescritte per la fabbricazione, la raccolta, il commercio, l'importazione, l'esportazione, la collezione, il deposito, la riparazione, la detenzione e il trasporto di armi comuni da sparo di qualsiasi tipo, possono essere rilasciate solo a chi ha l'idoneità psichica e non ha tenuto ripetutamente e in modo verificato, condotte pericolose o moleste contro la persona o i beni altrui, che dimostrano incapacità di autocontrollo o asocialità o psicopatie e quindi sono indici di una scarsa affidabilità.
2. Il certificato di idoneità psichica alla detenzione di armi deve essere rinnovato ogni cinque anni. Chi è munito di una licenza di porto d'armi e non la rinnova, deve presentare il certificato entro 90 giorni dalla scadenza della licenza.
3. Per la licenza di porto d'armi occorre inoltre possedere adeguata idoneità fisica, certificata dall'ufficio di medicina legale della ASL, tale da consentire un adeguato controllo sull'arma e sulle situazioni in cui l'arma potrà essere usata.
4. L'idoneità psichica (assenza di malattie o disturbi psichici, non uso di droghe o abuso di alcool e medicinali) è certificata dal medico di base utilizzando a tal fine tutti i dati medici accessibili del paziente. Se questi dati mancano o non gli consentono di esprimere un giudizio, la valutazione è da lui demandata all'ufficio di medicina legale della ASL; questo, solo in presenza di elementi di fatto significativi, può richiedere un accertamento specialistico sulla specifica 38 problematica sanitaria individuata. Sono vietati accertamenti psicologici. Contro la decisione negativa del medico di base o del medico legale può essere proposto ricorso al Collegio medico presso l'ASL. L’ufficio di PS competente a rilasciare la licenza non può disattendere la valutazione dell’ASL
5. Per gli appartenenti alle Forze Armate e dell’Ordine la capacità psicofisica è comprovata dal fatto che al momento della domanda siano autorizzati al porto di armi a norma dei loro regolamenti di Corpo, circostanza che autocertificheranno; negli altri casi la certificazione è rilasciata dal medico di Corpo. 6. Va garantito per quanto possibile il diritto delle persone portatrici di minorazioni fisiche di svolgere attività sportiva e venatoria con armi, eventualmente stabilendo le specifiche limitazioni utili a garantire la sicurezza del tiratore e altrui.
7. Il medico certificante non è responsabile per futuri abusi nell'uso delle armi, se dalla anamnesi del richiedente non erano emersi elementi di criticità. Il funzionario di PS che rilascia una licenza in materia di armi non è responsabile per futuri abusi nell’uso di armi, se dagli accertamenti svolti non erano emersi elementi sufficienti per negare la licenza".
Direi che sarebbe stato un buon punto di partenza; ma nei ministeri l'unica cosa che studiano è quali medici possono mangiare sull'affare!
Mi chiedo se non si possa ravvisare qualche resto di abuso od omissione di atti di ufficio a carico di quei dirigenti che non redigono i regolamenti che la legge ha stabilito doversi fare, oppore che li redigono in modo da renderli poi inapplicabili. Ricordiamoci della legge sulla responsabilità per i ritardi nella evasione delle pratiche. E' dalla legge 69/2009 che aspettiamo il regolamento. O del regolamento sui poligoni privati; è dal D. L.vo 204/2010 che lo aspettiamo perché sono 11 anni che il Ministero studia con il nemico dei poligoni privati, e cioè l'UITS, come fregarli, . ecc. ecc.
Eppure basta una paginetta per scrivere ciò che serve. Io ci avevo provato nella citata proposta di legge, scrivendo:
“Art. 57-bisTULPS – Poligoni privati.
1. Per la costruzione e apertura di campi di tiro o poligoni privati è richiesta licenza del Sindaco del luogo ove si trova il poligono, oltre alle eventuali licenze edilizie, urbanistiche, ambientali, come regolate dalle relative leggi. Per poligoni aperti al pubblico devono essere previsti parcheggi e servizi igienici.
2. Non è richiesta licenza per campi e sale di tiro con armi ad aria compressa liberalizzate in cui comunque si dovranno adottare misure per evitare la fuoriuscita di pallini, disturbo alle persone, inquinamento ambientale.
3. Nei poligoni aperti devono essere adottate misure idonee ad evitare che i proiettili fuoriescano dal suo perimetro in modo pericoloso per gli esseri umani. Tali misure devono essere commisurate al tipo di armi usabili, alla parziale copertura del poligono, alla natura dei luoghi e alla probabilità che il luogo di eventuale caduta di proiettili vaganti sia frequentato da essi umani. Può essere adottato qualsiasi metodo di contenimento, anche basato su linee guida di altri paesi per i poligoni.
4. In base alla natura dei luoghi deve essere curato un adeguato contenimento dell’inquinamento acustico, secondo le norme di legge.
5. Il poligono deve essere costruito od attrezzato in modo da consentire il recupero dei proiettili entro l’area del poligono.
6. Nei poligoni chiusi per armi da fuoco devono essere adottate le misure necessarie per prevenire la fuoriuscita di proiettili, incendi, esplosioni nonché per avere una adeguata ventilazione. La struttura deve essere tale da evitare il rimbalzo di proiettili verso i tiratori. La zona di tiro deve disporre di un sistema di pulizia e lavaggio idonea a eliminare i residui polverosi dello sparo. Vi deve essere una separazione tra l’area tiratori e le postazioni di tiro. La struttura deve essere agevolmente accessibile ai mezzi dei vigili del fuoco.
7. Al fine dell’ottenimento della licenza comunale per i poligoni, occorre produrre un progetto redatto da un ingegnere o un architetto da cui risulti che la struttura rispetta tutte le norme di sicurezza ed antinquinamento prescritte o comunque ritenute necessarie in base alla normativa italiana e alle linee guida di paesi europei, tenuto conto anche del tipo di tiro che sarà consentito svolgere nel poligono.
8. Il Comune, prima dell’inizio dell’attività, dispone che a cura del titolare vengano svolte operazioni di collaudo con prove di tiro al fine di accertare la concreta efficacia delle misure di sicurezza e che venga acquisita la certificazione antincendio.
9. Ogni anno il gestore dovrà produrre un certificato di un tecnico il quale attesti che non vi è stato decadimento per usura delle protezioni e dei dispositivi di sicurezza o che è stato ripristinato il livello di sicurezza originario.
10. La licenza quinquennale per la gestione del poligono viene rilasciata dal Sindaco ad un soggetto fisico e ad uno o più suoi rappresentanti, tutti aventi i requisiti richiesti per il rilascio delle licenze di porto d’armi. La nomina dei Direttori di tiro è regolata dall’art. 32. Il gestore è il responsabile legale del poligono ed è responsabile per l’osservanza di tutte le norme e regole che lo riguardano e della perfetta manutenzione della struttura.
11. È vietato far accedere alle attività di tiro persone che presentino manifestazioni di disturbo psichico o comportamentale o sotto manifesto influsso di alcol o stupefacenti o psicofarmaci. Il gestore è tenuto a segnalare riservatamente alla Polizia o ai Carabinieri la frequentazione del poligono da parte di soggetti, specialmente se non conosciuti, che potrebbero essere pericolosi per la sicurezza pubblica.
12. I poligoni devono tenere un registro vidimato dall’autorità di PS o da un notaio o dal Comune in cui registrano i dati dei tiratori e del loro documento di identità nonché gli orari di presenza sulle linee di tiro e le armi introdotte nel poligono. È consentita la gestione informatica del registro secondo le regole stabilite, o da stabilirsi, per le armerie; copia delle registrazioni deve essere resa disponibile a Polizia o Carabinieri.
13. I tiratori minorenni autorizzati da un genitore, o i soggetti privi di licenza di porto d’armi, possono sparare solo sotto il controllo diretto del direttore di tiro che gestisce anche le munizioni da essi utilizzate.
14. Il gestore deve predisporre un regolamento relativo al comportamento da 57 tenere da parte di chi accede al poligono, con indicate le regole di sicurezza e l’avviso che chi le viola può essere immediatamente espulso. Il regolamento deve essere disponibile per tutti coloro che accedono al poligono, assieme alla polizza assicurativa e alle certificazioni sulla sicurezza.
15. Il poligono deve essere assicurato per gli infortuni con polizza che copra la responsabilità civile dei gestori, dei direttori di tiro e dei singoli tiratori; il massimale minimo deve corrispondere, per i poligoni chiusi a quello stabilito per gli autobus privati e, per i poligoni aperti, a quello fissato per le autovetture private.
16. Nei poligoni possono essere usate munizioni di proprietà dei singoli tiratori, o munizioni cedute a consegnate a norma del comma successivo. La possibilità di usare cartucce caricate privatamente è decisa dal gestore caso per caso o in via generale.
17. Chi è in possesso di licenza per la minuta vendita di esplosivi, o un suo rappresentante, è autorizzato a trasportare, senza altra autorizzazione, fino a 20.000 cartucce alla volta ad un poligono ed a consegnarle al gestore per l’uso entro il poligono e nel corso della giornata stessa. Il poligono terrà un apposito registro, vidimato come sopra, in cui segnare le munizioni consegnate dall’armiere e i quantitativi consegnati ai singoli direttori di tiro o ai tiratori. Le munizioni rimaste o riconsegnate alla chiusura del poligono vengono riportate in armeria dall’armiere e riscritte sul registro giornaliero. Il gestore e i direttori di tiro devono controllare che non vengano asportate munizioni da parte dei tiratori.
18. I poligoni che dispongono di un locale idoneo a garantire una adeguata custodia di armi possono ottenere licenza di collezione di armi e detenere così armi da far utilizzare ai frequentatori entro il poligono. Non sono richieste misure di sicurezza per le armi ad aria e gas compressi liberalizzate.
19. Gli enti locali possono stipulare accordi con i poligoni privati, anche fuori del loro territorio, per lo svolgimento dei corsi periodici e delle attività di addestramento e allenamento al tiro del personale armato alle loro dipendenze.
20. Le guardie giurate possono svolgere presso poligoni privati i corsi di lezioni regolamentari di tiro a segno previsti dalla normativa vigente, certificati dal gestore e dal direttore di tiro.
21. Copia dei certificati relativi allo svolgimento dei corsi obbligatori, contenenti la data e le ore dello svolgimento dei corsi e la valutazione delle prestazioni del tiratore, annotate anche sul libretto personale, vengono trasmessi al prefetto.
22. Le falsità ideologhe nella certificazione, sono punite a norma art. 482 C.P. 23. L’attività di tiro ludico-motoria non richiede la presentazione di certificati medici; restano ferme le disposizioni vigenti per coloro che praticano attività agonistica oppure non agonistica, ma solo nell’abito di attività organizzate dal CONI, da società sportive affiliate alle Federazioni sportive nazionali e simili.
24. Nel caso si accerti che sono venuti meno i requisiti di sicurezza, o che il gestore non possiede più i requisiti richiesti, o che manca la copertura assicurativa prescritta, il Sindaco sospende la licenza del poligono fino a regolarizzazione.
25. I poligoni e campi di tiro già funzionanti devono mettersi in regola secondo le disposizioni di questo articolo entro due anni dall’entrata in vigore della presente legge.
26. L’apertura o l’esercizio senza licenza di un poligono e l’inosservanza delle disposizioni sulle munizioni sono punite a norma dell’art. 17 R.D. 18 giugno 1931 n.773.
27. Le altre violazioni alle prescrizioni del presente articolo sono punite con la sanzione amministrativa da 1000 e 5.000 Euro”.
Lo ammetto: è troppo chiaro, rispetta i diritti dei cittadini, elimina le mangiatoie .., ma bastava copiarlo c sarebbe meglio del nulla. Tutte cose che ripugnano ai poltroni! Basta pensare che cosa sta succedendo all'UITS, che è stato dichiarata ente pubblico (unica associazione sportiva nel CONI con tale qualifica), contro ogni legge e logica e facendo carte false, al solo fine di salvare qualche poltrona, a cui si vedono avvinti come l'edera troppi che amano più il potere e i soldi che lo sport.