Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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Una proposta: nuove regole per le armi da caccia a canna rigata

La caccia in Italia ha preso, sotto molti aspetti, una brutta piega: la pressione animalista, l’insensata e costosa burocratizzazione ad ogni livello, l’affidamento di funzioni delicate di controllo venatorio a irresponsabili ed ignoranti e, non ultimo, il decadimento della classe dei cacciatori. Ed è di questo che voglio parlare. So che non mi farò molti amici, ma da sempre ho apprezzato il motto “molti nemici, molto onore” di von Frundsberg (quello che aveva portato al Sacco di Roma le corde per impiccare il papa e i cardinali!); però ci ho riflettuto molto e ritengo che certe cose vadano dette nell’interessa della categoria.
Un tempo essere cacciatori significava appartenere ad una élite di persone, non necessariamente abbienti, accomunate dalla passione per la caccia, e che formavano quasi una confraternita, detentrice di una antica cultura e di millenarie esperienze: lo scopo non era solo alimentare, ma anche quello di mostrare la propria bravura (e talvolta il coraggio) nei confronti dell’animale.
Il vero cacciatore non è quello che uccide ad ogni costo, ma quello che va a caccia con un arco e che conosce tanto bene la selvaggina da avvicinarsi ad un cervo fino 30 metri di distanza. Non è quello che spara ad ogni cosa che si muove, ma quello che esce a caccia tante volte fino a che non riesce a trovare il trofeo migliore. A caccia si va per l’emozione della ricerca, del cane in ferma, del frullo, dello scagnare dei cani. L’abito del cacciatore è dimesso, senza ostentazioni, ridicole in campagna. Nel mondo germanico il cacciatore ha una sua divisa tradizionale, a dimostrazione che egli è consapevole dei suoi doveri verso la natura e gli altri, ed è riconosciuto come il miglior tutore della fauna e dell’ambiente.
In Italia assistiamo a fenomeni deprimenti:
- Cacciatori che scambiano la caccia per un gioco paramilitare e si mascherano con giubbotti stravaganti, tute mimetiche, armi di aspetto militaresco; eppure dovrebbe essere chiaro che la caccia non sarà mai un combattimento, almeno fino a quando i cinghiali non potranno rispondere al fuoco! Purtroppo vi è della gente che considera una prova di coraggio e virilità ammazzare una maiale, sia pure selvatico, con un fucile; va ucciso, ma per altri motivi.
- Uso di armi non adeguate: carabine che impiegano munizioni per pistola, fucili di assalto, puntatori laser, sono tutte cose da esibizionisti sciocchi che nulla hanno a che vedere con la caccia; la caccia va praticata con il miglior strumento disponibile e non con giocattoli. Vi sono moltissimi (che spesso hanno evitato il servizio militare con trucchi vari) che, se la legge saggiamente non lo vietasse, andrebbero a caccia con caricatori di 30 colpi.
- Ricerca esasperata del tiro a grande distanza, come se un cacciatore fosse un cecchino. Per la caccia al camoscio si può giungere a tiri di un massimo di 300 metri, ma ogni tiro a distanza superiore è cosa insensata da un punto di vista venatorio perché, anche usando attrezzatura sofisticata (forte ingrandimento, telemetro), diviene altamente improbabile di riuscire a uccidere sul colpo il selvatico; basta un alito di vento, o un tremito al momento dello sparo per cagionare un ferimento che porterà l’animale a morire lontano. Inoltre l’eccessiva distanza non consente di percepire l’effetto del tiro sul selvatico e ritarda le operazioni di ricerca dell’animale eventualmente rimasto ferito.
Nella caccia agli ungulati la distanza massima di tiro dovrebbe essere fissata non oltre i 250 metri con impiego di calibri non inferiori a 6,5 mm. In molti cantoni svizzeri si consente (o ciò avveniva fino a pochi anni orsono) un calibro non inferiore a 10,2 mm, il che impone di non superare i 150 metri di distanza, e vi posso assicurare che là i cacciatori abbattono tutti i cervi consentiti e si divertono quanto i cacciatori nostrani!
- Scarso rispetto delle norme di sicurezza. Vengono ammessi a cacciare in gruppo persone che alla vista del selvatico perdono la testa, sparano ad ogni ombra, si girano a sparare di lato dove si trovano i compagni. Chiaro caso di mancanza dei requisiti psichici al tiro! Nessuno sa che si dovrebbe rispettare un angolo di sicurezza di almeno 30 gradi (a 50 metri il proiettile deve passare ad almeno 30 m dalla persona) e se lo sa se ne dimentica o se ne frega. Nessuno che faccia rispettare le regole di sicurezza. Conosco dei cacciatori che non hanno fatto la fine del cinghiale solo perché si erano coperti dietro ad un tronco. In Baviera per questi comportamenti vi è una sanzione immediata di 500 euro inflitta dal capo battuta e, se il caso si ripete, il soggetto a caccia non ci va più!

Pare che le recenti norme sciagurate  sui caricatori siano stata scritte perché al ministero si voleva vietare l’uso venatorio di armi semiautomatiche di tipo militare; ottimo proposito che purtroppo è stato messo nero su bianco da chi non sapeva di che cosa stava scrivendo.
Il problema di queste armi è nato quando il legislatore, nel 1977, ha pensato di definire quali armi da caccia le armi lunghe superiori al calibro 22, senza tener conto della loro corrispondenza alle regole dell’arte. Questo errore ha comportato che la norma sul numero delle armi in collezione, che autorizza la detenzione fuori collezione di un numero illimitato  di armi da caccia, consentisse a chiunque di detenere un numero illimitato di armi lunghe che nulla hanno a che vedere con la caccia. Non mi si dica che sia una cosa logica che il povero tiratore sportivo che ha  sette armi sportive lunghe o corte in cal. 22 o ad aria compressa ne debba mettere alcune in collezione con stanza blindata, allarme e divieto di usarle, mentre il suo vicino può mettere assieme decine di fucili semiautomatici tipo Kalashnikov o AR15,  così come se fossero doppiette del nonno.
La legge tedesca pone delle limitazioni di calibro ed energia per le carabine da caccia; con il capriolo la palla deve avere una energia a 100 metri di almeno 1.000 J; con gli altri ungulati deve avere il calibro minimo di 6,5 mm e una energia a 100 metri di 2000 J (in Belgio 2200 J).
In Francia l’arma da caccia deve essere imbracciabile e non deve avere congegni di mira o cannocchiali tarabili oltre i 300 metri. La canna deve essere lunga almeno 45 cm e la lunghezza totale di almeno 80 cm. Però le armi semiautomatiche con caricatore devono avere la canna di almeno 60 cm; se più corte si possono usare solo con una licenza speciale.
Dall’esame di cataloghi internazionali per armi da caccia, si vede che ben difficilmente si scende al di sotto di una canna di 48 cm e una lunghezza totale di 90 cm.
Un vecchio decreto ministeriale italiano del 1980, mai entrato in vigore, prevedeva una lunghezza minima della canna di 45 cm.
Perciò una riforma ragionevole dovrebbe (è solo una ipotesi):
- dichiarare armi sportive tutte le armi lunghe ad aria compressa o da fuoco a percussione anulare (sarà necessario portare ad almeno 10 il numero delle armi sportive fuori collezione);
- definire l’arma da caccia come un’arma lunga imbracciabile con canna non inferiore a 45 mm e lunghezza totale non inferiore a 80 cm, munita di eventuale freno di bocca, di alzo ed esclusivamente di congegni ottici di mira (cannocchiale anche con eventuale telemetro, punto rosso) non tarabili per tiro superiore a 300 metri;
- stabilire che non sono armi da caccia i fucili semiautomatici in versione demilitarizzata o civile di armi automatiche;
- chiarire ciò che è già chiaro e cioè che le armi in collezione possono essere trasportate ed usate in poligoni.

30-04-2014


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