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Edoardo Mori
Saggio sulla violenza dell'uomo
alimentata dal declino della democrazia 1
Chi vuole affidarsi a ciò che altri hanno detto in passato, trova facilmente validi giudizi sulla natura umana. Nella Bibbia l'uomo riesce persino a far capire a Dio che non merita nulla. Prima Adamo gli fa sesso con Eva e gli ruba la frutta che doveva custodire 2; poi Caino gli ammazza Abele e Dio non si scalda molto, poiché non gli è rimasto niente di meglio; lo scaccia, ma gli fa far carriera come costruttore di città. Forse perché Caino era un contadino e vegano e Abele un cacciatore; eppure è più volte scritto che a Dio piaceva molto il profumo del grasso degli animali sacrificati da Abele; ma, è noto, le vie del Signore sono infinite e imperscrutabili e forse già aveva programmato la Brambilla e Greta Thurberg; per la piccola mente dell'uomo di poca fede è facile pensare che se programmava meglio il clima era meglio per tutti!
Subito dopo si arriva al tempo di Noè e il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni disegno concepito dal loro cuore non era altro che male. E il Signore si pentì di aver fatto l'uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo. Il Signore disse: «Sterminerò dalla terra l'uomo che ho creato: con l'uomo anche il bestiame e i rettili e gli uccelli del cielo, perché sono pentito d'averli fatti (chissà perché vuol sterminare il bestiame e gli uccelli, ma ci lascia zanzare, batteri, lupi, orsi, ecc.). Poi si lascia convincere da Noè e lo salva con i tre figli e relative mogli.
Non passa molto ed a Cam viene da ridere a vedere Noè ubriaco con le palle al vento, si incavola di nuovo e lo rende schiavo in eterno delle razze dei fratelli: quindi crea i negri e il razzismo e fa giustizia all'italiana perché fa finta di nulla per un fratricidio e condanna chi ha riso delle palle. Direi che Cam poteva ben interpretarlo come un comportamento violento.
Biante, uno dei sette sapienti della Grecia (c. 600 a. Cr.), disse αʹ οἱ πλειστoι κακoί (Hoi pleistoi kakoi) e cioè che la maggior parte degli uomini sono cattivi. Hobbes infine, a metà del 1600, conclude che la natura umana segue le regole del bellum omnium contra omnes (la guerra di tutti contro tutti) e dell'Homo homini lupus (ogni uomo è lupo per un altro uomo).
Però queste sono ciance, come si dice in Toscana, e se si vuol capire invece di credere, bisogna partire dai fatti. Fortunatamente la filosofia ha fatto il suo tempo, tutto ciò di cui essa trattava in passato è ora studiato dalle scienze, ed alla filosofia è rimasto solo di sproloquiare di cose inconoscibili e opinabili come escatologia e metempsicosi; il che è molto comodo perché non si può sbagliare mai.
I fatti reali sono che la vita sulla terra si è sviluppata sul principio che ogni essere vivente è formato da sostanza organica, che deve vivere di sostanze organiche e che quindi ogni essere vivente si nutre di altri esseri viventi. In politica si parla di mangiare invece che di nutrirsi, ma la sostanza non cambia.
Per la piccola mente dell'uomo questo è un argomento per dubitare che Dio sapesse distinguere il bene dal male e per sostenere che nella lotta fra il dio del bene e il dio del male abbia forse vinto proprio il dio del male, il quale poi, come sempre avviene dopo i colpi di stato, si è spacciato per il dio buono 3.
In realtà la nozione di bene e di male è una categoria egoistica e soggettiva che si è creata l'uomo il quale considera buono ciò che fa meno male a lui che agli altri, ma un dio può pensare solo in termini di ciò che corrisponde o meno ai sui imperscrutabili programmi, universali e infiniti. Però la logica (unico strumento asettico che l'uomo ha trovato per tentare di pensare), ci dice che la vita è nata da una scintilla originaria e che poi si è evoluta secondo le ineluttabili regole della selezione naturale e cioè:
a) sopravvive il più forte,
b) il suo istinto primario è la riproduzione.
Siccome per riprodursi occorre essere vivi, ne deriva che il più forte deve combattere, ma senza morire: in sintesi, deve sempre pensare a salvare la pelle e le palle (vitam et testes serbare, in latino). Ovvio corollario di questa considerazione è che se vi è stato un creatore della vita, il suo atto si è esaurito nella azione originaria e poi non si è più occupato della cosa che doveva poter procedere da sola, come ha fatto. Di certo non ha passato milioni di anni a insufflare anime in ogni cellula che si riproduceva e a controllare se l'uomo mangiava le cose giuste! Anche un dio ha diritto alla sua dignità che non può essere stabilita da chi pretende di parlare per conto Suo! Dio ha creato l'uomo a sua somiglianza e l'uomo ha poi, purtroppo, pensato bene di farsi un dio che fosse simile a lui, con i suoi difetti!
Ma torniamo alla scienza e alla logica. Il mondo animale si organizza a coppie oppure in forma sociale. Nel primo caso il maschio deve combattere, spesso per una stagione, solo per il territorio e per la femmina e vince chi ha più forza ed intelligenza per adattarsi all'ambiente. Nel secondo caso il maschio che raccoglie attorno a sé altri suoi simili deve gestire la sua posizione di comando: deve saper difendere il territorio, deve tenere a freno i maschi giovani i quali credono di potersi riprodurre meglio di lui, deve saper condurre il suo gruppo dove vi è cibo e acqua, deve controllare le femmine che, per istinto naturale, sanno che la specie sopravvive meglio se si mescolano i geni di più maschi! È la nascita del principio di autorità che guiderà il mondo.
Nei gruppi sociali degli insetti, formatisi in milioni di anni, vi sono società con migliaia di componenti che si autogestiscono esclusivamente in base a messaggi chimici e ad istinti, ma anche nei branchi di mammiferi le regole del branco sono spesso divenute istintive; si pensi, ad es., al fatto che le lotte fra maschi sono rituali perché nessuno deve morire e nessun dovrebbe farsi troppo male.
Il fatto che l'animale sia in ogni momento a rischio di essere mangiato crea un naturale stato di ansia; nel momento del pericolo scatta la scarica di adrenalina e l'attacco. E questa è un'altra sorgente naturale di violenza.
Diverse cose ricollegate fra di loro hanno poi concorso a far sì che l’uomo si abituasse ad uccidere sul piano inconscio e quindi a considerare, coscientemente, la morte altrui come soluzione privilegiata per risolvere i problemi relazionali. L’istinto base che, a tutela della specie, ritualizza la lotta fra animali della stessa specie, è stato attenuato nel momento in cui l’uomo ha iniziato ad usare strumenti e quindi non ha più dovuto affondare i denti nel collo di chi voleva fregargli la femmina.
L’istinto ha subito un ulteriore colpo dalla vita di branco; quando è il branco ad assalire, la responsabilità del singolo scompare, l’azione mortale si scompone in atti di per sé limitatamente violenti che non contrastano più con l’istinto base. Uccidere diviene facile e infatti mai l’uccisione in guerra è stata considerata asociale. Tutt'altro!
Credo però che vi sia un ulteriore aspetto da considerare. La lotta fra animali è sempre una lotta fra eguali, diversi solo per la forza fisica; chi soccombe si sottomette e la questione è chiusa. Per l’uomo invece non vi è solo la forza fisica, ma anche lo strumento (l’arma) e l’intelligenza. Presto l’uomo ha imparato che l’avversario vinto si rialzava e gli dava una selciata sul cranio, oppure che aspettava il suo sonno per sopraffarlo, e così via. In quel momento è nato il dato sperimentale che solo chi era morto non era più pericoloso!
Quindi la nostra capacita omicida è dovuta all’intelligenza, al fatto di aver riconosciuto che l’eliminazione fisica del nemico è la soluzione più lineare, massimo di sintesi e di semplificazione! 4
Un gruppo sociale comporta due conseguenze:
- Vi è un soggetto che comanda e gli altri ubbidiscono o se ne vanno (cosa gradita a tutti colori che restano).
- Nasce il problema di tutto il gruppo di proteggere il territorio, fino al punto di dover costruire barriere materiali e di avere truppe addestrate. Si veda sul punto il libro di Tim Marshall, I muri che dividono il mondo, 2018, in cui si scopre che appena nasce una società stabile con suddivisione di compiti, essa è in condizioni di inferiorità militare rispetto ai gruppi nomadi, in cui tutti combattono e non sono aggredibili, e deve difendersi con barriere materiali. Chi combatte può imporsi sugli altri.
Quindi un duplice impegno per chi comanda, e la storia recente dell'umanità insegna che il problema è sempre stato risolto, bene o male, con l'uomo forte. Poco importa se poi lo chiama re, imperatore, dittatore, principe o capo dello stato. Le esperienze democratiche sono state rare e sempre limitate a brevi periodi di benessere e pace; sono essi che hanno portato la democrazia e non viceversa.
È un assioma che tutta la storia dell'umanità è basata sull'impiego della minaccia della violenza come mezzo di controllo di un gruppo, come mezzo di difesa da altri gruppi, come mezzo di sopraffazione su altri gruppi. Ed è un assioma che fra i componenti di un qualsiasi gruppo si crea una gerarchia di forza (fisica, intellettuale, economica, razziale, ecc.). Pongo l'accento sulla parola minaccia perché una volta stabilitasi una posizione di forza, ciò che si richiede è solo la paura del sottoposto circa l'ineluttabilità delle conseguenze delle sue azioni non adeguate. È il principio romano sulla pena che non serve come castigo, ma come esempio deterrente: punitur ne peccetur, si punisce affinché non venga peccato. La pena inflitta al reo portava alla sua eliminazione e chiudeva la questione nei suoi riguardi.
In società più evolute la forza viene mascherata sotto il nome di religione, tabù, diritto, ma sono solo strumenti aggiuntivi usati per controllare le masse mediante la paura della violenza, il che non cambia i termini del problema. Si veda come i tabù e le superstizioni siano all'origine di regole sociali cogenti nel libro di James George Frazer, L'avvocato del Diavolo (1909). Lo stesso autore, nell'opera Il ramo d'oro (1900) (ma l'argomento era stato già sviluppato da Johann Bachhofen, Das Mutterecht, 1861), ricostruisce come nella preistoria mediterranea vi fossero forme di matriarcato con re simbolici, ritualmente sacrificati (questo per coloro che tengono a dire che la violenza è maschile; ciò è vero per la violenza fisica del singolo, ma non per la violenza dei gruppi che spesso sfocia in violenza cieca e senza controllo - rivoluzioni, genocidi, pogrom, ecc. - ad opera di gruppi promiscui di uomini e donne).
Si può quindi affermare che la violenza è il mezzo di controllo nei gruppi animali e che la violenza crea paure e perciò crea atteggiamenti violenti anche in chi la subisce. Ma la violenza prevale sulla paura, fino al momento in cui si perde ogni speranza di salvezza.
Nei gruppi sociali più ampi il controllo sulla violenza al suo interno (nessuno ha mai pensato di poter controllare le guerre con altri gruppi) è stato esercitato mediante regole di diritto draconiane, con sanzione immediata, che lasciavano poco scampo: il membro ha solo doveri e nessuno diritto, chi sbaglia viene eliminato o estromesso dal gruppo. Si riduce così la violenza dei singoli. Presupposto essenziale è che chi comanda abbia la forza necessaria per far rispettare le sue regole; cosa rara perché la storia ci insegna che appena chi ha emanato le regole si indebolisce, esse divengono solo una finzione formale e i violenti prevalgono.
Sia chiaro che la regola non deve essere, e non era, necessariamente dettagliata: è normale e corretto che venga punito genericamente ogni comportamento "antisociale" secondo il giudizio del capo o degli anziani. Questo è stato il sistema cinese da Confucio a Mao ed ha funzionato forse meglio del nostro coacervo di sofisticherie e cavilli 5. Anche noi ci siamo inventati, oltre ai cavilli, delle regole generali non scritte di comportamento quali i principi generali del diritto e l'ordine pubblico; peccato cha siano serviti solo a mantenere in vita, oltre la volontà espressa del legislatore, istituti superati dal tempo, talvolta medievali, frutto di integralismo religioso e di moralismo bigotto (chiusura al sesso, alle donne, al divorzio, all'aborto, all'eutanasia, ecc.).
Non è certo poi il massimo della logica non punire certe condotte solo perché il legislatore non le ha considerate (si pensi ai tanti reati informatici abbandonati a leggi del tempo degli scrivani con la penna d'oca!) ed è drammatico che si intervenga solo per punire e non per prevenire 6. Mancano norme che consentano un serio controllo sulle persone pericolose pronte a fare stragi o insensibili al dolore altrui, quando scatterà, per un nonnulla, la loro pazzia.
Il sistema fin qui delineato comincia a vacillare nel momento in cui si decide che il cittadino non ha solo doveri, ma anche diritti e che egli è nato buono e la società l'ha reso cattivo, il che avviene a partire dal Settecento con l'Illuminismo e la Rivoluzione Francese. Ciò può comportare, ma non necessariamente, una perdita di forza del potere al governo. Si noti come con le rivoluzioni questa situazione sia transitoria; gli uomini che fanno la rivoluzione la fanno sotto una forte spinta individuale con motivazioni diverse e spesso opposte; li accomuna la voglia di cambiamento, ma ognuno spera nel cambiamento che piace a lui; quando si ritrovano a dover governare assieme, litigano ed è necessario richiamare l'uomo forte (ad es. in Francia, Napoleone I e Napoleone III, De Gaulle).
Né tutte le democrazie sono perfette ed esenti da un potere violento. Esemplare la storia degli Stati Uniti, che sono nati dalla violenza della conquista del territorio e con una Costituzione democratica che però deve fare i conti con mentalità religiose integraliste, che considerano tutti eguali, ma deve anche fare una guerra per liberare i negri che proprio eguali non sono ancora oggi, oppure che rinunzia a certe regole democratiche appena ciò è necessario 7. Neppure il sistema democratico inglese, additato a modello, è stato immune da violenza derivante da integralismo religioso e la democrazia non ha affatto impedito guerre, colonialismo e un capitalismo di rapina. La violenza in democrazia segue altre regole; ma di certo non scompare. La democrazia nasce per tentare di tutelare i propri cittadini dal potere, non per tutelare chi appartiene ad un altro Stato.
Affronto il problema della violenza in democrazia solo con riferimento all'Italia perché essa ha avuto il percorso tipico delle democrazie prive di un governo forte, adatto a garantire una certa stabilità e in grado di poter realizzare i suoi programmi; sono sempre mancati due forti gruppi opposti alternantesi al potere e quindi si è vissuto di compromessi, cercando di accontentare un po' tutti. È una situazione antica e le pagine del libro di Maurice Joly, Recherches sur l'art de parvenir (1868), scritte all'epoca di Napoleone III, sembrano scritte oggi: la decadenza e l'involuzione della democrazia che attrae politici sempre meno capaci, avventurieri e faccendieri, ed un elettorato spaventato e disorientato da una propaganda che ha il solo scopo di circonvenirlo. È appena il caso di dire che la lotta politica condotta con mezzi infami è essa stessa una forma di violenza a danno dei soggetti che non sono in grado di gestirla con le proprie conoscenze e senza passioni. Un tempo si saltava sul treno della politica per raggiungere delle mete; ora si salta sul treno solo per conquistare il treno e le sue merci!
È però un assioma che nessun fondatore di democrazie ha mai dubitato che il suo sistema fosse idoneo a scegliere i migliori per comandare; nella realtà la democrazia decade fino a scegliere i peggiori: disonesti, arrivisti, corrotti, ciarlatani, ecc.
È altrettanto ovvio che se la democrazia nasce per realizzare la volontà della maggioranza, non vi è spazio per la volontà della minoranza (i Romani interrompevano lo spoglio dei voti arrivati al 51%) la quale, di norma, non ha una volontà unitaria, ma raccoglie solo chi la pensa diversamente in base alle sue personali vedute. In Italia ed altri paesi ci siamo inventati che tre o quattro minoranze con idee disperse e non costruttive, ma coalizzate a fini di potere, bloccano chi in effetti rappresenta chi vuol realizzare ciò che vuole la maggioranza coerente dei cittadini.
L'effetto della democrazia è che da una situazione in cui prevale l'azione per raggiungere certi scopi utili, si passa ad una situazione in cui una parte, vincente, deve convincere il popolo che sta realizzando le promesse elettorali, anche se non ci riesce, e l'opposizione che la combatte con facili e utopistiche promesse elettorali di un futuro migliore. Dal governo dei fatti si passa al governo delle chiacchiere per imbonire le masse e sul piano delle chiacchiere qualunque cittadino al bar può dire la sua, esattamente come quando parla di calcio. La politica diventa tifo e consorteria, l'avversario politico diventa un nemico, si lotta per delle etichette e non per la realtà.
E si giunge allo scontro fisico e all'uso in politica dei mezzi più bassi, come l'ingiuria, la diffamazione, la calunnia, le dimostrazioni orchestrate, la violenza giudiziaria e dei mezzi di comunicazione. La conseguenza per molti è la perdita di una bussola con cui orientarsi, ansia e paure e conseguente desiderio di soluzioni violente.
È un'assioma che la semplicità rassicura e la complessità spaventa.
È un assioma che il partito che si proclama democratico ed usa mezzi di lotta asociali o contrari ai principi democratici o illegali, non è più un partito, ma un'associazione criminosa.
Dalla democrazia si esce o con un voto democratico (quando chi ha il potere cambia per conservarlo) o con un atto violento. Il quale, se rivolto contro una democrazia criminosa, può essere anche necessario e giustificato.
La democrazia e la necessità di imbonire il popolo, portano a voler accontentare un po' tutti e al compromesso. Di fatto, ben difficilmente la realtà è grigia, ma è bianca o nera, eppure si finisce per procedere con mezze misure; siccome uno Stato che vuol pagare i debiti e investire, dovrebbe scontentare tutti i parassiti che si sono attaccati alla sua mammella, si ricorre al più facile metodo di aumentare il debito o di svalutare la moneta e di lasciare la patata bollente alle generazioni future. E la maggioranza trasversale per i compromessi si trova sempre!
L'effetto peggiore si ha però sulla sicurezza pubblica perché viene meno il coraggio di punire chi deve essere punito. In Italia sono state depenalizzate quasi tutte quelle condotte che turbano la convivenza civile: si può fare i bulli, si può girare ubriachi o drogati, si può disturbare, si possono sporcare le case, si può schiamazzare, si può guidare senza assicurazione, ecc. e chi non ha soldi non rischia assolutamente nulla. Ladri e spacciatori vengono arrestati e rimessi in libertà e la pena arriverà dopo qualche anno, spesso simbolica, spesso ridotta al minimo. Logica vuole che chi delinque e viene arrestato con prove evidenti di colpa, deve rimanere in carcere, deve essere condannato nel giro di pochi giorni, deve uscire dal carcere quando ha capito che il delitto non rende, quando nella sua mente si è creato il riflesso pavloviano "delitto = mia sofferenza". Guai se l'unica a tenersi la sofferenza è la vittima; significa trovarsi nel mondo alla rovescia che spaventa 8.
Il cittadino si sente insicuro perché la legge reagisce di fronte ad un reato ma non sa impedire i reati, non dà la sicurezza delle strade, non impedisce di non essere molestato da ubriachi o mendicanti, di non essere derubato; non vi è la ragionevole aspettativa di incontrare solo persone rispettose del prossimo.
Goethe, della cui grandezza non si può dubitare, ha scritto più volte che è preferibile una ingiustizia che un disordine. Ed è pensiero condiviso, all'atto pratico, da molti regimi. La giustizia è una astrazione, una forma spesso priva di sostanza, a cui si deve tendere ben sapendo che il risultato sarà sempre approssimativo. L'ordine è una realtà tangibile e vivibile. I Romani, ad esempio, e come già detto, punivano per dare un esempio 9 e non si soffermavano a meditare se avessero proprio punito la persona giusta e quindi nell'esercito era accettata la punizione della decimazione; punizione ancora applicata nel corso della prima guerra mondiale da Italia, Francia e Gran Bretagna.
L'aspirazione ad una giustizia formale ha portato molti paesi occidentali ad un livello di inefficienza del sistema punitivo quasi incredibile: su cento reati gravi il colpevole viene individuato solo in trenta casi e di questi trenta processati, solo dieci vengono condannati. Un sistema in cui è così è facile farla franca, in cui il delitto paga, in cui le pene restano sulla carta, chiaramente è più dalla parte del delinquente che della vittima e il cittadino ha ragione di sentirsi in pericolo.
Quando la democrazia non funziona si verificano vari fenomeni:
a - Il paese è in mano a caste (politici, magistrati, sindacati, ordini professionali, lobby, che proteggono solo le proprie posizioni di potere).
b - Il paese è in mano ad una burocrazia inefficiente e che ha dimenticato di esser al servizio del cittadino, totalmente impunita e irresponsabile nei confronti di chi ha danneggiato; vi rientra la magistratura che mai si è spaventata per i tempi dei processi, per la maggioranza di processi condotti contro persone che poi risultano innocenti, per un sistema che è capace solo di pestar l'acqua nel mortaio il più a lungo possibile.
c - L'opinione pubblica è allo sbando con distruzione del patrimonio culturale di un popolo, perché chiunque ha tutto lo spazio che vuole per pontificare: diventano opinionisti saltimbanchi dello spettacolo, giornalisti improvvisati, politici mestieranti e, ormai, anche chiunque si presenti sul Web, esperto nel creare specchi per gli allocchi. I voti si conquistano con la pubblicità, non con le capacità; vince chi sa imbrogliare meglio perché vi sono leggi per vietare la pubblicità ingannevole del formaggio, ma non quella della politica. Si accettano associazioni o comportamenti criminosi solo perché si nascondono dietro una etichetta di religione … studiata a tavolino.
Non era certo ciò che immaginava chi voleva tutelare la liberà di pensiero; sacrosanta quando uno pensa ed espone le sue idee, ma criminale quando si si cerca di imporre il proprio pensiero agli altri, quando sono pensieri frutto di delirio, quando sono artificioso strumento di sopraffazione.
È un assioma che chiunque è convinto di possedere la verità e di doverla imporre agli altri è un malato di mente o uno psicopatico, socialmente pericoloso, che fa uso di violenza psicologica e spesso, materiale. E poco importa se definisce il suo delirio come religione o come filosofia, o, peggio ancora, come sapere scientifico.
Ne è un esempio la nostra epoca invasa da coloro che voglio negare tutto mettendo davanti ad ogni parola le sillabe ANTI o NO: notax, novax, notav, nofig, ecc. ecc. Non sarebbe male ricordare che un'esperienza devastante come il proibizionismo negli Stati Uniti, venne lanciato e propagandato, con grande seguito, da fanatiche religiose e violente, come Carrie Amelia Nation, le quali più che l'alcol volevano combattere il peccato. Non è proprio il caso, salvo che in un mondo la rovescia, di correre dietro ai bambini per salvare il mondo da catastrofi epocali evolutesi in tempi lunghi e perfettamente indifferenti al fatto che si accenda il caminetto o al tipo di carburante che si usa. Si spera che non nasca un movimento nofuoc per dare tutta la colpa a Prometeo!
d -Viene meno il sistema punitivo. È un assioma che uno Stato non può reggere senza un giusto sistema di punizione di coloro che violano le regole sociali. Altrimenti le forze di polizia diventano giustamente violente perché il risultato del loro lavoro svanisce fuori della porta della caserma e non vengono più rispettate. E lo stesso cittadino capisce che non ha altra possibilità, se può, che farsi giustizia da solo. Si afferma che nella società moderna il cittadino ha rinunziato a fare ciò perché lo Stato si assunto il compito di difenderlo. Ma se non lo fa, il patto con il cittadino è rotto. Avviene poi che i deboli o i pacifici, non capaci di difendersi, finiscano per delegare la propria difesa a chi ha il fegato di farlo (pochi ucciderebbero un pollo, ma tutti li gustano dopo che il macellaio lo ha fatto per lui!) e così cercano l'uomo forte, politico o mafioso, poco importa. Che spesso è troppo forte, e più macellaio che cuoco! La mente umana è fatta così, il che spiega il successo di tutti quei film, come ad es. Il giustiziere della notte, o con l'Ispettore Callaghan, in cui i cattivi non vengono arrestati, ma eliminati perché se lo sono meritato e il perché nella maggior parte dei film polizieschi il procuratore della repubblica e i giudici sono spesso dei manichini inconsistenti, buoni solo a rovinare il lavoro agli investigatori!
È un assioma che uno Stato che fissa delle regole e poi non le fa rispettare, ha fallito, non è più sostanza, ma solo vuota forma, come un pallone bucato che sta collassando. In Italia siamo forse già oltre perché non si riescono nemmeno a creare nuove regole, visto che i nuovi politici non hanno la necessaria competenza e non hanno un retroterra culturale a cui attingere.
Come meravigliarsi se cresce la paura nel futuro e la convinzione di doversi proteggere da soli?
e - Il cittadino non si sente protetto dagli "alieni" i quali sono tutto coloro che, come già detto, oltrepassano i muri materiali o ideali che essi ritengono dover esistereper conservare la propria identità. Secondo i moderni profeti di stupidità è doveroso comprimere la propria identità per far lasciar spazio a quella degli altri. Persino la nuova presidente della Corte Costituzionale scrive in una sentenza che la Carta Costituzionale contiene il principio della piena tutela dei soggetti deboli e richiede anche "la continuità delle relazioni costitutive della personalità umana". A dire il vero io non l'ho mai trovato e la Corte deve applicare la Costituzione, non cambiarla per adeguarla ai tempi e alle politiche. Se negli Usa avessero potuto ragionare così, avrebbero già abolito le armi da un secolo e forse avrebbero già stabilito che la terra è piatta e che Darwin era un mitomane! Nella Costituzione c'è scritto che la Repubblica è fondata sul lavoro (quello proprio, ovviamente, non quello degli altri!) il che significa che non è ammesso il parassitismo sociale. Principio del Nuovo Testamento, Lettera al Tessalonicesi, in cui San Paolo dice "E infatti quando eravamo presso di voi, vi demmo questa regola: chi non vuol lavorare neppure mangi. Sentiamo infatti che alcuni fra di voi vivono disordinatamente, senza far nulla e in continua agitazione". Principio ripreso dalla Costituzione sovietica del 1918 e poi finito in quella italiana per accontentare i partigiani marxisti. Ma forse vi è chi non legge il Vangelo o la Costituzione, ma gli scritti ciellini!
Orbene, ora è di moda additare ogni avversario come razzista se non accetta l'immigrazione incontrollata di altri popoli. La resistenza dei cittadini non ha nulla a che vedere con il razzismo che si ha quando si rifiuta, in via generale, un altro essere umano per sue vere o presunte qualità genetiche negative od anche solo per il colore della pelle. Nozione ottocentesca a cui da allora più nessuno ha creduto, salvo la parentesi nazista. E gli italiani non sono mai stati razzisti in questo senso; anzi! Come ben scriveva Flaiano nulla vieta di usare la parola razza purché sia chiaro che Le razze esistono in quanto gli esseri umani nascono con attitudini ereditarie diverse e trasmettono ai loro eredi queste attitudini; che diventano filosofia, comportamento, modo di intendere la vita, la passione e il prossimo; e che di fronte a ogni situazione reagisce secondo la memoria ereditaria inconscia. Ed anche l'essere ebreo non ha nulla a che fare con la nozione di razza; essi si sono sempre definiti il popolo eletto dal Signore, ma hanno accettato chiunque si convertiva alla loro religione e per essa sono stati perseguitati nel medioevo.
Ma quando si pensa che non si ha alcun dovere di ospitare chi arriva in altro paese non per integrarsi, non per partecipare alla società, non per rispettarne gli usi e costumi, ma per sfruttarne parassitariamente il maggior benessere, a spese di chi lo ho generato nei secoli, non si è razzisti: si manifesta solo il sacrosanto diritto di tutelare i propri interessi. Sarebbe ora di convincersi che gli stati sono retti dall'economia e non da regole etiche create da santoni.
È di questi giorni il caso della Francia in cui si è scoperto che vi sono interi quartieri e villaggi interamente arabi, con amministrazioni ombra interamente arabe, in cui i giovani non imparano il francese; vale a dire delle enclave arabe sul territorio francese; questo non è ospitare, ma subire una invasione da parte di chi non vuole partecipare, ma vuole occupare e sfruttare. Persino i popoli barbarici del medioevo, all'epoca delle Völkerwanderungenarrivavano a capire che gli conveniva integrarsi nel pur decadente impero romano!
Se non si capisce ciò si creano propri quegli "alieni" che fanno paura perché chi se li trova davanti non può valutarli, non capisce se sono amichevoli o aggressivi, non sa se conoscono le nostre leggi, teme che nella loro testa il violentare una donna sia una bazzecola, teme che siano pronti ad usare violenza senza misura e ritegno per poter mangiare, sa che possono delinquere facilmente perché protetti dall'omertà e dalla lingua, sa che spesso non hanno nulla da perdere, ecc.
È un assioma che se uno Stato vuol evitare questa fonte di violenza, deve regolare l'immigrazione avendo ben chiaro che essa deve garantire che l'immigrato diventi un buon cittadino e abbia le capacità per diventarlo, senza con ciò danneggiare gli interessi legittimi dei cittadini che pagano. È troppo comodo fare i buoni con i soldi degli altri! Perché chi è favorevole non ha mai imposto una sovrattassa per coprire le spese? Perché sa benissimo che il giorno dopo il governo non ci sarebbe più, a furor di popolo.
A ben vedere, il discorso potrebbe essere reso più generale e si può individuare il principio per cui l'essere umano ha l'istinto di conservare il controllo del proprio territorio e rifiuta ciò che è diverso e può creare situazioni a cui non è preparato: quindi sospetto e rifiuto di vagabondi, zingari, persone di aspetto o abbigliamento anomalo o non conformista, finocchi 10, forestieri, ecc. Il diverso, come l'alieno, in molti fa sorgere un senso di disagio e di rifiuto, anche se di rado violento.
Il problema della violenza fra i giovani è molto complesso e meriterebbe una apposita trattazione in quanto si mescola con il problema della gestione delle folle, di cui sono una componente con caratteristiche speciali.
I giovani, per natura di cose sempre pronti ad avere le idee degli altri, perché alla loro età è troppo presto per aver di proprie, seguono le regole dei branchi di storni o di acciughe o di sgombri, o di altri pesci poco apprezzati dai gastronomi, che si muovono sincronicamente tutti assieme, ondeggiando nell'aria o nell'acqua con movimenti che sembrano intelligenti, ma che invece sono solo la reazione meccanica ed istintiva ai movimenti degli individui ai margini, i quali dovrebbero percepire segnali di pericolo utili al branco. Fenomeno da non confondere con le reazioni di panico della folla in situazioni di emergenza e in spazi stretti, che invece seguono le stesse leggi fisiche della fluidica: l'uomo non è più nemmeno un'acciuga, ma diventa una molecola amorfa di liquido!
Chi ha studiato il problema della intelligenza umana, intesa come la capacità di valutare la realtà e di adottare decisioni non controproducenti (il contrario della stupidità, che porta a comportamenti non utili né a chi li pone in essere né agli altri), tra i primi Schopenhauer, è giunto alla conclusione che il 75-80% degli esseri umani sono da classificare come stupidi e che essi sono equamente distribuiti in ogni categoria; vale a dire che fra i magistrati il 75% almeno è stupido, e così per medici, avvocati, professori, commercianti, ecc. È anche abbastanza normale che in ogni gruppo lo stupido riconosca la stupidità dei propri colleghi, ma non la propria.
Studi recenti hanno confermato questa valutazione 11. Walter B. Pitkin che nel 1932 pubblicò la Short Introduction to the History of Human Stupidity, rinunziò alla casistica perché il suo libro sarebbe divenuto più grosso di una enciclopedia!
Nl 1895 Gustave Le Bon scrive il libro La psicologia delle folle, divenendo il fondatore della psicologia delle masse 12.
Egli scrive 13: L'ingresso delle classi popolari nella vita politica è una delle più sorprendenti caratteristiche di questa nostra epoca di transizione. [...]. Le masse stanno creando sindacati davanti ai quali le autorità capitolano un giorno dopo l'altro... Oggi le rivendicazioni delle masse ... mirano a distruggere completamente la società come adesso esiste, con l'intenzione di tornare indietro a quel comunismo primitivo che era la condizione normale di tutti i gruppi umani prima dell'avvento della civilizzazione. Il diritto divino delle masse sta rimpiazzando il diritto divino dei re. [...] È solo studiando la psicologia della folla che si può comprendere che le azioni della legge e delle istituzioni su di loro sono insignificanti, che loro [i popolani] sono incapaci di sostenere un'opinione qualunque se non quelle che gli vengono imposte, e che non è con le leggi basate sulle teorie della pura eguaglianza che essi vanno guidati, bensì con lo studio di ciò che li impressiona e li seduce.
Fu letto e studiato a fondo da Mussolini, Hitler e F. D. Roosevelt; persino Beppe Grillo (mi scuso con gli altri per l'accostamento) lo ha utilizzato per sostenere, contro scienza e logica, la bufala della cura Di Bella!
In un mondo di 7 miliardi di essere umani di cui almeno 5 miliardi stupidi per definizione, è evidente che le regole della democrazia, ottime in un cantone svizzero, non sono più utili. Si deve gestire la massa (una volta era la plebe), incapace di prevedere il futuro e di decidere di cose serie; lo ha riconosciuto la stesa nostra costituzione che esclude dal referendum abrogativo le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali (Art.75). Come dire: bella la volontà del popolo, ma sappiamo benissimo che se li facciamo votare di abolire ogni tassa, la maggioranza degli imbecilli sarà favorevole e farà saltare tutto!
Realtà ben prevista e descritta da Aldous Huxley nel suo libro Il mondo nuovo (1932), fantascientifico, ma dopo 20 anni già superato dalla realtà, in cui spiega che di fatto la nuova plebe, come quella antica, è una massa amorfa, un peso al piede in cui ognuno vive alla giornata, più che contento di aver la sicurezza di mangiare e bere, di spettacoli di bassa lega, di un po' di sesso e di droghe per sentirsi euforici. Proprio la realtà attuale in cui nulla si chiede di più della partita di calcio, del Grande Fratello, delle canne, della discoteca. E purtroppo una massa di voti a disposizione del primo imbonitore pubblicitario che sa rifilargli le adatte fake news o che promette la droga libera. Per Huxley tanto vale accontentarli, farli rinunziare al voto, e gestire lo Stato seriamente.
Altrettanto preveggente Ennio Flaiano già negli anni 60 aveva scritto: fra trent'anni l'Italia sarà non come l'avranno fatta i governi, ma come l'avrà fatta la televisione. E non poteva prevedere l'impatto dei social che ha trasformato il popolo in massa di rane gracidanti in uno stagno, ognuna convinta di essere un individuo speciale (oggi il cretino è pieno di idee) e di sapere e di capire "perché lo ha letto in Internet", ma di fatto in attesa solo di essere inghiottita dal primo predatore che la appetisce. Forse le api e i formicai funzionano proprio perché api e formiche non credono di essere l'una diversa dall'altra; non sono neppure numeri, non parlano e non pensano!
Nel 1972 Prezzolini 14, altrettanto lucidamente scriveva: In tutti i Paesi le masse dimostrano di non saper scegliere, e di non saper volere insieme. Tutti i Paesi sono dilaniati da lotte, che non potendosi risolvere razionalmente, finiscono per esser decise dalla violenza. Le masse perdono il tempo a guardare le gare sportive ed a litigare per un goal sbagliato o un arbitrato arbitrario. Un cantante è molto più popolare di un ministro. Mai un numero così grande di incompetenti, di deficienti, di bruti, di sciocchi, di leggeroni, di ubriaconi, di spreconi, e anche di delinquenti (ricchi e poveri) è stato dichiarato ufficialmente capace di scegliere quelli che dirigono le sorti di un Paese e possono mandarlo in rovina. Le teorie più distruttive dell’ordine elementare di uno Stato vengono diffuse ed acquistano credito.
Nel 1908 Graham Wallas, in Human Nature in Politics già aveva scrittoche l'empirica arte della politica consiste largamente nella creazione di opinioni, nel deliberato sfruttamento delle inferenze subconsce e non-razionali.
La globalizzazione, la comunicazione universale, l'aumento della popolazione ha cambiato il quadro di riferimento; i modelli matematici applicabili sono cambiati e ora si deve ragionare secondo le leggi dei grandi numeri e di teoria del caos. Quando si constata che solo una minoranza di elettori va a votare, che la maggioranza di essi voterà per la parte per cui ha già votato; che i più non votano a favore di una partito, ma solo contro gli avversari; che un numero modesto di elettori finisce per essere determinante; che il risultato sarebbe lo stesso se si facesse votate un piccolo campione di elettori ben scelto, è facile concludere che i miti del voto democratico e della volontà popolare vanno relegati proprio nella mitologia politica.
Ciò posto diventa chiaro quale è il problema della gioventù. Il punto di partenza è sempre lo stesso sin dall'epoca in cui l'uomo ha iniziato a vivere in branco. Il cucciolo deve imparare a combattere per sopravvivere e per dimostrare di avere le doti del capo. I suoi modelli sono chi comanda, il capo, lo sciamano, il guerriero. Nel passato, neppure lontano, i modelli ideali erano gli eroi, i santi, i geni. La vita era dura, la miseria e i pericoli tanti e chi voleva emergere dalla palude della carne da macello, chi non voleva finire fra i reietti 15 doveva impegnarsi a fondo.
Poi rapidamente il quadro dei valori di riferimento è crollato perché è venuto meno il controllo sugli stupidi, deleteri nel distruggere il passato reale e affinato nei secoli per sostituirlo con nuove teorie, mai messe alla prova dei fatti. Quindi:
- l'individuo più importante dei singoli;
- tanti diritti e pochi doveri;
- negazione della meritocrazia e quindi:
- rifiuto del principio di autorità
- difficoltà nel creare e scegliere capi;
- peggioramento del sistema scolastico;
- peggioramento della macchina burocratica;
- negazione del sistema punitivo del passato e quindi:
- scuola impotente nel correggere chi non si adatta;
- genitori che non accettano giudizi negativi e correzioni;
- sistema penale minorile basato suoi predicozzi;
- nessun strumento per insegnare a rispettare l'autorità, i beni pubblici.
- nessun avviamento alla prestazione obbligatoria di servi utili.
- come modello di riferimento i media dànno spazio ai campioni sportivi, spesso più simili ai gladiatori che agli eroi di Olimpia, spesso rozzi ed incolti, ed a gente dello spettacolo la cui carriera è basata sull' apparire ad ogni costo e con ogni mezzo, spesso autori di comportamenti asociali (droga, eccessi, ecc.).
- società in cui il modello più in voga è quello di chi evade le tasse, lavora in nero, vive di traffici illeciti impunemente, osserva solo le leggi che gli fanno comodo; perciò può permettersi auto e divertimenti ignoti agli onesti lavoratori;
- modello di società che non richiede più sacrifici; chiunque sa che anche se non ha studiato, anche se ha bighellonato, anche se ha lavorato il meno possibile, non lo lasceranno morire di fame.
La conseguenza di tutto ciò è che vi è un abbassamento verso il basso dei modelli di giovani; tutti con il telefonino, pochi libri e poca scuola, tutti con il ciclomotore, tutti in discoteca, tutti pronti allo sballo. Però ogni giovane ha il desiderio istintivo di distinguersi, di avere una propria identità, e se manca un modello superiore a cui ispirarsi, ci si ispira a modelli inferiori: ci si droga, si fuma, si commettono atti di bullismo e vandalismo, ci si infilano pezzi di ferro nel naso e nella lingua o dove capita, si viola il codice della strada, si danneggiano muri e vagoni. Ovviamente senza rischiare nulla perché la legge e la giustizia sono catatoniche.
Spesso chi si sente debole finisce per aggregarsi a bande di suoi simili per sfruttare la forza del gruppo e diviene ancor più pericolo perché il gruppo deresponsabilizza e ed elimina le resistenze morali; è facile trovarsi a seguire l'esempio e gli ordini di psicopatici.
Proprio il già citato Colin Wilson ha sviluppato la teoria, che è ormai un assioma, secondo cui la spinta a fare politica od a fare il criminale è spesso la stessa (la voglia di prevalere sugli altri), solo che chi fa politica ha potuto scegliere mezzi diversi.
È ben difficile che l'umanità possa sottrarsi ad ogni tipo di violenza perché essa è strutturale.
2 marzo 2020
1 In questo scritto uso il termine assiomi del linguaggio filosofico: sono quelle affermazioni e principi da ammettere senza discussione per la loro immediata evidenza che "risultano dall’intuizione pura del tempo e dello spazio" (Kant). Se per alcuni non sono così evidenti … fatti suoi!
3 Vedi Richard Dawkins, L'Illusione di Dio - Le ragioni per non credere, 2006
4 Si veda Colin Wilson, La Filosofia degli assassini, 1972 e Storia criminale del genere umano, 1984. Vedi anche Anthony Storr, Human Aggression, 1968.
5 Vedi Jean Escarra, Le droit chinois, conception générale, aperçu historique, 1936
6 Dicevano i Romani Melior est iustitia vere praeveniens quam severe puniens: Una giustizia che veramente previene è migliore di quella che che punisce severamente.
7 Vedi G. Prezzolini, Il Manifesto dei Conservatori, 1972 che parla di "democrazia corretta".
8 Vedi: G. Cocchiara, Il mondo alla rovescia, 1963.
9 Omnis poena non tam ad delictum pertinet quam ad exemplum: Ogni pena non è tanto in relazione al delitto quanto all’esempio che si vuol dare. Poena ad paucos (vel unius) est metus multorum: La pena per pochi (o di uno) significa paura per molti.
10 Lo so che è un termine politically correct, ma trovo questa moda una manifestazione di stupidità in un secolo in cui non vi è più bisogno di eufemismi per nasconder le cose ad usum Delphini. Le parole del linguaggio devono essere chiare e precise ed è stupido usare una parola straniera per dire ciò per cui vi è una parola italiana. È fin dal tempo degli studenti medievali che le parole che terminano in culum come auriculum e foeniculum vengo usate allusivamente in tal senso. Gay è equivoco persino in inglese tanto che in un romanzo di T. Capote degli anni 50 il traduttore italiano tradusse che il protagonista passò la serata in un gruppo di ragazzi allegri! Ciò vale anche per l'uso di voler attribuire un sesso a cariche astratte come Sindaco, Questore, ecc.
11 Vedi Carlo M. Cipolla, Le leggi fondamentali della stupidità umana, 1988. Gianfranco Livraghi. Gianfranco Livraghi. Il potere della Stupidità, 2004.
12 Si veda anche Scipio Sighele, La Folla Delinquente, pubblicato in Italia nel 1891; Paul de Tarde, L'opinion et la foule, 1901.
13 Citazione da Wikipedia.
14 Giuseppe Prezzolini, Il Manifesto del Conservatore, 1972.
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