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Il Tribunale di Bolzano, riunito in camera di
consiglio, composto dai Magistrati :
Dott. Edoardo Mori - Presidente Dott. Claudio Gottardi - Giudice Dott.
Tullio Joppi - Giudice
ha pronunciato la seguente
Visto il ricorso proposto da ** Salvatore
indagato per il reato di cui all’art. 171ter, della legge 22 aprile
1941, n. 633, rileva quanto segue.
Nel corso di una indagine svolta dalla Guardia di Finanza sul
presupposto che costituisse reato la commercializzazione di
playstations modificate, il P.M. di Bolzano emanava un decreto di
perquisizione e sequestro a carico di ditte che risultavano aver
acquistato consoles modificate da altra ditta, già indagata dalla
Procura della Repubblica di Bassano del Grappa. L’atto portava al
sequestro in data 12-12-2003 di una playstation e di alcuni chip da
utilizzare per le modifiche, presso la ditta di ** Salvatore di Rimini.
** Salvatore ha proposto rituale ricorso al Tribunale del riesame
contro il sequestro.
Letti gli atti questo Collegio osserva quanto segue.
Il caso in esame sottende il problema di fondo della modificabilità dei
circuiti delle play stations ed è stato sollevato a livello
internazionale dalla Sony, importante ma non esclusiva produttrice di
questi “computer dedicati” per la lettura di CD o analoghi supporti
contenenti giochi prodotti e distribuiti dagli stessi produttori della
playstation o da ditte con loro licenza.
Per questi produttori l’affare redditizio è il vendere i giochi, del
costo di circa 30 €, e non certo la sola stazione del costo di circa
200 €, spesso anzi venduta sottocosto proprio per invogliare
all’acquisto dei giochi.
Per questo motivo i produttori hanno inserito nelle playstation delle
limitazioni per cui esse sono in grado di leggere solo i supporti
sviluppati da loro stessi. Inoltre, per pura strategia di mercato, il
mondo è stato diviso in tre zone (America, Asia, Europa ed Australia),
e le playstations distribuite in America (e da collegare ai televisori
con sistema NTSC) non accettano supporti prodotti per il mercato
europeo mentre le playstations distribuite in Europa per televisori PAL
o SECAM non accettano supporti previsti per il mercato americano.
I supporti inoltre sono registrati in modo tale che una copia di essi
non viene accettata dalla playstation in quanto essa riconosce solo i
dischi originali (ciò in contrasto con quelle disposizioni di legge
italiane che consentono ad ogni acquirente di software di eseguire una
copia di sicurezza per il caso di danneggiamento dell’originale).
Di fronte a tali limitazioni artificiose della macchina, i tecnici
hanno creato un semplicissimo chip, del costo di pochi euro, il quale
ripristina tutte le funzioni della macchina la quale pertanto diventa
idonea a leggere supporti originali provenienti da altri mercati, a
leggere copie di questi supporti, a leggere giochi creati da produttori
indipendenti o dallo stesso proprietario della macchina, a funzionare,
con alcuni ulteriori accessori, come un computer vero e proprio.
Non è il caso di affrontare qui i problemi tecnici di come siano
costruiti una console e un chip; basti dire che i “mod chips” o
“converter chips" sono rappresentati da un chip che si inserisce nella
console e le fornisce l’istruzione che il codice territoriale e il
codice del CD originale devono essere accettati dal sub-bus controller.
E che la console sia un computer vero e proprio e non di una semplice
console da gioco è, ironia del caso, sostenuto a spada tratta dalla
stessa Sony la quale, di fronte alla comunità europea che voleva
imporre le tasse doganali previste per le consoles (i computer sono
invece esenti da dogana) è ricorsa alla corte Europea sostenendo che si
tratta invece di computer; e la Corte Europea di Giustizia, in sede di
appello, ha stabilito che effettivamente di computer si tratta
(decisione del settembre 2003).
In sostanza ci si trova quindi di fronte a produttori che mettono in
vendita delle macchine limitate in modo che esse possano essere
utilizzate solo per gli usi ad essi graditi.
A livello internazionale il problema è stato affrontato con vari
risultati, dipendenti ovviamente dalle singole legislazioni interessate.
In Australia, dopo una prima decisione favorevole, auspicata e
sostenuta direttamente dall’autorità per la libera concorrenza che
accusava la Sony di sottrarre agli australiani i vantaggi della
globalizzazione (Kabushiki Kaisha Sony Computer Entertainment & Ors
v. Eddy Stevens, N929 of 2002) , il 23-7-2003 la Corte Suprema ha
stabilito che vi è una violazione del diritto d’autore; analoga
decisione è stata pronunziata in Inghilterra (però sono state applicate
norme più restrittive di quelle europee). In Germania per ora i chip di
modifica sono considerati legali e nello stesso senso è la (scarsa)
giurisprudenza di merito italiana (Trib. Vicenza 27/6/03 nr. 53/03).
Va anche detto che il problema è in parte superato per il fatto che la
Sony sta per lanciare un nuovo sistema PSPTM, con nuovi dischi ottici
che renderanno superata la modifica con i chip.
Analogo a quello in esame è il problema, a cui si accenna solo per
completezza, che sorge dal fatto che le playstations, con modeste
modifiche e qualche accessorio, possono essere trasformate in un
computer. L’X-box della Microsoft, del costo di circa 200 E, ha tutta
la potenzialità di un computerPentium 3 ed è artificiosamente limitato
a console. Subito è comparso sul mercato lo Xbox-Mod-Chip che consente
di usare in esso molti programmi sotto Linux (il sistema operativo
libero). Eppure questa macchina con ampie possibilità è
artificiosamente limitata, non può utilizzare giochi comperati in
America e, sebbene possa leggere senza problemi DVD, occorre pagare
altri 30 euro per accedere a tale opzione. Ma se la macchina, con poche
modifiche, gira anche con Linux, perché mai l’acquirente non dovrebbe
poterla usare per tutti gli usi possibili? Sarebbe un po’ come se la
Fiat vendesse un’auto con il divieto di uso per extracomunitari e per
strade extraurbane.
Nella nostra legislazione l’unica norma che regola la materia è l’art.
171ter, della legge 22 aprile 1941, n. 633, che, in attuazione di una
direttiva comunitaria, così recita alla lettera f-bis: (è punito
chiunque) fabbrica, importa, distribuisce, vende, noleggia, cede a
qualsiasi titolo, pubblicizza per la vendita o il noleggio, o detiene
per scopi commerciali, attrezzature, prodotti o componenti ovvero
presta servizi che abbiano la prevalente finalità o l’uso commerciale
di eludere efficaci misure tecnologiche di cui all’articolo 102quater
ovvero siano principalmente progettati, prodotti,adattati o realizzati
con la finalità di rendere possibile o facilitare l’elusione di
predette misure.
L’art 102 quater, da parte sua, stabilisce che:
1. I titolari di diritti d’autore e di diritti connessi nonché del
diritto di cui all’art. 102-bis comma 3 possono apporre sulle opere o
sui materiali protetti misure tecnologiche di protezione efficaci che
comprendono tutte le tecnologie, i dispositivi o i componenti che, nel
normale corso del loro funzionamento, sono destinati a impedire o
limitare atti non autorizzati dai titolari dei diritti.
2. Le misure tecnologiche di protezione sono considerate efficaci nel
caso in cui l’uso dell’opera o del materiale protetto sia controllato
dai titolari tramite l’applicazione di un dispositivo di accesso o di
un procedimento di protezione, quale la cifratura, la distorsione o
qualsiasi altra trasformazione dell’opera o del materiale protetto,
ovvero sia limitato mediante un meccanismo di controllo delle copie che
realizzi l’obiettivo di protezione.
Risultano perciò chiari due punti.
1) che la protezione assicurata dalla legge è solo nei confronti del
diritto d’autore e, solo in via mediata, sui supporti dell’opera (art.
102 q.).
2) che sono vietate solo le attrezzature o componenti che siano
destinati in via prevalente e principale alla elusione delle misure di
cui al punto 1 (art. 171ter lett. f bis).
Ma un terzo punto, non regolato dalla legge sul diritto d’autore, è
egualmente importante: in quale misura il venditore di una macchina
possa vietarne modifiche per consentirne l’utilizzo per scopi diversi
da quelli graditi al venditore.
Vediamo ora se i chip in commercio possano essere considerati come
destinati in via prevalente e principale alla elusione delle misure di
protezione del diritto d’autore contenute nei supporti dei giochi.
Sul punto si può affermare con tranquillità che la funzione primaria e
prevalente dei chip non è affatto quella di consentire l’uso di copie
pirata, ma bensì di superare ostacolo monopolistici e di meglio
utilizzare la playstation, in quanto il chip serve:
- a leggere dischi di importazione (e ciò potrà non fare piacere ai
distributori europei, ma non viola alcun diritto d’autore; anzi è la
differenziazione adottata dai distributori che potrebbe violare norme
sulla concorrenza); si consideri che non tutti i giochi presenti sul
mercato americano sono rinvenibili con la codifica europea e che quindi
vi è interesse a procurarseli direttamente e che il loro costo è
inferiore anche del 20% a quello europeo;
- a leggere dischi prodotti da società diverse da quella che ha
prodotto laplaystation (e questi potrebbero forse e talvolta violare
dei brevetti sul software o la licenza loro concessa, ma è problema che
non può interessare l’acquirente del prodotto sul mercato);
- a leggere la copia di sicurezza del software che la legge italiana
consente di procurarsi;
- a leggere supporti di contenuto diverso da quello originariamente
previsto, ma sicuramente legali;
- a consentire di sfruttare tutte le capacità della playstation come
computer.
Vediamo infine se il produttore della macchina possa vietarne un uso
diverso da quello da lui voluto.
In base alle nostre norme civilistiche, la risposta è senz’altro
negativa: chi è proprietario di un bene può goderne nel modo più ampio
ed esclusivo.
Consci di ciò i produttori hanno cercato di aggirare l’ostacolo
inserendo nella confezione dell’oggetto un foglio in cui si afferma che
se si rimuovono certi sigilli si perde il diritto alla garanzia (e
nulla può vietare al possessore dell’oggetto di rinunziare alla
garanzia!) e che è vietato decodificare odisassemblare il software
della console in quanto coperto da copyright oppure concesso solo in
licenza d’uso.
Ebbene, è chiaro che per il nostro diritto queste condizioni sono del
tutto prive di valore; chi va in un negozio e acquista una scatola con
dentro un programma o una console acquista incondizionatamente e senza
limitazioni perché in quel momento egli non conosce quanto sta scritto
(magari in inglese) entro la scatola. Dice giustamente il Codice Civile
che le condizioni generali del contratto sono opponibili all’altro
contraente se egli le conosceva al momento della stipulazione nel
contratto; come può conoscerle l’acquirente se il venditore non gliele
fa leggere e sottoscrivere prima di consegnare l’oggetto e di incassare
il corrispettivo?
Quindi tutti i tentativi di vincolare l’acquirente con comunicazioni
successive all’acquisto sono semplicemente ridicole; le frasi “chi apre
questa busta accetta le condizioni” “chi vuole usare il programma
clicchi qui e accetti le condizioni” sono inesistenti per l’utente del
programma. Egli del resto ben di rado le conosce perché di solito il
programma viene installato da tecnici più esperti del normale utente
finale e quindi l’apertura della busta, la violazione di sigilli, l’OK
alle condizioni apparse sullo schermo, sono riferibili a soggetti
diversi dall’acquirente e dall’utente finale.
Si conclude quindi che il disposto sequestro è illegittimo perché la
legge invocata non è applicabile alla fattispecie.
In accoglimento del ricorso come sopra proposto,
dichiara la illegittimità del sequestro di data 12-12-03 a carico di **
Salvatore e ordina la restituzione di quanto in sequestro.
Bolzano 31 dicembre 2003
Il Presidente est. Edoardo Mori
Riporto qui questa mia vecchia decisione, tradotta in più ligue,
talmente azzeccata che fece cambiare la giurisprudenza australiana.
Ovviamene non fu capita dalla Cassazione italiana!
EM
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