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Da parte di codesti Uffici e stata segnalata una “congestione” degli spazi nelle armerie che sta creando notevoli problematiche tecnico-logistiche e, sotto il profilo della sicurezza, criticità per la tenuta in custodia delle armi versate.
In ordine alle segnalate criticità, attese le connotazioni di eccezionalità ed i contingenti profili di tutela dell’ordine e sicurezza pubblica, e stato avviato un Tavolo di confronto Interministeriale (Ministero dell’Interno, Ministero della Difesa-Stato Maggiore dell’Esercito, Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo ed il Banco Nazionale di Prova), al fine di esaminare compiutamente la problematica ed individuare procedure alternative o congiunte a quelle in essere.
All’esito dell’attività svolta dal Tavolo, e stata avviata, da parte di questo Dicastero, un monitoraggio volto a conoscere l’effettiva consistenza numerica delle armi giacenti in attesa della rottamazione, che ha consentito di poter stabilire la reale entità del fenomeno e la sua ripartizione in ambito nazionale.
A seguito degli accertamenti eseguiti, e stata concordata una soluzione semplificata da attuarsi limitatamente al perdurare del periodo emergenziale per le sole armi e/o parti di esse spontaneamente versate dai legittimi detentori agli Uffici di P.S., in merito all’accertamento da parte del competente Ministero dei Beni e delle Attivita Culturali e del Turismo (MIBACT) del riconoscimento dell’“interesse artistico, storico, archeologico od etnoantropologico dei beni culturali” (artt. 10 e 12 del D.Lgs. del 22.01.2004, n. 42 - Codice dei beni culturali e del paesaggio e del D.M. 14 aprile 1982) da attuarsi antecedentementealla fase della loro materiale consegna alle Direzioni di Artiglieria, secondo le modalità di seguito specificate.
A tal fine, si trasmette l’acclusa “scheda rilevamento armi per la rottamazione” (All. 1) appositamente redatta dal MIBACT, d’intesa con l’Ufficio per gli Affari della Polizia Amministrativa e Sociale, afferente tutti i dati caratterizzanti l’arma ritenuti necessari per la preventiva valutazione da parte del citato Dicastero.
Per ciascuna arma o parte regolarmente denunciata dovrà essere redatta una singola scheda indicando, per quanto possibile, tutti gli elementi richiesti.
Per una più agevole compilazione da parte degli Uffici di P.S., la predetta scheda e comprensiva di un glossario riepilogativo (All. 2) e, relativamente all’indicazione del punzone/i del Banco Nazionale di Prova italiano o estero impresso sull’arma e quella afferente la denominazione del calibro/i della stessa, si fornisce l’elenco aggiornato dei punzoni di prova dei Banchi aderenti alla Commissione Internazionale Permanente (C.I.P.) (All. 3), nonché quello dei calibri e dei loro rispettivi sinonimi riconosciuti dalla citata Commissione (All. 4) entrambi forniti dal B.N.P. di Gardone Val Trompia (BS).
Nei casi dubbi riguardanti l’esatta identificabilità o corrispondenza del punzone o dei punzoni presenti sull’arma e/o sulle sue parti, la scheda potrà essere corredata di documentazione fotografica.
Le schede debitamente compilate e le eventuali fotografie saranno inviate a cura degli Uffici di P.S. alla competente Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, secondo l’articolazione organizzativa riportata in allegato (All. 5) e le modalità saranno concordate direttamente con le stesse Soprintendenze.
Le armi, per le quali non verrà riscontrato da parte del MIBACT l’interesse culturale, saranno versate direttamente ai competenti CERIMANT/SERIMANT che procederanno alla loro immediata distruzione.
Le armi, invece, per le quali il MIBACT farà riserva di accertamento oggettivo, continueranno ad essere custodite presso le armerie degli Uffici di P.S. per il successivo riscontro in loco da parte della competente Soprintendenza.
A tal ultimo riguardo, codesti Uffici concorderanno successivamente i tempi e le modalità di accesso per la verifica degli esemplari delle armi ivi custodite con le medesime Soprindendenze.
NOTA:
Il ministero dell'interno mi ricorda la barzelletta di quei matti che erano stati inviati a eliminare un grande mucchio di terra, residuo di una costruzione; ed infatti dopo essersi consultati iniziano a scavare una grande buca; quando gli viene chiesto che cosa stiano facendo rispondono che stanno creando una buca in cui sistemare il mucchio di terra. Chiesto loro che cosa avrebbero fatto della terra scavata, risposero: "semplice, facciamo un'altra buca più grande in cui ci stiano entrembi i mucchi ".
Il problema da risolvere era lineare: il ministero con l'invenzione del certificato medico ogni sei anni a indotto molta gente a liberarsi delle armi che aveva versandole alle questure e vi è l'ostacolo che prima di essere annotate le armi devono essere controllate dai Beni Culturali per accertare che non ve ne siano da conservare nei musei. Fermo restando purtroppo che in base alla normativa attuale, prima di essere messa in mostra in un museo devono essere disattivate in modo da avere solo l'aspetto del dell'arma originaria; tanto varrebbe mettere nei musei delle copie stampate con le stampanti a 3D!
Io, quando dovevo seguire l'eliminazione delle armi confiscate dal tribunale, ho spesso segnalato ai beni culturali che vi erano delle armi antiche degne di conservazione, ma ottenuto lo stesso risultato della zanzara che punge la coda del dinosauro. Quest'ufficio purtroppo non è affatto preparato in materia di armi, antiche o moderne, per totale mancanza a riguardo; quando vi è da esaminare un'arma di solito devono affidarsi a consulenti esterni.
Ora il ministero, visto che le questure hanno messo le armi anche nelle toilette, ben avrebbe potuto scrivere ai beni culturali, "mandate qualcuno a vedere le armi entro 15 giorni perché poi noi le mandiamo all'esercito la demolizione".
Sistema troppo semplice per essere elaborato da pochi neuroni e quindi hanno costituito il solito comitato che se ne è uscito con questa geniale soluzione: tutte le armi e tutte le parti di armi che sono presso le questure devono essere fotografate (stante la difficoltà dl leggere e capire i marchi, lo si dovrà fare quasi sempre) e catalogate con una scheda; in questa scheda tecnica devono essere indicati tutti i particolari dell'arma. Ciò significa che per compilare una scheda anche una persona che si sia allenata, impiega come minimo 10 minuti. Ma se uno inizia senza neanche sapere di che cosa che cosa sia un'arma, può tranquillamente perdere mezz'ora per identificare tutti i dati in base al "glossario riepilogativo" "elenco dei calibri e loro sinonimi" "elenco dei punzoni dei banchi di prova".
Non so se avete capito l'assurdità della situazione in cui le questure, che non hanno nessuna specifica competenza nella identificazione dei modelli delle armi, devono fornire le schede ai Beni Culturali i quali sono i soli che dovrebbe avere questa specifica competenza! Altrimenti come fanno a capire se un'arma è rara, artistica, antica?
Inoltre Dio solo sa a che cosa può servire il fatto di identificare il banco di prova moderno impresso sull'arma. È ovvio che il 99% di queste armi possono essere di interesse culturale solo se risalgono almeno alla prima guerra mondiale. Ed è chiaro che i nostri famosi esperti ministeriali non sanno che le armi militari non recano i punzoni dei banchi di prova! E chi non ha capito che delle parti e rottami di armi ai Beni culturali non gliene fregherà mai nulla? Tanti privati si vogliono liberare di armi vecchie ed inefficienti, prive di valore e il Ministero mette in piedi un baraccone costoso per schedare il rottame!
Perché poi, una volta stabilito che l'arma non interessa i beni culturali, essa non viene venduta, cosa che la legge consente di fare per le armi antiche (i tribunali le vendono all'asta senza problemi); dove sta scritto che esse vanno rottamate? Ma non vi sono ostacoli insuperabili neppure a vendere sul libero mercato le armi versate dai cittadini per liberarsene. Il Ministero dell'Interno piange sempre miseria; perché non pensa anche a come fare un po' di soldi?
Un'altra incongruenza della circolare è che essa riguarda specificamente solo le armi versate da privati. Eppure la stessa identica procedura di versamento e rottamazione viene seguita per le armi confiscate dalla giustizia. Perché mai queste non devono essere fotografate e schedate?
È quindi certo che le questure continueranno a tenersi le armi nelle toilette per qualche anno. Forse è un bene perché almeno CERIMANT e SERIMANT potranno organizzarsi per evitare che, come si è scoperto da poco, qualcuno si venda le armi più interessanti alla criminalità.
Circa la scheda di rilevamento si noti l'inutilissima complicazione. Per il calibro non va indicato solo quello ufficiale ma, se si tratta di calibro anglosassone, anche il corrispondente metrico. Ma non dovrebbero essere i beni culturali a capire che cosa vuol dire 38 special ?
Si noti poi come fra le armi bianche vengano messi i coltelli (precisando se a scatto, a lama fissa, a lama ripiegabile, a lama retrattile), i machete e anche le armi da taglio non affilate. Chiara dimostrazione che al ministero non sanno ancora che questi oggetti non sono armi e che quindi non è non si deve fare nessun versamento e nessuna rottamazione.Sono beni con valore ecnomico che devon essere venduti, non distrutti e vi è respondabilità contabile se si distruggono. Quindi ciò significa anche che in ogni ufficio ove esse vi sono, vi è stato un imbecille che ha accettato il versamento di oggetti che invece avrebbe dovuto restituire dicendo "questi potete tenerveli liberamente e potete farne quello che volete". E al ministero, altri ignoranti che non sapevano che questi oggetti non sono armi.
Il responsabile della compilazione della scheda dovrebbe anche indicare il diametro interno della canna delle armi ad avancarica; però si sono dimenticati di fornire agli uffici un calibro per misurarlo. Useranno un dito!
Il compilatore dovrebbe indicare se un'arma lunga è una carabina, un fucile o un moschetto: ma dove sta scritto qual è la differenza fra questi tre tipi di arma?
Si ha l'esatta sensazione che quelli dei Beni Culturali abbiano circonvenuto gli incapaci del Ministero dell'Interno per far fare ad essi un lavoro che nessuno dei due sapeva fare. Ma non era meglio se quelli dell'Interno avessero detto chiaramente che il loro compito è di riempire le carceri e non i musei?
Sia chiaro infine che per mille schede compilate non ci sarà più di un arma che i Beni Culturarli riterranno da museo; valeva la pena di impegnare decine e decine di funzionari per compilare schede inutili con dati che si trovano già in qui libri che l'esperto dei beni culturali ha il dovere di conoscere? Pare proprio che al Ministero la razza di coloro che invece di far catalogare poche decine di armi da guerra avevano fatto catalogare 20.000 armi comuni, non voglia morire.
25-4-2017
email - Edoardo Mori |
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