Circolare 557/LEG/225.00 - Motivi
ostativi al rilascio ed obbligo di revoca della licenza di porto d’armi
ex art. 43 T.U.L.P.S. - Problematiche applicative.- Seguito.
Con circolare n. 557/LEG/225.00/3826 del 28 novembre 2014, a seguito
del parere reso in sede consultiva dalla Prima Sezione del Consiglio di
Stato n. 03257/2014 (numero Affare 01191/2014), sono state fomite
puntuali indicazioni in ordine alla corretta interpretazione dell’art.
43 del T.U.L.P.S., relativamente alla problematica in oggetto indicata.
Tuttavia, pur in presenza del citato parere reso dal Supremo Organo di
consulenza giuridico-amministrativa, sono intervenute in sede
giurisdizionale alcune sentenze di segno opposto, sia da parte di
alcuni Tribunali Amministrativi Regionali, sia dello stesso Consiglio
di Stato, per cui questo Dipartimento della pubblica sicurezza ha
ritenuto di dover nuovamente investire della questione il predetto
Organo consultivo, che si è di nuovo pronunciato in proposito con il
parere n. 01620/2016, in data 11 luglio 2016 (Numero Affare
00275/2016), reso dalla Prima Sezione nell’adunanza del 6 luglio 2016,
che ad ogni buon fine si allega in copia.
Più in particolare, è stato chiesto un approfondimento degli effetti
della riabilitazione sulle condanne per i reati elencati nel primo
comma dell’art. 43 T.U.L.P.S., sottoponendo altresì al Supremo Consesso
i seguenti ulteriori quesiti:
• quale sia la sorte delle licenze di porto d’arma
rilasciate in adesione all’interpretazione “evolutiva” della
disposizione di legge e che andrebbero revocati in adesione del
richiamato parere del Consiglio di Stato del 16 luglio 2014;
• se alle persone beneficiate di reiterati rinnovi
del titolo di polizia debbano comunque essere applicate le disposizioni
ostative previste dal primo comma dell’art. 43, o se debba essere
valutata la situazione personale e la loro condotta successiva al
compimento del reato;
• se la condanna con effetto preclusivo al rilascio
della licenza di porto d’arma sia quella “espressa con sentenza passata
in giudicato” o se debba intendersi riferita anche a quella conseguente
al patteggiamento ex art. 445 c.p.p., nonché nei casi in cui la pena è
stata condizionalmente sospesa.
Con il parere reso nell’adunanza del 6 luglio 2016, la prima Sezione
del Consiglio di Stato, argomentando dal combinato disposto dell’art.
Ile dell’art. 43 del T.U.L.P.S., ha osservato che “ ....in presenza di
condanne per reati preclusivi la riabilitazione consente di rilasciare
al riabilitato le autorizzazioni di polizia in generale, mentre non
consente di rilasciargli la licenza di porto d'armi. In altre parole
gli effetti della riabilitazione si esauriscono nell'ambito
dell'applicazione della legge penale ma, salvo diverse, specifiche
disposizioni di legge ”, come quella contenuta nell’art. 11 (nella
parte in cui viene precisato “e non ha ottenuto la riabilitazione ”)
“essa non ha rilievo su altre conseguenze giuridiche delle condanne ”.
Viene poi ulteriormente chiarito che “..la tesi secondo cui la
riabilitazione toglie l'effetto preclusivo al rilascio del porto
d’armi, stabilito dall'art 43 per determinate condanne, si fonda sulla
lettura dell'art. 178 del codice penale, secondo cui «La riabilitazione
estingue le pene accessorie ed ogni altro effetto della condanna, salvo
che la legge disponga altrimenti» e contiene un fraintendimento circa
la nozione di «effetti penali della condanna» ".
“Il divieto di concedere (o l'obbligo di revocare) il porto d’armi,
come l 'esclusione da concorsi, da impieghi o da gare o la perdita del
diritto elettorale per chi ha riportato certe condanne, sono bensì
effetti della condanna, ma non effetti penali della condanna; e la
riabilitazione di per sé, salvo diverse disposizioni della normativa
che regge la materia, come appunto Vari. 11 del testo unico delle leggi
dì pubblica sicurezza, non elimina tali effetti ”.
Il quadro normativo di riferimento, a conferma della corretta
interpretazione contenuta nel parere “de-qua” fin qui esaminata, viene
poi corroborato dalla previsione dall’art 66 del Regolamento di
esecuzione al T.U.L.P.S. il quale dispone: “Qualora vi sia motivo di
ritenere che il richiedente la licenza sia stato colpito da condanna
che non figuri nel certificato, ai sensi delVart 608 (ora art.
689,primo comma, n.4) del codice di procedura penale, e che produca
l'incapacità ad ottenere la licenza, l'autorità di pubblica sicurezza
competente richiede il certificato di tutte le iscrizioni esistenti al
nome dell'interessato, a termini dell'art. 606 dello stesso codice (ora
art. 688, primo comma, secondo capoverso)
In conclusione, sul quesito principale la Sezione afferma che “a chi è
stato condannato per i reati previsti come preclusivi dal citato art.
43 non può essere rilasciata, e dev'essere revocata se sia stata
rilasciata, la licenza di porto d'armi senza che possa avere rilievo la
conseguita riabilitazione
Con riguardo ai restanti quesiti proposti viene, infine precisato:
“ 1) la sorte delle licenze di porto d'armi rilasciate in adesione
all'interpretazione “evolutiva” dell'art 43 dipende dai singoli casi.
Se c'è un giudicato, o un decreto presidenziale su ricorso
straordinario, che ha obbligato l'Amministrazione a rilasciare
senz'altro la licenza, la licenza non può essere revocata; e lo stesso
deve dirsi se, come sembra, ci sono stati giudicati che hanno obbligato
l'Amministrazione a valutare discrezionalmente la domanda di porto
d'armi presentata da persona condannata per reati ostativi, e
l'Amministrazione ha rilasciato la licenza motivando sull'affidabilità
del richiedente: in ambo i casi il porto d'armi è stato rilasciato in
esecuzione di un giudicato. Diverso è il caso di licenze rilasciate a
persone che si trovano nelle condizioni preclusive previste dall'art.
43, alle quali sia stata rilasciata la licenza senza che avessero
impugnato un precedente diniego: in tal caso ben può l'Amministrazione,
tornando sull'interpretazione dell'art. 43, che non ammette deroghe,
revocare la licenza; con l'avvertenza però che, quando la licenza sia
stata rilasciata motivando sull'attuale affidabilità del richiedente,
la revoca non è esente dal rischio d'annullamento.
2) Alle persone che siano state beneficiarie di reiterati rinnovi del
titolo di polizia debbono essere applicate, con il diniego o con la
revoca, le disposizioni dell'art. 43 del regio decreto 17 giugno 1931
n. 773, senza considerare la loro situazione personale e la loro
condotta successiva al compimento del reato; d'altra parte in casi del
genere, tenendo presenti le considerazioni esposte a proposito
dell'art. 66 del regolamento del 1940, è ben verisimile che
l'Amministrazione di pubblica sicurezza non abbia conosciuto per tempo
le condanne ostative proprio a causa dell'intervenuta riabilitazione.
3) L'applicazione della pena su richiesta, c.d. patteggiamento o pena
patteggiata, introdotta dal codice di procedura penale del 1988, è pur
sempre una condanna (art. 445, comma -bis introdotto dalla legge 12
giugno 2003 n. 134: «Salve diverse disposizioni di legge, la sentenza è
equiparata a una pronuncia di condanna»), e i suoi effetti vantaggiosi
per il condannato, ulteriori alla riduzione della pena, si esauriscono
nell'ambito degli effetti penali (vedasi l'artt. 445, comma 2), dei
quali si è già detto. Essa pertanto non influisce sulle disposizioni
dell'articolo 43 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.
Men che meno rileva, ai fini che interessano, la sospensione
condizionale della pena. ”
Per completezza di informazione vale la pena precisare che anche in
sede giurisdizionale è stato possibile constatare una inversione di
tendenza ed in proposito si segnala la sentenza del Consiglio di Stato
- Sez. IlI - n. 02312/2016, n. 05444/2015 Reg.Ric., del 26 maggio 2016,
depositata il 31 maggio 2016, che pure si allega, alle cui motivazioni
si rinvia.