Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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Lo spreco del Catalogo delle armi (insistiamo!!)

Che il Catalogo nazionale delle armi sia una cosa inutile è noto e dichiarato fin dal primo giorno in cui è stato creato. È stata una creazione bislacca  perché nel 1975 il Ministero era convinto che il distinguere un’arma da guerra da un’arma comune fosse problema di astrusa complessità da affidare a un gruppo di esperti. Il Ministero si sbagliava perché in altri paesi la definizione delle armi da guerra è stata scritta in tre righe, come del resto ha fatto il legislatore italiano nel 1990 con la legge sull’armamento, che non lascia spazio a dubbi e cavilli. E purtroppo invece di esperti nominava i soliti suoi reggicoda. Così, essendosi affidato ad un “serbatoio di cervelli” (o meglio ad un bidone) che non hanno mai saputo che cosa ci stavano a fare, ha prodotto una mostruosità unica al mondo: per individuare poche decine di fucili da guerra, definibili in tre righe e elencati in ogni testo, ci si è inventata la catalogazione di tutte le armi comuni; siamo arrivati a circa 19.300  modelli (molti dei quali prodotti per i cacciatori in un solo esemplare!), e non vi sarà mai una fine.  Nessun paese al mondo si è inventata una operazione così assurda che comporta solo una rilevante spesa per il funzionamento della Commissione Consultiva, distrazione di personale da compiti più utili, danni enormi per produttori e importatori sempre in ritardo di almeno sei mesi rispetto alla concorrenza straniera, illecita creazione di ostacoli ingiustificati alla libera circolazione delle merci in Europa.
Purtroppo nella Commissione non vi è mai stato (dopo di me) un giurista che conoscesse la normativa delle armi e ne capisse di armi. Di conseguenza si sono arrangiati a ragionare in  diritto i membri armaioli con risultati disastrosi: in 30 anni non si sono mai scritti i criteri seguiti per distinguere le armi da guerra da quelle comuni e si è arrivati ad astruserie secondo cui una cartuccia 9x21 è comune e una cartuccia 9x19 con il bossolo più corto di 2 mm è da guerra! Senza mai spiegarne il perché.
Chi volesse prendersi la briga di leggere i verbali della Commissione resterebbe sconvolto per la marea di castronerie che escono dalla bocca dei suoi membri. Ricordo, a titolo di esempio, il verbale con cui è stata respinta la catalogazione di un revolver  S & W mod. 500 con queste affermazioni:
- l’arma è facilmente occultabile (è lungo 50 cm.! In confronto un normale revolver è invisibile!
- le pistole devono essere usate con una sola mano (sono la tipica arma per monchi!)
- le pistole sono destinate al porto occulto (chiaro che non hanno mai visto una guardia giurata!).
La miglior dimostrazione che il catalogo non serve è che il Catalogo non esiste! Dal 1979 il catalogo a stampa non viene più pubblicato; se ci fosse ora sarebbe di 13 volumi per complessive 6.500 pagine. Quindi oltre 19.000 schede di armi sono sparse e introvabili in 262 Gazzette Ufficiali di 30 anni. Il Ministero non è stato in grado di gestire questi dati neppure con il computer e la sua banca dati non funziona da oltre un anno. Se le forze dell’ordine e la P.A. ne hanno potuto fare a meno per tanto tempo senza il minimo inconveniente, è giusto chiedersi che cosa ci sta a fare.
Ma vi è di peggio: la Commissione è stata strumentalizzate dal ministero per applicare a suo piacimento la legge. Senza che la Commissione ne avesse la minima competenza, essa si è arrogata di stabilire, caso per caso, come un’arma doveva essere costruita: il freno di bocca deve essere fisso, le filettature non ci devono essere, le cartucce  in serbatoio non possono essere più di cinque, ecc. Tutte decisioni che possono essere magari giuste, ma che le legge non ha mai demandato al ministero o alla commissione perché esse non influiscono sulla qualificazione di un’arma come comune o da guerra.
Si veda al riguardo lo scritto del giudice Lo Curto a questo link : http://www.earmi.it/diritto/giurisprudenza/guerra.htm

In conclusione:
- Il Catalogo non serve perché la legge 185/1990 ha dato una esaustiva definizione di arma da guerra, accettata in tutta Europa e dalla Direttiva Europea sulle armi; ed è inutile che al ministero pensino di essere i primi della classe perché è provato che le armi le conoscono solo per sentito dire.
- Il Catalogo non serve a nessuna esigenza di sicurezza pubblica perché le armi comuni, per definizioni, hanno una potenzialità offensiva accettabile; e non è certo una filettatura in più o in meno, un centimetro di canna in più o in meno che incidano su tale potenzialità.
- Le armi e le munizioni da guerra sono a disposizione solo dei criminali e dei terroristi, provengono da arsenali esteri e non si trovano certo nelle armerie.
- Il Catalogo comporta spreco di burocrazia, spese e costi che danneggiano il commercio italiano e violano le regole europee dove le norme sulle armi non le fanno i laureati in legge (laurea triennale, ottenuta con crediti di servizio e quattro esami) ma gli esperti di armi.
- Il Catalogo non serve perché di fatto non esiste e nessuno se ne lamenta.

(Articolo già pubblicato su Armi e Tiro)


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