Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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TAR Emilia Romagna: E' sbagiato revocare licenze a chi spara in aria per allontanare ladri

T.A.R. Emilia Romagna Bologna, Sez. I, 14 gennaio 2019, n. 30

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 829 del 2018, proposto da Arduino Iseppi, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Sala della Cuna e Antonio Bana, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Milano, via Larga, 23;
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bologna, presso i cui Uffici, in Bologna, via Guido Reni n. 4 è domiciliato ex lege ;
per l'annullamento
a) del decreto del Prefetto di Modena — Ufficio territoriale del Governo — n. 35054/ 18/AREA 1/Div. Det. Armi — allegato A -, notificato il 28.8.18, con il quale è fatto divieto al ricorrente di detenere armi, munizioni ed esplosivi presso la propria abitazione.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno — U.T.G. Prefettura di Modena;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2018, il dott. Umberto Giovannini e uditi, per le parti, i difensori avv. Antonio Sala Della Cuna e avv. dello Stato Silvia Bassani;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La presente controversia ha ad oggetto l’impugnazione, da parte del sig. Arduino Iseppi, quale titolare di licenza di porto di fucile ad uso caccia, del decreto di U.T.G. Prefettura di Modena in data 24/8/2018, con il quale è stato vietato al medesimo di detenere armi, munizioni ed esplosivi presso la propria abitazione.
L’interessato deduce, a sostegno dell’azione impugnatoria, motivi in diritto rilevanti violazione dell’art. 39, R.D. n. 773 del 1931; eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità, irragionevolezza, ingiustizia manifesta e carenza di motivazione; violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza.
L’amministrazione prefettizia intimata, costituitasi in giudizio, chiede la reiezione del ricorso, in ragione della ritenuta infondatezza dello stesso.
Alla pubblica udienza del giorno 19 dicembre 2018, la causa è stata chiamata: alle parti è stata comunicata la possibilità di immediata decisione della controversia nel merito, ai sensi di quanto dispone l’art. 60 Cod. proc. amm.. Sulla base di tali premesse e udite le parti, il ricorso è stato quindi trattenuto per la decisione, come indicato nel verbale.
Il Tribunale osserva che il ricorso merita accoglimento, risultando fondata la censura rilevante carenza di motivazione del provvedimento impugnato, riguardo ad uno dei presupposti di legge la cui presenza è necessaria per l’adozione dello stesso.
Nella specie, l’amministrazione prefettizia ha valutato di adottare il gravato divieto di detenzione di armi e munizioni nei confronti del ricorrente, sul presupposto del venire meno, in capo al medesimo, del necessario requisito di affidabilità nell’uso delle armi, in occasione ed a causa di un fatto svoltosi in data 3 gennaio 2018 alle ore 20,00 presso la sua abitazione sita in comune di Serramazzoni in zona agricola distante dagli altri nuclei abitati.
Dagli atti di causa risulta accertato che, in quell’occasione, il ricorrente, in casa da solo con la moglie, avendo udito dei rumori provenienti dal piano terra dell’abitazione (in cui vive il figlio e la moglie, in quel momento assenti) si accorgeva che estranei stavano tentando di forzare una finestra della sua abitazione, avvisato del fatto anche dalla nipote che, abitando nell’unica casa frontistante quella del ricorrente ed essendosi anch’essa accorta del tentativo di effrazione, aveva avvisato i nonni di quanto stava accadendo tramite il telefono cellulare, con il quale richiedeva poi anche l’intervento delle Forze dell’Ordine. In tale concitata situazione il ricorrente ha dichiarato di avere preso dall’armadio uno dei fucili da caccia ivi regolarmente custoditi, e dopo avere caricato l’arma con pallini da caccia, si recava sul balcone della casa opposto rispetto a quello dove si stava svolgendo il tentativo di effrazione ed esplodeva alcuni colpi di fucile in aria al fine di intimorire i ladri e indurli a desistere dal tentativo di effrazione. Tale comportamento sortiva gli effetti sperati, in quanto i malintenzionati desistevano dal tentativo di furto, allontanandosi dall’ abitazione del ricorrente. Ciò premesso al fine di un migliore inquadramento della vicenda contenziosa, il Collegio rileva la carenza di motivazione del provvedimento impugnato e della presupposta nota del Comando Stazione Carabinieri di Serramazzoni prot. n. 44/1-0-2018 del 17/1/2018, (citata nel provvedimento impugnato con la data del 15/5/2018),in relazione alla ritenuta perdita di affidabilità del ricorrente nella detenzione delle armi.
Sul punto, il decreto prefettizio si limita a richiamare la suddetta nota dei Carabinieri, dalla quale si evincerebbe che il sig Iseppi “... si è reso responsabile di spari di arma da fuoco in ragione di un tentativo di furto dimostrando una scarsa affidabilità in materia di detenzione di armi.”. A sua volta, il Comando Carabinieri di Serramazzoni con la nota in data 17/1/2018 e con il successivo parere sostiene l’inaffidabilità del ricorrente unicamente su una dichiarazione resa dal medesimo dopo alcuni giorni dal fatto, nella quale il sig. Arduino Iseppi “precisava che i colpi venivano esplosi in totale sicurezza all’interno della proprietà privata e solamente dopo che i malviventi si erano dileguati.”
Il Collegio ritiene che tale nuovo elemento temporale rilevato dai Carabinieri (l’esplosione dei colpi di fucile non avvenuta mentre il tentativo di furto era ancora in atto ma quando i malviventi si erano già dileguati) non sia di per sé elemento sufficiente a motivare la valutazione che il ricorrente, nell’occasione, abbia dimostrato di non essere affidabile nell’uso delle armi dal medesimo da anni regolarmente detenute e custodite).
Il Collegio ritiene dirimente, al riguardo, che l’Autorità di Pubblica Sicurezza abbia accertato il fatto che a) estranei abbiano cercato di introdursi nell’abitazione del figlio del ricorrente sita al piano terra del fabbricato, tentando di scassinare una finestra; b) che tale fatto sia svolto in località lontana dagli altri nuclei abitati ed in orario notturno e che non risulti in alcun atto del procedimento contestato al ricorrente che egli, nell’esplodere i colpi di fucile: c) si sia recato in un balcone posto sul retro e dalla parte opposta dell’edificio rispetto a dove si stava svolgendo il tentativo di introdursi nell’abitazione; d) abbia sparato in aria; e) abbia utilizzato cartucce con pallini per volatili aventi bassa gittata.
In tale più completo contesto, come sopra delineato, si ritiene insufficiente la motivazione del provvedimento impugnato, non avendo la Prefettura indicato l’iter logico seguito per pervenire alla conclusione che gli spari esplosi in aria dal ricorrente in un momento immediatamente successivo a quello in cui i malviventi si sono dileguati, costituiscano condotta denotante il venire meno o comunque la riduzione del requisito dell’affidabilità (v. T.A.R. Trentino Alto Adige -TN- 10/11/2017 n. 302). Il Collegio ritiene inoltre che la dichiarazione resa dallo stesso ricorrente nei giorni successivi al fatto non sia particolarmente significativa, né al fine di determinare l’inaffidabilità o meno della sua condotta (essendosi accertato che l’esplosione dei colpi è avvenuta in situazione di oggettiva sicurezza e all’effettivo e unico scopo di evitare l’introduzione di estranei nell’abitazione del figlio), né al fine di individuare esattamente il momento in cui detti estranei si sono dileguati, avuto riguardo al fatto — incontestato — che l’esplosione dei colpi è avvenuta nella parte opposta dell’edificio, con conseguente difficoltà se non impossibilità per lo stesso ricorrente di sapere se, in quel preciso momento, i malviventi erano ancora all’opera o si erano, nel frattempo, già allontanati.
Per le suesposte ragioni, il ricorso è accolto e, per l’effetto, è annullato il provvedimento impugnato, fatte comunque salve le eventuali, ulteriori determinazioni che U.T.G. — Prefettura di Modena intenderà adottare.
Spese compensate, sussistendone giusti motivi in relazione alla peculiarità della vicenda esaminata.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia — Romagna, Bologna (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bologna, nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2018, con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Di Nunzio, Presidente Umberto Giovannini, Consigliere, Estensore Marco Morgantini, Consigliere
L’ESTENSORE                                 IL PRESIDENTE
Umberto Giovannini                        Giuseppe Di Nunzio

NOTA
Di fronte a fatti come questi, purtroppo frequenti, in cui i PM dovrebbe procedere per calunnia chi si permette di segnalare loro reati inesistenti, e poi sarà l'accusato a dimostrare di essere stato cretino o tanto malato di mente da non capire che non si perseguitano gli innocenti, il cittadino dovrebbe chiedersi: ma come li scelgono prefetti e questori ? Chi controlla che non abusino del troppo potere che hanno? Quando sbagliano pagano o vengono promossi?
E la stessa domanda bisogna porsela per i Carabinieri. Sappiamo che vengono per la maggior parte dai ranghi dei militari non Ufficiali e che non sono né pensatori, né letterati, né giuristi, ma come si può accettare che costoro sparino giudizi di responsabilità senza sapere neppure di che cosa parlano? E come è possibile che un prefetto o un questore si affidano al parere di un appuntato Cacace qualunque? Se pensano che egli ne sappia più di loro lo dicano ufficialmente. E' mai possibile che la Corte Costituzionale stabilisca che il superiore non può mai controllare ciò che il subordinato manda al PM, anche se il subordinato è un perfetto ignorante o in mala fede?
Mi si permetta anche un appunto per i giudici del TAR: ma che cosa è questo andazzo di non far pagare le spese allo Stato che sbaglia e di farle pagare sempre al cittadino? Scrivono che compensano per la  peculiarità della vicenda: ma la vicenda è peculiare solo perché grida vendetta quale esempio di cattiva amministrazione, di spreco di energie per resistere al ricorso contro ogni logica. Ma dove sta scritto che il cittadino che ha ragione deve spendere parecchie migliaia di euro per vedersela riconoscere? Altro che peculiare! Avrebbero dovuto tramettere gli atti alla Corte dei Conti per il danno erariale .

20 gennaio 2019

 

 


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