Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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Cassazione, 4 luglio 2013 n. 34531 - Le prove vanno sempre verificate con i metodi scientifici nuovi

Cass. VI Sez. 4 luglio 2013 nr. 34531
Massima: In tema di revisione, agli effetti dell'art. 630 lett. c) cod. proc. pen., una perizia può costituire prova nuova se basata su nuove acquisizioni scientifiche idonee di per sé a superare i criteri adottati in precedenza e, quindi, suscettibili di fornire sicuramente risultati più adeguati. (In applicazione del principio, la Corte ha censurato la sentenza della Corte di appello che aveva escluso potesse considerarsi prova nuova una perizia sugli esiti di uno "stub" da effettuarsi sulla base della metodica, nuova e successiva al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, dello "spettro di microanalisi").

SENTENZA

RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Catanzaro rigettava la richiesta di revisione, presentata da Giuseppe Mazzagatti e Domenico Polimeni, della sentenza irrevocabile del 18/06/2003 con la quale la Corte di assise di appello di Reggio Calabria» riformando in parte la pronuncia di primo grado e confermando la stessa per il resto, aveva condannato i due prevenuti all'ergastolo in relazione ai reati di cui agli artt. 110, 81 cpv., 575, 577 comma 1 nn, 3 e 4, 56 e 575, 577 comma 1 nn. 3 e 4 cod. pen., 7 d.l. n. 152 del 1991 (capo R2), 110, 81 cpv,, 61 n. 2 cod. pen., 12 e 14 legge n, 497 del 1974, 7 d.l. cit. (capo 82), 110, 81 cpv., 703 e 61 n. 2 cod. pen., 7 d.l. cit. (capo T2), per avere, in Oppido Mamertina il 11/08/1997, in concorso tra loro e con Giovanni Polimeni, deceduto, e con altre persone rimaste ignote, con una pluralità di azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, agendo con premeditazione e per motivi abietti determinati da ragioni di predominio mafioso sul territorio, esplodendo in luogo pubblico più colpi di armi da fuoco detenute e portate in luogo pubblico, cagionato la morte di Antonio Gugllotta, Antonio Cangemi e Angeia Bonarrigo, e compiuto atti idonei e diretti in maniera univoca a cagionare la morte di Giuseppantonio Gugiìotta, padre del predetto Antonio e marito della Bonarrigo, che non si era verificata per cause indipendenti dalla volontà degli agenti; con l'aggravante dell'aver commesso il fatto avvalendosi delie condizioni di cui all'art. 416 bis cod. pen. ed al fine di agevolare l'attività dell'associazione di stampo mafioso di appartenenza, essendo i cognati Giuseppe Mazzagatti e Domenico Polimeni a capo delle omonime famiglie appartenenti allo stesso gruppo 'ndranghetistico, all'epoca in conflitto con l'analogo gruppo criminale facente capo alia famiglia dei Gugliotta.
Rilevava la Corte di appello come le nuove prove, con riferimento alle quali era stato ammesso il giudizio di revisione, non fossero idonee, valutate da sole o unite con quelle già considerate nel precedente giudizio di merito, a dimostrare che i due imputati dovessero essere prosciolti da quei reati: in particolare, come tali nuove emergenze processuali - consistenti nelle dichiarazioni rese da Giuseppantonio Gugliotta ai difensori ai sensi dell'art. 391 bis cod, proc. pen., e nelle deposizioni testimoniali di Ilaria Tallarita e di Giuseppe Diego Cangemi - non avessero scalfito la valenza dimostrativa degli elementi di prova già assunti, ritenute capaci di dimostrare che uno dei tre autori dell'agguato armato era stato Giovanni Polimeni, figlio di Domenico Polimeni; dato informativo, quest'ultimo, di natura indiziaria, a suo tempo giudicato idoneo a corroborare, unitamente alle altre prove, la fondatezza dell'ipotesi accusatoria relativamente al coinvolgimento diretto dei due imputati al grave episodio omicidiario.
Aggiungeva la Corte di appello che era stata disattesa la richiesta difensiva finalizzata all'espletamento di un nuovo accertamento peritale balistico con riferimento alle tracce del processo da sparo prelevate con lo stub dalia persona di Giovanni Polimeni, in quanto gli istanti non avevano indicato la possibilità di impiego di nuove tecniche e conoscenze scientifiche tali da poter permettere di ritenere quell'accertamento come prova nuova ai sensi dell'art. 630 comma 1 lett, c) del codice di rito.
Avverso tale sentenza hanno presentato ricorso entrambi gli imputati.
2. Con atto sottoscritto dai suoi difensori Salvatore Staiano e Domenico Infantino, l'imputato Giuseppe Mazzagatti ha dedotto i seguenti due motivi.
2.1. Mancata assunzione di una prova decisiva, per avere la Corte di appello deciso di non disporre gli accertamenti tecnici che pure erano stati evidenziati nel giudizio rescindente, conclusosi con una valutazione di ammissibilità della richiesta di revisione: in particolare per avere la Corte territoriale reputato non decisivo tanto un nuovo accertamento tecnico sullo stub effettuato su Giovanni Polimeni per la ricerca di tracce del processo di sparo, nonostante che i risultati della consulenza effettuata nel precedente giudizio di merito fossero stati giudicati elemento di riscontro alle dichiarazioni accusatorie di Giuseppantonio Gugliotta, e che la richiesta difensiva di una nuova perizia era stata basata su una consulenza di parte che, eseguita sul medesimo reperto, ma con nuove metodologie scientifiche, aveva permesso di escludere che la particella rinvenuta indosso a Giovanni Polimeni potesse considerarsi compatibile con l'uso di armi da sparo; quanto un accertamento tecnico mediante elaborazione tridimensionale e dinamica dell'episodio delittuoso, che avrebbe permesso di scoprire come quella ricostruzione della vicenda omicidiaria avrebbe fornito elementi informativi in parte incompatibili con quelli derivanti dalle dichiarazioni accusatorie di Giuseppantonio Gugliotta.
3. Vizio di motivazione, per avere la Corte di appello di Catanzaro, da un lato, ingiustificatamente ed illogicamente escluso che le dichiarazioni rese da Giuseppantonio Gugliotta e raccolte dai difensori nell'esercizio delle facoltà di indagine difensiva (dichiarazioni acquisite al fascicolo ai sensi dell'art. 512 cod. proc. pen. per il sopravvenuto decesso del dichiarante), avessero inficiato il riconoscimento fotografico che lo stesso Gugliotta aveva fatto dell'imputato Giovanni Polimeni, indicato come uno degli autori materiali degli spari mortali, nel corso del precedente giudizio di merito; da altro lato, sminuito la portata dimostrativa della testimonianza di Ilaria Talarita, asserendo che la stessa, riferendo di non aver riconosciuto uno dei tre sparatori, potrebbe essersi riferita ad un soggetto diverso da Giovanni Polimeni, laddove la descrizione dell'accaduto era stata resa in termini tali da ritenere che si trattasse proprio dello stesso sparatore che Giuseppantonio Gugliotta aveva affermato di aver riconosciuto nel predetto Giovanni Polimeni.
4. Con atto sottoscritto dai suoi difensori aw. Franco Coppi e aw, Francesco Gambardella, l'imputato Domenico Polimeni ha dedotto, formalmente articolati in un unico punto, i seguenti due motivi.
4.1. Violazione di legge, in relazione agli artt. 192, 630 e 636 cod. proc. pen., e vizio di motivazione, per mancanza o manifesta illogicità, per avere la Corte distrettuale ingiustificatamente disatteso la richiesta difensiva (peraltro già positivamente valutata ai fini del giudizio di ammissibilità della revisione) di effettuazione di una nuova consulenza tecnica o di ascolto dei uno o di entrambi i consulenti tecnici di parte sulla possibilità di effettuare un nuovo esame dello stub, con il quale a suo tempo erano stati repertati i presunti residui del processo di sparo trovati indosso a Giovanni Polimeni: "nuova prova" giudicata superflua e comunque non adeguatamente supportata, nonostante neH'originaria richiesta di revisione fosse stato puntualizzato che la verifica sarebbe stata eseguita "sulla base dei nuovi parametri fissati" ovvero "delle nuove metodiche utilizzate dalla comunità scientifica mondiale in materia".
4.2. Violazione di legge, in relazione agli artt. 192, 630 e 636 cod. proc. pen., e vizio di motivazione, per mancanza o manifesta illogicità, per avere la Corte di appello erroneamente ritenuto che le originarie dichiarazioni di accusa rese da Giuseppantonio Gugliotta, vittima del tentato omicidio, non fossero state inficiate dalle successive indicazioni dubitative rese dallo stesso propalante (deposizione, quella cronologicamente posteriore, dalla Corte giudicata di ridotta portata dimostrativa solo perché offerta da persona in precarie condizioni di salute); per non avere adeguatamente considerato che il predetto Gugliotta potrebbe aver commesso un errore di identificazione riferendosi ad un Giovanni Polimeni, all'epoca quindicenne (con il quale la teste Giuseppina Gugliotta, poco dopo la commissione del triplice omicidio, aveva avuto pure un litigio), omonimo dell'imputato che era stato poi condannato; e per non avere tenuto conto che la parola accusatrice di Giuseppantonio Gugliotta era stata, comunque, contraddetta dalle deposizioni testimoniali del Cangemi (il quale aveva ricordato che il Gugliotta gli aveva confidato di non aver riconosciuto alcuno degli autori dell'agguato) e della Tailarita (la quale aveva escluso che Giovanni Polimeni avesse fatto parte del commando omicidiario).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Ritiene la Corte che i ricorsi vadano accolti.
2. Quanto alla specifica censura formulata con il primo motivo del ricorso presentato nell'interesse di Giuseppe Mazzagatti, va ricordato come costituisca
ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo il quale è prova decisiva, la cui mancata assunzione è deducibile come motivo di ricorso per cassazione, solo quella prova che, non assunta o non valutata, vizia la sentenza intaccandone la struttura portante, nel senso che, se assunta o valutata, avrebbe determinato un esito diverso del processo (così, tra le tante, Sez. 3, n. 27581 del 15/06/2010, M., Rv. 248105; Sez. 6, n. 14916 del 25/03/2010, Brustenghi, Rv. 246667; Sez. 2, n. 16354 del 28/04/2006, Maio, Rv. 234752).
D'altra parte, con specifico riferimento alla collegata doglianza contenuta nel primo motivo del ricorso presentato nell'interesse di Domenico Polimeni, va osservato che, per la pacifica giurisprudenza di questa Corte, in tema di revisione il diritto alla prova deve essere interpretato nei limiti delle ragioni proprie del processo revisionale, per cui, ove le "nuove prove" risultano inidonee ad inficiare l’accertamento del fatto, il giudice della revisione è legittimato a non ammetterle ed a dichiarare inammissibile o rigettare la richiesta: la valutazione compiuta dal giudice della revisione in ordine alla rilevanza della prova si sottrae alla censura in sede di legittimità allorché la stessa abbia formato oggetto di motivazione adeguata ed immune da vizi logici (così, tra le diverse, Sez. 3, n. 20467 del 04/04/2007, Candotti, Rv. 236673; Sez. 5, n. 2258 del 16/01/1996, Bagedda, Rv. 204231).
Alla luce di tali due regulae iuris va rilevato come la motivazione della sentenza della Corte di appello di Catanzaro risulti, da un lato, carente e lacunosa, dall'altro incongrua e manifestamente illogica.
Sotto il primo punto di vista, infatti, il percorso argomentativo del provvedimento gravato appare chiaramente incompleto con riferimento alla decisione deila Corte territoriale di disattendere la richiesta difensiva di ascolto del consulente tecnico di parte che aveva eseguito, con strumentazione informatica di ultima generazione, una elaborazione tecnica tridimensionale tendente ad una ricostruzione del luogo e della dinamica dell'episodio omicidi ario; prova nuova (in quanto effettuata con metodologie inesistenti all'epoca del primo giudizio di merito) dalla difesa degli imputati indicata come potenzialmente capace di porre in discussione l'attendibilità della descrizione dell'accaduto fornita dal Giuseppantonio Gugliotta, vittima del tentato omicidio: sul punto manca nella motivazione della sentenza qualsivoglia accenno, né una convincente risposta alla sollecitazione probatoria della difesa è riconoscibile nell'ordinanza dibattimentale adottata dalla Corte di appello di Catanzaro nell'udienza del 16/06/2010, con la quale la richiesta difensiva era stata rigettata senza alcuno specifico riferimento a quella istanza istruttoria.
3. Sotto un secondo, e più pregnante, punto di vista, va evidenziato come gravemente illogico appare il percorso argomentativo contenuto nella sentenza impugnata in ordine al rigetto della richiesta difensiva di ascolto dei consulenti tecnici di parte che avevano effettuato una nuova verifica sui reperti di un probabile processo di sparo, prelevati, mediante stub, indosso a Giovanni Polimeni,: istanza che, anche a voler prescindere dalle (certamente non vincolanti) valutazioni espresse in sede di ammissione delia richiesta di revisione, la Corte distrettuale ha disatteso sostenendo che gli interessati non avevano specificato quali fossero "le nuove acquisizioni scientifiche sulla base delle quali (era stata) avanzata la domanda di nuovi accertamenti tecnici".
Ed invero, dalle richieste di revisione si evince che i difensori dei due imputati avevano sottolineato come le indagini tecniche sugli esiti dello stub dovessero essere considerate 'nuove' perché eseguite dal consulente di parte, il prof. Torre (con indicazioni avvalorate anche da un secondo consulente, il prof. Morin), sulla base di sopravvenuti standards scientifici, basati sull'esame dello 'spettro di microanalisi', oramai accreditati dalla comunità scientifica del settore, ma solo in epoca successiva al passaggio in giudicato della sentenza di condanna della Corte di assise di appello di Reggio Calabria: standards scientifici potenzialmente idonei a porre in discussione l'affermata riferibilità a Giovanni Polimeni dell'uso di un'arma da fuoco nel periodo immediatamente precedente all'effettuazione dei prelievi con lo stub, che i giudici di merito avevano valorizzato come elemento di riscontro alla parola accusatrice di Giuseppantonio Gugliotta.
Al riguardo, va detto come questa Corte non ha ragione di disattendere il più recente orientamento delia giurisprudenza di legittimità, per il quale la richiesta di revisione è ammissibile laddove, anziché basarsi sulla sollecitazione ad una mera rinnovazione deH‘accertamento tecnico già espletato nel giudizio di cognizione, prospetti una perizia nuova per metodologia e conclusioni (così a partire da Sez. 5, n. 1976 del 22/04/1997, Cavazza, Rv. 208546; conf., in seguito, Sez. 5, n. 2982 del 16/11/2009, Veneruso, Rv. 245840; Sez. 1, n. 26637 del 28/05/2008, Sepe, Rv. 240869): dunque, l'accertamento tecnico può costituire prova nuova unicamente se fondata su nuove acquisizioni scientifiche idonee di per sé a superare i criteri adottati in precedenza e, quindi, suscettibili di fornire sicuramente risultati più adeguati (Sez. 1, n. 16455 del 19/03/2005, Caruso, Rv. 231579). Situazioni nelle quali vi è la necessità di garantire una "corrispondenza della conoscenza giudiziale (e, quindi, dell'accertamento della verità) allo sviluppo della tecnica e della scienza: esigenza, questa, che è divenuta tanto più essenziale e insopprimibile in una società come quella attuale, caratterizzata da un inarrestabile progresso tecnico-scientifico che ha enormemente ampliato, con un ritmo sempre più accelerato, il patrimonio di conoscenze di cui il giudice può avvalersi attraverso l'opera del perito. (...) l'espletamento di accertamenti peritali (può risultate utile laddove sia rappresentato) l'impiego di nuove tecniche e di nuove conoscenze scientifiche, ancorché restino identici gli elementi di fatto esaminati dal perito, con la necessaria precisazione tuttavia che, in questo secondo caso, deve ovviamente trattarsi di applicazioni tecniche accreditate e rese pienamente attendibili dal livello del sapere acquisito dalla comunità scientìfica, dato che soltanto tale condizione conferisce un tasso di ragionevole affidabilità ai risultati della nuova indagine" (così in Sez. I, n. 4837 del 06/10/1998, Bompressi, Rv. 211456; in termini Sez. 3, n. 4355/12 del 13/10/2011, B., Rv. 251875; Sez. 2, n. 3031 del 22/11/2009, n. 3031, Allegro, Rv. 246257).
Ne consegue, pertanto, che spetta al giudice stabilire se il nuovo metodo scientifico posto a base della richiesta, scoperto e sperimentato successivamente a quello applicato nel processo ormai definito, sia in concreto produttivo di effetti diversi rispetto a quelli già ottenuti, e se i risultati così conseguiti, da soli o insieme con le prove già valutate, possano determinare una diversa decisione rispetto a quella, già intervenuta, di condanna (Sez. 1, n. 15139 del 08/03/2011, Ghiro, Rv. 249864; Sez. 2, n. 12751 del 08/03/2011, Cutaia, Rv. 250049).
4. La riconosciuta fondatezza dei primi due motivi dei ricorsi - che assorbe l'esame dei restanti motivi, in quanto afferenti alla valutazione di elementi di prova ulteriori, verifica che dovrà necessariamente essere compiuta ex novo alla luce di eventuali acquisizioni di nuovi, pertinenti e rilevanti, dati informativi - impone l'annullamento della sentenza gravata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro che, nel nuovo giudizio, si uniformerà ai principi di diritto innanzi esposti.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia, per nuovo giudizio, ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro.
Estensore dr. Ercole Aprile
Così deciso il 04/07/2013

NOTA

Ottima e puntuale sentenza della Cassazione la quella precisa che il giudice ha sempre il dovere di adeguarsi al progresso scientifico nella valutazione della prova; quando un metodo è superato è come se la prova non esistesse più; prima si pensava che essa fosse valida al 100%, poi si scopre che lo era in misura molto minore e che porta a troppi errori. Ciò è avvenuto con le impronte digitali con i residui di sparo, con il DNA, con il raffronto di proiettili, con le analisi chimiche, ecc. ecc.

Impressionante è l'ottusità della Corte di Assise di Catanzaro che ha creduto di poter far giustizia sommaria sulla base di semplici indizi (che, sia ben chiaro, non sono prove, ma sole circostanze che indirizzano verso un sospettato, buone per indagare, ma non per condannare) e poi si è anche rifiutata di ammettere che una prova tecnica discussa deve poter essere rivalutata in ogni momento. Per i giudici di Catanzaro se uno vent'anni fa è stato condannato perché aveva il sangue del gruppo A come quello trovato sulla vittima, ora non potrebbe più chiedere di ricontrollare il DNA del sangue! Queste vicende bene starebbero nella mia pagina sui Miserabili! Nel medioevo uno poteva almeno ricorrere al giudizio di Dio e qualche speranza in più ce l'aveva!


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