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Il Tribunale del riesame riteneva sussistente il fumus del contestato reato, in quanto la katana - tipica spada usata anticamente dai samurai, ed in uso agli ufficiali dell'esercito giapponese fino al termine della seconda guerra mondiale -è un tipo speciale di spada che, conformemente alla sua naturale destinazione e sebbene nella specie non munita di lame affilate, è diretta all'offesa alla persona, tant'è vero che il Pa. l'aveva usata per minacciare il De Ch. (infatti viene provvisoriamente contestato anche il reato di minaccia).
Pertanto, vertendosi in tema di reato riguardante le armi con conseguente obbligatorietà della confisca e sussistendo altresì la finalità probatoria del sequestro per la necessità di dimostrare l'offensività della spada, il vincolo reale sulla katana veniva confermato.
Secondo il ricorrente, il collegio del riesame ha errato nell'inquadrare la katana tra le armi, proprie o improprie, la cui detenzione deve essere denunciata all'Autorità, poiché negli stessi decreti di sequestro e di convalida si dà atto che trattasi di una katana di cm 80 con lama non tagliente e relativo fodero con incisioni giapponesi, da considerare quindi come un oggetto di arredamento o da uso scenico, essendo priva del requisito dell'offensività.
Considerato in diritto
Non sussiste il denunciato vizio di violazione della legge penale, in quanto il Tribunale del riesame ha correttamente apprezzato il fumus dell 'art. 697 cod. pen., ravvisando nell'oggetto in sequestro non un accessorio di arredamento, bensì un'arma vera e propria - a prescindere dalle sue condizioni di efficienza quanto alla lama - ed in effetti secondo la sua tipica funzione essa è stata brandita dall'indagato in danno del malcapitato De Ch..
Da ciò emerge con evidenza la caratteristica tipica della katana, concepita come strumento di offesa alla persona e perciò in uso fino a tempi recenti agli ufficiali dell'esercito giapponese.
Va aggiunto che emerge con pienezza sia la funzione probatoria del sequestro in atto, dovendosi provare in giudizio la natura offensiva della spada, sia la finalità di preservare la katana in vista della futura confisca, obbligatoria in materia di armi.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro tremila alla cassa delle ammende.
NOTA:
Leggere molte sentenze della Cassazione è come affettare le cipolle; si può solo piangere.
Tipica la sentenza sopra riportata che è una accozzaglia di spropositi.
Tratta il caso di un tizio che nel corso di una lite ha brandito una katana non affilata, moderna riproduzione, senza colpire. Tizio è stato denunziato per minacce e porto d'armi e la katana è stata sequestrata. Tizio fa ricorso al Tribunale del riesame e poi alla Cassazione per far dichiarare che la katana non era un'arma propria e gli andava restituita. Ricorso manifestamente infondato, buono solo per spendere soldi in avvocati perché la katana era oggetto corpo di reato e non cambiava nulla se essa era da considerare arma propria o impropria: era una valutazione di merito, di competenza del giudice il quale, pria di parlare di diritto doveva stabilire le caratteristiche dell'oggetto.
La Cassazione avrebbe dovuto scrivere ciò in tre righe e confermare che un corpo di reato va sequestrato come prova e conservato fino alla fine del processo e che è compito del giudice di merito stabilire se taglia o non taglia.
Invece la Cassazione si è lasciata andare a farfugliamenti ridicoli di chi parla ad orecchio pur essendo sordo. Quindi ha detto:
- che la katana è un'arma perché la usavano gli ufficiali dell'esercito giapponese! Mio primo scroscio di pianto perché la usavano anche i soldati e perché la katana dell'esercito giapponese ea certamente affilata! Ma che c'entra? Anche la spada degli ufficiali dell'esercito italiano era usata in combattimento, ma non affilata è ora un oggetto da parata ufficialmente non arma, così tutte le riproduzioni di spade per uso scenico o da panoplia, in libera vendita in migliaia di negozi e talvolta anche sui mercatini.
http://www.earmi.it/diritto/leggi/sciabole.html
https://www.earmi.it/varie/katane.html
Ma lo sappiamo, i giudici della Cassazione non conoscono la realtà e quindi non riescono a collegare le norme con essa. E quindi si arriva a dire:
- che la katana è evidentemente un'arma perché è stata brandita come tale. Mio secondo scroscio di pianto perché anche un bastone di legno può essere brandito ma non perciò diviene un'arma proprio. In certi casi verrà considerato arma impropria, ma con ben altre conseguenze giuridiche. Ma se in Cassazione non hanno ancora capito la differenza fra arma propria e arma impropria è inutile perdere tempo a spiegargliela. I mercanti del tempio non vanno istruiti, ma cacciati, come già stabilito da due millenni!
- che se l'oggetto in sequestro è una katana è ovviamente un'arma perché tali sono le katane. Ho finito la scorta di lacrime! Siamo ancora all'idea che quel che conta è l'etichetta e non la sostanza: se sulla scatola c'è scritto "pistola" è ovvio che nella scatola ci sia una pistola! E se è finta, rotta, inefficiente, che se ne frega! Non dovevi chiamarla pistola! Se sui rotoli di carta igienica della caserme c'è la sigla E.I. è ovvio che è carta igienica da guerra. La nuova regola della Cassazione è: se un pezzo di ferro o di legno lo chiami spada, spada sia! Denuzialo o vai in galera!
Ma perché continuo a scrivere? A lavar l'asino si perde il ranno e il sapone.
9 settembre 2019
email - Edoardo Mori |
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