Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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Cassazione e Consiglio di Stato - Pari sono!

In Italia abbiamo una certezza: che non vi è limite al peggio! Ma siamo anche fortunati perché non riusciamo mai a toccare il fondo, probabilmente perché non abbiamo neanche un fondo. Uno ha appena finito di maledire la cassazione per le sciocchezze che riesce ad inventarsi, pensa di aver trovato il fondo, ed invece scopre che altri fronti di incommensurabile sciocchezza si trovano anche al Consiglio di Stato. Come è noto questo è la Corte di seconda istanza che decide su ogni questione amministrativa e che dà pareri al governo e al Presidente della Repubblica. Per metà è formato da giudici provenienti dai Tar, per l’altra metà da fedeli servitori del potere. Quanto esso sia obiettivo lo si è visto quando si trattava di salvare l’UITS, tipico ente inutile, e il Consiglio di Stato ha fatto un parere in cui dichiarava falsamente che essa aveva compiti pubblicistici perché competente a rilasciare i certificati di capacità al maneggio armi! Anche i bambini sapevano che questa era una competenza tipica delle Sezioni del tiro a segno.
Vi espongo un caso che tratta di fucili da caccia, con numerosi spunti comici, ottimi per scenette televisive; vi ricordate quando dei viaggiatori su di un treno disquisivano con Walter Chiari sul sarchiapone? Ebbene siamo a quel livello.

Il caso è il seguente: il comune di Lasnigo in provincia di Como ha proposto ricorso straordinario al Presidente della Repubblica contro la determinazione dirigenziale n. 747 del 28 maggio 2009, con cui la provincia di Como ha autorizzato nei comprensori alpini di caccia “Alpi Comasche”, Prealpi Comasche, il prelievo venatorio del cinghiale a decorrere dal 1 giugno 2009 e ha  approvato le “Disposizioni particolari per la caccia di selezione del cinghiale” nel C.A.C.
Il Comune lamentava tra l’altro la violazione dell’art. 23, l.r, n. 26 del 1993, che individua gli strumenti con cui l’attività venatoria può essere esercitata, segnatamente prevedendo l’uso di diverse tipologie di fucili, con l’ulteriore precisazione (all’ultimo comma) che “sono vietati tutte le armi e i mezzi per l'esercizio venatorio non esplicitamente ammessi dal presente articolo”. Il comune ricorrente sostiene il contrasto del provvedimento impugnato con il citato art. 23, nella parte in cui dispone che la caccia possa essere praticata “unicamente” con l’uso della carabina.
L’art. 23 della legge regionale lombarda  ricopia la legge nazionale del 1992 nel definire le armi da caccia:
a) fucile con canna e anima liscia fino a due colpi, a ripetizione e semiautomatico, con colpo in canna e caricatore che non possa contenere più di due cartucce di calibro non superiore al 12;
b) fucile con canna ad anima rigata a caricamento singolo manuale o a ripetizione semiautomatica di calibro non inferiore a millimetri 5,6 con bossolo a vuoto di altezza non inferiore a millimetri 40;
c) fucile a due o tre canne (combinato), di cui una o due ad anima liscia di calibro non superiore al 12 ed una o due ad anima rigata di calibro non inferiore a millimetri 5,6 con bossolo a vuoto di altezza non inferiore a millimetri 40.

Quindi il Comune in realtà contestava una violazione della legge nazionale. Se non capisco male il Comune sosteneva la illegittimità del provvedimento perché consentiva la caccia solo con la carabina, tipo di arma che la legge non prevede!!
Ricordo che un ricorso del genere viene istruito dal ministero competente e cioè il “Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare direzione generale per la protezione della natura il quale redige un parere che viene inviato ad una delle sezioni del Consiglio di Stato il quale, come noto, è organo di consulenza giuridico-amministrativa e di tutela della giustizia nell’amministrazione, che formula un parere vincolante che poi il capo dello Stato trasforma in un proprio decreto.
Perciò quanto ora leggermente è il parere del Consiglio di Stato il quale molto verosimilmente si è limitato a copiare il parere del ministero.
Prego tutti di rilevare che un ricorso presentato nel 2009 e che si poteva decidere “a vista” è stato preso in mano dal Ministero nel dicembre 2011 (devono avere un magazzino di stagionatura dei ricorsi, come per il parmigiano!),  che il Consiglio di Stato è riuscito  a copiare ciò che il Ministero gli scriveva solo nel gennaio 2013 e che la Presidenza della Repubblica ha impiegato altri sei mesi per pubblicarlo! E poi ci domandiamo perché l’Italia va male! È pura interessata cialtroneria burocratica: se il ricorso venisse deciso in tempi più rapidi di quanto  si impiega a seguire il normale iter del TAR e del Consiglio di  Stato, ci sarebbero troppi ricorsi di questo tipo e quindi troppo lavoro per i poveri funzionari.
Il Consiglio di Stato così scrive per dare ragione al Comune ricorrente:
Nel dettaglio, la Sezione ritiene che, attesa la distinzione sussistente tra fucili e carabine, il provvedimento impugnato è illegittimo nella parte in cui autorizza in modo generico, e senza precisazioni, l’uso della carabina per l’attività venatoria. Invero, come sostenuto dalla Corte di Cassazione, premesso che ai sensi della legge 18 aprile 1975, n. 110, i fucili sono tenuti distinti dalle carabine, le quali sono considerate armi comuni da sparo soltanto se siano ad una canna e ad anima rigata, l’uso della carabina per la caccia non è consentito, a meno che l’arma non risponda alle  caratteristiche ed ai requisiti previsti dall'art. 13, comma 1, legge 11 febbraio 1992, n. 157 per i fucili (Cass. pen., 2 giugno 1999, n. 2075),
La predetta disposizione consente quindi l’attività venatoria solo con l’uso di fucili. Consegue che le carabine possono essere utilizzate solo se posseggono i requisiti necessari perché, oltre a poter essere considerate armi comuni da sparo (ad una canna e ad anima rigata), siano riconducibili nel novero delle armi utilizzabili per la caccia ai sensi del richiamato art. 13.
Questo è il tipico modo di procedere di chi non ha capito nulla, non ha capito la norma di legge, non ha capito la sentenza che cita, e quindi farfuglia quattro parole senza senso convinto che ciò basti per fare giustizia. Mi pare di leggere quel racconto di Mark Twain in cui un improvvisato giornalista si metteva a scrivere consigli agricoli e faceva presente che era tempo di raccogliere le patate delle piante e di mungere i bachi da seta!
La distinzione fra fucile e carabina non è nella legge, ma nel linguaggio comune nel quale il termine fucile indica ogni arma e il termine carabina indica il fucile a canna rigata. Il termine carabina compare per la prima volta nella legge 110/1975, articolo 2, in cui per paura di dimenticare qualcosa, si regolano “i fucili, le carabine, i moschetti”; esso elenca a parte anche i “fucili con due canne ad anima rigata”. È chiaro che il legislatore aveva fatto un inutile confusione linguistica, ma nella sostanza l’unica vera novità era la norma che regolava le carabine che utilizzavano munizioni usate anche d’armi militari.
L’art. 9 Legge 27 dicembre 1977, n. 968 sui mezzi di caccia stabiliva:
La caccia è consentita con l'uso di fucile con canna ad anima liscia fino a due colpi,a ripetizione e semiautomatico, limitato con apposito accorgimento tecnico all'uso di non più di tre colpi, di calibro non superiore al 12, nonché della carabina a canna rigata di calibro non inferiore a millimetri 5,6 con bossolo a vuoto di altezza non inferiore a 40 millimetri.
È consentito, altresì, l'uso del fucile a due o tre canne (combinato),di cui una o due ad anima liscia di calibro non superiore al 12 ed una o due a canna rigata di calibro non inferiore a millimetri 5,6 con bossolo a vuoto di altezza non inferiore a 40 millimetri.
In parole più semplici. esso stabiliva che un fucile a canna liscia non doveva essere in grado di sparare in modo semiautomatico o a pompa più di tre colpi e che il fucile a canna rigata, o carabina che dir si voglia, era consentita purché non in calibro 22; nulla diceva circa una limitazione di colpi per le carabine a canna rigata semiautomatiche.
La norma era piuttosto confusa ed illogica e veniva modificata con l’articolo 13 della legge 157/1992 il quale stabiliva
L'attività venatoria è consentita con  l'uso  del  fucile  con canna ad anima liscia fino  a  due  colpi,  a  ripetizione  e semiautomatico, con caricatore contenente non più di  due  cartucce, di calibro non superiore al 12, nonché con fucile con canna ad anima rigata  a  caricamento singolo manuale o a ripetizione semiautomatica di calibro non inferiore a millimetri 5,6  con  bossolo  a  vuoto  di altezza non inferiore a millimetri 40.
È chiaro che la legge, proprio per evitare l’inutile confusione fra fucile e carabina fatta  nel 1977, ha giustamente distinto solo fra fucili a canna liscia e fucili a canna rigata; l’articolo 13 ha stabilito il numero massimo di tre colpi complessivi solo per i fucili a canna liscia, ma lo stesso limite si trovava ad essere automaticamente applicato anche alle armi semiautomatiche a canna rigata in quanto l’articolo uno della legge recepisce la convenzione di Berna che contiene tale regola. Non ci vuole molto a immaginare che il legislatore, in stato di marasma dovendo parlare di cose che non capiva, neppure si sia reso conto di ciò che stava facendo, ma l’interprete deve limitarsi a ciò che emerge dal testo legislativo.
Nel parere in esame viene poi citata la sentenza 2075/1999 e pare proprio che chi la cita abbia letto solo la massima, molto confusa e che viene  copiata letteralmente, senza mai leggessi la sentenza, come invece farebbe chiunque si intenda di diritto. Dal testo della sentenza si vede che la Cassazione dovendo solo decidere se anche i fucili a canna rigata, o carabine che dir si voglia, debbano rispettare il limite dei tre colpi complessivi, del  tutto correttamente dice, ma che sciocchezza è voler distinguere fra fucili e carabine”; la legge non fa distinzioni e  l'interpretazione della legge nei termini che precedono è conforme, del resto, a quanto già chiarito da questa Suprema Corte, con riguardo ad analoga questione, e si pone in linea con le convenzioni internazionali e con la normativa comunitaria, richiamate, tra l'altro, anche nell'ordinanza impugnata, che, come è stato ricordato, prevedendo, in generale, il divieto di mezzi che impediscano un'uccisione selettiva e non di massa, includono, tra i mezzi vietati, le armi automatiche o semiautomatiche con caricatore dotato di più di due cartucce.
Credo che a questo punto, per qualsiasi persona munita di neuroni e non di nanoparticelle vaganti nel vuoto, l’unica cosa che si poteva dire in merito al ricorso al Capo dello Stato in esame era: comune di Lasnigo, perché mai la provincia non dovrebbe imporre l’uso del fucile a canna rigata per la caccia cinghiale visto che ciò avviene nel 95% del territorio italiano e che la stessa legge sulla caccia vieta l’impiego di munizioni spezzate per la caccia cinghiale?
Leggete invece l’esilarante motivazione del Consiglio di Stato, convinto di poter disquisire sulle norme da caccia senza neppure averle lette e, quel che è peggio, senza essersi accorto che la legge del 1977 era stata superata da quella del 1992 e senza sapere che cosa che cosa è un fucile e che cosa si usa per la caccia cinghiale. Lo so, al Consiglio di Stato sono giudici di diritto altamente specializzati, ma mi viene in mente quella battuta la quale spiega che se lo specialista è quello che sa moltissimo in un campo ristretto, si deve concludere che il più grande specialista è quello che sa tutto su un punto talmente ristretto da rappresentare il nulla!

Vediamo di analizzare dettagliatamente ciò che ha scritto il Consiglio di Stato; questo ritiene che, attesa la distinzione sussistente tra fucili e carabine, il provvedimento impugnato è illegittimo nella parte in cui autorizza in modo generico, e senza precisazioni, l’uso della carabina per l’attività venatoria. Invero, come sostenuto dalla Corte di Cassazione, premesso che ai sensi della legge 18 aprile 1975, n. 110, i fucili sono tenuti distinti dalle carabine [Nota: la legge 100, al solo fine di individuare le armi da guerra, dice che non sono tali le carabine che rispondono a certi requisiti; non ha mai voluto fare distinzioni],  le quali sono considerate armi comuni da sparo soltanto se siano ad una canna e ad anima rigata [Nota: ma dove avranno preso questa cazzata colossale?], l’uso della carabina per la caccia non è consentito, a meno che l’arma non risponda alle caratteristiche ed ai requisiti previsti dall'art. 13, comma 1, legge 11 febbraio 1992, n. 157 per i fucili (Cass. pen., 2 giugno 1999, n. 2075)[Nota: affermazione corretta; basta leggersi le norme!]. La predetta disposizione consente quindi l’attività venatoria solo con l’uso di fucili [Nota: secondo queste ineffabili menti, la regola è che a caccia si va solo con il fucili a canne lisce; questa è la straordinaria competenza di chi è chiamato a decidere sulla normativa venatoria e che fa strage di calendari venatori!].  Consegue che le carabine possono essere utilizzate solo se posseggono i requisiti necessari perché, oltre a poter essere considerate armi comuni da sparo (ad una canna e ad anima rigata) [Nota: ma al CdS vivono in Italia o nel paese della brutta addormentata? Sanno la differenza fra un fucile e la scopa della strega? Ma davvero credono che un fucile a canna rigata sia comune solamente se ha una sola canna? Ma se hanno letto le norme che pretendono di applicare, non hanno visto che sono armi da caccia i combinati con due canne rigate? E quando mai gli eserciti moderni hanno usato fucili più canne? Vorrei proprio sapere quali sono le canne che circolano al CdS!],  siano riconducibili nel novero delle armi utilizzabili per la caccia ai sensi del richiamato art, 13. [Nota: non ho le forze per seguire il ragionamento; pare che si voglia dire che siccome armi da caccia sono i fucili, le carabine sono una sottospecie di diverse armi  che solo in casi particolari, molto strani e ignoti al CdS, possono essere usate per cacciare!].
Nei termini suindicati la Sezione ritiene che il ricorso debba pertanto essere accolto.[Nota: non so se voi avete capito bene la logica stringente  del CdS;  siccome le carabine sono armi  da caccia solo in casi particolari, come fa la provincia di Como a imporne l’uso per la caccia ai cinghiali in modo generico, e senza precisazioni? Ma che cosa doveva mai specificare e precisare?]

 


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