Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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Bombolette, ancora armi da sparo!

Quando devo commentare moltissime sentenze della cassazione in materia di armi, mi vengono prepotentemente alla mente le scenette in cui Walter Chiari vestito da gonzo, viene apostrofato con la frase “vieni avanti cretino!”.
La cassazione se ne è di nuovo uscita a dire, nella sentenza che riporto qui sotto, che una bomboletta di tipo non liberalizzato contiene aggressivi chimici ed è un’arma da sparo (proprio così, non avete capito male). Mi sono già espresso su queste due affermazioni nell’articolo bombolette1 ma ora abbiamo la prova certa che i giudici vivono in un loro mondo fasullo al di fuori della realtà. Quando si tratta di giudicare un caso non guardano cosa avviene al di fuori dal loro ufficio ma vanno a grufolare nei loro archivi di giurisprudenza stratificata come il letame delle stalle di Augia (quelle ripulite da Ercole) e neppure si preoccupano di sapere se il mondo sia cambiato e che cosa ne pensi il mondo delle stupidaggini che scrivono.
Prego tutti di considerare che in questo caso ben 12 magistrati si sono trovati concordi su affermazioni stravaganti; calcolando che solo di stipendi sono costati circa  150.000 euro al mese, si comprende perché l’Italia va così male.
La nozione di arma da sparo o arma da fuoco che dir si voglia, perché i due termini sono assolutamente equivalenti, è una nozione storica assodata da almeno 700 anni e indica ogni arma che attraverso una canna spara un proiettile utilizzando la polvere da sparo. Soltanto ai fini giuridici il legislatore italiano del 1940 ha equiparato alle armi da sparo quelle armi che lanciano un proiettile attraverso una canna ma con l’energia di gas compressi. Quindi se manca la canna non si è di fronte a un’arma da sparo, nel senso pur così ampliato dal legislatore italiano, ma solo un’arma bianca propria. Ed infatti non sono mai state considerate armi da sparo un arco, una balestra, una fionda, una cerbottana.
La cosa è talmente ovvia e pacifica che, a livello internazionale,  in base alla direttiva europea del 1991, in base ai protocolli Onu contro il crimine del 2006, sono assoggettate a controllo solo le armi che espellono un proiettile da una canna usando sostanze esplosive.
Come sia possibile che una bomboletta di gas irritante, che non ha una canna, che non espelle proiettili, che non contiene sostanze esplosive, possa diventare un’arma da sparo è cosa che supera la comprensione umana.
I giudici si sono lasciati influenzare dalla affermazione idiota di un perito idiota secondo cui esse conterrebbero degli aggressivi chimici perché contengono i gas CN o CS riportati negli elenchi sul materiale di armamento; già ho spiegato nel precedente articolo perché è un’affermazione idiota: sarebbe come dire che detiene esplosivi militari chi prende in farmacia un cerotto che contiene nitroglicerina, ottima contro gli attacchi di angina.
Ma in ogni caso i giudici non avrebbero capito nulla perché se fosse vera la loro affermazione una bomboletta che contiene aggressivi chimici militari non sarebbe un’arma da fuoco comune ma sarebbe un’arma da guerra a norma dell’articolo uno della legge 110! Evidente che inconsciamente qualche dubbio sulla enormità di ciò che stavano scrivendo ce lo avevano e non hanno osato scrivere ciò.
Nel caso in esame si era di fronte ad una normalissima bomboletta non liberalizzata che rientra fra le armi bianche, che può essere acquistata con porto d'arma e che va denunziata. I reati che si configrano in caso di condotte illecite sono quelli degli artt 687-699 C.P. e art. 4 L. 110/1975. Dio solo sa che bisogno c'è di complicare le cose con assurdità tecniche e giuridiche fuori dal modo reale.
Mi domando: se si prescinde dalla necessità che vi sia una canna che lancia un proiettile allora la bocca di un giudice che spara cavolate indegne solo utilizzando l’aria compressa nei polmoni, è un’arma comune da sparo? E se le spara a raffica diventa un’arma da guerra? Di certo queste cavolate sono idonee a ferire e anche ad uccidere indiscriminatamente persone innocenti che davvero non si meritano questa giustizia.
Nella sentenza si legge che il principio secondo cui una bomboletta è un’arma da sparo è stato affermato dal cassazione in modo “netto”. E chi se ne frega! Le decisioni della cassazione devono essere giuste, non nette, perché anche una scemenza può essere netta, ma con ciò non migliora, anzi peggiora perché più micidiale.

Ecco il testo della sentenza:
Cassazione - 5 febbraio 2014 nr. 5719
Ritenuto in fatto
Con sentenza 29/1/13 la Corte di Appello di Bologna confermava la sentenza 13/10/08 del giudice monocratico del Tribunale di Forlì che, con le attenuanti generiche (e ritenuta l'ipotesi lieve di cui all'alt. 5 della legge n. 895/67), condannava Dell'Aglio Umberto (cui era contestata la recidiva reiterata) alla pena di mesi 8 di reclusione per il reato (in Forlì, il 21/7/06) di porto e detenzione illegale di n. 3 bombolette spray marca "American Style Nato Super Paralisant" (della capacità di 40 mi ciascuna) contenenti una soluzione irritante-lacrimogena, in genere in dotazione alle forze di polizia (comprese le italiane) per il controllo dell'ordine pubblico, a base di orto-clorobenziliden-malonitrile, altrimenti detta "CS".
Ricorreva per cassazione la difesa, deducendo: 1) vizio di motivazione in ordine alla offensività in concreto (vista anche la consulenza tecnica di parte) della condotta contestata (ritenuta in base alla sola analisi qualitativa ed omessa invece ogni analisi quantitativa sull'esatto valore di concentrazione del principio attivo di "CS" contenuto nelle bombolette, affidandosi al solo dato "max 80 mg" di cui all'etichetta); 2) vizio di motivazione in ordine alla qualificazione giuridica del reato (da definirsi ex art. 4 della L n. 110 del 1975, la destinazione naturale del prodotto essendo la difesa personale e ridottissima la potenzialità offensiva). Chiedeva l'annullamento della sentenza impugnata.
Alla pubblica udienza fissata per la discussione il PG chiedeva dichiararsi l'inammissibilità del ricorso, la difesa il suo accoglimento.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato in entrambi i suoi motivi e va respinto. Quanto al primo, si può ben prescindere da una analisi quantitativa del prodotto che accerti l'esatta concentrazione del principio attivo del liquido contenuto nelle più bombolette (peraltro dichiarato in max 80 mg), una volta che le stesse siano fabbricate e poste in commercio con una dichiarata destinazione offensiva (apodittico, in assenza di una neppure ipotizzata operazione truffaldina, evocare delle concentrazioni minime, se non inesistenti). Quanto al secondo, la giurisprudenza anche recente di questa Corte (Cass., I, sent. n. 11753 del 28/2/12, rv. 252261) ha affermato in modo netto che "integra il reato previsto dall’alt. 4 L. 2 ottobre 1967, n. 895 e succ. mod., il porto in luogo pubblico di una bomboletta spray contenente gas urticante idoneo a provocare irritazione degli occhi, sia pure reversibile in un breve tempo, in quanto idonea ad arrecare offesa alla persona e come tale rientrante nella definizione di arma comune da sparo da cui aH’art. 2 L. n. 110 del 1975". Già in tal senso anche Cass., I, sent. n. 6106 del 13/1/09, rv. 243349: "La bomboletta spray contenente sostanza urticante è compresa tra gli aggressivi chimici il cui porto illegale costituisce reato ai sensi della legge 2 ottobre 1967 n. 895". Diversa fattispecie, riguardante uno spray anch'esso urticante ma a base di peperoncino e non di aggressivi chimici, quella di cui a Cass., I, sent. n. 3116 del 24/10/11, dep. 25/1/12, rv. 251825.
Pqm
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 


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