Luogo abitato - Cass. 20 aprile 2022 Nr. 19888
SENTENZA
sul ricorso proposto da*** nato a Roma il 04/02/1956 avverso la sentenza del 25/01/2021 del Tribunale di Grosseto; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere GIORGIO POSCIA;
letta la requisitoria scritta presentata ai sensi dell'art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, con cui il Pubblico ministero che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 25 gennaio 2021 il Tribunale di Grosseto ha dichiarato *** colpevole del reato di cui all'art. 703 cod. pen. per avere, senza licenza, nelle adiacenze di un luogo abitato, sparato diversi colpi di arma da fuoco il giorno 22 aprile 2019 in Sorano; con la stessa sentenza il Tribunale ha invece assolto il *** dalla imputazione di avere portato illegalmente in luogo la pistola cal. 22 Browning Buckmark, con matricola n. 515MT18891, perché il fatto non sussiste e ha infine ordinato la confisca della stessa arma.
2. In particolare il Tribunale ha osservato che poteva ritenersi pacifico che il ***, titolare di porto d'armi per l'esercizio del tiro a volo, il 22 aprile 2019 si stava esercitando con la sopra indicata pistola, di sua proprietà e regolarmente denunciata, all'interno di un appezzamento di terreno di proprietà della suocera sito in Sorano, frazione di Montebuono, dove egli aveva sistemato una cassetta di legno con attaccato un foglio con cerchi concentrici che fungeva da bersaglio.
I carabinieri, intervenuti sul posto a seguito di segnalazioni di colpi di arma da fuoco, avevano individuato il punto in cui l'imputato si stava esercitando con la pistola poco prima del loro arrivo ed avevano rinvenuto due bossoli calibro 22 sul terreno.
2.1. Il Giudice ha escluso, sulla base del materiale probatorio acquisito, che, nell'occasione, il *** abbia svolto l'attività ludico sportiva in condizioni di massima sicurezza ritenendo che l'area di tiro predisposta - sebbene collocata all'interno della proprietà della suocera - di fatto era aperta e posta in prossimità di una strada parallela al terreno e che collega i diversi agglomerati di case esistenti nella zona in modo tale che chiunque si sarebbe potuto avvicinare all'area degli spari con le relative pericolose conseguenze; inoltre, l'area dove l'imputato si era esercitato era nelle adiacenze della abitazione della suocera con la conseguenza che qualcuno dei presenti in casa avrebbe potuto avvicinarsi all'area di tiro ed essere così attinto dai colpi.
2.2. Il Tribunale ha invece pronunciato assoluzione rispetto all'altra imputazione non essendo stato dimostrato il porto in luogo pubblico dell'arma.
3. Avverso tale sentenza +***, per mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione affidato a nove motivi.
3.1. Con il primo lamenta, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la illogicità e contraddittorietà della motivazione nonché il travisamento della prova con riferimento ai fatti accertati in dibattimento e comunque indiscutibili a conferma che l'imputato il giorno dell'evento: a si è recato nel campo recintato poste nelle vicinanze della casa rurale della suocera; b) ha chiuso il recinto e ha sparato, avendo alle spalle la casa, alcuni colpi in direzione di una cassetta posta a terra a 3 o 4 metri di distanza; c) a suoi lati c'erano cataste di legna e ha sparato in direzione di una collina terrapieno posta a 150 metri, sempre chiusa e di proprietà della suocera.
3.2. Con il secondo motivo censura la decisione impugnata per violazione dell'art. 703 cod. pen., considerato che tale norma incriminatrice è relativa al centro abitato, mentre il luogo dei fatti tale non è come confermato dalle testimonianze della suocera e del giardiniere ***.
3.3. Il terzo motivo censura, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la decisione per violazione dell'art. 703 cod. pen. e dell'art. 3 del codice della strada (d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285) per avere dato una erronea definizione del concetto di centro abitato che è comunque distinto e differente rispetto al luogo abitato.
3.4. Con il quarto motivo si lamenta la violazione del citato art. 703 cod. pen. in quanto la relativa fattispecie incriminatrice si riferisce alla ipotesi di concreto pericolo per la pubblica incolumità, differente rispetto a quanto verificatosi nel caso di specie.
3.5. Il quinto motivo riguarda, ai sensi dell'art. 606 cod. proc. pen. e 703 cod. pen., la manifesta illogicità, carenza e contraddittorietà della motivazione nonché travisamento della prova con riferimento allo stato dei luoghi rispetto alla strada ed al recinto chiuso.
3.6. Il sesto motivo riprende il quarto relativo alla necessità della concreta pericolosità per potere configurare il reato di cui all'art. 703 cod. pen.
3.7. Il settimo motivo ripropone, in sostanza, le censure del primo motivo riguardanti la mancata considerazione, da parte del Tribunale, che la zona dei fatti è aperta alla caccia.
3.8. L'ottavo motivo censura, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. e dell'art. 703 cod. pen., il travisamento dei fatti e l'erroneità della motivazione in ordine ai criteri di sicurezza evidenziando che non è obbligatorio
che gli spari avvengano in luogo chiuso e che comunque, il primo giudice, non ha valutato lo stato dei luoghi.
3.9. Infine, con il nono motivo si lamenta la violazione di legge con riferimento alla confisca dell'arma erroneamente ritenuta obbligatoria da parte del Tribunale ai sensi dell'art. 6 I. 22 maggio 1975, n.152.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso merita accoglimento.
2. La contravvenzione prevista dall'art. 703 cod. pen. richiede che la condotta (nella specie, lo sparo effettuato da un'arma da fuoco) sia compiuta «in un luogo abitato o nelle sue adiacenze, o lungo una pubblica via o in direzione di essa».
2.1. Nel caso in esame, i colpi di pistola sono stati esplosi "in campagna", in luogo posto in prossimità (distanza non meglio precisata) di una strada rurale; non, pertanto, in uno dei luoghi indicati dalla norma incriminatrice. Né dagli atti è dato evincersi che il fatto abbia posto in concreto pericolo il bene giuridico tutelato (la vita e l'incolumità fisica riferibile ad un numero indeterminato di soggetti) (cfr. Cass. I, 22.9.2006, n. 37384, Rv. 235082).
3. La sentenza deve, pertanto, essere annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste; consegue la revoca della confisca dell'arma con restituzione all'avente diritto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste. Revoca la confisca dell'arma e dispone la restituzione della stessa all'avente diritto.
Così deciso il 20 aprile 2022.
NOTA
Allego la sentenza del Tribunale, utilissima per capire i motivi per cui la giustizia non funziona!
La Cassazione ha giustamente usato il minimo di parole per decidere un caso in cui, sono sicuro, il giudice relatore si è limitato a dire "guarda che minchia scrive il tribunale di Grosseto".
Stendiamo un velo pietoso sui Carabinieri che denunziano, senza sapere di che cosa parlano, chi ha tenuto condotte del tutto legittime, forse per riempire le loro statistiche; un altro velo pietoso sul pubblico ministero che rinvia a giudizio per reati palesamenrte esistenti sono nella mente de carabiniere Cacace; un terzo velo, e sulla Procura Generale presso la Cassazione che se ne esce con una richiesta di inammissibilità del ricorso campata in aria. Io sono sempre stato dell'idea che il giudice deve stabilire se l'imputato è innocente o colpevole e, se è innocente, lo deve assolvere superando ogni cavillo burocratico perché è impossibile che una persona si trovi condannata non per un reato ma perché ha sbagliato una formalità di procedura.
Sentite che cosa ha fatto il Tribunale di Grosseto. Esso doveva solo decidere se l'imputato aveva sparato in un luogo abitato o nelle sue adiacenze, o lungo una pubblica via o in direzione di essa. Quindi, visto che strade non ce ne erano, dovrebbe solo stabilire se c'era o meno un abitato. È nozione pacifica che, in base alle norme amministrative, luogo abitato non è ogni luogo ove si trovino persone, ma il luogo in cui vi siano più abitazioni, almeno tre, abitate da più persone. E case non ve ne erano, salvo quella della suocera dello sparatore stesso. Caso chiuso con parole di condanna per chi lo aveva iniziato.
Ebbene, il tribunale non poteva immettere nel suo cranio l'idea che fosse possibile sparare in un prato (ma i cacciatori dove sparano? nelle gallerie dei treni?) e si sono lanciati in elucubrazioni fantastiche circa il pericolo di sparare in campagna; hanno ignorato tutte le norme da cui si ricava che è cosa lecita; si sono inventati il reato di sparare in campagna ed hanno condannato.
Se si potesse ragionare così, mi sarebbe facile scrivere che anche i giudici che fanno certe cose vanno condannati!
Ma vi è di più! Facendo strame delle norme del codice di proceduta penale hanno finito per condannaree per un fatto non contestato. Era contestato di aver sparato in luogo abitato o sue adiacenze ed hanno condannato per aver fatto spari pericolosi in luogo non abitato! Come poteva l'imputato difendersi da reato mai contestato? O,
peggio ancora, i giudici hanno fatto una interpretazione analogica, vietata nel diritto penale. Ormai si può chiamare così il diritto che fa pena!
EM
17-9-2022
Sentenza n° 54/2021
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI GROSSETO
in composizione monocratica, ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nel giudizio relativo al procedimento penale celebrato nei confronti di
*****
Difeso di fiducia dagli avvocati Umberto CHIALASTRI e Carlo CHIALASTRI del foro di Roma.
IMPUTATO
a) per il reato p. e p. dagli arti. 4 e 7 della L. n. 895/67 perché portava illegalmente in luogo pubblico la pistola cal. 22 marca "Browning Buckmark" matricola n. 515MT18891.
Commesso in Sorano (GR) in data 22.4.2019.
b) per il reato p. e p. dall'art. 703 c.p. perché, senza la licenza dell'Autorità, nelle adiacenze di un luogo abitato, sparava diversi colpi dall'arma da fuoco di cui al capo a).
Commesso in Sorano (GR) in data 22.4.2019.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Dall’istruttoria dibattimentale è emerso, pacificamente, che il ****, titolare di porto d’armi per l’esercizio del tiro a volo, il 22.4.2019, si esercitava con la pistola cal. 22 marca “Browning Buckmark” matricola n. 515MT18891 di sua proprietà, regolarmente denunciata, all’interno di un appezzamento di terreno appartenente alla suocera ****, posto in Sorano (GR), frazione Montebuono; quel giorno, i carabinieri della compagnia di Pitigliano, giunti sul posto a seguito della segnalazione di colpi di arma da fuoco provenienti da tale area, individuavano il punto in cui l’imputato, poco prima del loro arrivo, si stava esercitando nel tiro con la pistola, rinvenendo a terra due bossoli calibro 22.
La difesa dell’imputato ha fornito in giudizio documentazione fotografica rappresentante lo stato dei luoghi nonché del bersaglio artigianale predisposto dal **** (una cassetta in legno da frutta, con attaccato un foglio con disegnati dei cerchi concentrici); la tesi difensiva si fonda sulla convinzione della assoluta liceità della condotta posta in essere dall’imputato sul presupposto che non sarebbe vietato da alcuna norma giuridica, per chi è titolare di un porto d’armi come quello rilasciato all'imputato, lo sparare in campagna, nell’ambito di un’attività ludico - sportiva, purché nelle condizioni di massima sicurezza. Nel caso di specie, tuttavia, è proprio quest’ultimo requisito a non essere soddisfatto, considerato che l’improvvisata area di tiro predisposta dal ****, per quanto fosse collocata all'interno di una proprietà privata, era di fatto aperta e posta in prossimità di una strada che corre parallela al terreno de quo e che collega i vari agglomerati di case (cfr. didascalia relativa al fascicolo fotografico dei Carabinieri Compagnia di Pitigliano);
pertanto, chiunque poteva inavvertitamente avvicinarsi alla zona degli spari e poteva essere attinto da un colpo sparato per errore; inoltre, il terreno in oggetto è adiacente all’abitazione, per cui vi era anche il pericolo che un familiare dello stesso imputato (quel giorno presenti così come riferito dalla teste AMADDII), magari per distrazione o per imprudenza, potesse avvicinarsi all’area di tiro (del resto la stessa legge n. 157/1992, all’art. 21 lett. “e” vieta l'esercizio venatorio nelle aie e nelle corti o altre pertinenze di fabbricati rurali); è evidente che per far sì che un’attività intrinsecamente pericolosa, come lo sparare dei colpi di arma da fuoco, garantisca il soddisfacimento di requisiti minimi di sicurezza non è possibile affidarsi esclusivamente all’abilità del tiratore (dovendo essere presa in considerazione, nella prevenzione dei pericoli, anche la possibilità di un eventuale errore grossolano, dovuto magari ad un improvviso malessere fisico o ad un evento esterno, come il disturbo di un animale o di un semplice insetto) o a precauzioni del tutto occasionali, che per distrazione possono anche essere omesse, come, ad esempio, aver preventivamente avvisato i familiari di non avvicinarsi in alcun modo alla zona (non escludendosi però che gli stessi possano comunque farlo perché convinti - per la prolungata assenza di spari - che l’allenamento del congiunto sia stato completato e l’arma definitivamente riposta).
Pertanto, il reato di cui all’art. 703 c.p. contestato al capo b) dell’imputazione, contravvenzione prevista con il chiaro intento di sanzionare condotte idonee a porre in pericolo l’incolumità delle persone, è configurabile nella fattispecie in esame.
Quanto alla contestazione di cui al capo a), l’imputato deve essere invece assolto - così come richiesto dal P.M. d’udienza - con la formula perché il fatto non sussiste, poiché non risulta provato un porto in luogo pubblico dell’arma, peraltro regolarmente detenuta da soggetto munito di porto d’armi per l’esercizio del tiro a volo.
In relazione al reato di cui al capo b), valutati tutti i parametri dettati dall'art. 133 c.p., tenuto conto del corretto comportamento processuale, si ritiene conforme a giustizia la pena di € 100,00 di ammenda (segnalando che l’art. 7 della legge n. 895/1967 ha triplicato la pena prevista nel codice).
Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Il Tribunale di Grosseto,
Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara **** colpevole del reato allo stesso ascritto al capo b) dell’imputazione e lo condanna alla pena di € 100,00 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali.
Visto l'art. 6 legge 22.5.1975 n. 152, ordina la confisca della pistola calibro 22 marca Browning Buckmark descritta al capo a) dell’imputazione.
Visto l’art. 530 secondo comma c.p.p., assolve **** dal reato di cui al capo a) dell’imputazione perché il fatto non sussiste.
Grosseto, 25.1.2021