search |
Home > Menu 1 > Sottomenu > Documento |
back |
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI BELLUNO
SENTENZA A SEGUITO di Giudizio ordinario
Il Giudice Monocratico del Tribunale Dott. Berletti, GOT, ha pronunciato la seguente SENTENZA nel procedimento penale nei confronti di
VECELLIO Ali nato a San Candido/innichen il 12/03/1956 res. i Auronzo Di Cadore
IMPUTATO
capo a) della contravvenzione di cui all'art. 697 c,p. “per aver detenuto presso la propria abitazione senza fame denuncia all'Autorità di PS le seguenti armi bianche:
- una sciabola priva di marca con elsa inciso il numero 2 sul fianco della lama;
• uria baionetta, priva di marca, matricola 6519;
• una baionetta con fodero, priva di marca, matricola 32997;
- una baionetta, priva di marca, con inciso il nr. 71 ;
• una baionetta, priva di marca, matricola y 15862;
• una baionetta, priva di marca, riportante il n. 08 sul fondo dell'impugnatura;
• una baionetta, priva di marca e matricola con lama della lunghezza cm. 25,05;
• una baionetta, con fodero marca COPPEL Gmbh, matricola 9904 c;
• una baionetta con fodero, priva di marca, matricola T 41300;
- una baionetta priva di marca e matricola con lama della lunghezza cm. 18;
• una baionetta, marca Temi, priva di matricola;
• una baionetta con fodero marca Temi, matricola BH9022;
• una baionetta, priva di marca, con incisa la scritta CEWG;
-una baionetta, priva di marca, matricola 9574M;
• un pugnale con fodero marca ADVENTURER BY FOX;
• un pugnale con fodero marca WY.
In Auronzo di Cadore (BL) fino al 22.06.2013
capo b) della contravvenzione di cui all'art. 697 c.p. “perché deteneva illegalmente presso la propria abitazione in Auronzo di Cadore, via Ospitale n, 3, la pistola revolver, priva di marca, calibro 22-230 SYST avente matricola 10407
In Auronzo di Cadore (BL) fino al 22.06.2013
Con l'intervento del P.M. Dr. Gianluca Trlcoli - V.P.O. e dell' avv. Mario Mazzoccoli per l'imputato Vecellio Alì.
MOTIVAZIONE
…. omisis ...
Il teste Mar. NAPPI dichiarava che nell'ambito di un generale controllo sulle persone che detenevano armi nel giugno del 2013 si era recato anche presso l'abitazione del Vecellio il quale era titolare di porto d'armi per uso sportivo e di avere verificato che era tutto in regola.
Tuttavia il militare, rammentando che qualche settimana prima lo stesso Vecellio gli aveva riferito di detenere anche una sciabola, lo invitava a rammostrargliela e nel corso dei conseguenti contestuali accertamenti emergeva che la suddetta sciabola era appesa alla parete della cucina dell'abitazione del Vecellio assieme alle baionette e ai coltelli di cui al capo di Imputazione che venivano sottoposti a sequestro.
In tale contesto il Vecellio consegnava spontaneamente anche una pistola di piccolo calibro ( modello Velo Dog) di cui si dirà in seguito.
Il teste VECELLIO Erman riferiva che il fratello era appassionato di armi e di oggettistica della prima guerra mondiale e che il manufatti oggetto di sequestro erano appesi al muro della cucina come ornamento,
Aggiungeva poi di sapere che l'odierno imputato aveva rinvenuto occasionalmente il revolver di cui al capo B) il giorno prima e che aveva in animo di denunziarne il possesso.
Il teste FABRIS, ex direttore della sezione del T.S.N. di Ponte Nelle Alpi, poteva esclusivamente riferire che l'odierno imputato era da anni socio della sezione, che partecipava a gare di tiro a livello regionale e che all'interno del poligono aveva sempre tenuto ottima condotta.
All'esito delle deposizioni del perito e del consulente tecnico di parte nonché dalla lettura dei relativi elaborati che sono stati acquisiti al fascicolo dibattimentale è emerso che i reperti di cui al capo di imputazione vanno così qualificati: reperti nr. 4) e 10) baionette Mauser modello K 1898 monofilari con innesto inefficiente; nr, 5) baionetta Mauser modello 1924 monofilare con innesto efficiente; nr. 6) baionetta con mirino modello Mannlicher modello M 1895 monofìlare con innesto inefficiente; nr. 7), 13) e 14) baionette Carcano 1891 monofìlari con innesti inefficienti; nr. 8) sciabola baionetta Mannlicher mod. M 1895 bifilare con innesto inefficiente; 9) baionetta "Ersatz" Mannlicher mod. 1891 bifilare con innesto inesistente; 11) baionetta- pugnale moschetto modello 1938; 12) resìduo ferroso; 15) baionetta Mannlicher mod. 1895 monofilare con innesto inefficiente; 16) baionetta Mannlicher mod. 1888 monofilare con innesto inefficiente.
Il consulente tuttavia precisava che gli innesti del suddetti manufatti avrebbero potuto essere agevolmente riattivati con interventi poco impegnativi,
I reperti 17) e 18) sono coltelli monofilari da sopravvivenza pacificamente rientranti nel novero degli strumenti atti ad offendere liberamente detenibili (ex plurimis sez. I, 09.04.2014, nr. 19927).
La sciabola, verosimilmente di produzione austro-ungarica, risultava essere stata modificata mediante accorciamento e privata del filo tagliente per essere utilizzata per addestramento truppa di tal ché la medesima è liberamente detenibile (cfr. Comunicazione del Ministero della Difesa M_D GUDC 0039565 del 16.10,2015 prodotta dalla difesa dell'imputato).
Quanto al revolver trattasi di un "Velo Dog" in pessimo stato di conservazione tanto che, come si dirà in seguito, lo stesso consulente d'ufficio ha prudenzialmente ritenuto di non effettuare la prova di sparo temendo incidenti.
Ritiene il giudicante che i manufatti qualificati come baionette e pugnali - ad esclusione dei reperti 9) e 12) che per lo stato di usura e deperimento altro non sono che del residui ferrosi e dei reperti 17) e 18) che sono normali coltelli - debbano essere qualificati come armi bianche essendo tali secondo la definizione datane dall'art. 30 T.U. P.S. e art. 45 Reg. Att. e dallo stesso codice penale essendo naturalmente destinati all'offesa alla persona.
Tanto premesso si tratta ora di verificare se a legislazione vigente tali oggetti siano o meno soggetti a denuncia.
E' dato pacifico che secondo il disposto dell'art. 38 T.U. P.S. (R.D. 773/1931) nella versione precedente all'entrata in vigore del D.L.vo nr. 204 del 26.10.2010 anche i manufatti rientranti nella categoria delle armi bianche erano soggetti a denuncia all'autorità di P.S.; la norma infatti prevedeva che: "Chiunque detiene armi, munizioni o materie esplodenti di qualsiasi genere e in qualsiasi quantità deve farne immediata denuncia all'ufficio locale dì pubblica sicurezza o, se questo manchi, al locale comando dei carabinieri''.
E' necessario tuttavia chiedersi se tale obbligo sia da ritenersi venuto meno a seguito delle modifiche apportate al suddetto art. 38 dall'alt. 3 comma 1 lett. e) del D.L.vo nr. 204 del 26.10.2010, entrato in vigore l'1.07.2011, che ha recepito la direttiva 2008/51/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008 che ha modificato la direttiva 91/477/CEE del Consiglio, relativa al controllo dell'acquisizione e della detenzione di armi, che ora così testualmente dispone;
" Chiunque detiene armi, parti dì esse, di cui all'articolo 1-bis, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, nr. 527, munizioni finite o materie esplodenti di qualsiasi genere, deve fame denuncia entro le 72 ore successive alla acquisizione della loro materiale disponibilità, all'ufficio locale di pubblica sicurezza o, quando questo manchi, al locale comando dell'Arma dei carabinieri, ovvero anche per via telematica alla questura competente .... "
Detto articolo 1 bis del D.L.vo 527/92 espressamente richiamato dalla citata norma fa esclusivo riferimento alle sole armi da fuoco ed alle loro parti così testualmente dispone:
Ai finì del presente decreto, si intende per:
a) "arma da fuoco”: qualsiasi arma portatile a canna che espelle, é progettata ad espellere o può essere trasformata a! fine di espellere un colpo, una pallottola o un proiettile mediante l'azione di un combustibile propellente, a meno che non sia esclusa per una delle ragioni elencate al punto III dell'allegato I della direttiva 91/477/CEE, e successive modificazioni. Un oggetto è considerato idoneo ad essere trasformato al fine di espellere un colpo, una pallottola o un proiettile mediante l'azione di un combustibile propellente se ha l'aspetto di un'arma da fuoco e, come risultato delle sue caratteristiche di fabbricazione o del materiale a tal fine utilizzato, può essere così trasformata;
b) "parte”: qualsiasi componente o elemento di ricambio specificamente progettato per un'arma da fuoco e indispensabile al suo funzionamento, in particolare la canna, il fusto o la carcassa, il carrello o il tamburo, l'otturatore o il blocco di culatta, nonché ogni dispositivo progettato o adattato per attenuare il rumore causato da uno sparo di arma da fuoco;
c) "parte essenziale” il meccanismo di chiusura, la camera e la canna di armi da fuoco che, in quanto oggetti distinti, rientrano nella categoria in cui e’ stata classificata l'arma da fuoco di cui fanno parte o sono destinati a farne parte.
Ciò posto lo scrivente ritiene di non poter aderire a quanto statuito da Cass. Pen. Sez. I nr. 2830/2016 (non constano altri precedenti successivi alla sopracitata novella legislativa) in quanto, più che seguire i criteri di cui all'articolo 12 delle preleggi, sembra privilegiare un'interpretazione formalistico teleologica che si pone però in contrasto con il dettato normativo emergente dal combinato disposto delle norme sopra riportate.
In particolar modo si ritiene di non condividere il passaggio motivazionale secondo cui " dati formati della disciplina, infatti, trovano la loro ragione giustificatrice nella constatazione della maggiore capacità offensiva - di regola - delle armi da fuoco rispetto alle altre armi e, quindi, nella maggiore pericolosità della detenzione delle partì di armi da fuoco rispetto alla detenzione delle parti di altre armi,.. ".
Secondo il combinato disposto dell'art, 38 T.U. P.S, nella versione antecedente alla novella del 2010 e dell' art. 5 L. 895/1967 anche le partì d'arma da fuoco o meglio "da sparo" erano pacificamente soggette a denuncia (ex plurimis Sez. I, 24 giugno 2011, n. 39090, Sez. I, 23 aprile 1990, n. 9817 ; Sez. I, 29 gennaio 1988, n. 9614), mentre nessun obbligo di denuncia sussisteva, né ad oggi sussiste relativamente al possesso di parti di arma bianca (non constano infatti precedenti giurisprudenziali relativi alla detenzione di else di spade, guardie di pugnali, innesti di baionetta o manici di alabarde).
La novella quindi non ha affatto istituto o ampliato un obbligo di denuncia delle parti d'arma da fuoco in ragione della maggiore pericolosità di tali armi rispetto alle armi bianche, ma, semmai, proprio in ragione della necessità di armonizzazione delle legislazioni interne in subjecta materia (cfr considerando nr, 1 e 5 della citata direttiva C.E.) ha effettuato un elenco tassativo delle parti d'arma da fuoco soggette a denuncia ed ha escluso l'obbligo di denuncia delle armi bianche senza con ciò effettuare alcuno "svuotamento" dell'art. 38 T.U. P.S., ma effettuandone una mera modifica rientrante nella discrezionalità del legislatore il quale, se avesse ritenuto di mantenere il predetto obbligo di denunzia, stante l'integrale riformulazione dell'art. 38 T.U. P.S., lo avrebbe espressamente stabilito.
Si evidenzia del resto come un'interpretazione della norma nel senso auspicato trovi riscontro nelle finalità di armonizzazione delle legislazioni interne richiamate dai considerando della citata normativa atteso che, a quanto ci consta, l'Italia era l'unico Paese dell'Unione che prevedeva l'obbligo di denunzia delle armi bianche all'autorità di Pubblica Sicurezza.
Pertanto, in assenza di un consolidato orientamento della Suprema Corte sul punto, si ritiene di aderire alla giurisprudenza di merito (Ord. Trib. Udine 12.11.2015) nonché alla migliore dottrina (Edoardo Mori in "earmi.it" "abolizione della denuncia per armi bianche e armi antiche?") sia in ragione del tenore letterale delle richiamate disposizioni che non fanno più alcun riferimento ad altri tipi di armi all'infuori di quelle da fuoco o alle loro parti, (tal ché l'estensione dell'obbligo di denuncia ad altre tipologie di armi comporterebbe un'inammissibile interpretazione analogica in senso sfavorevole all'Imputato) sia in ragione delle finalità di semplificazione e armonizzazione perseguite dal legislatore Interno.
***
Ad avviso dello scrivente nel caso in cui il novellato articolo 38 del T.U. P.S. fosse interpretato nel senso di cui alla citata Cass. nr. 2830/2016 si porrebbe un serio problema in ordine all'accertamento della sussistenza dell'elemento soggettivo (colpa) in capo al Vecellio, persona incensurata e di condotta irreprensibile, la cui totale buona fede risulta sia dalla circostanza che fu egli stesso alcuni giorni prima del controllo a riferire al Mar. Nappi di detenere una sciabola senza averne fatto denuncia, sia dalla circostanza che le armi bianche sequestrate erano appese a mo' di ornamento alla parete del soggiorno e perciò ben visibili a tutti gli ospiti della casa.
A ciò si aggiunga il fatto che il Vecellio, che già deteneva legittimamente armi e che aveva quindi tutti i requisiti per detenerne altre, non avrebbe avuto alcun logico e ragionevole motivo per non denunciare il possesso del pugnali e della sciabola in questione non essendovi alcun limite numerico alla detenzione di armi bianche.
Tanto premesso risulta innegabile che il testo novellato articolo 38 T.U. P.S.,non prevede più in modo espresso e chiaro ('obbligo di denuncia delle armi tout court ma opera un rinvio ad una diversa norma (art. 1 bis del D.L.vo 527/92) dove viene fatto esclusivo riferimento alle armi da fuoco ed alle loro parti e ciò in assenza del benché minimo cenno alle armi bianche. tant'è che la stessa Autorità Giudiziaria (Trib. Udine cit.) ed insigni cultori della materia (E. Mori cit.) hanno escluso la presenza dell'obbligo di denuncia con riferimento alla suddetta tipologia di armi.
A creare ulteriore incertezza nei consociati ha contribuito inoltre l'entrata in vigore della legge nr. 78 del 07.03.2001 che punisce con una mera sanzione amministrava l'omessa comunicazione al sindaco del possesso di cimeli della prima guerra mondiale fra i quali potrebbero astrattamente rientrare anche baionette in disuso e mal conservate come quelle oggetto del presente procedimento (sul punto la Suprema Corte, seppur con stringata motivazione, ha concluso per la sussistenza della contravvenzione di cui all'art. 697 c.p. solo con sent. nr. 7094 del 23.02.2012).
Sul punto bisogna tenere presente che, con riferimento ai reati di pura creazione legislativa, già prima della sentenza della Corte Costituzionale nr. 368 del 1988 vi era un condivisibile orientamento giurisprudenziale (SS UU 07.12.1963, in foro it 1964 II 226 e Cass. 05.03.1980, in Riv. Pen. 1981, 202 cit. in Fìandaca Musco man. Voi. I III ed pag. 351) incline ad aprire dei varchi all'efficacia scusante della buona fede derivante dall'error juris nelle contravvenzioni purché, come è avvenuto nel caso di specie, tale errore derivi "non da mera ignoranza della legge penale bensì da un elemento positivo consistente in una circostanza che inducesse alla convinzione della liceità del comportamento tenuto".
Del resto la stessa Corte Costituzionale nella citata sentenza nr. 364/1988 ha affermato che "dal collegamento tra il primo e terzo comma dell'art. 27 Cost. risulta, altresì, insieme con la necessaria rimproverabilità della personale violazione normativa, l'illegittimità costituzionale della punizione di fatti che non risultino essere espressione di consapevole, rimproverabile contrasto con 1 (od indifferenza ai) valori della convivenza, espressi dalle norme penali. La piena, particolare compenetrazione tra fatto e persona implica che siano sottoposti a pena soltanto quegli episodi che, appunto personalmente, esprimano il predetto, riprovevole contrasto od Indifferenza. Il ristabilimento dei valori sociali 'dispregiati' e l'opera rieducatrice ed ammonitrice sul reo hanno senso soltanto sulla base della dimostrata soggettiva antigiuridicità del fatto".
Né l'obbligo costituzionale di non punire il soggetto per fatti non soggettivamente rimproverabili può cedere dinanzi ad istanze di prevenzione generale, giacché, come ricorda la stessa Corte Costituzionale (sent. 322/2007), "punire in difetto di colpevolezza, al fine di 'dissuadere' i consociati dal porre in essere le condotte vietate (prevenzione generale 'negativa') o di 'neutralizzare' il reo (prevenzione speciale 'negativa'), Implicherebbe, infatti, una strumentalizzazione dell'essere umano per contingenti obiettivi di politica criminale o di tutela della sicurezza pubblica.
Obbiettivi, peraltro, difficilmente condivisibili con riferimento alla detenzione di armi bianche in quanto come acutamente ritenuto non vi possono essere ragioni di pubblica sicurezza nel distinguere il regime giuridico della detenzione di una sciabola da quello di un machete (pacificamente ritenuto strumento atto a offendere Cass. sez. I, 21/11/1995, n. 5944) di un pugnale da quello di un coltello da caccia, di uno stiletto da un punteruolo, di una mazza ferrata a quello di una chiave inglese o di un martello ecc, e ciò anche e vieppiù in ragione del fatto che tali manufatti, non essendo dotati di numero di matricola, non sono singolarmente identificabili (Cfr Dr. Edoardo Mori op. cit.)-
Talché con riferimento ai fatti di cui al capo a) ad avviso dello scrivente si Impone una sentenza assolutoria con la formula di cui al dispositivo.
****
Con riferimento alla detenzione dell'arma da fuoco al capo B) a seguito dell'espletata consulenza è emerso che trattasi di revolver di piccolo calibro di fabbricazione tedesca appartenente alla categoria dei "Velo Dog" che, come si desume dal nome stesso erano armi di piccolo calibro, prive di qualunque pregio e di limitatissima capacità offensiva, nate dalla necessità dei ciclisti di difendersi dagli attacchi dei cani randagi che all'epoca infestavano le strade e diffusissime tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900 (sembra che in alcune occasioni venissero addirittura regalate agli acquirenti di biciclette come accessorio).
L'arma è risultata in pessimo stato di conservazione dovuta sia all'usura delle parti metalliche che dei congegni di sparo. Durante l'esame il perito ha precisato che "la canna presentava rigature scomparse ... anzi il proiettile poteva addirittura anche bloccarsi all'Interno della canna, perché comunque la maggior parte era più ruggine che resto all'interno
Precisava Inoltre il perito che, sebbene il tamburo non ruotasse a seguito dell'azione sul grilletto a causa dell'usura dei congegni, il percussore sembrava avere la forza necessaria per provocare ['accensione dell'innesco e di non avere provveduto ad effettuare un prova di fuoco in quanto temeva che la pistola gli "esplodesse in mano" e di non potere quindi garantire che il suddetto revolver sia idoneo allo sparo.
Affermava in fine il consulente, seppur in termini meramente possibilistici, che l'arma avrebbe potuto essere riparata.
Orbene, a prescindere da ogni considerazione in ordine alla funzionalità della suddetta arma ed alla sua possibilità di riparazione, su cui sussistono seri dubbi anche alla luce delle pertinenti considerazioni effettuate dal consulente della difesa, si rileva come dalla deposizione del teste Vecellio Erman che si ritiene attendibile sia in ragione della linearità e non contraddittorietà sia intrinseca che estrinseca del complesso della sua deposizione sia del ruolo istituzionale ricoperto (egli è maresciallo dell'esercito in pensione) è emerso che l'odierno imputato aveva rinvenuto il revolver il giorno precedente e che intendeva denunciarlo.
Affermazione che, in assenza di elementi di segno contrario, viene ritenuta veridica anche in ragione del fatto che essendo l'imputato esperto tiratore nonché appassionato d'armi appare poco verosimile che lo stesso detenesse da tempo tale revolver- privo di pregio oltre che di utilità - in tale deprecabile stato di conservazione che ben si concilia con un rinvenimento casuale.
Da ciò ne consegue che non essendo stata raggiunta la prova del superamento del limite temporale delle 72 ore previsto dal novellato articolo 38 del T.U. P.S. (all'epoca dei fatti già vigente) per la denuncia delle armi all'autorità di P.S. l'imputato andrà mandato assolto seppur con la formula dubitativa dal reato contestato.
Alla presente sentenza assolutoria consegue il dissequestro dei manufatti in sequestro con restituzione all'avente diritto.
Visto l'art. 530 c.p.p., assolve l'imputato dal reato lui ascritto al capo a) perché il fatto non sussiste.
Visto l'art. 530 comma 2 c.p.p. assolve l'imputato dal reato di cui al capo B) perché II fatto non sussiste.
Dispone conseguentemente il dissequestro e la restituzione all'imputato dei manufatti In sequestro.
Belluno, 08.01.2018.
NOTA: Finalmente una buona sentenza di un Giudice che è andato a fondo su di un argomento specialistico con molta maggior capacità speculativa della Cassazione! E. Mori
Questa sentenza rispondeva alla sentenza della Cas. 21303/2017 che aveva annulato analoga decisione del Tribnnale di Udine.
La sentenza della Cassazione è priva di pregio perché l'estensore ha ignorato le regola della grammatica italiana e della logica in materia di virgole e ha del tutto ignorato i cambiamenti apportati dalla direttiva europea.
Ecco ol testo di questo "capolavoro":
SENTENZA 21303/2017
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI UDINE avverso l'ordinanza n. 73/2015 TRIB. LIBERTA' di UDINE, del 12/11/2015
Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, il quale ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 12 novembre 2015, il Tribunale ordinario di Udine, in sede di riesame ai sensi dell'alt. 324 cod. proc. pen., annullava il sequestro di tre baionette e ne disponeva la restituzione ai detentori, affermando la mancanza del fumus di configurabilità di illecito penale, sulla base della premessa che detti oggetti possano essere detenuti senza la necessità di denuncia all'Autorità.
2. Il Procuratore della Repubblica presso il predetto Tribunale ha proposto ricorso per cassazione datato 24 novembre 2015, deducendo che il giudice del merito avrebbe commesso violazione di legge nelle ricordate affermazioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Per un corretto inquadramento della fattispecie, è opportuno premettere che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, risalente a Sez. U, n. 11137 del 24/11/1984 - dep. 18/12/1984, Bottin, rv. 16710101 (cui adde Sez. 1, n. 5045 del 14/02/1986 - dep. 05/06/1986, CALVI, Rv. 17299801; Sez. 1, n. 5045 del 14/02/1986 - dep. 05/06/1986, CALVI, Rv. 17299801), la baionetta, «per la sua autonomia strutturale», costituisce arma (bianca) in senso proprio e non parte di arma (fucile sul quale può essere innestata).
Data la predetta qualificazione, chi detiene una baionetta è obbligato a farne denuncia, come stabilito dall'art. 38, primo comma, r. d. 18 giugno 1931, n. 773. La disposizione (a seguito della sua sostituzione per effetto dell'alt. 3, comma 1 lett. "e", d.lgs. 26 ottobre 2010, n. 204), ha infatti il seguente tenore: «Chiunque detiene armi, parti di esse, di cui all'articolo 1-bis, comma 1, lettera b), dei decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 527, munizioni finite o materie esplodenti di qualsiasi genere, deve farne denuncia, entro le 72 ore successive alla acquisizione della loro materiale disponibilità, aH'ufficio locale di pubblica sicurezza o, quando questo manchi, a! locale comando dell'Arma de! Carabinieri, ovvero per via telematica al sistema informatico di cui all'articolo 3 dei decreto legislativo 25 gennaio 2010 n. 8, secondo le modalità stabilite nel regolamento».
L'articolo 1 -bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 527, (inserito per effetto dell'alt. 2, comma 1 lett. "b", d.lgs. 26 ottobre 2010, n. 204), reca norme definitorie ai fini del decreto stesso e, a tale scopo, al comma 1, lettera b), nello stabilire che cosa debba intendersi come «parte», così recita: «b) "parte": qualsiasi componente o elemento di ricambio specificamente progettato per un'arma da fuoco e indispensabile al suo funzionamento, in particolare la canna, il fusto o la carcassa, il carrello o il tamburo, l'otturatore o il blocco di culatta, nonché ogni dispositivo progettato o adattato per attenuare il rumore causato da uno sparo di arma da fuoco;».
I due testi normativi collegati vanno interpretati tenendo conto, in primo luogo, del senso fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la loro connessione (art. 12 preleggi). Ciò posto, l'esegesi dell'alt. 38, primo comma, r. d. 18 giugno 1931, n. 773, avuto riguardo all'attenta lettura anche dei segni di interpunzione, conduce ad affermare che l'obbligo di denuncia è imposto a chi detiene qualsiasi arma, non solo al detentore di armi da fuoco. Con riguardo alle parti di armi, invece, l'obbligo di denuncia è limitato a chi detiene parti di armi da fuoco, poiché solo delle parti di queste ultime tratta il riportato art. 1 -bis, comma 1, lettera b), d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 527.
La limitazione dell'obbligo di denuncia alla detenzione delle parti di armi di cui aH'articolo 1 -bis, comma 1, lettera b), d.lgs. 30 dicembre 1992, n 527, e cioè alla detenzione delle parti di armi da fuoco, non è riferita a tutte le armi, come se soltanto la detenzione di armi da fuoco fosse soggetta all'obbligo di denuncia. La proposizione limitatrice della portata dell'obbligo di denuncia, infatti, nell'art. 38, primo comma, r. d. 18 giugno 1931, n. 773, è compresa fra virgole con valore di parentesi e, quindi, può circoscrivere solo l'ambito della detenzione riferita a cose - le parti di armi - menzionate nel testo prima di quella virgola che precede immediatamente le parole «di cui all'articolo».
La disposizione che pone l'obbligo di denuncia espone una sorta di elencazione riferita: alle armi; alle parti di armi; alle munizioni finite; alle materie esplodenti di qualsiasi genere. Il testo, oltre a far seguire ciascuna categoria da un segno con funzione di distinzione fra le categorie elencate, introduce solo per la seconda categoria - parti di armi - una proposizione finalizzata a individuare all'interno di essa un ambito più ristretto, per escludere dall'obbligo di denuncia, in base alla costruzione a contrario del precetto, il possesso delle sole parti di armi che non rientrino in queirambito, definito mediante il rinvio airarticolo 1 -bis, comma 1, lettera b), d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 527.
Un argomento ulteriore porta al medesimo risultato esegetico. Poiché, infatti, il riportato art. 1 -bis, comma 1, lettera b), d.lgs. legislativo 30 dicembre 1992, n. 527, definisce, come già notato, soltanto le parti di armi da fuoco, intendere la delimitazione dell'obbligo di denuncia alla detenzione di quegli oggetti cui si riferisce quest'ultima disposizione, come se la delimitazione stessa fosse riferibile anche all'intera categoria delle armi complete, condurrebbe a far ritenere che la detenzione di armi sia soggetta all'obbligo di denuncia qualora esse non siano armi, bensì parti di armi da fuoco. E l'affermazione sarebbe intrinsecamente assurda, a parte ogni considerazione sul fatto che comporterebbe, in modo inammissibile, lo svotamento di senso di una porzione dell'alt. 38, primo comma, r. d. 18 giugno 1931, n. 773, confinando al ruolo di mera tautologia l'indicazione analiticamente separata, nella stessa disposizione, della categoria delle armi e di quella delle parti di armi.
Le osservazioni esposte, basate su strumenti analitici logico-formali, portano a un risultato convergente con quello cui perviene l'interpretazione che muove dalla considerazione dello spirito delle norme in esame. I dati formali della disciplina, infatti, trovano la loro ragione giustificatrice nella constatazione della maggiore capacità offensiva - di regola - delle armi da fuoco rispetto alle altre armi e, quindi, nella maggiore pericolosità della detenzione delle parti di armi da fuoco rispetto alla detenzione delle parti di altre armi. La diversa regolamentazione, quanto ad obbligo di denuncia, della detenzione dei due tipi di parti di arma, a seconda che l'arma di riferimento sia da fuoco o meno, trova il proprio fondamento nella reale diversità delle due categorie di cose sul piano materiale, costituendo ragione della costruzione delle proposizioni normative, sul piano formale, nel modo sopra illustrato.
2. Sulla base delle osservazioni esposte, la contraria affermazione dell'ordinanza impugnata, circa la mancanza di necessità di denunciare all'Autorità la detenzione di baionette, risulta frutto di errore giuridico. Il provvedimento, dunque, deve essere annullato, con rinvio al Tribunale ordinario di Udine che provvederà a nuovo esame senza incorrere nel vizio riscontrato.
email - Edoardo Mori |
Sitemap: in Italiano | auf Deutsch | in English | |
http://www.earmi.it - Enciclopedia delle armi © 1997 - 2003 |