Decreto del presidente del consiglio dei ministri 27 settembre 1997 n. 221. Modalità di esercizio delle deroghe di cui all'art. 9 della direttiva 409/79/CEE, «Conservazione degli uccelli selvatici» (G.U. n. 254 del 30 ottobre 1997)
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
visto l'art. 18, 3, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio;
vista la direttiva 79/409/CEE, e successive modificazioni, concernente la con-servazione degli uccelli selvatici, e in particolare l'art. 9, riguardante la possibilità di introdurre deroghe ad alcuni divieti della direttiva stessa, a precise condizioni fissate dal medesimo art. 9;
visto l'art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616;
visto il decreto legislativo emanato con decreto del Presidente della Repubblica 4 giugno 1997, n. 143, recante il conferimento di competenze alle Regioni nelle materie dell'agricoltura e pesca e la riorganizzazione dell'amministrazione centrale;
considerato che con sentenza 22 luglio 1996, n. 272, la Corte costituzionale ha statuito la competenza dello Stato quanto alla modificazione dei divieti derivanti dalla citata direttiva 79/409/CEE, individuando nell'art. 18, 3, la sede dell'esercizio di tale competenza statale e concludendo che spetta allo Stato far valere, nei confronti delle Regioni, anche quando queste esercitino loro competenze costituzionalmente garantite, gli interessi unitari di cui esso è portatore;
considerato, in particolare, che l'attuazione della citata direttiva 79/409/CEE da parte delle Regioni, nel quadro delle norme di principio fissate dallo Stato con la citata legge 11 febbraio 1992, n. 157, deve avvenire, a norma dell'art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, nel rispetto delle competenze dello Stato a tutela dei menzionati interessi unitari;
ritenuta, dunque, la necessità, prospettata, sia pure con diverse modalità, dai Ministri per le politiche agricole e dell'ambiente, di fissare, a norma dell'art. 18, 3, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, le modalità di esercizio delle deroghe di cui alla lettera c) dell'art. 9 della citata direttiva 79/409/CEE, mediante disposizioni nazionali precise, rispettose di detta direttiva, anche ai sensi della sentenza della Corte di giustizia della Comunità europea del 7 marzo 1996 e del parere motivato espresso nei confronti dell'Italia dalla Commissione il 7 agosto 1997;
considerato che con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all'art. 18, 3, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, possono essere apportate modificazioni all'elenco delle specie cacciabili, nel rispetto della normativa comunitaria; che detto potere è stato, da ultimo, esercitato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 marzo 1997, al fine di escludere dalle specie cacciabili alcune specie prima inseritevi dalla stessa legge 11 febbraio 1992, n. 157;
ritenuto, pertanto, quanto alla richiamata competenza statale in materia, che il decreto di cui al citato art. 18, 3, può essere utilizzato al fine di introdurre deroghe ai divieti e di verificarne il rispetto, in applicazione dell'art. 9 della citata direttiva 79/409/CEE;
ritenuto, inoltre, che, per quanto attiene alle deroghe di cui all'art. 9, paragrafo 1, lettere a) e b), esse trovano già una disciplina nella legge 11 febbraio 1992, n. 157, agli articoli 2, 3, e 19, quest'ultima norma prevedendo, in particolare, il controllo in concreto della fauna selvatica, anche con l'approvazione di piani di abbattimento per la tutela di interessi pubblici prevalenti;
ritenuto, invece, che per quanto attiene alle ipotesi di cui alla lettera c), va disciplinata dallo Stato l'ammissibilità delle deroghe e il controllo sulla loro applicazione da parte delle Regioni, nell'esercizio dei poteri spettanti a queste ultime nella materia della caccia, analogamente a quanto previsto dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157, nei menzionati articoli 2, 3, e 19;
ritenuto, infine, che la coesistenza delle diverse funzioni in materia sopra richiamate, statale e regionale, deve trovare il necessario raccordo nell'intesa tra lo Stato e la Regione competente ai fini dell'adozione delle concrete deroghe;
sentito l'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, tra l'altro nella riunione del 28 maggio 1997;
viste le distinte proposte del Ministro per le politiche agricole e del Ministro dell'ambiente;
sentito il Consiglio dei Ministri, che ha espresso il proprio avviso sullo specifico contenuto del presente decreto nella riunione del 12 settembre 1997;
DECRETA
Articolo 1
1 - Il presente decreto, al fine di garantire l'omogeneità di applicazione della normativa comunitaria volta alla conservazione degli uccelli selvatici, disciplina le modalità per l'esercizio delle deroghe, di cui all'art. 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 79/409/CEE del Consiglio.
2 - Le deroghe di cui al 1 possono essere adottate, solo qualora non vi siano altre soluzioni soddisfacenti, allo scopo di consentire in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di determinati uccelli in piccole quantità.
3 - Le deroghe medesime devono contenere la previsione espressa di un termine massimo di durata e sono comunque contenute entro il termine strettamente necessario al soddisfacimento delle ragioni che ne hanno determinato l'adozione.
Articolo 2
1- Le Regioni d'intesa con i Ministri dell'ambiente e per le politiche agricole, adottano le deroghe di cui all'art. 1 del presente decreto, indicando:
- le giustificazioni della deroga tenuto conto dell'entità della popolazione della singola specie, con la precisazione delle valutazioni tecniche, statistiche e scientifiche acquisite in sede istruttoria, in ordine al punto di cui all'art. 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 79/409/CEE;
- le specie e le quantità oggetto della deroga;
- l'esame delle diverse soluzioni alternative idonee a soddisfare l'esigenza degli interessi tutelati dall'art. 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 79/409/CEE;
- le condizioni obiettivamente verificabili e rigidamente controllate, idonee a consentire impieghi misurati di determinati uccelli in piccole quantità ed inoltre i metodi selettivi di cattura e detenzione;
- i mezzi, gli impianti e i metodi di cattura o, ai sensi dell'ultimo trattino del presente articolo, di abbattimento autorizzati;
- i tempi e i luoghi di esercizio della deroga;
- le modalità, gli organi di controllo ed il sistema di verifica dei controlli effettuati;
- il termine finale di operatività della deroga;
- il piano di intervento e le guardie venatorie, dipendenti dalle amministrazioni provinciali, incaricate dell'attuazione, le quali potranno avvalersi anche dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si applicano i piani medesimi, se muniti di licenza o, in caso contrario, in loro sostituzione, di persone dotate di tale licenza, nel numero strettamente necessario per l'attuazione della deroga, nonché delle guardie forestali o delle guardie comunali alle condizioni previste nell'art. 19, 2, della legge 11 febbraio 1992, n. 157.
Articolo 3
1- La disciplina delle condizioni e delle modalità di applicazione delle deroghe di cui ai precedenti articoli si applica anche alla cattura per la cessione a fini di richiamo di cui all'art. 4, 4, della legge 11 febbraio 1992, n. 157.
Articolo 4
1 - L'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica costituisce
(Nota: ora ISPRA), ai sensi dell'art. 9 della direttiva 79/409/CEE, l'autorità abilitata a dichiarare che le condizioni stabilite ai sensi degli articoli 2 e 3 sono realizzate.
2 - Restano ferme le competenze previste in capo ai soggetti di cui all'art. 27 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, in merito ai compiti di vigilanza.