La legge sulla caccia ha ignorato il problema dei cani sul territorio. Mentre la legge del 1939 trattava dei cani per ben 18 volte, la nuova legge ne parla solo due volte: una volta per dire che non possono essere sequestrati, una seconda volta per regolare le →
Zone di addestramento cani (art. 10). Non una parola sui cani nelle fattorie, non una parola sui cani dei pastori, non una parola sul controllo dei cani in campagna quando non sono al servizio del cacciatore. Non parla dei gatti.
Eppure i cani al di fuori dell’attività venatoria, ed i gatti, possono recare danni quanto un nocivo e possono disturbare covate e nidiate, in perfetta violazione delle norme della Direttiva europea 147/2009.
È comune esperienza di chi conosce e vive la natura, che due o tre cani sfuggiti ai padroni possono formare un branco estemporaneo e cacciare ed uccidere pecore, che un qualsiasi cane lupo è in grado di raggiungere e azzannare un giovane capriolo, che un cane da caccia ricerca la selvaggina anche se la caccia è chiusa, che un gatto si aggira in cerca di uccellini usciti dal nido.
Perciò l’argomento, che non riguarda solo i cacciatori, ma tutti i cittadini, doveva necessariamente essere inserito nella legge quadro come principio fondamentale da far rispettare in egual modo su tutto il territorio.
Il problema dei cani ha anche un risvolto venatorio concreto: se un bracconiere va per la campagna con un cane da presa (levriero, cane da tana, cane lupo, ecc.) e il cane agguanta una preda, indubbiamente si è di fronte ad un episodio di abbattimento senza licenza di caccia e con mezzo di caccia proibito, ma è ben difficile dimostrare che ciò sia avvenuto per volontà del possessore del cane se non vi è un obbligo preciso di portarlo al guinzaglio oppure con museruola.
La legge del 1939 regolava così la materia.
- era possibile vietare la detenzione di cani all’interno di bandite o riserve (l’attuale legge sulle aree protette nulla prevede al riguardo!);
- era possibile usare animali da ferma per scoprire i nidi nei prati che vanno in taglio, per salvare la covata (problema ignorato dal legislatore moderno);
- i cani trovati a vagare nella campagne dovevano essere catturati,
- i cani trovati a vagare nelle aree protette dovevano essere catturati e, se trovati in ore notturni o mentre arrecavano danno alla selvaggina, potevano essere uccisi;
- i cani da guardia di abitazioni, fattorie o bestiame erano considerati vaganti oltre i 200 metri dalle abitazioni o dal bestiame;
- i cani da seguito e da tana erano considerati vaganti se in tempo di divieto venivano portati in campagna senza guinzaglio.
La materia è ora regolata, in modo variegato, dalle leggi regionali. Ad esempio la legge toscana (art. 45) prevede: I cani e i gatti trovati a vagare nelle campagne possono essere catturati dagli agenti di vigilanza. I cani da guardia delle abitazioni e del bestiame non devono essere lasciati incustoditi nelle campagne a più di duecento metri dall'abitazione o dal bestiame medesimo.
In base alla legge 281/1991 gli animali catturati non possono essere soppressi.
La normativa è vagamente surreale sul punto della cattura; visto che non si possono usare trappole e lacci o esche con sonnifero, non rimane che l’uso della siringa con anestetico. Ma forse il legislatore non aveva ben chiaro il comportamento di un cane o di un gatto inselvatichitisi e quindi ben poco propensi a farsi vedere.