La legge sulla caccia parla incidentalmente di “caccia di selezione” all’art. 18 per dire che i termini temporali entro cui si può cacciare si applicano anche alla caccia di selezione agli ungulati, ma che questi possono essere cacciati fino ad un'ora dopo il tramonto.
La norma che poi la regola è contenuta nell’art. 19 sul Controllo della fauna selvatica, che non parla più di caccia di selezione ma di “controllo esercitato selettivamente”. Se il legislatore controllasse anche ciò che scrive non sarebbe male!
Questo controllo viene esercitato dalle regioni su ogni specie fauna selvatica e su ogni parte del territorio, anche quelle ove la caccia è vietata, per i seguenti scopi:
- migliore gestione del patrimonio zootecnico
- tutela del suolo
- motivi sanitari
- selezione biologica
- tutela del patrimonio storico-artistico
- tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche
Il termine selezione non vuol significare nulla di speciale, ma solo che l’abbattimento deve rispettare certi criteri numerici o qualitativi.
Di regola si cerca di svolgere il controllo con metodi ecologici e, se questi non sono efficaci, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) autorizza piani di abbattimento a cura delle regioni. L’abbattimento deve avvenire ad opera delle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali, di guardie forestali e di guardie comunali munite di licenza di caccia, dei proprietari e conduttori dei fondi interessati dai piani, muniti di licenza di caccia. Le provincie autonome di Trento e di Bolzano possono avvalersi di altri soggetti.
Questo è tutto ciò che si può ricavare dalla legge statale. Le leggi regionali spesso hanno adottato norme che non coincidono con quanto stabilito dall’art. 19. Ad esempio viene riconosciuta l’idoneità all’abbattimento selettivo ad ogni cacciatore che abbia seguito un corso di “selettore”.
Il fatto è che la norma statale è assurda, scritta da teorici convinti che la fauna stesse per scomparire e che non sapevano che invece certe specie possono riprodursi in modo esplosivo e deleterio: cinghiali, caprioli, cervi, cormorani, storni, nutrie, tanto per citare quelli che hanno creato concreti problemi di sovrappopolazione in Italia. Di conseguenza le regioni hanno dovuto inventarsi qualche cosa; la norma che di fatto limitava la caccia di selezione agli agricoltori dei terreni interessati era infatti da ritenersi illegittima in quanto creava una ingiustificata disparità di trattamento fra i cacciatori. Di certo l’individuazione dei soggetti che possono fare caccia di selezione non può corrispondere ad un principio fondamentale di una legge quadro. Ed infatti l’art. 19 stabilisce che le provincie autonome di Trento e di Bolzano possono attuare i piani di cui al comma 2 anche avvalendosi di altre persone, purché munite di licenza per l'esercizio venatorio. Perché mai solo le province autonome?
La legge non prevede che per la caccia di selezione si possano usare mezzi di caccia diversi da quelli consentiti a tutti i cacciatori. Norma anche questa assurda perché se l’abbattimento selettivo non avviene per fine venatorio, ma per un’utilità pubblica, proprio non si comprende perché non si debbano usare gli strumenti più adeguati alla scopo. Se ad esempio si dovesse eliminare un branco di un migliaio di storni perché mai bisognerebbe sparare nei campi 30 kg di piombo invece di utilizzare reti? Se si devono uccidere le nutrie perché mai non si può usare il cal. .22, studiato proprio per animali di quella taglia?
Purtroppo l’istituto della caccia di selezione è nato nella idea utopistica che gli squilibri riproduttivi di certe specie sarebbero stati rari e modesti; quindi è stato creato un baraccone burocratico per operazioni “chirurgiche”, quando invece sarebbe bastato dire che in certe situazioni la caccia a certe specie era consentita senza limite di capi oppure nel numero di capi stabilito nel calendario venatorio con sufficiente larghezza.
Per illustrare l’assurda complicazione di situazioni semplici, la frenesia di regolare problemi che non esistono, riporto quanto stabilisce la legge dell’Emilia Romagna 15 febbraio 1994, n. 8 in materia di caccia agli ungulati:
Art. 56 - 1. La gestione faunistico-venatoria degli ungulati è finalizzata alla conservazione delle specie in rapporto di compatibilità con l'ambiente ed al conseguimento degli obiettivi indicati dalla Carta regionale delle vocazioni faunistiche del territorio e dai piani faunistico-venatori delle Province, ed è disciplinata da apposito Regolamento regionale.
2. Il prelievo venatorio degli ungulati, con eccezione del cinghiale, è consentito esclusivamente in forma selettiva secondo le indicazioni e previo parere dell'INFS. I limiti quantitativi, la scelta dei capi ed eventuali prescrizioni sul prelievo sono approvati annualmente dalla Provincia, su proposta degli organismi direttivi dell'ATC e dei concessionari delle aziende venatorie, attraverso l'adozione di piani di prelievo, ripartiti per distretto e per AFV, sulla base delle presenze censite in ogni ATC o azienda venatoria nel rispetto della programmazione faunistico-venatoria provinciale. I tempi e le modalità del prelievo sono stabiliti dal calendario venatorio regionale e dalla normativa regionale in materia di gestione faunistico-venatoria degli ungulati. Le Province, su proposta degli ATC e dei concessionari delle aziende venatorie, possono ridurre tali tempi, anche relativamente al numero di giornate settimanali.
3. La caccia di selezione è esercitata individualmente, alla cerca o all'aspetto, senza l'uso dei cani e con arma a canna rigata di cui all'art. 13 della legge statale, munita di cannocchiale di mira. Il prelievo del cinghiale, oltre che in forma selettiva, può essere effettuato in battuta o braccata e con il metodo della girata
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4. Per il recupero dei capi feriti è consentito l'uso dei cani da traccia purché abilitati in prove di lavoro organizzate dall'ENCI. I conduttori di cani da traccia sono abilitati dalla Provincia previo corso di istruzione e superamento di una prova d'esame. A tale scopo essi possono fare uso delle armi di cui all'art. 13 della legge statale. Le operazioni, da svolgersi con l'uso di un solo cane, possono essere effettuate anche fuori degli orari previsti per la caccia e nelle giornate di silenzio venatorio su tutto il territorio. Negli ambiti protetti e nelle aziende venatorie la ricerca viene compiuta con l'autorizzazione della Provincia competente o del titolare dell'azienda venatoria. Le spoglie dell'animale recuperato sono di proprietà del cacciatore che lo ha ferito.
5. Il prelievo selettivo degli ungulati e la caccia al cinghiale sono praticati da coloro che risultano in possesso di attestato di idoneità tecnica rilasciato dalla Provincia previa partecipazione agli specifici corsi di formazione e aggiornamento ed esami finali di cui al vigente regolamento regionale, concernente la gestione degli ungulati e caccia al cinghiale in Emilia-Romagna. I corsi di formazione e aggiornamento possono essere svolti, oltreché dalle Province, anche dalle associazioni venatorie, di protezione ambientale, dalle organizzazioni professionali agricole, o da altri soggetti pubblici o privati in possesso di specifica esperienza in materia.
5 bis. La caccia al cinghiale svolta all'interno di apposite aree recintate autorizzate in base alla normativa vigente, non richiede il possesso dell'attestato.
6. Gli organismi direttivi degli ATC, avvalendosi delle Commissioni previste dal vigente regolamento regionale sulla gestione degli ungulati e caccia al cinghiale, predispongono la programmazione delle uscite per i prelievi di selezione ed il calendario delle battute al cinghiale nelle zone di caccia previste dal vigente regolamento regionale sulla gestione degli ungulati e caccia al cinghiale, che vengono autorizzati dalla Provincia. ...
7. Gli organismi direttivi degli ATC possono altresì prevedere:
a) una quota dei piani annuali di abbattimento di cervidi o bovidi da destinarsi a cacciatori non residenti nell'ATC;
b) un contributo da parte dei cacciatori di ungulati commisurato alle spese di gestione ed organizzazione in rapporto alle opere di prevenzione e salvaguardia ambientale messe in atto, tenuto conto delle eventuali prestazioni di volontariato.
Per ogni altra problematica si rinvia necessariamente alle legge regionale.
Giurisprudenza
• Integra il reato di cui all'art. 30, comma primo, lett. g) della l. n. 157 del 1992, l'abbattimento, posto in essere senza rispettare le modalità di caccia di selezione previste, di un esemplare di capriolo, in quanto appartenente alla tipica fauna stanziale alpina, quantunque avvenuto in territorio riconducibile in ambito destinato alla caccia programmata (nella specie la Riserva di Caccia Alpina del Comelico Superiore). Cass. n. 2380 del 04/11/2011.