Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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Trattato del diritto della caccia - Arma da caccia

Si vedano anche le voci: Luoghi in cui è vietato cacciareMezzi di caccia

L’esigenza, nell'ambito del diritto delle armi,  di stabilire la nozione di arma da caccia è sorta con l’art. 10 della legge n. 110/1975 che, nel testo originario, limitava la detenzione di armi al numero di due per le armi comuni da sparo e per le armi da caccia al numero di sei.
Il problema interpretativo che subito sorgeva era se la nozione di arma da caccia era sostanziale, e si dovesse aver riguardo a tutte quelle armi che la cultura armiera ritiene idonee per certe cacce, sia in Italia che all’estero, oppure formale, e si dovesse aver riguardo solo a quelle armi che la legge venatoria vigente consente di utilizzare per la caccia in Italia.
La prima tesi era indubbiamente la più ragionevole perché molti cacciatori sono soliti andare all’estero a caccia di tipi di selvaggina che non si trovano in Italia e non si comprende perché essi non possano detenere come armi da caccia (e quindi senza diventare collezionisti di armi) anche armi che la legge venatoria, per puri motivi contingenti, vieta di usare in Italia.
La diatriba è stata infine risolta dal legislatore, però nel senso meno condivisibile. La legge 25 marzo 1986 n. 85 sulle armi sportive ha stabilito che la detenzione di armi comuni da sparo per fini diversi da quelli previsti dall’articolo 31 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, è consentita nel numero di due per le armi comuni da sparo, di sei per le armi da caccia previste dall’articolo 9, primo e secondo comma, della legge 27 dicembre 1977, n. 968 (vecchia legge sulla caccia), e di sei per le armi per uso sportivo.
La L. n. 157/1992 ha poi soppresso il limite per la detenzione delle armi da caccia di cui al sesto comma dell’articolo 10 della L. 18 aprile 1975, n. 110, come modificato dall’articolo 1 della legge 25 marzo 1986, n. 85, e dall’articolo 4 della legge 21 febbraio 1990, n. 36. In altre parole non vi è limite al numero di armi da caccia detenibili anche da parte di chi non è munito di licenza di collezione. Norma anche questa sciocca, perché consente di detenere senza limiti armi lunghe di origine militare, che di venatorio non hanno proprio nulla, come certi fucili d'assalto in versione civile.
La legge sulla caccia del 1992, che in proposito ricalca con poche modifiche quella precedente del 1977, stabilisce all’art. 13 che in Italia i cacciatori possono impiegare solo i seguenti tipi di armi:
1) fucile con canna ad anima liscia fino a due colpi, a ripetizione e semiautomatico, con caricatore contenente non più di due cartucce, di calibro non superiore a 12, nonché fucile a canna rigata a caricamento manuale o a ripetizione semiautomatica di calibro non inferiore a millimetri 5,6 con bossolo a vuoto di altezza non inferiore a 40 millimetri;
2) fucile a due o tre canne (combinato), di cui una o due ad anima liscia di calibro non superiore al 12 ed una o due ad anima rigata di calibro non inferiore a millimetri 5,6. Si noti che nella legge del 1977 anche per i combinati si stabiliva che il bossolo a vuoto non doveva superare i 40 mm.; secondo le usuali regole interpretative, si dovrebbe concludere che la legge è stata modificata per consentire che in un combinato la canna rigata possa usare anche munizioni con bossolo inferiore a 40 mm e quindi, ad esempio, essere in calibro .22 l.r.
3) Nella zona faunistica delle Alpi è vietato l’uso del fucile con canna ad anima liscia a ripetizione semiautomatica salvo che il relativo caricatore sia adattato in modo da non contenere più di un colpo.
È poi consentito l’uso dell’arco e del falco e sono vietati tutte le armi e tutti i mezzi per l’esercizio venatorio non esplicitamente ammessi. L’art. 21 vieta di usare munizione spezzata per gli ungulati (cinghiale, cervo, capriolo, camoscio, daino e simili), di usare armi da sparo munite di silenziatore (è ben difficile usarlo su armi non da sparo!), di usare armi impostate con scatto provocato dalla preda (vale a dire armi usate come trappole che l’animale fa sparare al suo passaggio; stando alla lettera della legge il cacciatore potrebbe però sistemare un’arma sul percorso dell’animale e azionarla a distanza con un telecomando, visto che in tal caso non è l’animale a provocare lo sparo). Vieta espressamente, infine, l’uso della balestra.
È vietato abbandonare sul terreno di caccia i bossoli sparati (chi ha scritto la norma non aveva mai sparato in terreni molto incolti o in luoghi ove le cartucce rotolano via per decine di metri!).
Una disposizione assolutamente non condivisibile è quella contenuta nell’art. 22 della legge, che impone a coloro che vogliano cacciare con il falco o con l’arco, di munirsi di licenza di porto di fucile; conseguenze difficilmente comprensibili sono che il cacciatore con arco o con il falco non può andare a caccia se è un obiettore di coscienza, che deve dimostrare la capacità tecnica nel maneggio di armi e l’idoneità psicofisica, che deve dimostrare di conoscere la legislazione sulle armi e sulle munizioni.
A questo punto si dovrebbe seriamente riconsiderare se l’art. 22 non consenta una interpretazione più razionale: quando al comma 11° il legislatore dice che le norme di cui al presente articolo si applicano anche per l’esercizio della caccia mediante l’uso del falco e dell’arco, non intendeva verosimilmente far riferimento alle norme sulla licenza di porto di fucile, ma solo a quelle relative all’esame venatorio.
Sull’interpretazione di queste norme, del resto chiare per chi conosca il loro iter, gli inesperti di armi hanno fatto un po’ di confusione, ormai quasi definitivamente risoltasi.
Vediamo quindi di comprendere il significato delle espressioni tecniche usate dal legislatore.
Al punto 1) sono elencati tutti i fucili diversi dai combinati e cioè:
 a) fucili a una o due canne lisce, di calibro eguale o diverso, giustapposte o sovrapposte; i fucili possono essere ad avancarica, a caricamento manuale (occorre introdurre manualmente, con le mani o mediante un sistema di otturatore, ogni cartuccia nella camera di cartuccia; la cartuccia può però essere contenuta in un serbatoio). Rientrano in questa categoria i fucili a pompa. Questi fucili devono avere un calibro non superiore al 12. Si noti che per le canne lisce, il valore del calibro cresce con il diminuire del diametro della canna; perciò calibri superiori al 12 sono i calibri 8 e 10. Rimangono così vietate le cosiddette spingarde (grossi fucili da appoggiare ad un sostegno sui barchini per la caccia alle anitre).
 b) fucili ad una canna liscia, semiautomatici (le munizioni sono contenute in un serbatoio, fisso o mobile; la prima cartuccia viene inserita manualmente, le successive vengono automaticamente inserite nella camera di cartuccia dopo l’espulsione .della cartuccia sparata; lo sparo non avviene automaticamente, come nelle armi a raffica, ma occorre rilasciare ed azionare il grilletto ad ogni colpo). Questi fucili devono avere anch’essi calibro non superiore al 12 ed inoltre il caricatore (rectius serbatoio), non deve poter contenere più di due cartucce; ciò significa che l’arma non potrà sparare, senza essere ricaricata, più di tre colpi: quello introdotto manualmente nella camera di cartuccia (vulgo, in canna) e i due nel serbatoio (in questo senso anche la circolare Min. Interno 559/c. 10023.10100. A(2) del 21 agosto 1992).
Nella zona faunistica delle Alpi il serbatoio deve poter contenere una sola cartuccia.
Il vincolo del serbatoio non è rivolto al fabbricante, ma al cacciatore e quindi è sufficiente che sul terreno di caccia il serbatoio (che di norma è costruito per contenere 5 o 6 cartucce) sia adattato in modo che non possa contenere più di due cartucce; l’adattamento deve essere tale da non poter essere eliminato in tempi rapidi sul terreno di caccia. Attenzione al fatto che nel momento che in campagna il cacciatore scende dall'automobile e estrae il fucile dal fodero (in auto il fucile deve essere scarico entro una custodia), si trova automaticamente sul terreno di caccia ed è troppo tardi per inserire il riduttore nel serbatoio; bisogna partire da casa con il riduttore già inserito.
A queste armi non si applica la possibilità di usare serbatoio di 5 colpi per la caccia al cinghiale, possibilità prevista solo per le armi a canna rigata.
La precedente legge 968/77 stabiliva che l’arma doveva essere limitata a non più di tre colpi con apposito accorgimento tecnico. La circostanza che il legislatore abbia ora usato una diversa espressione (con caricatore contenente non più di due cartucce), più sfumata, indica che si è voluto consentire ogni ragionevole soluzione idonea ad impedire al cacciatore di sparare più di tre colpi consecutivamente.
In pratica la riduzione di colpi deve essere  fatta in modo che essa non sia rimovibile durante al caccia; quindi un bel pezzo di plastica forzato nel serbatoio in modo da poter essere tolto solo con attrezzi oppure una parte in metallo ben avvitata.  Si consideri poi che la norma vuole anche impedire che ci si sottragga facilmente ad un controllo; quindi il riduttore non solo non deve poter essere tolto facilmente, ma neppure deve poter essere messo rapidamente, quando si vedono i guardiacaccia da lontano!
c) fucili a una o più canne rigate, di calibro eguale o diverso, ad avancarica, a caricamento manuale o semiautomatico (vedi punto 1).
Questi fucili incontrano un limite di calibro che il legislatore ha posto mediante la richiesta di due requisiti che, per la formulazione inutilmente tortuosa della frase, appaiono, a prima vista, di difficile comprensione; dice infatti la legge (attuale art. 13) che l’arma deve essere di “calibro non inferiore a 5,6 millimetri con bossolo a vuoto di altezza non inferiore a millimetri 40”. Ricordo che i dati numerici sono puramente nominali, così che un calibro 5,6 mm (o .22, o .222, .223, .224, .225, secondo il sistema anglosassone), ben potrebbe misurare, in realtà 5,56 o 5,62 mm. Ciò che conta è il diametro del proiettile indicato nelle tabelle del C.I.P.
L’incomprensibilità della frase usata deve essere risolta tenendo conto della volontà del legislatore espressa nei lavori parlamentari e da cui risulta chiaro che il legislatore voleva semplicemente vietare i calibri a percussione anulare e perciò voleva semplicemente dire che se un calibro è pari o inferiore al 5,6 mm (con esso intendendo tutta la famiglia di munizioni con tale caratteristica dimensionale), deve avere il bossolo di lunghezza superiore a 40 mm. Il legislatore voleva infatti vietare i piccoli calibri a percussione anulare perché riteneva che essi producessero uno sparo modesto e potessero essere usati per bracconaggio; non intendeva affatto vietare grossi calibri, solo perché il loro bossolo è corto, come ad esempio avviene nel 44 magnum, né intendeva vietare calibri inferiori al .22 se muniti di adeguato bossolo! Si consideri del resto che il legislatore non ha neppure proibito i calibri Flobert 6 o 9 mm, che pure fanno meno rumore del calibri .22; quindi all'epoca, prima della modifica del 2015, erano da caccia i calibri Flobert 5,6 mm a pallini perché non destinati ad arma canna rigata, sono da caccia i calibri 6 e 9 mm perché superiori a 5,6 mm (in effetti il ca. 6 mm. è 5,9 mm) mentre rimane non da caccia il cal. 5,6 mm o .22 Flobert, che in effetti è 5,73 mm. Il che vuol dire che due cartucce identiche come prestazioni e dimensioni, sono discriminate per 17 decimi di millimetro di diametro!
I calibri che non rispettano i limiti stabiliti dal legislatore sono, in sostanza, tutti i calibri .22 a percussione anulare (22 corto, 22 L.R., 22 magnum, 22 extra long, per citare quelli usati in Italia); sulla loro esistenza sono poi rimasti involontariamente vietati pochi calibri a percussione centrale tra i quali il più noto è il .22 Hornet (bossolo di 36 mm); altri, piuttosto rari, sono il .218 Bee (bossolo di 34 mm), il 5,6x35R Vierling e qualche 22 Wildcat.

È dubbio se siano consentiti i calibri inferiori a 5,6 mm (ad es. .17 Remington con bossolo di 45 mm., .219 Zipper con bossolo di 50 mm., ma vista anche la loro scarsa importanza venatoria, è opportuno attenersi alla interpretazione sopra esposta e adottata dal Ministero dell’interno con Circolare 6 maggio 1997 n. 559/C-50.065-E-97 (G. U. n. 122 del 28 maggio 1997).

A questa situazione di incertezze ha posto termine il D.L.vo 204/2010 ribadendo che la corretta interpretazione è quella sopra esposta e che, in sostanza, vieta per la caccia solo i calibri .22 a percussione anulare e i calibri inferiori a 5,6 mm. qualunque sia la lunghezza del bossolo.

Per quanto concerne i calibri Flobert, essi erano tutti consenti per l'uso venatorio, sia per il tiro a palla che a pallini. Essi sono in commercio in cal. 5,6 mm (22 Flobert) con palla da 5,71 mm, in cal. 6 Flobert con palla da 5,87 mm, in calibro 9 mm. Ora i DL 7/2015 ha introdotto il divieto di cacciare con armi in calibro che non superi i 6 mm. Flobert e quindi, indirettamente, si conferma che è consentito cacciare con calibro superiori a 6 mm; in pratica solo i cal. 8 e 9 mm (in passato si usava anche il calibro 7 mm).

Al punto 2) sono contemplati i fucili combinati, vale a dire fucili a più canne giustapposte o sovrapposte che combinano assieme fino a quattro canne, alcune a canna liscia, altre a canna rigata (billing se le canne sono due, drilling se le canne sono tre, vierling se le canne sono quattro). Ovviamente trattasi di armi prive di serbatoio in cui le cartucce devono essere inserite una per una, manualmente. Il legislatore stabilisce che in Italia non si possono usare combinati con più di tre canne e stabilisce che la canna rigata deve avere un calibro non inferiore a 5,6 mm. (cioè il cal 5,6 è consentito, quello inferiore a 5.6 è vietato).
La prima legge quadro sulla caccia nr. 968 del 27 dicembre 1977, orma superata, stabiliva all'art. 9 (Mezzi di caccia):
La caccia è consentita con l'uso di fucile con canna ad anima liscia fino a due colpi,a ripetizione e semiautomatico, limitato con apposito accorgimento tecnico all'uso di non più di tre colpi, di calibro non superiore al 12, nonché della carabina a canna rigata di calibro non inferiore a millimetri 5,6 con bossolo a vuoto di altezza non inferiore a 40 millimetri.
È consentito, altresì, l 'uso del fucile a due o tre canne (combinato), di cui una o due ad anima liscia di calibro non superiore al 12 ed una o due a canna rigata di calibro non inferiore a millimetri 5,6 con bossolo a vuoto di altezza non inferiore a 40 millimetri.
È perciò del tutto chiaro che la legge regolava tre tipi di fucili (a canna liscia, a canna rigata, combinati) e per tutti vietava l'uso dei calibri 22 con bossolo inferiore a 40 mm. (tutti quelli a  percussione anulare e il calibro 22 Hornet o 5,6 x 35 R).
Nel 1992 la L. febbraio 1992 , n. 157, all'art 13, confermava il divieto  dei calibri 22, in relazione alla misura del bossolo, per i fucili a canna liscia rigata; invece per i combinati scriveva:
È consentito, altresì, l'uso del fucile a due o tre canne (combinato), di cui una o due ad anima liscia di calibro non superiore al 12 ed una o due ad anima rigata di calibro non inferiore a millimetri 5,6.
Come si vede la frase “con bossolo a vuoto di altezza non inferiore a 40 millimetriè stata tolta dal che si può concludere che in un combinato con canna in cal. 22 è consentito anche se il bossolo è inferiore a 40 mm, come avviene nella generalità dei casi. L'eliminazione della frase non può essere accidentale perché avvenuta all'interno di una frase altrimenti non modificata; quindi è una eliminazione voluta.
Ora il D.to legislativo 26 ottobre 2010 n. 204, art, 6 comma 6 ha riscritto la norma nel seguente modo:
Per armi da caccia di cui al comma 1 dell'articolo 13 della legge il febbraio 1992, n. 157, s'intendono, tra i fucili ad anima rigata, le carabine con canna ad anima rigata a caricamento singolo manuale o a ripetizione semiautomatica, qualora siano in essi camerabili cartucce in calibro 5,6 millimetri con bossolo a vuoto di altezza uguale o superiore a millimetri 40 ….
Perciò la norma è oramai chiarissima e inequivoca nel dire che il divieto dei cal. 22 (o 5,6 che dir si voglia) si applica non a tutti i fucili a canna rigata, ma solo alle carabine a canna rigata. Il che esclude che detti calibri siano vietati nei i combinati che neppure un perito del ministero riuscirà mai a ricomprendere fra le carabine. E la norma, non solo è chiara, ma non fa che ribadire in modo ancor più chiaro quando già detto dal legislatore nel 1992 così che non si può neppure sospettare che chi ha scritto nel 2010 abbia straparlato, come ha fatto per altri punti de testo. Ci vorrà un po’ di tempo per far comprendere ad agenti accertatori e a giudici questo nuovo principio, che corregge la legge quadro sulla caccia, ma non vedo come potranno sottrarsi alla realtà.

d) fucili a canna rigata a ripetizione ordinaria (cioè manuale mediante azione sulla leva dell’otturatore); debbono essere nei calibri consentiti per la caccia; non era prevista alcuna limitazione al numero di colpi contenuto nel serbatoio Soluzione razionale perché la necessità di togliere l’arma dalla posizione di mira per azionare l’otturatore e il tempo impiegato impediscono di colpire selvatici a ripetizione, visto che ben difficilmente essi se ne stanno fermi ad attendere che il cacciatore abbia ricaricato l’arma! Ma ora il D.L.vo 121/2013 ha posto il limite generale di 5 colpi per tutte le armi lunghe.
La legge non vieta di usare per la caccia fucili ad avancarica, siano essi antichi o repliche, siano essi a canna rigata o liscia.

Numero di colpi nelle armi semiautomatiche a canna rigata
Ci si è chiesti spesso se le armi semiautomatiche a canna rigata possano essere usate in caccia con serbatoio atto a contenere più di due cartucce. Il problema nasce dalla Convenzione di Berna del 19 settembre 1979, resa esecutiva con legge 5 agosto 1981, n. 503, richiamata dall’art. 1 LC.
Questa convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa, vieta espressamente nel suo allegato V l’impiego venatorio di armi semiautomatiche o automatiche con caricatore dotato di più di due cartucce.
In altri paesi europei (Svizzera, Francia, Belgio, Germania, Austria) essa è stata interpretata nel senso che in qualunque tipo di caccia e di territorio è vietato usare dette armi se non con serbatoio limitato a due colpi.
Era stata sostenuta autorevolmente anche la tesi contraria, argomentando che il divieto va limitato a particolari ambiti territoriali, ma ora la questione è stata risolta definitivamente dalla direttiva europea 2009/147/CE concernente la conservazione degli uccelli selvatici, la quale ha definitivamente stabilito (art. 8) che sono vietate per la caccia agli uccelli armi semiautomatiche con caricatore a più di due colpi. Non tragga in inganno il fatto che la norma si riferisce solo “alla caccia agli uccelli”. La direttiva è rivolta a tutelare in ogni modo tutti gli uccelli, sia dai cacciatori che dai bracconieri, e quindi la norma vuole proprio impedire che ci si rechi sul terreno di caccia con armi idonee a catturare troppe prede; né la norma può essere riferibile solo alle armi a canna liscia perché molte delle specie tutelate sono cacciabili con armi a canna rigata.
Ciò trova conferma anche nella direttiva europea che non inserisce fra le armi da caccia inseribili nella carta europea quelle semiautomatiche con più di tre colpi.
Con il DL 24 giugno 2914 n. 91 il legislatore si è adeguato a questa mia interpretazione stabilendo in via generale che i caricatori dei fucili ad anima rigata a ripetizione semiautomatica impiegati nella caccia non possono contenere più di due cartucce. La norma è formulata con i piedi, ma ovviamente si riferisce sia ai caricatori che ai serbatoi! Purtroppo il parlamento ha introdotto una ulteriore disposizione in cui si dice che l’arma semiautomatica a canna rigata può avere il caricatore fino a cinque colpi “limitatamente all’esercizio della caccia al cinghiale” (complessivamente potrà sparare  6 colpi). La disposizione è sbagliata per vari motivi:
- È in contrasto con la direttiva europea 2009/147/CE, come applicata pacificamente in tutt’Europa. Ciò significa che il primo verde che farà ricorso alla Corte di Giustizia Europea otterrà la dichiarazione di  nullità della disposizione, con la nostra solita figura da peracottari.
- È priva di senso perché per la caccia al cinghiale non è assolutamente necessario avere 6 colpi a disposizione, né per ucciderlo, né per difendersi, e si va incontro alle richieste solo di chi spara colpi a vanvera, con aumento notevole del rischio di incidenti. 
- È stata scritta con la cultura giuridica di chi ha nozioni apprese al bar dei cacciatori o chiacchierando in armeria; che cosa vuol dire in concreto “limitatamente all’esercizio della caccia al cinghiale”? Come si fa a stabilire che caccia un tizio intende effettuare? Certo, se egli è imbrancato con altri per una cacciarella, egli può sostenere in modo credibile che  sta facendo la caccia al cinghiale; ma negli altri casi?
Nulla vieta ad un cacciatore di uscire di casa per cacciare le pantere (ogni tanto ne scappa una dalle gabbie!) e quindi chiunque può uscire con un fucile a 6 colpi affermando che sta cacciando cinghiali, anche se in zona non se ne sono mai visti; ma che succede se incontra un cervo? Le ipotesi sono tante:
- fa finta di non vederlo; ma come convince il guardacaccia che non cacciava cervi?
- caccia proprio cinghiali, ma il guardacaccia gli contesta che poteva anche cacciare altri animali; come si difende?
- spara ad un cinghiale e lo sbaglia; come dimostra al controllore, che c’era proprio un cinghiale?
- rapidamente scambia il caricatore da 5 colpi con uno da 2 colpi che tiene in tasca; è in regola, ma se arriva il guardacaccia prima che abbia fatto in tempo a sostituire il caricatore, che gli succede?
Il mio consiglio: a caccia portate sempre un fucile in cui non entrano più di tre cartucce e non ve ne pentirete mai!

Il D. to L.vo 131/2015 ha di recente introdotto il limite generale per le armi lunghe non sportive, siano esse da caccia o meno, di contenere nel serbatoio fisso o nel caricatore più di 5 colpi. Ai fini venatori non cambia nulla rispetto a quanto scritto sopra; le armi con una capacità di colpi superiore, potranno essere detenute ed usate ulteriormente, ma dopo il 5 novembre 2015 potranno essere cedute solo se messe a norma.

Infine il D.L. 7/2015 ha vietato l'uso venatorio "del fucile rientrante tra le armi da fuoco semiautomatiche somiglianti ad un'arma da fuoco automatica, di cui alla categoria B, punto 7, dell'allegato I alla direttiva 91/477/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1991". In altre parole, è vietato cacciare con fucili semiautomatici che abbiano l'aspetto di un fucile d'assalto militare, tipo di armi che la Direttiva Europea ha inserito nella cat. B7, soggetta ad un particolare regime.
Il guaio è che il Banco ha capito male la norma! Esso infatti ha inserito nella categoria B7 delle armi, come il Garand M1, ad esempio, che è un'arma nata semiautomatica e che poi, in alcuni modelli successivi, venne trasformato per sparare anche a raffica. L'elenco di queste armi con aspetto di carabina, che esistono in versione a raffica, ma che non hanno l'aspetto di un'arma a raffica (cito lo HK70). Ma è lapalissiano che in questo caso non si è di fronte ad un'arma comune che assomiglia ad un'arma automatica, ma si è di fronte ad un'arma automatica che assomiglia a sua madre la quale può essere a ripetizione manuale o semiautomatica. Seguendo questa logica a cavolfiore, se qualcuno creasse un fucile a canna liscia con microrigatura a ripetizione automatica, tutti i semiautomatici a canna liscia italiani finirebbero nella categoria B7 e non potrebbero più essere utilizzati a caccia! Fucile che assomiglia è quello che quando un cittadino le vede dice: “ma che succede, perché questo gira con un fucile d’assalto o con un mitra? Che abbiano dichiarato guerra ai cinghiali?”
È di tutta evidenza che la direttiva europea intendeva regolare in modo più severo quelle armi che possono avere un impatto psicologico maggiore di un normale fucile da caccia o di una normale pistola.
Sono armi che hanno struttura del tutto particolare. La  pistola Beretta 93R spara a raffica ma ciò non vuol dire che la 92 assomigli ad una pistola automatica, per il semplice fatto che solo pochi esperti in Italia vedendosi puntare contro al buio la 93 R potrebbero capire che è un'arma automatica; la 93 R assomiglia ad una pistola qualsiasi e non vale certo l'opposto affermazione che ogni pistola semiautomatica assomiglia ad una 93R. La stessa cosa vale per un Garand o un Sks: per il normale cittadino sono dei moschetti e ben pochi sanno quale sia la loro meccanica e ben pochi saprebbero capire che l'arma  è a raffica, neppure maneggiandola.
Invece una pistola IMI Uzi, anche se trasformata per il tiro a colpo singolo, continua ad assomigliare ad una pistola mitragliatrice perché ha una impugnatura anteriore e un castello di forma molto particolare.
Ho sfogliato un trattato sulle pistole mitragliatrici e non sono riuscito a trovarne una che abbia l'apparenza di una tradizionale arma da sparo. Nel campo dei fucili d'assalto la caratteristica più tipica dell'arma automatica è la presenza di un impugnatura oltre al calcio e di un caricatore esterno di grande capacità. Talvolta il caricatore ha funzione di servire da impugnatura e  solo il bocchettone può fare sorgere il dubbio che si tratti di un'arma automatica (pensiamo al mitra Reising mod. 50); ma questi sono esempi di armi prodotte oltre mezzo secolo fa. Se si sfoglia qualunque atlante di fucili d'assalto del dopoguerra non se ne trova uno che possa essere scambiato con un fucile semiautomatico. E quello è l'aspetto tipico dell'arma automatica moderna  a cui un'arma civile da caccia non deve assomigliare. Se per ipotesi un'arma automatica venisse costruita con l'aspetto di un 91, non potrebbe certo far cambiare la classificazione delle 91.
Il Banco di prova ha fatto una confusione totale, mettendo in cat. B7 armi che assomigliano ad un moschetto  o persino classificando la stessa arma in categorie diverse! Ad es. il Simonov SKS risulta essere contemporaneamente classificato come B4 da caccia (nr. 13_00611), B7 comune (nr.13_00193 e 13_00194) ed  infine come arma sportiva (nr. 13_00194s1)! Gli esemplari sono identici e differiscono solo per l'Arsenale che li ha prodotti.
È un problemna che il Banco dovrà risolvere al più presto.
Se un'arma  era stata catalogata prima del passaggio delle competenze al Banco, il fatto se essa sia o meno "assomigliante", va stabilito in base al suo aspetto. È cosa del tutto irrilevante che essa fosse catalogata in cat. C7.

In altri paesi europei la cat. B7 è praticamente sconosciuta perché essi hanno adottato proprie classificazioni delle armi ai fini della detenibilità e del porto, che prescindono dalle categorie europee; e per l'uso della Carta Europa è sufficiente che sia indicato se l'arma va in cat. C o B.

Chi detiene queste armi potrà continuare a detenerle fuori collezione come se fossero ancora da caccia, ma chi le acquista dovrà considerare che rientrano fra le tre armi oltre le quali occorre munirsi di licenza di collezione. Se però l'arma in B7 è classificata come arma sportiva non è soggetta a queste disposizioni: se ne possono detenere fino a sei fuori collezione, si possono vendere e possono montare il caricatore con il numero di colpi indicato nel provvedimento di classificazione.

La norma si applica anche alle armi semiautomatiche a canna liscia come lo SPAS 15 della Franchi.

Chi eredita queste armi da un soggetto che continuava a detenerle come armi da caccia, subentra nella posizione del defunto e quindi continua a poterle detenere come armi da caccia.  

Numero di fucili usabili
Alcuni interpreti si sono posti il problema se sia consentito cacciare con più di un fucile. La risposta non può che essere positiva, per vari motivi:
- la licenza di porto di fucile non pone limite al numero di armi portabili;
- per antica consuetudine venatoria, espressamente prevista (R.D. 5 giugno 1939, n. 1016, art. 8), si usano portare più fucili per alcuni tipi di cacce;
- sia la L. n. 968/1977 (art. 9) che quella vigente L. n. 157/1992 (art. 13), oltre non abrogare tale disposizione, espressamente prevedono che il cacciatore è autorizzato a portare oltre alle armi consentite, gli utensili da punta e da taglio”, con inequivocabile uso della forma plurale.
Se si può cacciare sia a palla che a pallini non vi è nessun motivo per cui non possa andare con due fucili adatti ai due tipi di caccia. E se si va con due fucili eguali non si può certo dire che si aggira il divieto di disporre di più di tre colpi perché questo limite riguarda i colpi contenuti in un’arma e sparabili in rapidissima successione, ma non riguarda, ad esempio le armi a ripetizione manuale. È chiaro che il dover cambiare fucile comporta una rapidità di tiro ben diversa da quella garantita da un’arma semiautomatica o da un drilling.
Quindi, visto che non si possono trasportare più di sei armi alla volta, l’unico limite al numero di fucili usabili in caccia è di sei fucili, anche se non è proprio comodo utilizzarli tutti!
Ma forse il dubbio è nato da un equivoco: i calendari venatori ben possono stabilire delle limitazioni che incidono sul numero di fucili usabili per una data caccia; se ad esempio è stabilito che il cinghiale si può cacciare solo con carabina a canna rigata, è chiaro che non posso portare con me durante la braccata un fucile a canna liscia, a meno che non sia scarico e in custodia (e quindi in quel momento non lo porto, ma lo trasporto e il problema non si pone più).

Uso di armi ad aria compressa
La legge quadro sulla caccia del 27 dicembre 1977 nr. 968 espressamente vietava l’uso venatorio di armi ad aria compressa. Questo divieto è stato eliminato nella legge 11 febbraio 1992 nr. 157 che ora ci governa.
Quando da una legge viene tolta una frase si possono fare due ipotesi:
a) chi scriveva la legge era un immondo pasticcione che a tutto pensava meno che alla caccia e quindi ha commesso un errore; ma questa ipotesi non è prevista dal nostro diritto; una legge sbagliata rimane in vigore fino a che non viene corretta. Perciò deve essere valida l’ipotesi
b) il legislatore intendeva abolire il divieto e dal 1992 si può cacciare con armi ad aria compressa.
Qualcuno ha osservato che l’art. 13 della legge 157, nel descrivere le caratteristiche dei fucili da caccia, fa sempre riferimento alle loro cartucce, dal che si deve concludere che il legislatore intendeva riferirsi solo ad armi da fuoco.
Questa tesi incontra tre ostacoli.
- In primo luogo vi sono armi ad aria compressa  che impiegano un bossolo contenente aria compressa e che, se di adeguate dimensioni, consente di sparare con potenza sufficiente a cacciare piccoli animali; il bossolo è facilmente ricaricabile con gas compressi.
- In secondo luogo, seguendo questa tesi, si dovrebbe affermare che il legislatore ha voluto vietare anche le armi ad avancarica poiché non usano cartucce e bossoli; ma perché  mai avrebbe dovuto vietarle, visto che di certo non sono contrarie allo spirito venatorio?
- In terzo luogo vi sono lanciasiringhe ad aria compressa, di uso comune, espressamente consentite per catturare animali, le quali, se si pretende la presenza di una cartuccia, sarebbero ….vietate per catturare animali!
A questo punto la conclusione è che mi arrendo e non so che dire. Quando ignobili pasticcioni rubati all’agricoltura si mettono a scrivere leggi senza sapere nulla di ciò di cui scrivono, rimane ben poco da capire e da interpretare.  

Arma scarica
Arma scarica è quella che non contiene cartucce né nel serbatoio fisso né in camera di cartuccia; è consentito tenere il serbatoio mobile (caricatore) pieno di cartucce, ma deve essere estratto dall’arma.

Giurisprudenza
• La distinzione tra fucile e carabina non esiste nella legislazione sulle armi, di cui alla legge 18 aprile 1975, n. 110, la quale, all'art. 2, include indifferentemente tra i fucili anche la carabina ed il moschetto, non ravvisandosi precise differenze tra i suddetti tre tipi di armi. In particolare, con riferimento alla caccia, il comma secondo dello stesso art. 2 legge n. 110 del 1975 considera armi comuni da sparo indifferentemente i fucili e le carabine. (Nella specie - relativa a rigetto di ricorso avverso ordinanza di riesame che aveva revocato il sequestro sul rilievo che la norma che limitava a due proiettili l'armamento del fucile da caccia si riferiva ad arma a canna liscia, mentre la carabina sequestrata era arma a canna rigata - il P.M. lamentava violazione di legge, sostenendo che la carabina non può paragonarsi al fucile, rispetto al quale è possibile la differenza tra canna liscia e rigata. La S.C. ha osservato che, ai fini del reato di cui all'art. 13 legge n. 157 del 1992 (caccia), la differenza va effettuata esclusivamente tra fucile a canna liscia ed a canna rigata) . * Cass., 7 aprile 1995, n. 684.
Questa massima è precedente alla sentenza di data 6 giugno 1995 della stessa sezione, non pubblicata, in cui si afferma esattamente il contrario. Stranamente però essa è formulata come se fosse la correzione della sentenza successiva e quindi si può pensare che un fiero contrasto tra due giudici, sia sfociato in due sentenze che poi, per ritardi nel deposito, sono uscite nell'ordine sbagliato! Sta di fatto che la sentenza del 6 giugno 1995 conteneva affermazioni non condivisibili, quale, ad esempio, quella qui giustamente confutata, secondo cui le armi si distinguono in tre categorie: fucili a canna liscia, fucili a canna rigata e . . . carabine!! Dopo questa premessa la sentenza si richiamava ad una direttiva europea in materia di volatili che vieta l'uso di mezzi che consentono uccisioni di massa e non selettive (cioè reti e simili) e concludeva che un fucile a canna rigata a più colpi rientra proprio in questa categoria di mezzi di distruzione di massa! È appena il caso di dire, che con un fucile a canna rigata si può uccidere, in modo estremamente selettivo, solo un capo di selvaggina alla volta perché gli altri selvatici non aspettano di certo che il cacciatore si sia rimesso in posizione e abbia mirato nuovamente con accuratezza.
In tema di caccia, la disposizione di cui all'art. 13 comma primo legge 11 febbraio 1992, n. 157, secondo la quale l'attività venatoria è consentita con l'uso del fucile con canna ad anima liscia fino a due colpi, a ripetizione e semiautomatico, con caricatore contenente non più di due cartucce, deve essere intesa nel senso che il caricatore non sia in grado di contenere un numero di cartucce superiore alle due consentite e non che il numero delle cartucce dentro il caricatore non debba essere in concreto superiore a due. *Cass., 22 novembre 1995, n. 11341.
• La condotta che integra il reato di cui all'art. 30, lett. h) della legge 11 febbraio 1992 n. 157, che punisce chi esercita la caccia con mezzi vietati, è costituita non già dalla semplice detenzione della munizione spezzata, bensì dal suo uso. Infatti non è sufficiente il solo trasporto e la detenzione della stessa all'interno della cartucciera indossata dal cacciatore nel corso della battuta, ma occorre quanto meno il caricamento dell'arma da sparo con quelle cartucce vietate nella caccia agli ungulati (ex art. 21 lett. u) legge citata). *Cass.,1 marzo 1998, n. 2714.
• Tra i mezzi vietati per l'esercizio della caccia non rientra il fucile con canna ad anima rigata con caricatore capace di contenere oltre due cartucce. Tale limitazione, infatti, va riferita soltanto ai fucili ad anima liscia. *Cass., 29 luglio 1999, n. 1897.
Massima da rivedere in base alla evoluzione normativa.


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