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Titolo I. Disposizioni generali.
Art. 1. - costituisce esercizio di caccia ogni atto diretto alla
uccisione o alla cattura di selvaggina mediante l'impiego di armi, di
animali o di arnesi a ciò destinati.
È considerato, altresì, esercizio di caccia il vagare o il soffermarsi
con armi, arnesi o altri mezzi idonei, in attitudine di ricerca o di
attesa della selvaggina per ucciderla o per catturarla.
Agli effetti della presente legge è considerato esercizio di caccia
anche l'uccisione o la cattura di selvaggina compiute in qualsiasi
altro modo, a meno che esse non siano avvenute per forza maggiore o
caso fortuito.
Art. 2. - Sono considerati selvaggina i mammiferi e gli uccelli viventi
in libertà, eccettuati le talpe, i toporagni, i ghiri, i topi
propriamente detti e le arvicole.
In terreno libero la selvaggina appartiene a chi la uccide o la
cattura. Peraltro essa appartiene al cacciatore che l'ha scovata finché
non ne abbandoni l'inseguimento, e quella palesemente ferita al
feritore. S'intende libero il terreno non costituito in bandita o in
riserva o non precluso, comunque, alla libera caccia.
Art. 3. - agli effetti della presente legge sono considerati selvaggina stanziale protetta:
A) fra i mammiferi: il cervo, il daino, il capriolo, la capra
selvatica, il muflone, il camoscio, lo stambecco, il cinghiale, l'orso,
la marmotta, l'istrice, la lepre comune, la lepre bianca, nonché,
limitatamente alla Sicilia, il coniglio selvatico;
B) fra gli uccelli: tutti i tetraonidi (urogallo o cedrone, gallo
forcello o fagiano di monte, francolino di monte e pernice bianca), i
fagiani, la coturnice, la pernice rossa, la pernice sarda, la starna e
la gallina prataiola;
C) tutta la selvaggina estranea alla fauna locale, immessa dai comitati
provinciali della caccia di cui all'art. 82 della presente legge ovvero
da concessionari di bandite o di riserve.
Con decreto da pubblicarsi nella gazzetta ufficiale il ministro per
l'agricoltura e per le foreste, sentito il comitato centrale della
caccia, può includere nell'elenco della selvaggina od escluderne
alcune, e ciò anche limitatamente a determinate zone o località.
Art. 4. - agli effetti della presente legge sono considerati nocivi:
A) fra i mammiferi: il lupo, la volpe, la faina, la puzzola, la lontra, il gatto selvatico;
B) fra gli uccelli: le aquile, i nibbi, l'astore, lo sparviero e il gufo reale.
Nelle bandite, nelle riserve e nelle zone di ripopolamento e cattura
sono, altresì, considerati nocivi la martora, la donnola, i rapaci
diurni e notturni, i corvi, le cornacchie, la taccola, la gazza, la
ghiandaia e le averle. Sono parimenti considerati nocivi gli aironi e i
marangoni dove si esercita l'industria della pesca.
È equiparato ai nocivi il gatto domestico vagante oltre 300 metri dallo abitato.
Il cinghiale e l'istrice sono considerati nocivi quando si introducano
nei fondi coltivati o negli allevamenti e vi producano danni.
Anche per gli animali nocivi spetta al ministro per l'agricoltura e per
le foreste la facoltà prevista nell'ultimo comma dell'articolo
precedente.
Art. 5. - agli effetti della presente legge la regione delle alpi è
considerata zona faunistica a sé stante. I confini di essa sono
determinati con decreto del ministro per l'agricoltura e per le
foreste, da pubblicarsi nella gazzetta ufficiale, sentiti la
federazione italiana della caccia, il laboratorio di zoologia applicata
alla caccia e il comitato centrale della caccia.
Nella delimitazione della zona si seguono possibilmente confini
naturali o artificiali facilmente identificabili, quali corsi d'acqua,
strade, ecc.; nei tratti ove ciò non sia possibile, i comitati
provinciali della caccia possono collocare tabelle con la dicitura
"zona delle alpi" esenti da ogni tassa di bollo.
Art. 6. - il territorio del regno è suddiviso nei seguenti 17
compartimenti venatori che hanno per capoluogo quello della provincia
rispettivamente indicata per prima: (omissis)
Il ministro per l'agricoltura e per le foreste, sentita la federazione
italiana della caccia e il comitato centrale può, con suo decreto da
pubblicarsi nella gazzetta ufficiale, modificare la circoscrizione dei
compartimenti venatori, secondo le speciali esigenze tecniche di
protezione e di incremento della fauna di ciascun compartimento.
Titolo II. Esercizio della caccia.
Capo I - Licenza di caccia.
Art. 7. - La caccia e l'uccellagione possono essere esercitate solo da chi sia munito della relativa licenza.
Anche chi esercita la caccia soltanto con cani levrieri, con furetto o
con falchi, deve essere munito della licenza di caccia con uso di
fucile. È però consentito che il cacciatore si faccia aiutare, per
condurre i cani o per portare il furetto o i falchi, da persone non
munite di licenza. Il fucile da caccia per munizioni spezzate non può
essere detenuto, neppure nella propria abitazione, da chi non sia
munito della licenza di caccia, ovvero non abbia ottenuto speciale
licenza dall'autorità di pubblica sicurezza.
(omessa la pena)
Art. 8. - La licenza di detenzione del fucile da caccia nell'abitazione
è concessa dalla questura ed è valida sino a che non venga dalla stessa
revocata, salvo il pagamento della tassa annua di cui all'art. 90,
lettera a). Tale licenza autorizza la detenzione anche di più fucili.
La licenza di caccia, anche con porto di fucile, e quella di
uccellagione sono concesse dal prefetto o dal questore secondo la
rispettiva competenza a norma della legge di pubblica sicurezza.
Alla domanda di concessione o di rinnovazione della licenza di caccia
devono essere uniti, oltre ai documenti di rito ed al vaglia postale
per l'importo della tassa e soprattassa di cui agli articoli 90 e 91,
il tagliando della tessera d'iscrizione alla sezione cacciatori del
luogo di residenza del richiedente e la ricevuta della quota dovuta al
c.o.n.i.. Il versamento delle quote per la tessera sezionale e per
quella dovuta al c.o.n.i. viene fatto, fino alla concessione o
rinnovazione della licenza, a titolo di deposito provvisorio, e, in
caso di mancato accoglimento da parte dell'autorità competente della
domanda di concessione o di rinnovazione della licenza medesima, le
quote di cui sopra vengono restituite all'interessato.
La disposizione dell'art. 43, lettera c) della legge di pubblica
sicurezza non si applica, limitatamente alle condanne per porto abusivo
di armi, alle licenze di caccia.
La prefettura e la questura devono comunicare ogni mese alla sezione
della federazione italiana della caccia, con sede nel capoluogo della
provincia, la concessione e la revoca delle licenze sopra indicate.
Art. 9. - La licenza di caccia e di uccellagione è personale ed è
valida, salvo revoca, per cinque annate venatorie, compresa, in esse,
quella in corso al momento del rilascio.
Tale validità è subordinata alla vidimazione annuale e alla
rinnovazione annuale del foglietto bollato comprovante il pagamento
della tassa e soprattassa, nonché al pagamento delle quote dovute.
A tale effetto, per anno venatorio s'intende il periodo che va dall'1 luglio al 30 giugno successivo.
La vidimazione annuale può essere effettuata dall'autorità locale di
pubblica sicurezza su delega dell'autorità provinciale. Essa viene
rifiutata quando nel concessionario della licenza siano venute a
mancare, in tutto o in parte, le condizioni alle quali è subordinato il
rilascio della licenza stessa.
In pendenza della formalità della vidimazione o della rinnovazione il
titolare della licenza conserva il diritto a portare l'arma per il mese
successivo alla scadenza, purché dimostri, mediante le apposite
ricevute, di avere eseguito, nel precedente mese di giugno, il
versamento della tassa, della soprattassa e delle quote di cui sopra.
In caso di rifiuto della vidimazione o della rinnovazione della
licenza, il richiedente può ottenere il rimborso delle somme versate
per tassa e soprattassa con la detrazione di un dodicesimo che resta
devoluto all'erario dello stato.
Nella domanda di vidimazione della licenza nel quinquennio è
sufficiente indicare la data e il numero della licenza in corso. Il
foglietto bollato dell'anno precedente sarà ritirato dall'autorità di
pubblica sicurezza all'atto della consegna del nuovo.
La licenza di caccia autorizza il porto di più fucili, quando ciò sia
richiesto dalle consuetudini di talune forme di caccia.
Con decreto del ministro per le finanze, di concerto con quelli per
l'interno e per l'agricoltura e per le foreste, saranno determinati i
nuovi modelli delle licenze di caccia e di uccellagione, le loro
caratteristiche, nonché le norme per l'applicazione.
Art. 10. - Durante l'esercizio della caccia e dell'uccellagione, il
concessionario deve essere munito della prescritta licenza e
presentarla ad ogni richiesta degli agenti di vigilanza.
Colui che, pur essendo munito della licenza, non la presenti all'agente
che gliene faccia richiesta, è punito con l'ammenda da l. 20 a l. 40.
Non si procede contro colui che, nel termine di cinque giorni, a
decorrere da quello della contestazione della contravvenzione, paghi
all'agente che l'ha contestata o al comitato provinciale della caccia o
al locale organo della federazione italiana della caccia una somma
corrispondente al minimo della predetta ammenda, ed esibisca, in pari
tempo, la licenza. Avvenuto il pagamento, sono restituiti l'arma, le
munizioni e gli arnesi di caccia o di uccellagione eventualmente
sequestrati e la somma viene devoluta all'erario, secondo le modalità
da determinarsi con decreto del ministro per le finanze di concerto con
quello per l'agricoltura e per le foreste.
Trascorso il termine suindicato senza che abbia avuto luogo il
pagamento, il verbale di contravvenzione è trasmesso al pretore per il
procedimento penale.
Art. 11. - Durante l'esercizio della caccia o dell'uccellagione, la
licenza di cui agli articoli precedenti autorizza a portare qualunque
utensile da punta o da taglio atto a provvedere all'impianto di
appostamenti o ad arnesi per la caccia o l'uccellagione, o a sopperire
ad improvvise esigenze personali di difesa contro eventuali attacchi
della selvaggina.
Capo II. - caccia e uccellagione.
Art. 12. - La caccia e l'uccellagione sono permesse dalla prima
domenica di settembre all'1 gennaio, salvo le seguenti eccezioni:
A) la caccia al cervo, al daino e al cinghiale è permessa dall'1 novembre al 31 gennaio;
B) la caccia al fagiano, nelle riserve, è consentita fino al 31 gennaio;
C) l'uso dei cani levrieri è consentito dall'1 ottobre al 30 novembre;
D) nella zona delle alpi la caccia e l'uccellagione si chiudono il 15 dicembre;
E) la caccia al capriolo, in terreno libero, si chiude l'1 novembre.
Il ministro per l'agricoltura e per le foreste può consentire, eccetto
che nella zona delle alpi, la caccia al colombaccio, colombella,
storno, merlo, tordo, tordo sassello, cesena, allodole, fringuelli,
falchi, corvi, cornacchie, gazza, ghiandaia, palmipedi e trampolieri
fino al 31 marzo; nonché l'uccellagione, con reti a maglia larga non
inferiore a centimetri 3 di lato, al colombaccio, alla colombella, allo
storno, ai palmipedi e ai trampolieri, esclusa la beccaccia fino alla
stessa data.
Il ministro può, inoltre, udito il comitato centrale, consentire alcune
forme di caccia o di uccellagione, anche anteriormente alla prima
domenica di settembre e anche dopo il 31 marzo, solo per specie di
selvaggina non protetta e per compartimenti venatori o determinate
località ove tali forme di caccia o di uccellagione siano
consuetudinarie, ovvero presentino per le popolazioni locali, notevole
importanza economica. In tal caso il ministro determina le condizioni
di tempo e di luogo in cui tali autorizzazioni debbono essere
circoscritte, tenendo anche conto della necessità di evitare danni alle
colture ed alla riproduzione della selvaggina stanziale protetta.
(omessa la pena)
Art. 13. - Il ministro per l'agricoltura e per le foreste, sulle
proposte dei comitati compartimentali e sentito il comitato centrale,
determina, con suo decreto da pubblicarsi nella gazzetta ufficiale, il
calendario venatorio indicante i termini di apertura e di chiusura
della caccia e dell'uccellagione.
Art. 14. - :a caccia può essere esercita con armi portatili o da
appoggio, con cani, con furetti e con falchi. Nella zona delle alpi è
vietato l'uso del fucile automatico o a ripetizione a più di due colpi
con munizione spezzata, a meno che il serbatoio non sia ridotto in modo
da non poter contenere che una sola cartuccia.
L'uccellagione può essere esercitata con le reti orizzontali o con
quelle verticali fisse, di cui all'art. 90 lettere g) e h) della
presente legge, destinate normalmente a funzionare di giorno. Sono pure
permessi la prodina con un solo paio di reti, le panie ed i panioni
fissi e la quagliara, purchè senza uso di richiami accecati. Ogni altro
tipo di uccellagione è vietato.
Sono del pari vietati:
A) l'uso di arma da fuoco impostata, con scatto provocato dalla preda;
B) la caccia col fucile su barca a motore, ovvero a rimorchio di barca
a motore, nei laghi e sul mare, e la caccia con velivoli;
C) le reti di uso notturno, quali lanciatore, diavolacci, diluvi, ferzelli, antanelle, frugnoni e simili;
D) il soprerba, lo strascino o strusa;
E) le reti verticali rettilinee di sbarramento a gole montane per passate al fischio e al volo;
F) l'uccellagione vagante col vischio;
G) le paniuzze, o tese all'acqua (beverini) per passeracei;
H) le sostanze venefiche, anche se usate per protezione agricola,
qualora possano riuscire letali alla selvaggina, e quelle inebrianti o
esplodenti;
I) mezzi elettrici, le lanterne e le insidie notturne;
L) le gabbie, ceste, pietre a scatto, tagliole ed ogni genere di trappola e trabocchetti;
M) i lacci di qualsiasi specie.
Nel novero delle armi da fuoco proibite non sono compresi i congegni
non pericolosi, destinati esclusivamente a segnale d'allarme.
Nella caccia col furetto è vietato l'uso di qualsiasi forma di rete o
di sacco, salvo che si tratti di catture fatte a scopo di ripopolamento
e precedentemente denunciate al comitato provinciale della caccia.
La caccia a cavallo alla volpe con cani di seguito è regolata dal
prefetto, sentito il comitato provinciale, in armonia con le
disposizioni della presente legge.
(omessa la pena)
Art. 15. - L'uccellagione con reti è sempre vietata sull'arenile e
sulla riva del mare fino alla distanza di metri 500 dal limite interno
dell'arenile, e nei valichi montani di altitudine superiore ai 1000
metri.
È altresì vietata l'uccellagione con reti alle quaglie, eccetto che per mezzo della quagliara.
(omessa la pena)
Capo III. - Appostamenti fissi.
Art. 16. - Sono appostamenti fissi di caccia quelli costruiti in
muratura od altra solida materia con preparazione di sito, destinati
all'esercizio venatorio almeno per una intera stagione di caccia; quali
i capanni, nonché le tine, le imbarcazioni, le zattere ancorate e
simili, collocate nelle paludi o negli stagni o sui margini di specchi
d'acqua naturali o artificiali.
Sono appostamenti fissi di uccellagione quelli che, oltre al capanno
costruito in muratura o altra solida materia, abbiano evidente apposita
preparazione di sito, costituita, per le reti verticali, da alberi da
invito apprestati in modo da apparire destinati all'esercizio
dell'uccellagione almeno per una stagione di caccia, e, per le reti
orizzontali, da capisaldi solidamente infissi nel terreno.
Per stagione di caccia s'intende il periodo che intercede tra la data
di apertura e di chiusura per la caccia alla specie di selvaggina cui
il tipo di impianto si riferisce.
Gli appostamenti fissi possono avere anche più di un capanno o di
un'imbarcazione, purchè si trovino tutti entro il raggio di metri 300
dal capanno o dall'imbarcazione principale. Le reti devono essere tutte
dello stesso tipo, verticali o orizzontali, e non possono estendersi a
più di 300 metri dal capanno principale.
Tutti gli altri appostamenti sono considerati temporanei.
Gli appostamenti fissi di caccia o di uccellagione, in terreno libero,
debbono essere denunciati ogni anno al comitato provinciale, previo
pagamento della tassa stabilita dall'art. 90, lettera l, della presente
legge.
(omessa la pena)
Art. 17. - per il funzionamento di appostamenti fissi il titolare può
farsi aiutare da uno o più dipendenti o persone di famiglia,
preventivamente designati al comitato provinciale. Durante l'assenza
temporanea del titolare le suddette persone possono rimanere
nell'appostamento; nel qual caso devono essere in grado di esibire agli
agenti la licenza di concessione.
Il contravventore è punito a seconda della infrazione, a norma dell'art. 7 ovvero dell'art. 10.
Art. 18. - è vietato l'impianto di appostamenti fissi di caccia o di
uccellagione senza il consenso del proprietario o del possessore del
terreno, del lago o stagno privato, qualora si tratti di tine,
imbarcazioni o altro natante ancorato per la caccia.
La precedente disposizione si applica anche agli appostamenti
temporanei, i quali importino preparazione di sito con modificazione o
occupazione non momentanea del terreno o notevole manomissione di
piante.
In terreno libero gli appostamenti fissi non possono essere impiantati
a distanza minore di metri 400 dal confine di bandite, di zone di
ripopolamento e cattura o di riserve, e gli appostamenti temporanei a
distanza minore di metri 100.
(omessa la pena)
Le norme di questo articolo non si applicano agli appostamenti
legalmente esistenti alla data di pubblicazione della presente legge.
Art. 19. - La caccia e l'uccellagione sono vietate, salvo il consenso
del titolare dell'appostamento, a distanza minore di metri 700 da un
appostamento fisso di caccia per i colombacci e le colombelle; di metri
300 dal capanno principale di un appostamento fisso di uccellagione; di
metri 200 da un appostamento fisso di caccia e di metri 100 da un
appostamento temporaneo di caccia o di uccellagione, durante
l'effettivo esercizio di essi.
Gli impianti di caccia o di uccellagione, che esigano per il proprio
funzionamento una zona di protezione diversa, sono disciplinati con
decreto ministeriale, sentito il comitato centrale della caccia.
Ove il terreno contenuto nel raggio di rispetto di un appostamento sia
in parte di altri proprietari, occorre il loro consenso; in difetto la
zona di protezione è limitata al terreno per cui esista in consenso del
proprietario o possessore, salvi i diritti quesiti.
La caccia e l'uccellagione sono vietate a meno di metri 400 da ciascun capanno di un osservatorio ornitologico.
Il contravventore è punito con l'ammenda da l. 100 a l. 1000.
Art. 20. - qualora un appostamento fisso venga impiantato a distanza da
altri già esistenti inferiore alla somma delle rispettive zone di
rispetto, esso deve limitare la propria zona, durante il tempo in cui
l'altro è in effettivo esercizio, al perimetro di quella
dell'appostamento preesistente.
Qualora non si possa provare la preesistenza di un appostamento fisso
in confronto di un altro, la rispettiva zona di protezione rimane
limitata, durante l'effettivo esercizio dell'altro, proporzionalmente a
quella a ciascuno spettante.
Se uno di tali appostamenti non venga fatto funzionare per un'intera
stagione di caccia, l'altro riacquista intera la zona di rispetto che
gli compete.
Art. 21. - la zona di rispetto degli appostamenti fissi deve essere
delimitata da segnali perimetrali nei modi indicati dall'art. 45,
portanti la scritta "appostamento di caccia" o "appostamento di
uccellagione".
In mancanza di tali segnali l'appostamento non è considerato fisso. Nel
caso di abusiva apposizione dei segnali il contravventore è punito con
l'ammenda da l. 50 a l. 500.
Art. 22. – E’ vietato l'impianto di appostamenti fissi per la caccia e
l'uccellagione dei colombacci e colombelle a distanza minore di metri
1500 da altro preesistente, misurata tra i due rispettivi capanni
principali.
Entro tale raggio è comunque vietato, salvo che al titolare
dell'impianto, e col consenso del proprietario o possessore del fondo,
l'uso di richiami a vista, quali volantini o zimbelli.
La norma del comma primo non si applica agli appostamenti legalmente
esistenti alla data di pubblicazione della presente legge.
Capo IV. - variazioni ai termini e ai modi di caccia.
Art. 23. - Il ministro per l'agricoltura e per le foreste,
nell'interesse della protezione di una o più specie di selvaggina,
sentito il comitato centrale, può restringere il periodo di caccia o di
uccellagione o vietare le medesime, sia in modo generale e assoluto,
sia per talune forme di caccia o specie di selvaggina e per determinate
località.
Art. 24. - la cattura dei passeri, nelle zone dove si coltiva il grano
o il riso, e degli storni, nelle zone ove essa appaia indispensabile
per esigenze dell'agricoltura, può essere autorizzata dal prefetto su
proposta dell'ispettorato provinciale dell'agricoltura, e sentito il
comitato provinciale della caccia, a persone da quest'ultimo
nominativamente indicate d'accordo coi proprietari dei terreni, anche
in periodo di caccia chiusa, esclusi i mesi di aprile e maggio,
limitatamente al periodo di tempo in cui possono effettivamente
danneggiare le semine o i raccolti. L'autorizzazione si estende alla
presa di uova, di nidi e di piccoli nati dei passeri sui tetti delle
abitazioni rurali ed appartenenze. La cattura può avere luogo anche in
ore e con mezzi vietati.
Il decreto del prefetto determina le modalità con le quali può
esercitarsi l'aucupio, nonché il modo di utilizzare i passeri e gli
storni catturati e viene trasmesso al comitato provinciale della caccia
per la comunicazione agli interessati.
Nella penisola salentina (provincie di Brindisi, Bari, Taranto E
Lecce), quando si renda necessario alla protezione del frutto pendente
dagli oliveti e per le condizioni economiche locali, i prefetti, su
proposta dell'ispettorato provinciale dell'agricoltura e sentito il
comitato provinciale della caccia, possono autorizzare, durante il
periodo dal 15 ottobre al 21 marzo, la cattura dei tordi secondo le
consuetudini locali, anche con mezzi normalmente vietati. A tale
cattura si deve attendere esclusivamente nei boschetti cedui di
estensione non superiore ai due ettari, posti tra oliveti e
preventivamente denunciati al detto comitato.
I mezzi di cattura di cui al presente articolo rimangono in custodia
del comitato provinciale della caccia che ne consente l'uso temporaneo
sotto il proprio controllo.
Per le relative tese deve essere pagata la tassa fissata dall'art. 90 lettera h).
Art. 25. - L'uccisione e la cattura degli animali nocivi al pari della
presa e della distruzione di uova, di nidi e di piccoli nati degli
stessi sono permesse dove la caccia sia comunque aperta per una
qualsiasi specie di selvaggina e possono essere compiute nelle ore
notturne anche col fucile previa autorizzazione scritta dal comitato
provinciale, che ne stabilisce le necessarie cautele. L'uccisione e la
cattura, nonché la presa e la distruzione di cui sopra sono, altresì,
permesse ai rispettivi concessionari e ai dipendenti agenti nelle
bandite, nelle riserve e nelle zone di ripopolamento e cattura in ogni
tempo e con qualsiasi mezzo, compresi i lacci, le tagliole e le
trappole, con esclusione dell'arma da fuoco impostata con scatto
procurato dalla preda.
In tempo di divieto la caccia col fucile a tali animali è esercitata
dagli agenti di vigilanza di cui all'art. 68 della presente legge. Può,
tuttavia, essere autorizzata dal prefetto, su proposta del comitato
provinciale della caccia, a persone da questo nominativamente designate
e con modalità da determinarsi.
La uccisione e la cattura degli animali nocivi può essere fatta con
lacci, tagliole, trappole e bocconi avvelenati anche nei luoghi
facilmente sorvegliabili.
(omessa la pena)
Non è punibile chi abbia ucciso animali rapaci o nocivi per difesa
della propria o dell'altrui persona, ovvero di averi propri o di cui
abbia la custodia.
Il ministro per l'agricoltura e per le foreste, sentito il comitato
centrale, può limitare od anche sospendere in una o più località e per
periodi di tempo determinati la caccia o la cattura di una o più specie
di nocivi, nonché la presa dei piccoli e la distruzione dei nidi.
Art. 26. - l'uso dei lacci, tagliole, trappole e bocconi avvelenati di
cui all'articolo precedente è subordinato alla osservanza delle
seguenti norme:
A) i lacci, le tagliole, le trappole debbono essere usati in modo da
non presentare pericolo per la selvaggina non dannosa o per gli animali
domestici;
B) da un'ora prima del sorgere del sole ad un'ora dopo il tramonto i
lacci e le trappole debbono essere disarmati e le tagliole debbono
avere il gancio di arresto chiuso in modo da riuscire innocui;
C) i bocconi avvelenati debbono essere collocati un'ora dopo il tramonto ed asportati un'ora prima del sorgere del sole;
D) i punti ove sono collocati lacci, tagliole, trappole e bocconi
avvelenati devono essere contrassegnati in modo visibile a fine di
renderne agevole l'identificazione;
E) deve essere tenuta nota esatta del punto ove siano collocati i
lacci, le tagliole, le trappole ed i bocconi avvelenati, nonché del
relativo numero.
Le disposizioni di cui alle lettere b) e c) non si applicano quando si
tratti di zone recinte ove non sia possibile l'accesso ad estranei.
Nei luoghi facilmente sorvegliabili, di cui al terzo comma
dell'articolo precedente, il collegamento dei lacci, tagliole, trappole
e bocconi avvelenati è consentito solo al comitato provinciale della
caccia od a persone da esso nominativamente autorizzate.
Art. 27. - Durante il periodo di chiusura della caccia, il ministro per
l'agricoltura e per le foreste, sentito il comitato centrale, può
accordare, a zoologi e a persone addette ai gabinetti scientifici di
zoologia, permessi di catturare od uccidere esemplari di determinate
specie di selvaggina o di prendere, in ogni tempo, uova, nidi o piccoli
nati, a scopo di studio.
Il ministro può, parimenti, autorizzare osservatori ornitologici, che
si occupino dello studio delle migrazioni, ad esercitare l'uccellagione
in qualsiasi tempo dell'anno, anche a specie proibite ed altresì con
mezzi vietati dalla presente legge, a condizioni da stabilirsi volta
per volta e con esenzione da ogni tassa di licenza.
Il ministro medesimo, su richiesta del competente comitato provinciale
della caccia, può, inoltre, permettere, sotto determinate condizioni,
catture di selvaggina, a scopo di ripopolamento, dovunque ed in
qualsiasi tempo; e può autorizzare la cattura di colombi, storni e
passeri per il tiro a volo in competizioni sportive, e di quaglie per
l'addestramento dei cani e per le prove sul terreno.
Capo V - Limitazioni all'esercizio della caccia.
Art. 28. - è sempre vietato l'esercizio venatorio nei giardini, ville e
parchi destinati ad uso pubblico e nei terreni destinati ad impianti
sportivi.
È parimenti vietato a chiunque l'esercizio venatorio nelle località ove
siano opere di difesa dello stato o in quelle dove il divieto sia
richiesto a giudizio insindacabile dell'autorità militare, e dove
esistano monumenti nazionali. Le località di cui al presente comma
debbono essere delimitate da tabelle nel modo indicato dall'art. 45,
portanti la scritta "zona militare - divieto di caccia" o "monumento
nazionale - divieto di caccia". Tali tabelle sono esenti da tassa.
(omessa la pena)
Art. 29. - la caccia è vietata nelle appartenenze di abitazioni, salvo
che al proprietario o col suo consenso. È pure vietata, salvo che al
proprietario o col suo consenso, nei parchi e nei giardini privati e
nei fondi, purché completamente chiusi da muro, rete metallica o altra
effettiva chiusura di altezza non minore di metri 1,80, o da corsi o
specchi d'acqua il cui letto abbia la profondità di almeno metri 1,50 e
la larghezza di almeno metri 3.
(omessa la pena)
Art. 30. - Sono vietate a chiunque la caccia, e l'uccellagione vaganti
in terreni in attualità di coltivazione, quando esse possano arrecare
danno effettivo alle colture.
Sono da ritenersi in attualità di coltivazione: i vivai, i giardini, le
coltivazioni floreali e gli orti; le colture erbacee dal momento della
semina fino al raccolto principale; i prati artificiali dalla ripresa
della vegetazione al termine del taglio; i prati naturali nel periodo
in cui sono riservati alla falciatura; i frutteti, gli agrumeti, gli
uliveti e i vigneti specializzati dalla germogliazione fino al
raccolto; i terreni di recente rimboschiti ed altri casi analoghi.
(omessa la pena)
Art. 31. - la caccia e l'uccellagione sono vietate nei terreni vallivi,
paludosi e in qualsiasi specchio d'acqua dove si eserciti l'industria
della pesca, nonché nei canali delle valli salse da pesca quando il
possessore li circondi con tabelle perimetrali nei modi indicati
dall'art. 45. Tali tabelle debbono portare la scritta "valle da pesca -
divieto di caccia".
Le località, tuttavia, di cui al precedente comma possono essere costituite in riserva di caccia.
(omessa la pena)
Art. 32. - Ferme le disposizioni dell'art. 703 del codice penale e
dell'art. 57 della legge di pubblica sicurezza, è in ogni caso vietato
sparare in direzione delle abitazioni o delle vie di comunicazioni
ferroviarie o carrozzabili a distanza minore di metri 100 dalle stesse.
Qualora si usino armi o munizioni di maggiore portata, si deve
rispettare una distanza tale da evitare che lo sparo delle armi possa
arrecare nocumento.
(omessa la pena)
Art. 33. - L'esercizio di caccia o di uccellagione è soggetto alle
seguenti limitazioni: a) divieto di usare richiami accecati;
B) divieto di usare come richiami la starna, la pernice rossa, la pernice sarda, la coturnice;
C) divieto di molestare con velivoli la selvaggina nei campi di
allevamento, nei laghi, nelle valli e nelle praterie scendendo a bassa
quota o permanendo, senza necessità, sui luoghi stessi;
D) divieto di cacciare a rastrello in terreno libero in più di quattro persone;
E) divieto di cacciare la selvaggina stanziale protetta sparando dai veicoli a trazione animale o meccanica;
F) divieto di usare pernici, starne o quaglie per i tiri a volo.
L'uso di quaglie importate dall'estero, o catturate ai sensi dell'art.
27, è limitato esclusivamente all'addestramento e all'allenamento dei
cani ed alle prove sul terreno. Tali addestramenti e prove debbono
essere autorizzati dal comitato provinciale, dietro domanda in cui sia
specificatamente indicata la località prescelta e la provenienza della
selvaggina usata. Per le prove sul terreno in tempo di divieto il
comitato può, altresì, permettere di sparare alla selvaggina liberata,
indicando le modalità da seguire. Delle quaglie uccise nelle prove sul
terreno è vietata la vendita.
L'uso per i tiri a volo dei colombi, dei passeri e degli storni, in
tempo di divieto, è consentito, purché sia documentata la legittimità
della cattura con le modalità del comma precedente.
(omessa la pena)
Capo VI. - Divieti generali di caccia.
Art. 34. - Sono vietate sia la presa sia la detenzione di uova, di nidi
e di piccoli nati di selvaggina, salvo che alle bandite, nelle riserve
e nelle zone di ripopolamento e cattura a scopo di ripopolamento e
salve le eccezioni di cui agli articoli 24 e 25.
Il ministro per l'agricoltura e per le foreste, in casi di particolari
necessità tecniche di ripopolamento di altre località, può consentire,
su proposta del comitato provinciale della caccia interessato, deroghe
al divieto di cui al comma precedente.
Per la protezione delle linee di conduttura della energia elettrica è
permessa al personale addetto la distruzione dei nidi costruiti sui
pali e piloni delle linee stesse, da compiersi anche con uso del
fucile, purchè il detto personale sia munito della prescritta licenza e
venga preventivamente designato al comitato provinciale della caccia.
(omessa la pena)
In caso di condanna di persona sottoposta alla patria potestà o alla
tutela, qualora il condannato sia insolvibile, il genitore o tutore è
obbligato al pagamento di una somma pari all'ammontare dell'ammenda
inflitta al colpevole. Qualora anche il genitore o il tutore risulti
insolvibile la pena inflitta è convertita, nei riguardi del condannato,
ai sensi dell'art. 136 del codice penale.
Non è punibile colui che raccolga uova, nidi o piccoli nati per
sottrarli a sicura distruzione o morte, purché ne dia avviso entro 24
ore al comitato provinciale della caccia o alla sezione della
federazione italiana della caccia più vicina, che adottano le
disposizioni del caso.
Art. 35. – E’ vietata la cattura di selvaggina stanziale protetta a
mezzo di reti, eccetto nelle bandite, nelle riserve e nelle zone di
ripopolamento e cattura a scopo di ripopolamento o di miglioramento
tecnico.
Il ministro per l'agricoltura e per le foreste, in caso di particolari
necessità tecniche di ripopolamento di altre località, su proposta del
comitato provinciale della caccia competente, può consentire deroghe al
divieto di cui alla prima parte del precedente comma.
(omessa la pena)
Art. 36. – E’ vietato cacciare o catturare qualsiasi specie di selvaggina da un'ora prima della levata del sole.
Oltre che per i casi di cui agli articoli 24 e 25, è fatta eccezione
per la caccia notturna ai palmipedi e ai trampolieri con appostamento
fisso (cruccio) limitatamente al litorale del medio adriatico. Tali
appostamenti fissi devono essere preventivamente denunciati ogni anno
al comitato provinciale della caccia con lettera raccomandata
contenente le indicazioni necessarie per la pronta e sicura
identificazione dell'appostamento.
Le
operazioni destinate a preparare i richiami possono effettuarsi anche
due ore prima della levata del sole ed il ritiro può avvenire sino a
due ore dopo il tramonto. Questa disposizione non si applica alle cacce
notturne permesse dal precedente comma.
È pure consentito lasciare tese le reti nelle ore notturne.
(omessa la pena)
Art. 37. – E’ fatto divieto di cacciare e di catturare qualsiasi specie
di selvaggina quando il terreno in tutto o nella maggior parte sia
coperto di neve.
È fatta eccezione per il camoscio e i tetraonidi nella zona delle alpi,
per i palmipedi e i trampolieri nelle paludi, stagni, risaie, prati
marcitori, laghi, corsi dei fiumi e sul litorale, e per la caccia e
l'uccellagione alla selvaggina migratoria da capanni preventivamente
denunciati al comitato provinciale.
(omessa la pena)
Art. 38. – E’ sempre proibito uccidere o catturare:
A) lo stambecco, il camoscio dell'abruzzo e il muflone;
B) i giovani camosci dell'anno e le madri che li accompagnano;
C) le femmine dei daini, dei cervi e dei caprioli;
D) l'orso;
E) la marmotta durante il letargo;
F) la foca;
G) i pipistrelli di qualsiasi specie;
H) l'avvoltoio degli agnelli (Gypaetus barbatus), la gru, il fenicottero, le cicogne ed i cigni;
I) i rapaci notturni, eccettuato il gufo reale. Questa disposizione non
si applica alla cattura della civetta e dei barbagianni destinati a
servire da zimbello;
L) le femmine dell'urogallo e del fagiano di monte;
M) le rondini e i rondoni di qualsiasi specie;
N) l'usignolo, il pettirosso, i luì di qualsiasi specie, il regolo, il
fiorrancino, lo scricciolo, le cince, i codibugnoli ed i picchi di
qualsiasi specie;
O) i colombi torraioli (Columba livia) sia di colombaia che selvatici,
ed i colombi domestici di qualsiasi razza, compresi i colombi
viaggiatori anche se in luoghi lontani dall'abitato e i colombi che
sfuggono ai tiri a volo. La proibizione non si applica ai comuni ed ai
proprietari dei colombi. La cattura dei colombi torraioli da destinarsi
ai campi di tiro a volo è consentita esclusivamente ai comitati
provinciali della caccia e a persone da questi nominativamente
designate;
P) la selvaggina introdotta dai comitati provinciali della caccia
durante il periodo dell'acclimazione, e gli animali sfuggiti dai
giardini zoologici o da raccolte di animali viventi, salvo il consenso
del proprietario.
Il ministro per l'agricoltura e per le foreste può autorizzare, su
parere del laboratorio di zoologia applicata alla caccia, l'uccisione o
la cattura di esemplari appartenenti ad alcune delle specie suindicate,
alle condizioni che verranno stabilite nella relativa autorizzazione.
Il ministro può, altresì, su proposta del comitato provinciale della
caccia e sentito il parere del laboratorio di zoologia di cui sopra,
allo scopo di regolare la proporzione numerica tra i sessi, permettere
nella zona delle alpi a concessionari di riserve e, in terreno libero,
a cacciatori nominativamente designati la caccia ai maschi del capriolo
a partire dall'1 giugno e dell'urogallo e del gallo forcello dal 26
aprile al 31 maggio anche nelle ore notturne. La caccia della
selvaggina speciale nei parchi nazionali rimane regolata dagli speciali
regolamenti di cui all'art. 57.
(omessa la pena)
Capo VII. - Divieti per le armi e per la selvaggina.
Art. 39. - nel periodo di chiusura della caccia sono vietati il porto e
l'uso delle armi da caccia con munizione spezzata e di arnesi per
l'uccellagione, a meno che il trasporto avvenga per giustificato motivo
e che il fucile sia smontato e chiuso in busta o altro involucro
idoneo. Tale divieto si applica, anche in periodo di caccia aperta,
nelle zone di ripopolamento e cattura di cui all'art. 52. Il divieto
non si applica agli agenti di vigilanza di cui all'art. 68.
(omessa la pena)
Art. 40. - Salvo che nelle bandite, nelle riserve e nelle zone di
ripopolamento e cattura, è fatto divieto di detenere lepri, starne,
pernici rosse, pernici sarde, coturnici e fagiani vivi a chi non ne
abbia ottenuto il permesso scritto dal comitato provinciale della
caccia.
Chiunque, per qualsiasi motivo e in qualsiasi tempo, venga in possesso
di selvaggina delle specie indicate nel comma precedente, che non sia
destinata a scopo di ripopolamento, deve darne avviso entro 48 ore al
comitato provinciale della caccia o all'organo locale della federazione
italiana della caccia, che provvedono nel modo più conveniente alla
destinazione della selvaggina stessa.
Il contravventore è punito con l'ammenda da l. 200 a l. 2000. Gli
animali vengono sequestrati e consegnati al comitato provinciale della
caccia, il quale li destinerà, per quanto possibile, al ripopolamento.
Chiunque uccida, catturi o rinvenga uccelli inanellati o altra
selvaggina contrassegnata, deve darne notizia al laboratorio di
zoologia applicata alla caccia o al comitato provinciale o all'organo
locale della federazione della caccia o alle stazioni dei reali
carabinieri. Il contravventore è punito con ammenda da l. 20 a l. 50.
Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano ai
giardini o istituti zoologici, alle stazioni zootecniche sperimentali,
agli osservatori ornitologici e a simili istituzioni.
Art. 41. - Sono sempre vietati la detenzione ed il commercio della
selvaggina che per l'art. 38 della presente legge gode speciale
protezione. Sono parimenti vietati, in ogni tempo, la detenzione ed il
commercio di selvaggina presa con mezzi proibiti.
È vietato vendere, detenere per vendere ed acquistare selvaggina
stanziale protetta morta, a meno che essa non sia munita di un
contrassegno approvato dalla federazione italiana della caccia ed
applicato dal concessionario per la selvaggina proveniente da bandita o
da riserva, ovvero dagli organi della federazione medesima per la
selvaggina presa in terreno libero, secondo le norme da emanarsi dal
ministero dell'agricoltura e delle foreste.
Dopo l'ottavo giorno dalla chiusura della caccia è vietato vendere,
detenere per vendere ed acquistare la selvaggina morta alla quale si
riferisce la chiusura stessa. Tuttavia i comitati provinciali della
caccia, constatata la legittimità della cattura, possono prorogare di
dieci giorni detto termine nei riguardi di coloro che ne facciano
richiesta per esaurire le proprie scorte.
Le disposizioni del comma precedente non si applicano alla selvaggina
immessa nei frigoriferi per essere venduta in tempo di caccia chiusa, a
condizione che entro l'ottavo giorno dalla chiusura essa sia munita di
contrassegno nei modi indicati nel comma secondo del presente articolo
ed a condizione che il proprietario del frigorifero tenga regolare
registro del movimento della selvaggina, secondo le norme da stabilirsi
dal ministero dell'agricoltura e delle foreste, sentita la federazione
italiana della caccia cui spetta collaborare nel relativo controllo.
La selvaggina presa in località in cui ne è libera la caccia non può
essere trasportata, a scopo di commercio, nelle località in cui la
caccia a quelle determinate specie sia vietata.
È vietata l'esportazione dalla Sardegna della pernice sarda, eccetto
per quel numero di capi che è stabilito dal ministero dell'agricoltura
e delle foreste in sede di calendario venatorio.
(omessa la pena)
Art. 42. - l'introduzione dall'estero della selvaggina viva delle
specie indicate nell'art. 40, salvo il divieto dell'autorità
competente, può effettuarsi solo a scopo di ripopolamento o di
rinsanguamento, previo parere del laboratorio di zoologia applicata
alla caccia.
È sempre vietato immettere selvaggina estranea alla fauna indigena
senza l'autorizzazione del ministero per l'agricoltura e per le
foreste, sentito il predetto laboratorio di zoologia.
(omessa la pena)
Titolo III. Bandite, zone di ripopolamento e cattura e riserve.
(omissis)
Titolo IV. Vigilanza e sanzioni.
Capo I. - Agenti di vigilanza.
Art. 68. - La vigilanza sull'applicazione della presente legge è
affidata agli ufficiali ed agli agenti di polizia giudiziaria, alle
guardie giurate comunali e campestri, alle guardie dei consorzi
idraulici e forestali, e, in particolar modo, ai guardiacaccia
dipendenti dai comitati provinciali della caccia ed alle guardie
giurate in servizio presso i concessionari di bandite e di riserve.
È affidata, altresì, alle guardie private riconosciute ai termini della
legge di pubblica sicurezza ed alle guardie volontarie delle sezioni
della federazione italiana della caccia.
I guardiacaccia dei comitati provinciali possono esercitare le loro
funzioni anche fuori del territorio della rispettiva provincia; le
guardie giurate delle bandite e riserve anche fuori dei confini della
rispettiva bandita o della riserva, limitatamente ai territori dei
comuni limitrofi.
Art. 69. - Le sezioni della federazione italiana della caccia hanno
facoltà di chiedere al prefetto il riconoscimento, a termini della
legge di pubblica sicurezza, di guardie giurate volontarie, per quei
soci che diano sicuro affidamento di serietà e capacità e che intendano
eseguire volontariamente servizio di vigilanza venatoria.
Tali guardie volontarie sono ammesse all'esercizio delle loro funzioni
solo dopo aver prestato giuramento ai sensi dell'art. 266 del
regolamento 21 gennaio 1931-ix, n. 773.
Le domande e i documenti necessari per il riconoscimento prefettizio
dei guardiacaccia dei comitati provinciali sono esenti da ogni tassa di
bollo e di concessione. Per le guardie giurate volontarie non vi è
obbligo di assicurazione per la invalidità e la vecchiaia né per gli
infortuni.
La qualità di guardia giurata volontaria non dà luogo ad agevolazioni fiscali nel rilascio della licenza di caccia.
Art. 70. - Agli agenti di vigilanza indicati nell'art. 68, esclusi gli
ufficiali di polizia giudiziaria, è vietato esercitare la caccia e
l'uccellagione. Per gli agenti chiamati ad esercitare funzioni di
vigilanza in località o per un periodo di tempo determinati, tale
divieto non si applica tranne che nelle località o per il tempo in cui
esercitano le loro funzioni; non si applica neppure alle guardie
giurate volontarie di cui all'articolo precedente.
Gli agenti di vigilanza sono, però, autorizzati ai sensi dell'art. 25,
alla uccisione e alla cattura degli animali nocivi; a tal uopo essi
hanno facoltà di portare il fucile da caccia anche in tempo di divieto
e con munizione spezzata, purché siano muniti dello speciale porto
d'armi. Tale disposizione non si applica alle guardie giurate
volontarie.
I guardiacaccia dei comitati provinciali e le guardie giurate alle
dipendenze dei concessionari di bandite o di riserve, possono essere di
volta in volta autorizzati dai loro superiori diretti a cacciare
determinata selvaggina.
Art. 71. - Per l'esercizio della vigilanza gli agenti possono chiedere
la presentazione della licenza o dei permessi e della cacciagione a
qualsiasi persona trovata in possesso di armi o arnesi atti alla caccia
o all'uccellagione o in esercizio o in attitudine di caccia, ai sensi
dell'art. 1.
In caso di contestata contravvenzione gli agenti debbono sempre
sequestrare le armi o gli arnesi nonché la cacciagione; detto sequestro
non si estende al cane. I mezzi di trasporto sono considerati strumenti
di caccia quando servono direttamente a compiere atti di caccia. Gli
agenti, qualora abbiano notizia o fondato sospetto che sia stato
commesso o si stia commettendo un reato previsto dalla presente legge,
possono, altresì, osservate le disposizioni del codice di procedura
penale e nei limiti da esso stabiliti, procedere a ispezioni e a
perquisizioni, e in genere valersi dei poteri dallo stesso codice
concessi agli agenti di polizia giudiziaria.
Art. 72. - Gli agenti che accertino, anche in seguito a denuncia,
violazioni alle disposizioni della presente legge, redigono verbale nel
quale vanno indicate specificatamente le circostanze dell'accertata
contravvenzione, e ne trasmettono copia al comitato provinciale della
caccia, che ne dà comunicazione, mediante lettera raccomandata con
ricevuta di ritorno, al contravventore, ove la contravvenzione non sia
stata personalmente contestata.
Se fra le cose sequestrate si trovi selvaggina viva o morta, gli agenti
la consegnano al comitato provinciale della caccia o, ove si tratti di
località posta in comune fuori del capoluogo sede del comitato,
all'organo locale della federazione italiana della caccia, che provvede
a liberare in località adatta la selvaggina viva, salvo che si tratti
di richiami, e a vendere la selvaggina morta e i richiami, tenendone il
prezzo a disposizione di colui contro il quale è stata elevata la
contravvenzione, per il caso che egli sia assolto. Nel caso, invece, di
condanna o di oblazione, l'importo della vendita degli oggetti
sequestrati dev'essere versato all'erario, secondo le modalità da
stabilirsi ai sensi dell'art. 10.
Quando la selvaggina viva sia sequestrata in campagna, gli agenti la liberano sul posto.
Capo II. - Custodia dei cani.
Art. 73. - I cani di qualsiasi razza, trovati a vagare nelle campagne
in tempo di divieto, devono essere possibilmente catturati dagli agenti
di vigilanza; durante il periodo nel quale ne è permesso l'uso, la
cattura deve aver luogo solo quando non siano accompagnati o non si
trovino sotto la sorveglianza del proprietario o del possessore.
I cani trovati nelle bandite, nelle riserve o nelle zone di
ripopolamento e cattura, devono essere possibilmente catturati; essi
possono, altresì, essere uccisi, ma solo nelle ore notturne, ovvero
quando arrechino danno reale alla selvaggina, e sempre che non sia
possibile la cattura né il riconoscimento.
I cani catturati devono essere dati in custodia al comitato provinciale
o all'organo locale della federazione italiana della caccia; quelli
catturati in bandita o in riserva possono essere trattenuti dal
concessionario che ne dà comunicazione al comitato o all'organo
suddetto.
Colui che, essendo obbligato alla custodia, anche temporanea, di un
cane, lascia, sia pure per negligenza, che esso vaghi per la campagna
od entri in bandita od in riserva o in zona di ripopolamento e cattura,
anche se il cane non possa essere catturato, è punito con l'ammenda da
l. 20 a l. 100. La pena è ridotta alla metà quando il cane si introduca
in bandita o in riserva o in zone di ripopolamento e cattura inseguendo
selvaggina scovata o per raccogliere selvaggina colpita fuori delle
stesse.
Art. 74. - Non si procede contro colui che, entro otto giorni dalla
contestazione della contravvenzione, paghi all'ufficio del registro una
somma corrispondente al minimo dell'ammenda stabilita dal precedente
comma, ed in pari tempo rimborsi al comitato provinciale o all'organo
della federazione italiana della caccia presso cui si trovi il cane, le
spese di custodia e mantenimento, nella misura di lire cinque per ogni
giorno. Le somme anzidette possono essere corrisposte dal proprietario
del cane, anche se egli non sia il contravventore. Quando siano stati
eseguiti i predetti pagamenti, il cane catturato viene restituito.
Trascorso inutilmente il termine di otto giorni dalla contestazione
della contravvenzione, ovvero quello di quindici giorni
dall'accertamento della stessa, nel caso che il contravventore sia
sconosciuto, il cane rimane di proprietà del comitato provinciale della
caccia il quale può disporne liberamente. Il verbale di
contravvenzione, se il contravventore sia conosciuto, viene trasmesso
al pretore per il procedimento penale.
Art. 75. - I cani da guardia alle abitazioni ed al bestiame non possono
essere lasciati incustoditi nelle campagne a più di 200 metri dalle
abitazioni o dal bestiame.
I cani da seguito e da tana devono essere rigorosamente custoditi, e,
se portati in campagna in tempo di divieto, devono essere tenuti a
guinzaglio. In difetto sono considerati vaganti a tutti gli effetti dei
due precedenti articoli.
Per l'addestramento e l'allenamento i cani da ferma possono essere
condotti nelle campagne soltanto nei trenta giorni precedenti
l'apertura della caccia alla selvaggina stanziale protetta, nelle
località preventivamente fissate dal comitato provinciale e devono
essere costantemente sorvegliati dal proprietario o da un suo
incaricato. È data facoltà al comitato provinciale della caccia di
consentire, con le modalità necessarie ad evitare danni alla selvaggina
stanziale protetta, l'uso dei cani da ferma per le prove sul terreno,
anche nelle zone di ripopolamento e cattura.
In caso di inosservanza delle precedenti disposizioni, i cani sono
considerati vaganti e si applicano le norme dei due precedenti articoli.
Per la esatta classificazione dei cani da guardia, il podestà provvede,
sentito il comitato provinciale della caccia e, nei comuni fuori del
capoluogo sede del comitato, sentito l'organo della federazione della
caccia, alla compilazione dei ruoli per la tassa sui cani.
email - Edoardo Mori |
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