Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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Trattato del diritto della caccia - Istituto nazionale per la fauna selvatica ( ISPRA, già INFS)

La legge 1016/1939 incaricava il Laboratorio di zoologia applicata alla caccia, istituito presso l’Università di Bologna, di fungere quale organo di consulenza scientifico-tecnica del ministero della agricoltura e delle foreste in materia di caccia.
La legge 799/1967, attribuiva al laboratorio la personalità giuridica (e quindi una sua autonomia) sotto il controllo del ministero dell’agricoltura e sempre con compiti di consulenza tecnico-scientifica in materia di caccia. La legge 958/1977 gli cambiava nome in quello di Istituto nazionale di biologia della selvaggina
L’art. 7 della LC gli cambiava nuovamente il nome in quello di Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS) che opera quale organo scientifico e tecnico di ricerca e consulenza per lo Stato, le regioni e le province, soggetto alla vigilanza del Presidente del Consiglio. I compiti dell’istituto sono così definiti nello stesso articolo:
- L'Istituto nazionale per la fauna selvatica ha il compito di censire il patrimonio ambientale costituito dalla fauna selvatica, di studiarne lo stato. l'evoluzione ed i rapporti con le altre componenti ambientali. di elaborare progetti di intervento ricostitutivo o migliorativo, sia delle comunità animali sia degli ambienti, al fine della riqualificazione faunistica del territorio nazionale, di effettuare e di coordinare l'attività di inanellamento a scopo scientifico sull'intero territorio italiano, di collaborare con gli organismi stranieri ed in particolare con quelli dei Paesi della Comunità economica europea aventi analoghi compiti e finalità, di collaborare con le università e gli altri organismi di ricerca nazionali, di controllare e valutare gli interventi faunistici operati dalle regioni e dalle province autonome, di esprimere i pareri tecnico-scientifici richiesti dallo Stato, dalle regioni e dalle province autonome.
Nel corso degli anni si è dimostrata la scarsa efficienza dell’organismo, con un personale che assorbiva larga parte delle sue risorse finanziarie, come rilevato dalla Corte dei Conti; presentava poi il difetto che, pur dovendo dare pareri vincolanti, non vi era alcun modo per poter controllare se questi pareri erano basati su concrete esigenze scientifiche o se non erano influenzati dalle personali visioni ecologistiche dei responsabili. Spesso si era giunti a situazioni di stallo perché l’Ente non esprimeva i prescritti pareri.
Con Decreto Ministero dell'Ambiente 21 maggio 2010, n. 123 l’INFS, assieme alla Agenzia per la Protezione dell'Ambiente e per i servizi Tecnici – APAT e allo Istituto Centrale per la Ricerca Scientifica e Tecnologica applicata al Mare – ICRAM, rivelatisi, a quanto pare, inutili carrozzoni, sono stati fusi in un unico istituto, denominato Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), ente pubblico di ricerca, dotato di personalità giuridica di diritto pubblico e di autonomia tecnico-scientifica, organizzativa, finanziaria, gestionale, patrimoniale e contabile sotto la vigilanza del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che impartisce le direttive generali.
L’ISPRA per il conseguimento dei propri fini istituzionali può istituire sedi operative sul territorio nazionale nei limiti delle risorse umane e finanziarie disponibili, in particolare per assicurare assistenza tecnica e consulenza strategica alle amministrazioni pubbliche, anche nel quadro della cooperazione interistituzionale tra amministrazioni centrali, regionali e locali in materia ambientale.
L'Istituto svolge attività di ricerca, consulenza strategica, assistenza tecnico-scientifica, sperimentazione e controllo, conoscitiva, di monitoraggio e valutazione, nonché di informazione e formazione, anche post-universitaria, in materia ambientale e assume i compiti dell’INFS.

La LC attribuiva numerosi compiti all’INSF, ora passati all’ISPRA:
- segnala le rotte di migrazione dell’avifauna (art. 1);
- dà pareri sulla conformità della normativa italiana a quella della Comunità europea volta alla conservazione della fauna selvatica (art. 1);
- dà parere sulla autorizzazione ad altri enti o istituti circa la cattura e l'utilizzazione di mammiferi ed uccelli, nonché il prelievo di uova, nidi e piccoli nati a scopo di studio e ricerca (art. 4);
- coordina e organizza l'attività di cattura temporanea per l'inanellamento degli uccelli a scopo scientifico e valuta il personale che deve gestire i relativi impianti di cattura (art. 4);
- riceve le notizie di abbattimento o cattura di uccelli inanellati;
- dà parere alle regioni circa le norme per regolamentare l'allevamento, la vendita e la detenzione di uccelli allevati appartenenti alle specie cacciabili e il loro uso come richiami (art. 5);
- stabilisce i criteri che le regioni devono seguire per attuare la pianificazione faunistico-venatoria (art. 10)
- deve dare parere favorevole alla immissione di specie autoctone nella zona delle Alpi (art. 11); si tratta di un parere necessario e quindi, in sostanza di una autorizzazione.
- deve essere sentito materia di autorizzazione di Aziende faunistico-venatorie e aziende agri-turistico-venatorie (art. 16);
- deve essere sentito per la modifica dei periodi di caccia alla specie cacciabili e per la caccia di selezione degli ungulati; la proroga oltre la prima decade di febbraio della caccia a altre specie determinate viene decisa dalle regioni su parere obbligatorio e vincolante dell’ISPRA (art. 18) che deve essere dato entro trenta giorni dalla richiesta;
- dà parere al Presidente del Consiglio circa variazioni all’elenco delle specie cacciabili (art. 18);
- da parere alle regioni in merito al calendario regionale e il regolamento (art. 18);
- dà parere alle regioni sui giorni di caccia alla selvaggina migratoria (art. 18);
- studia l’uso di metodi ecologici per la selezione nelle zone vietate alla caccia o, se non efficaci, per piani di abbattimento (art. 19 e 31);
- dà parere sulla introduzioe di selvatici dall’estero (art. 20).

I pareri richiesti all’ISPRA sono sempre obbligatori (è nullo l’atto emanato senza la relativa richiesta), ma solo nel caso della modifica dei periodi di caccia (art. 18) esso è vincolante; negli altri casi esso può essere superato con adeguata motivazione.

Un grave problema, sorto spesso nei rapporti fra Regioni e il vecchio INFS, è quello della mancata espressione del parere, cioè del silenzio da parte di chi lo deve esprimere. L’ISPRA non pare esente dallo stesso vizio: nel 2010 non ha espresso il parere obbligatorio richiesto dalla Regione Veneto sulla caccia in deroga.
Le norme sulla semplificazione amministrativa (L. 7 agosto 1990 n. 241, mod. dalle leggi 11 febbraio 2005 n. 15, 14 maggio 2005 n. 80) e 15 maggio 1997 n. 127) stabiliscono (art. 16 sulla attività consultiva):
Gli organi consultivi delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, sono tenuti a rendere i pareri ad essi obbligatoriamente richiesti entro quarantacinque giorni dal ricevimento della richiesta. Qualora siano richiesti di pareri facoltativi, sono tenuti a dare immediata comunicazione alle amministrazioni richiedenti del termine entro il quale il parere sarà reso.
In caso di decorrenza del termine senza che sia stato comunicato il parere o senza che l’organo adito abbia rappresentato esigenze istruttorie, e in facoltà dell’ amministrazione richiedente di procedere indipendentemente dall’acquisizione del parere.
Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano in caso di pareri che debbano essere rilasciati da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistica, territoriale e della salute dei cittadini.
4. Nel caso in cui l’organo adito abbia rappresentato esigenze istruttorie il predetto termine può essere interrotto per una sola volta e il parere deve essere reso definitivamente entro quindici giorni dalla ricezione degli elementi istruttori da parte delle amministrazioni interessate.
Il terzo comma, che esclude dalla normativa i pareri su questioni ambientali è assolutamente stravagante e incostituzionale per violazione del principio generale di buona amministrazione, per sua illogicità, per violazione del principio di eguaglianza. Come è mai possibile che un ente, che non è neppure statale, possa bloccare l’applicazione di una legge, impedire ai cittadini l’esercizio di legittime attività economiche, agricole e sportive, solo perché, ad esempio, non ha i fondi necessari per operare? Una norma del genere significa, ad esempio, che un governo contrario alla caccia, la può praticamente bloccare, in perfetto contrasto con la legge, solo togliendo i fondi all’ISPRA o dando disposizioni affinché i pareri non vengano mai espressi!
È chiaro che ormai è un principio insuperabile del nostro ordinamento che la P.A. non può mai bloccare l’applicazione di una legge mediante il suo silenzio. Il silenzio su un parere non vincolante può solo significare che non vi è nulla da obiettare; il silenzio su di un parere vincolante può solo essere interpretato come parere negativo. E se una norma impone di esprimere comunque un parere e questo non viene espresso, si è di fronte ad una omissione di atti d’ufficio.


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