Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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Ciro Esposito - La perizia-non perizia

Mi sono capitate per le mani le perizie balistiche relative alla morte del tifoso napoletano Ciro Esposito e ho scoperto una vera chicca: la perizia non perizia!
La trovate qui
.
Premetto subito che essa è irrilevante ai fini del processo in cui i fatti sono praticamente pacifici e in cui si tratta solo di stabilire se l’episodio sia avvenuto nel corso di una rissa, il che escluderebbe la possibilità per lo sparatore di invocare la legittima difesa, oppure a seguito di una aggressione armata, il che giustificherebbe lo sparatore. Vedo dalle notizie stampa che l’accusa si è infognata in perizie poliziesche su residui di sparo e macchie di sangue, alquanto surreali ed utili solo a confondere le idee.
L’arma, una pistola Benelli B80 in cal. 7,65 Para, e le munizioni, erano state affidate al RIS per rilevare eventuali impronte digitali.
Inoltre il gip aveva incaricato il RIS di procedere alla ricostruzione dei fatti; per chissà quale strano motivo aveva poi affidato la perizia balistica sulla pistola e le munizioni ad un perito romano. Il RIS procedeva poi a sparare alcuni colpi con la pistola usata dall’indagato al fine di ottenere bossoli e proiettili di raffronto e li consegnava al perito balistico. Non è chiaro se lo stesso abbia partecipato a questa operazione di recupero del materiale di raffronto, ma si spera che l’abbia fatto, altrimenti la perizia potrebbe essere nulla.

Il perito inizia a descrivere l’arma e le munizioni standard, con  una piccola e perdonabile imperfezione storica (comune anche a molti autori di libri sulle armi!) là dove dice che il nome parabellum deriva dall'indirizzo telegrafico della fabbrica produttrice DWM che sarebbe stato “Parabellum Strasse”, il che tradotto significherebbe “Via Parabellum”. In realtà il termine parabellum, che in latino significa “prepàrati alla guerra”  era già usato dalla DWM  come  marchio e come indirizzo telegrafico e fu essa stessa a dare questo nome alla pistola di Luger proprio per far capire agli eserciti che essa poteva diventare pistola di ordinanza, cosa che avvenne in Svizzera (vedi: Reinhard Kornayer, Die Geschichte der Parabellum Pistole in der Schweiz, 1970). Ma all’epoca in Europa le pistole di ordinanza si trovavano anche sul mercato civile e non vigeva il principio formalistico, inventato dai giuristi e non dai tecnici, “arma d’ordinanza = arma da guerra”.

Il perito procede poi all’esame di una cartuccia inesplosa rinvenuta a terra con un segno di insufficiente percussione e conclude che è stata “scarellata” da chi impugnava l’arma proprio perché aveva fatto cilecca.
Non esegue alcuna foto al microscopio del fondello e non ricerca segni di espulsione-estrazione per avere la certezza che la cartuccia  fosse uscita proprio dall’arma dell’imputato.
Dirà subito dopo, parlando dei bossoli “spenti”, che  non sono stati considerati i segni dell’estrattore perché compromessi dalle abrasioni dovute al calpestio delle persone sulla scena del crimine.  I bossoli però non appaiono affatto danneggiati a tal punto sul bordo e perciò non si poteva escludere a priori che ogni ricerca sarebbe stata vana. I microscopi ci sono proprio per far vedere ciò che l’occhio o la mente non riescono a vedere. Un microscopio digitale fino a 400 ingrandimenti costa sui 50 euro e chiunque se lo può acquistare.

Il perito passa poi al raffronto dei segni di percussione sui bossoli sparati  sulla scena del delitto e quelli sparati a fine di raffronto e conclude che tutti presentano identici segni lasciati dal percussore e che minime differenze sono dovute alla diversa altezza con cui viene posizionata la capsula durante l’assemblaggio nella produzione industriale.

A me, che forse non ho l’occhio di falco del perito, pare che tutte le percussioni siano opera di un percussore di un certo diametro e a punta arrotondata, come sono il 99% dei percussori, ma da ciò a dire che è sempre stato le stesso percussore a colpire l’innesco ci sono degli abissi logici. Quando ho avuto modo di esaminare perizie balistiche su segni di percussione ho visto foto in cui il segno di percussione era tanto ingrandito da sembrare un paiolo per la polenta, come in questo esempio:

innesco ed allora sì che si possono apprezzare numerosi particolari utili ad un raffronto e si dimostra che solo quel determinato percussore può aver lasciato quel determinato segno. Per esaminare dei fondelli ad occhio nudo e farne una foto con l’obiettivo macro non serve davvero un perito e il giudice se li poteva guardare da solo con un risultato di pari validità (cioè del tutto nulla!).
Inoltre i segni su alcuni fondelli divergono macroscopicamente da quelli su altri fondelli per la presenza di un anello rilevato sul bordo  esterno dell’innesco. È dovere di un perito spiegare la causa di tale rilevamento e dimostrare se esso è decisivo o meno. Il perito dà per certa una mera ipotesi, non dice da quali accertamenti o esperimenti o testi è suffragata, non parla di altre ipotesi altrettanto, se non maggiormente,  probabili e quindi richiede al giudice ed agli avvocati un atto di fede nelle sue capacità divinatorie. Una perizia non è mai l'espressione di un parere personale ma deve sempre essere la dimostrazione scientifica ed inoppugnabile di fatti.

Il perito passa poi ad esaminare i segni lasciati dalla canna dell’arma sul proiettile letale e lo fotografa; poi fotografa il proiettile di raffronto sparato dal RIS e, senza una parola di commento, senza un perché, conclude con improvvisa illuminazione, che dalla analisi dei reperti e dei campioni appare evidente che tutti i reperti, costituiti dai bossoli e dai proiettili estratti dal corpo di Ciro ESPOSITO e dal braccio di Gaetano FIORETTI, sono riconducibili al reperto n.1, pistola Benelli B 80, in giudiziale sequestro.
Vi assicuro che questa metodologia l’ho vista solo  applicare nel primo processo contro Sacco e Vanzetti quando in America si diceva “se vuoi far soldi comprati una lente di ingrandimento  e fai il perito  balistico”. In questo tipo di indagine il perito ha solo quattro possibilità:
- non trova sul proiettile nessuna traccia utilizzabile e dichiara di non poter procedere alla comparazione;
- trova delle tracce utili che consentono solo di individuare il modello di arma (impronte di classe) e dichiara che il proiettile è uscito, ad esempio, da una pistola Benelli B80.
- trova le cosiddette microstriature, uniche utili per collegare un proiettile all’arma che lo ha sparato, e riesce a farle coincidere con le analoghe microstriature del proiettile di comparazione, così come si fanno coincidere le due metà di un foglio strappato, e quindi afferma che è stata raggiunta una prova sufficiente per affermare l’esistenza del collegamento;
- trova le microstriature, ma non riesce a trovare la coincidenza ed in tal caso deve dire che manca del tutto la prova che il proiettile sia uscito dall'arma esaminata.
Se non si segue questa metodologia espositiva, se ci si rifugia in termini del tutto inconcludenti e fuorvianti, quale “compatibile”,  non si fa balistica, ma ballistica!

Dall’esame delle foto si può solo dire che forse i due proiettili presentano un solco di rigatura avente apparentemente la stessa larghezza e la stessa inclinazione; dato questo che non è sufficiente neppure per affermare che essi sono usciti da armi delle stesso tipo. Il perito non ha neppure contato il numero delle rigature, non ha misurato la loro inclinazione, non dispone del database dello FBI in cui ricercare l’arma in base a tali dati eppure giura che i proiettili sono usciti dalla stessa arma? Ma neppure il mago di Napoli si arrischierebbe a tanto!
Ma non basta; il perito non ha eseguito alcun raffronto fra le microstriature presenti sul proiettile, le uniche che  servono per  stabilire identità o diversità delle armi usate; e le foto non forniscono il minimo spunto per poter dire che vi siano microstriature coincidenti. Ma è possibile ed accettabile che un perito non sappia che il giudice ha bisogni di dimostrazioni scientifiche e non di avventate affermazioni apodittiche?  È possibile che non sappia che un raffronto di proiettili si fa al microscopio e non con gli ingrandimenti fotografici?
Mi viene il dubbio che tutte le affermazioni della perizia siano basate sul fatto che  l’imputato aveva ammesso di aver sparato con l’arma in sequestro! Però, al perito non è venuto  il dubbio che se la situazione fosse così ovvia, il giudice non avrebbe disposto la perizia?

Sorprende molto che a Roma non vi sia mai stato un perito balistico affidabile; del resto basta vedere chi nel corso degli ultimi 40 anni è stato chiamato a tenere corsi ai giovani giudici per comprendere perché poi essi non sappiano scegliere i periti.
Se in Italia continuiamo ad avere un albo dei periti balistici a cui chiunque può iscriversi e che poi nessuno controlla, ci ritroveremo ben presto ad avere periti con la preparazione culturale ben illustrata dal seguente testo e che corrisponde più o meno a ciò che si apprende al bar del tiro a segno:

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