Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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Bodgan - Camionista romeno imputato di omicidio a Vipteno (Bolzano) - Così si mette il mostro in prima pagina

TRIBUNALE DI BOLZANO

Sezione per il riesame

Il Tribunale di Bolzano, riunito in camera di consiglio, composto dai Magistrati :
Dott. Edoardo Mori                                        Presidente est.
Dott. Andrea Pappalardo                                Giudice
Dott. Lorenzo Puccetti                                   Giudice

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

Visto il ricorso proposto da Benjamin Bogdan, indagato per il reato di omicidio volontario, ha così deciso.
Lo svolgimento dei fatti, per quanto necessario a capire e decidere il caso, è quanto mai lineare e non presenta dubbi.
Un TIR Scania condotto dall’indagato, transitando alle ore una della notte per un parcheggio sito 5 km a sud del casello autostradale di Vipiteno, striscia il furgone di certo Mariani, parcheggiato in modo da restringere la corsia e rendere difficoltoso il passaggio, tanto che il secondo autista del TIR (tale Popa) scende per controllare che il TIR possa passare. Né il Mariani né la convivente che dormono nel furgone si accorgono dell’urto. Doveroso ritenere che tantomeno se ne sia accorto il conducente del TIR, lungo 14 metri e che ha strisciato il furgone solo con l’angolo posteriore.
Una persona a piedi che ha visto l’urto, inizia a gridare per fermare il TIR il quale si ferma e ne scende il Popa (cosa dichiarata dallo stesso e a cui che non vi è ragione di non credere, anche se la Ciancimino, convivente del Mariani, ha detto che a scendere fu “il conducente”; è del tutto verosimile che vedendo una persona vicino al TIR abbia solo dedotto che fosse il conducente). Il Mariani, che attratto dal vociare dello sconosciuto è uscito con la convivente, inizia a parlare con il Popa  e poi si avvia verso il furgone per prendere carta e penna. Mentre fa ciò il Popa risale sul TIR che riparte verso l’autostrada. È possibile che egli abbia riferito di aver parlato con il Mariani, ma non è certo che cosa avesse capito. Inoltre è possibile che non abbia detto nulla perché la colpa eventuale di non aver dato le segnalazioni giuste all’autista era la sua.
Si tenga presente che i due autisti del TIR non parlano italiano e quindi ogni ipotesi è possibile per spiegare il motivo per cui l’indagato è partito, commettendo comunque solo una modestissima infrazione al codice della strada, non più grave di una sosta vietata:
- o non ha compreso la situazione (Popa dice di non averla compresa e quindi non poteva riferirne al Bogdan), ipotesi più probabile;
- o se ne è fregato;
- o aveva fretta di non perdere il contatto con un secondo TIR che viaggiava di conserva con il suo.
Il Mariani e la sua convivente salgono anch’essi sul proprio furgone e si mettono a seguire il TIR; è sicuro che non vi è stata da parte del Mariani alcuna manovra per superare il TIR, nessuna segnalazione per indicargli che era seguito; anzi è del tutto verosimile che il furgone, partito un poco dopo il TIR, lo abbia raggiunto solo nei pressi della barriera autostradale.
Ciò che conta ai fini del processo è la totale irrilevanza di questo episodio ai fini della accusa in esame perché il Mariani non ha avuto alcun contatto con l’indagato, non vi è stato alcun litigio, non si sono visti in faccia, l’indagato non ha potuto percepire di essere seguito e perciò non aveva alcun motivo di risentimento verso il Mariani o per agitarsi.
Si giunge così all’episodio al casello ove il Bogdan entra nel corridoio della porta 14 e il conducente del TIR gemello alla porta 15 a fianco.
Il Bogdan apre il finestrino e si appresta a fare l’operazione di pagamento con il casellante quando improvvisamente arriva come un pazzo il Mariano che salta sul muretto che precede la postazione del casellante (cioè lato sinistro del TIR), si aggrappa con la mano sinistra ad un supporto della carrozzeria e con la destra cerca di dare pugni in faccia al Bogdan che insulta e contro cui inveisce. Bogdan, spaventato, chiude il finestrino e la stessa cosa fa il casellante.
Il Mariani, visto che non può restare lì appeso, si porta appena in avanti e salta a terra davanti allo spigolo sinistro anteriore del TIR; i casellanti lo sentono gridare “di qui non me ne vado fino a che non viene la polizia”. Il casellante Gschnitzer, della corsia 13 vede che poi si sdraia a terra, di traverso davanti al TIR ad una distanza che stima fra 1,40-1,80 m. Nessuno lo sente più gridare.
Nel frattempo il casellante della corsia 14 è ritornato al suo posto ed ha riaperto il finestrino, il Bogdan ha riaperto il proprio ed hanno compiuto le operazioni di pagamento del pedaggio. Il Popa è stato occupato anch’egli in tale operazione perché è lui che porge il danaro al conducente.
La sbarra quindi si alza e il TIR riparte; i casellanti Holzmann e Gschnitzer vedono che quasi contemporaneamente all’inizio del movimento del TIR, il Mariani a terra si mette perpendicolarmente al TIR e cerca di precederlo carponi oppure di rialzarsi. È di tutta evidenza che il Mariani appena si è accorto che il TIR stava per ripartire, stranamente senza fare la cosa più ovvia e cioè gridare e avvisare, ha cercato di spostarsi, di farsi vedere, ma non ce l’ha fatta. Un tale movimento potrebbe anche indicare che il Mariani si era reso conto che l’autista non poteva vederlo
Infatti il TIR (come si deduce dalla tracce sull’asfalto e sul veicolo), lo ha agganciato trascinandolo per qualche metro, poi il corpo si è messo per traverso e la parte interna di una delle ruote della motrice gli ha schiacciato la testa.
Il TIR ha proseguito per una cinquantina di metri fermandosi poi sulla destra  o in attesa del TIR gemello oppure, come dice Popa, per attendere la polizia poiché aveva percepito tale parola. Subito dopo, vedendo l’agitazione al casello, il Bogdan è tornato a piedi a vedere che cosa era successo e i testi lo hanno visto accasciato e sconfortato.
Non occorre soffermarsi sui tempi in cui è culminata la vicenda perché è comunque sicuro che dal momento in cui il Mariani è saltato a terra a quella in cui il TIR è ripartito, è trascorso solo il tempo necessario per aprire il finestrino e per pagare; gli altri tempi sono del tutto irrilevanti.
Su questi dati di fatto indiscutibili, di per sé non sufficienti neppure a sostenere un’accusa di omicidio colposo, stante il grave ed irresponsabile comportamento del Mariani, è stata impostata un’accusa di omicidio volontario alquanto labile. Sorprende in particolare che l’indagato sia stato arrestato senza che risulti che qualcuno gli abbia mai chiesto la sua versione dei fatti. Anche se si trova una persona con la pistola in mano e con il suo nemico a terra con la palla in fronte, parrebbe ovvio chiedergli se è stato lui a sparare, se ha una giustificazione, se è stato un incidente, e così via (informazioni che, se manca il difensore, non possono essere utilizzate a carico dell’indagato, ma possono ben essere utilizzate a suo favore o per orientare meglio le indagini).
Le circostanze sopra esposte, invero, provano esclusivamente un fatto, ma non un reato, il quale per esistere  richiede anche la prova dell’elemento soggettivo. In mancanza di questa prova vi sono sospetti ma non indizi. La prova sui fatti non è sufficiente neppure per procedere ad un arresto in flagranza. L’arresto è una anticipazione della misura cautelare di fronte alla diretta constatazione che un soggetto ha commesso un reato, non che ha commesso un fatto, e quindi l’arresto deve essere sempre l’atto finale di un processo di acquisizione di sufficienti indizi circa gli aspetti oggettivi e soggettivi. Come Conan Doyle faceva dire a Sherlock Holmes “è un errore teorizzare prima di avere i dati; senza accorgersene si comincia a deformare i fatti per adattarli alle teorie invece di adattare le teorie ai fatti”. Altrimenti qualcuno finisce a fare il mostro il prima pagina!

Per l’accusa i gravi indizi che dimostrano la volontà del Bogdan di passare di forza sul corpo del Mariani sarebbero i seguenti:
a) dal suo posto di guida egli poteva vedeva a terra, direttamente o mediante gli specchietti, il Mariani disteso davanti al camion e quindi volontariamente non ha evitato l’investimento. Al riguardo sono state fatte numerose prove e sono stati sentiti i testimoni da cui è emerso che il corpo disteso per traverso era proprio al limite dello spazio cieco per l’autista che non poteva vederlo se non sporgendosi; questi poteva vederlo attraverso lo specchietto panoramico entro la cabina.
Orbene, fra il fatto di poter vedere (puro fenomeno ottico) e il fatto di percepire (fenomeno mentale) c’è una differenza fondamentale; la maggior parte degli investimenti stradali avviene proprio perché un conducente poteva vedere se sopraggiungeva un pedone o un ciclista, ma purtroppo ha guardato da un’altra parte oppure ha guardato il pedone, ma non lo ha percepito come un pericolo. Nel valutare la situazione in esame, non si può prescindere da regole di esperienza comune; ci si deve chiedere che cosa fa un normale conducente quando lascia il casello stradale e, in particolare un conducente di TIR che ha poche decine di centimetri di spazio libero ai suoi lati. Guarderà che si alzi la sbarra e poi controllerà che nelle corsie ai suoi lati non stiano partendo altri veicoli per non andare ad incocciare con gli stessi. Non guarderà certamente ai lati entro la corsia, ove sa che nessuno può arrivare a piedi, non guarderà all’indietro perché i veicoli dietro di lui, se ci sono, sono fermi, non guarderà in basso per vedere davanti al muso del TIR, perché per esperienza e per aver osservato la pista all’arrivo, sa che non ci possono essere ostacoli. Quindi, si ripete, guarderà la sbarra, farà attenzione a non urtare sui fianchi e tirerà dritto, attento solo alle precedenze allo sbocco.
Dice l’accusa che egli avrebbe dovuto preoccuparsi di guardare dove era andato a finire il Mariani. Ma come si può pretendere che uno sia tenuto a prevedere una cosa così strana ed assurda come che una persona si vada a sdraiare davanti alle sue ruote? Del resto neppure il Popa (che aveva la stessa visuale teorica del Bodgan) e neppure il casellante, che sapeva dove il Mariani era saltato e aveva capito ciò che gridava, hanno percepito che il Mariani fosse finito disteso davanti alle ruote. Se lo avessero percepito avrebbero senz’altro lanciato un avvertimento al Bodgan. Ma comunque il non prevedere può costituire colpa, ma di certo non dolo.
Dice l’accusa che il Popa ha dichiarato che prima di partire lui e il Bodgan hanno guardato negli specchietti. Questa è con tutta evidenza una dichiarazione che il Popa ha fatto per scaricare sé e l’amico da ogni possibile accusa di mancanza di diligenza, in quanto contrasta con le normali regole di esperienza (in vita mia non ho mai visto un processo per mancata precedenza stradale in cui l’imputato non giurasse di aver guardato bene e a lungo da entrambi i lati!), ma comunque senz’altro il conducente avrà dato quella occhiata istintiva che ogni conducente dà prima di muoversi, ma non certo per guardare se c’era qualche cosa nascosta davanti alle sue ruote.
Ed ancora: è proprio così difficile ammettere che dopo quello che era successo il Bodgan fosse rimasto un po’ spaventato e agitato e si facesse dei pensieri quali: che vorrà quello? sarà pericoloso? mi salterà di nuovo addosso? arriverà con una pistola? Ed allora non è logico pensare che potesse essere legittimamente un po’ distratto dalla guida, che per un guidatore professionale diventa un puro automatismo? Il principio del favor rei impone, di fronte a più ipotesi, di scegliere la più benevola e non la più malevola.
b) il conducente deve essersi accorto necessariamente che il camion era passato sul corpo del Mariani e ciò nonostante è fuggito. Anche questa è una congettura non dimostrabile. Certamente il camion non può aver sobbalzato quando è passato sul corpo steso lungo la linea della direzione di marcia. Venticinque cm di altezza dal suolo sono uno spazio sufficiente per far passare senza schiacciamento un corpo sotto ad un veicolo (ricordo che il “foro d’uomo” nelle caldaie per farvi entrare i tecnici è un ovale di 30x40 cm) e una motrice di  tre-quattro tonnellate che passa con il telaio su di un torace umano, elastico, non sobbalza davvero se lo deve comprimere un poco.
Per quanto concerne la testa, non si può ragionare come se il cranio fosse costruito come un guscio di noce che, schiacciato con un piede, prima resiste alla pressione e poi, arrivato al suo limite cede e si frantuma, così che il piede per un certo momento è retto da esso. Quando un veicolo pesante (la massa della motrice su ogni ruota arriva ai 10 quintali)  ed a bassa velocità, si trova di fronte un cranio, non è che la gomma sale sul cranio, si alza da terra per 15 cm e poi ricade quando i cranio cede; purtroppo appena il cranio viene agganciato fra terreno e curvatura della gomma, la pressione iniziale è già più che sufficiente per far iniziare lo schiacciamento laterale; ciò crea un aumento della pressione idrostatica interna che fa scoppiare il cranio il quale non cede per schiacciamento, ma per esplosione dall’interno (ed infatti vi è stata una proiezione di materia cranica); perciò alla fine la ruota si troverà a passare su un centimetro o due di spessore. Anche se il conducente del TIR avesse notato che vi era un piccolo ostacolo sull’asfalto perché mai avrebbe dovuto pensare a qualche cosa di diverso da una buca o da un pezzo di asfalto?
c) Dice l’accusa che il conducente poteva sentire dall’interno dell’abitacolo il Mariani gridare “io da qui non mi muovo fino a che non viene la polizia”. Non è il caso di stare a discutere su ciò che si può percepire all’interno di un TIR con motore, aria condizionata e radio accesi; è probabile che si possa percepire qualche cosa. Ma pare veramente assurdo che si possa sostenere che l’indagato, sentendo una frase gridata nel rumore del traffico e fuori dalla sua cabina, difficile da comprendere per un italiano, abbia potuto comprenderla lui che di italiano non sapeva neppure una parola! Certo che avrà sentito la frase, ma l’ha sentita così come tutte le ingiurie e le grida precedenti, riuscendo solo a capire le parole “polizia” e “puttana”! Come vi è una bella differenza fra vedere, guardare e percepire, così vi è fra sentire con l’orecchio  e capire con la mente e non si comprende il senso di tutti gli esperimenti tecnici eseguiti: la situazione non cambierebbe neppure le la frase fosse stata declamata e scandita nelle orecchie dell’indagato. Percependo la parola “polizia” poteva immaginare che il Mariano la volesse chiamare, non certo che volesse fare la barriera umana.
d) l’indagato, secondo i casellante sarebbe ripartito un po’ più lentamente di quanto fanno gli altri camionisti e da ciò l’accusa deduce che egli vedeva il Mariani e voleva indurlo a levarsi di mezzo; visto che non si levava gli è passato addosso! Sul punto è facile obiettare: a) che la valutazione del casellante lascia il tempo che trova; b) che tantissime cose possono giustificare una partenza rallentata (sistemazione carte o  sedile o radio, uso radiotelefono, scambio di parole con il compagno, preoccupazione che il Mariani non lo aggredisse di nuovo, ecc. ecc.); c) che se l’indagato andava piano per far sì che il Mariani si togliesse di mezzo, e quindi con buona intenzione, è assurdo ritenere che nel giro di pochi centesimi di secondo abbia poi deciso “ma chi se ne frega, io gli passo sopra e poi aspetto il processo”. Ogni altra ipotesi per spiegare questo rallentamento sarebbe surreale.
Ma il vero punto critico dell’accusa è il dolo che avrebbe animato l’indagato il quale in pochi secondi sarebbe stato colto da un raptus d’ira, da una volontà di prepotenza nei confronti del Mariani, così da compiere o un atto di forza per levarselo d’innanzi  a rischio anche di ucciderlo, o persino proprio con la volontà di ucciderlo, a costo di qualsiasi conseguenza.
Orbene, risulta provato che il Bogdan non ha scambiato una sola parola con il Mariani, che egli non ha subito alcuna pressione o minaccia dal Mariani, fino al momento della sua aggressione, che gli non è stato inseguito o molestato dal Mariani e che pertanto, fino a quando il Mariani non gli si è aggrappato al finestrino, il Mariani era per lui del tutto indifferente. Il Bodgan pensava solo a fare il suo lavoro.
Arriva poi il Mariani e comincia a dargli pugni in faccia. Il Bogdan è talmente calmo e pacato che neppure gli risponde, neppure gli molla un pugno in faccia, come avrebbe potuto legittimamente fare (è di fisico molto robusto e con una manata poteva far volar via il Mariani); l’unica sua reazione, più che civile, è di chiudere il finestrino per salvarsi.
Manca il più esile indizio per sostenere che il Bogdan abbia in qualsiasi istante perso il controllo di sé o abbia dimostrato animosità contro il Mariani e che vi stata una causa scatenante di siffatta ira funesta. Manca qualsiasi indizio per far ritenere il Bodgan una persona che perde il controllo.
La stessa condotta dell’indagato dopo lo schiacciamento non è certo quella di chi ha perso il controllo; una persona in stato di agitazione, sotto l’influsso di scariche di adrenalina per l’atto compiuto, avrebbe accelerato e sarebbe fuggita e sarebbe rimasta agitata per un bel po’; invece dopo pochi secondi egli si era fermato tranquillamente.
Pertanto si può affermare che a carico di Bogdan vi sono solo gravi indizi di innocenza. La ricostruzione dei fatti dimostra che egli si è trovato incomprensibilmente aggredito da uno sconosciuto, che è stato ben felice che questo se ne andasse e che da quel momento ha solo pensato a pagare e ad uscire dalla corsia per continuare al più presto il suo viaggio e di certo non a scoprire dove fosse andato a finire l’esagitato, apparso e sparito come un lampo nella sua vita.

Comunque nel caso in esame mancano anche le esigenze cautelari prospettate, ed in particolare il pericolo di fuga, trattandosi di cittadino comunitario facilmente reperibile, che è rimasto a disposizione della giustizia e che, in caso di condanna, potrebbe facilmente essere estradato o scontare la pena dove risiede.
PQM
Accoglie il ricorso e revoca la misura cautelare a carico Benjamin Bogdan per mancanza di indizi.
Bolzano, 20 settembre 2010.
                                                                                              Il Presidente

Nota: Bel caso per dimostrare con quale attenzione per le prove e per i diritti del cittadino lavori l'accusa in Italia. Si rischia di finire come mostro in prima pagina solo per la smania di qualcuno di violare il segreto istruttorio e di rilasciare dichiarazioni avventate e prive di riscontri. E di fronte all'evidenza, non è che si cambi rotta e si chieda scusa con il capo cosparso di cenere. No, si insiste a negare l'evidenza.

PS: La perizia disposta dal GP ha confermato le conclusioni scientifiche a cui era giunta l'ordinanza: l'autista non poteva vedere o percepire nulla!


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