![]() |
![]() |
|
Detenzione di armi bianche senza denunzia. Cassazione n. 22341/2021. di Angelo Vicari
Si veda il precedente articolo sull'argomento
La Cassazione, con la sentenza n.22341/2021, ha riconosciuto corretta l’interpretazione del giudice di merito dell’art. 38 del T.U.L.P.S., in relazione alla detenzione di armi bianche senza la relativa denunzia.
Nel caso di specie è stata ritenuta legittima la detenzione di due balestre senza denuncia, siccome, non potendosi classificare come armi da sparo, non sono soggette a tale obbligo.
Infatti, l’art. 38, dopo la modifica del 2010, ha previsto l’obbligo di denunziare la detenzione solo delle armi da fuoco elencate nell’art. 1.bis d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 527, introdotto dall’art. 2, comma 1, d.lgs. 26 ottobre 2010, n. 204 e modificato dall’art. 2, comma 1, lett. b, d.lgs. 10 agosto 2018, n. 104, tra le quali non rientra la balestra ( Cass. n. 22341/21).
Indipendentemente dal caso di specie ( il regime giuridico della balestra era già stato chiarito e formalizzato dal Ministero dell’Interno con Circolare del 16 dicembre 1995, di seguito alla giurisprudenza della Cassazione, classificandola come arma impropria, di libero acquisto e detenzione), tale interpretazione, sebbene non particolarmente argomentata, autorizza ad escludere l’obbligo della denunzia per le armi bianche, cioè di tutti quegli strumenti considerati armi proprie, per la loro esclusiva destinazione all’offesa alla persona, che non rientrino nelle armi da fuoco, come definite dall’art. 1bis, c. 1, lett. b, del D.L.vo n. 527/1992, introdotto dal D.L.vo n. 204/2010.
In dottrina, il giudice Mori, nell’articolo Abolizione della denunzia di armi bianche e antiche, pubblicato sul suo sito già nel 2011, per primo ha sostenuto, con circostanziate e valide argomentazioni giuridiche e logiche, che, dopo la modifica dell’art. 38 da parte del D.L.vo n. 204/2010, si doveva trarre la seguente conseguenza interpretativa: non devono più essere denunziate le armi proprie non da sparo e le armi antiche di ogni genere. Questa interpretazione trova la sua ragione anche nella constatazione che l’abolizione era auspicata da tempo perché siamo gli ultimi in Europa a conservare questo assurdo obbligo, tenuto conto che trattasi in gran parte di strumenti privi di qualsiasi contrassegno distintivo.
La tesi è stata condivisa anche dal Tribunale di Belluno che, con sentenza dell’8 gennaio 2018, ha ritenuto legittima la detenzione di armi bianche (nella specie coltelli) senza la relativa denuncia, aderendo alla migliore dottrina del dott. Mori, sia in ragione del tenore letterale delle richiamate disposizioni che non fanno più alcun riferimento ad altri tipi di armi all’infuori di quelle da fuoco, sia in ragione delle finalità di semplificazione e armonizzazione perseguite dal legislatore interno.
Di contrario avviso la Cassazione, con le sentenze n. 21303/2017 e n. 12748/2021 (nella specie baionette), ritenendo che, l’attenta lettura anche dei segni di interpunzione del modificato art. 38, conduce ad affermare che l’obbligo di denuncia è imposta a chi detiene qualsiasi arma, non solo al detentore di armi da fuoco. Con riguardo alle parti di armi, invece, l’obbligo di denuncia è limitato a chi detiene parti di armi da fuoco, perché solo delle parti di queste ultime tratta il riportato art. 1bis, c.1, lett. b, d.lgs. 30 dic. 1992, n. 527 (Cass. n. 21303/2017).
Con queste sentenze sembra che la Cassazione si sia limitata alla stretta interpretazione letterale delle modifiche apportate all’art. 38, facendo solo riferimento al senso fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la loro connessione (at. 12 preleggi) e all’attenta lettura dei segni di interpunzione (Cass. n. 21303/2017), senza alcun riferimento anche alla volontà del legislatore. Ma la Cassazione non ha tenuto conto delle regole grammmticali circa l'uso della virgola ed ha ignorato la Direttiva Europea; se l'avesse valuata avrebbe visto che essa non ha modificato il linguaggio, ma ha introdotto un sostanziale mutamento nella nozione di arma.
In merito riteniamo che il nostro legislatore, nel recepire e dare esecuzione, con il D.L.vo n. 204/2010, alla Direttiva 2008/51/CE, abbia dovuto anche tener conto della volontà del legislatore comunitario, relativa alla necessità di armonizzare le legislazioni interne dei Paesi dell’Unione in materia di armi. Pertanto, l’interpretazione dell’art. 38 del dott. Mori e della Cassazione con la recente sentenza, trova riscontro anche in tale finalità, a maggior ragione considerato che l’Italia è uno dei pochi Paesi europei, se non l’unico, dove è ancora previsto tale obbligo.
Sulla questione il Ministero dell’Interno, con la Circolare del 24 giugno 2011, esplicativa del D.L.vo n.204/2010, ha rilevato che la denuncia di detenzione dovrà riguardare anche le armi bianche proprie, nonché le singole parti di armi da fuoco, come definite all’art. 1bis, c. 1, lett. b, del d.lgs. n. 527/1992.
Comunque, è opportuno richiamare anche il più recente orientamento del Ministero, di cui alla Circolare del 17 gennaio 2020, con il quale è stato precisato che non sussiste l’obbligo di presentazione della certificazione medica ogni cinque anni per le armi bianche, secondo quanto previsto dall’art. 38, quarto comma del T.U.L.P.S., come novellato dal D.L.gs. 104/2018, atteso che tale obbligo si applica solo ai detentori di armi comuni da sparo.
Infatti, gli interventi modificatori dell’art. 38, cioè i D.L.vi n. 121/2013 e n. 104/2018, relativamente all’obbligo di certificazione medica per i detentori di armi non in possesso di licenze di porto, introdotto per la prima volta dal D.L.vo n. 204/2010 (art. 3), fanno ambedue esplicito riferimento alle sole armi comuni da sparo.
Quindi, sorge spontanea la domanda: se, ai fini della sicurezza per l’incolumità pubblica, si ritiene necessario obbligare a denunciare anche un’arma bianca, secondo una interpretazione letterale/restrittiva del D.L.vo n. 204, perché il legislatore non avrebbe ritenuto altrettanto necessario sottoporre a controllo la successiva permanenza dei requisiti psichici da parte del detentore, alla stregua di quelle da sparo?...
Oramai ci siamo abituati alla schizofrenia di leggi e sentenze, ma vogliamo, almeno qualche volta essere ottimisti.
Una lettura attenta della normativa sull’obbligo della presentazione del certificato medico per i detentori evidenzia che, sia il D.L.vo n.121/2013 (art. 6), sia il D.L.vo n. 104/2018 (art. 3), fanno esplicito riferimento alle sole armi comuni da sparo, andando a specificare l’iniziale previsione del D.L.vo n. 204/2010 (art. 3), che istituisce tale obbligo per chiunque detiene le armi di cui al primo comma dell’art. 38, cioè quelle da sparo di cui all’articolo 1bis, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 527, tipologia di armi alle quali, peraltro, fa esclusivo riferimento il legislatore comunitario in tutte le Direttive, ad iniziare dalla 91/477/CEE.
Comunque, da un punto di vista pratico, pur dovendosi registrare l’incremento dell’uso di armi bianche per omicidi e stragi, non ha senso obbligare a denunciare anche la detenzione di armi bianche, tenuto conto che spesso vengono usati semplici coltelli da cucina di libero acquisto e detenzione.
Tale obbligo non è altro che una falsa idea di utilità!...
Infatti, anche la recente normativa della Gran Bretagna, relativa all’obbligo di consegnare tutte le armi bianche per impedire il crescente numero di stragi ed omicidi con tali strumenti, non sembra sortire l’effetto sperato.
Quindi, per fare chiarezza in merito, sarebbe opportuno che fosse sollecitata una interpretazione autentica del legislatore, ritenendo troppo lungo il percorso di approvazione di un disegno di legge, come quello presentato lo scorso maggio (n. 2228).
Firenze 1 luglio 2021 ANGELO VICARI
Il testo della sentenza
SENTENZA n. 22341/2021
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D'APPELLO DI FIRENZE nel procedimento a carico di
*** avverso la sentenza del 06/05/2013 del TRIBUNALE di LIVORNO
1. Il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Firenze ricorre ex art. 569 cod. proc. pen. avverso la sentenza del Tribunale di Firenze del 6 maggio 2013, che ha assolto *** dal reato di detenzione abusiva di armi, ai sensi dell'art. 697 cod. pen.
Secondo l'accusa, l'imputato il 17 aprile 2011 in Porto Azzurro aveva detenuto, senza averne fatto denuncia all'autorità competente le seguenti armi: una balestra marca Barnett, modello Panzer, numero identificativo XB09114236 di colore nero con manico rigido di 33 cm (lunghezza complessiva di 82 cm); una balestra marca Bernett, modello Rhino, numero identificativo XB09113796114236 di colore nero e marrone con manico rigido di 32 cm (lunghezza complessiva di 95 cm).
2. Il ricorrente lamenta erronea applicazione della legge penale, con riferimento all'art. 38, primo comma, r.d. 18 giugno 1931, n. 773, perché il giudice di merito avrebbe omesso di considerare che, a seguito delle modifiche introdotte nel citato articolo dal d.lgs. 26 ottobre 2010, n. 204, è fatto obbligo di denuncia anche al detentore di parte di arma, sicché la norma incriminatrice sanziona anche la detenzione di arma non da fuoco, come la balestra.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Giova premettere che, in tema di reati concernenti le armi, deve escludersi che la balestra possa classificarsi tra le armi proprie, per la ragione che tale strumento, di difficile porto e di ardua maneggevolezza, incompatibile con le esigenze ed i costumi del vivere moderno, non ha più da tempo, quale destinazione naturale, quella di recare offesa agli esseri umani, ma piuttosto funzioni ornamentali, di collezione o, talora, sportive; ne consegue che non vi è obbligo di denuncia, e il porto, fuori dell'abitazione e sue pertinenze, al pari di quello delle relative frecce, se ingiustificato è punito non ai sensi dell'alt. 699 cod. pen., ma dell'art. 4, secondo comma, legge 18 aprile 1975 n. 110 (Sez. 1, n. 4331 del 11/02/1997, Bassetti, Rv. 207435).
Nel caso di specie, pertanto, il Tribunale ha correttamente evidenziato che non vi era obbligo per Musoni di denunciare la detenzione delle due balestre, non potendo considerarsi le stesse arma da fuoco, né parti di essa. Nel provvedimento impugnato, infatti, si rileva come il legislatore con l'art. 38, primo comma, T.U.L.P.S. abbia previsto l'obbligo di denunciare la detenzione solo delle armi da fuoco elencate nell'art. 1 bis d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 527, introdotto dall'art. 2, comma 1, d.lgs. 26 ottobre 2010, n. 204 e modificato dall'art. 2, comma 1, lett. b), d.lgs. 10 agosto 2018, n. 104, tra le quali non rientra la balestra.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso il 07/04/2021
![]() |
|
http://www.earmi.it - Enciclopedia delle armi © 1997 - 2003 | ![]() ![]() |