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 DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 28 maggio 2001, n. 311.
    Regolamento  per  la  semplificazione  dei  procedimenti  relativi ad
    autorizzazioni per lo svolgimento di attività disciplinate dal testo
    unico  delle  leggi  di  pubblica sicurezza nonche' al riconoscimento
    della qualifica di agente di pubblica sicurezza (numeri 77, 78 e 108,
    allegato  1 della legge n. 59/1997 e numeri 18, 19, 20 e 35, allegato
1 della legge n. 50/1999). (G.U. 2 agosto 2001 n. 178).                                       
Le norme che interessano armieri e possessori di armi sono le seguenti:
    
  Art. 2, lett. e)
  All'articolo 16 del Reg. T.U.L.P.S. è aggiunto il seguente comma:
"I registri di cui al primo comma possono essere tenuti con modalità informatiche. A tal fine con decreto
    del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro delle finanze e con il Ministro per i beni e le
    attività culturali, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, sono stabilite le modalità
    di tenuta, vidimazione, assolvimento dell'obbligo di bollo ed esibizione dei registri di cui al primo
    comma, predisposti con mezzi informatici, osservate, in quanto compatibili, le disposizioni vigenti in
    materia di formazione, archiviazione e trasmissione di documenti con strumenti informatici o telematici.
    Con lo stesso decreto può prevedersi che idonei supporti informatici, con specifici programmi, siano resi
    disponibili, anche presso rivendite autorizzate, mediante specifiche convenzioni stipulate con il Ministero
    delle finanze congiuntamente al Ministero dell'Interno con enti, associazioni di categoria e privati." 
    Nota: questa norma interessa gli armieri.  
    Art. 3 (Semplificazioni concernenti autorizzazioni in materia di armi ed esplosivi)
      Al Regolamento di esecuzione del Testo Unico 18 giugno 1931, n. 773, delle leggi di pubblica sicurezza,
      approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, sono apportate le seguenti ulteriori modificazioni:
      a) il terzo comma dell'articolo 47 è sostituito dal seguente:
  "La licenza per la collezione di armi ha carattere permanente e può essere rilasciata anche per una sola
      arma comune da sparo quando l'interessato non intenda avvalersi della facoltà di detenere l'arma e il
      relativo munizionamento previa la denuncia di cui all'articolo 38 della legge. Se la collezione riguarda
      armi artistiche, rare o antiche, la licenza deve contenere anche l'indicazione dell'epoca a cui risalgono
      le armi."
      
    b) all'articolo 61 sono apportate le seguenti modificazioni:
      1) al comma 1, le parole "in cui il richiedente ha la sua residenza," sono sostituite dalle seguenti:
  " in cui il richiedente, appartenente ad uno dei Paesi dell'Unione Europea, ha la sua residenza o il
      domicilio," .
      
    2) dopo il comma 1, è inserito il seguente:
  " Il rilascio del porto di arma lunga per difesa personale, è soggetto alle condizioni richieste per il
      porto di altre armi per il medesimo motivo, compresa la dimostrazione dell'effettivo bisogno di portare
      l'arma." 
      
      COMMENTO Vediamo di capire le novità dell'art. 3.
  Licenze di collezione
        Alla lettera a) si stabilisce il principio che le licenze di collezione di armi antiche o moderne
        sono permanenti, non devono cioè essere rinnovate ogni anno.
        Il principio era già espressamente stabilito per le collezioni di  armi antiche e lo sarebbe stato anche
        per quelle moderne se una sciagurata circolare ministeriale non lo avesse posto in dubbio; la norma
        perciò pone rimedio a questa circolare ristabilendo l'esatta e logica interpretazione delle norme.
        La seconda frase, inutilmente e stranamente contorta stabilisce un importante principio: che le collezioni
        di armi non vengono rilasciate perché si hanno più armi, ma perché si vogliono collezionare armi e che
        il cittadino ha diritto di iniziare una collezione anche con una sola arma. La regola, quale principio
        logico vale sia per le armi antiche che moderne. La frase sulle munizioni, è del tutto inutile e vuol
        dire che il cittadino che vuol detenere armi con le relative munizioni, al fine di farne uso, non è
        ovviamente obbligato a richiedere la licenza di collezione, anche se nella sua intenzione si avvia a
        formarne una. In sostanza chi ha cercato di scrivere la norma, senza riuscirvi e senza ben sapere di
        che cosa stava parlando, voleva dire che il cittadino che ha armi in numero consentito ( una o tre
        comuni non da caccia + una o  sei sportive) può scegliere tra il denunziarle oppure tra il richiedere
        immediatamente licenza di collezione. Così come è scritta, la norma sembra voler dire che è possibile
        richiedere la licenza di collezione per una sola arma e poi non denunziarla; teoricamente la soluzione
  è ipotizzabile, ma in pratica è una pura stupidaggine. Perché mai una persona dovrebbe sobbarcarsi
        alle complicazioni di richiedere la licenza di collezione ancor prima di aver acquistato un'arma?
        Ad ogni modo la norma potrebbe comportare una maggior larghezza interpretativa nell'inserimento di armi
  in collezione.
  Licenze in base a domicilio
          Alla lettera b nr. 1) si chiarisce la portata dell'art. 61 del Reg. al TULPS in cui si stabiliva che la
          competenza a rilasciare la licenza di porto d'armi era del prefetto o questore del luogo di residenza del
          richiedente. Accadeva spesso che cittadini trasferitisi all'estero non potessero ottenere licenze di porto
          d'armi  in Italia perché qualche sciocco questore sosteneva che essi non avevano più la residenza in
          Italia (dico sciocco, perché la legge non va interpretata con simile ottusità burocratica).
          La modifica ora introdotta vuole ovviare a questa situazione, stabilendo che ogni cittadino della
          Comunità europea può richiedere licenze di porto d'armi nel luogo di residenza oppure nel luogo di
          domicilio. Quindi il cittadino tedesco in Italia, che abbia bisogno di difendersi, può richiedere la
          licenza nel luogo in cui dimora in Italia, ad esempio perché li ha sede la sua ditta; viceversa il
          cittadino italiano emigrato all'estero, potrà richiedere la licenza di porto d'armi nel luogo in cui
          dimora quando rientra in Italia, ad esempio nel paese di origine. 
          Licenza di porto di fucile per difesa
            Alla lettera b nr. 2)  si introduce nel nostro ordinamento la
            licenza di porto di fucile per SOLA difesa
            personale. Come è noto il TULPS contemplava un'unica generale licenza di porto di fucile che abilita al
            porto per ogni attività lecita (caccia, tiro, difesa); chi pagava le tasse venatorie e superava il
            prescritto esame, era abilitato ANCHE ad esercitare la caccia. Una ulteriore licenza  è quella prevista,
            a partire dal 1969, per il SOLO porto di fucile per l'esercizio del tiro a volo, appositamente introdotta
            per consentire il rilascio della licenza a coloro che non erano interessati ad andare anche a caccia.
            La nuova licenza si pone quindi sullo stesso identico piano della licenza per il tiro a volo: si tratta
            sempre della licenza di porto di fucile ma con la specificazione che il richiedente la richiede  per
            difesa personale e non anche per uso di caccia così che non dovrà pagare tasse venatorie e sostenere
            esami venatori.
            La novità è che mentre fino ad ora la licenza di porto di fucile anche per uso di caccia veniva
            rilasciata per ogni uso consentito e non richiedeva la dimostrazione di alcun bisogno di difendersi,
            ora la nuova licenza è subordinata alla dimostrazione dell'effettivo bisogno di portare l'arma, così come avviene per il porto di arma corta.
            La situazione che ora si crea diventa oltremodo complessa e sarà fonte di infinito contenzioso giudiziario sulla schiena del povero cittadino:
            1) O si ritiene che la norma così introdotta è illegittima perché una norma di regolamento non può regolare una cosa che non esiste e modificare così una legge. La questione verrà sollevata, ma ci vorranno anni perché venga chiarita.
            2) Oppure si ritiene che la norma introduca semplicemente un nuovo tipo di licenza che consente di portare armi lunghe a chi non vuole sostenere l'esame venatorio e pagare le relative tasse, senza però che venga tolto il diritto per il titolare di licenza di caccia di portare l'arma anche per difesa. E questa sarebbe la soluzione più coerente e che non porta a risultati incostituzionali per disparità di trattamento tra cacciatore e normale cittadino. 
            3) Oppure si ritiene che il ministero abbia ottenuto i suo scopo e che d'ora in poi il titolare di licenza di caccia possa portare l'arma solo sul terreno di caccia; in tutte le altre situazione egli potrà solo trasportare l'arma. È prevedibile che questa interpretazione, per quanto in contrasto con la normativa vigente, si imporrà molto presto.
            Questa soluzione porterebbe perciò ad ingiustificate limitazioni per il cacciatore il quale, non potrebbe andare a sparare all'aperto, ad esempio per provare l'arma, non potrebbe fare allenamenti di tiro, non potrebbe partecipare a gare di tiro. In sostanza rimarrebbe sicuramente vietato il porto di fucile in luogo abitato o in condizioni tali da rendere improbabile o inverosimile un uso venatorio o para-venatorio. Il titolare di licenza di caccia che userà l'arma per bracconaggio, risponderà però solo di sanzioni venatorie, ma non di porto illegale di arma.
            Ma ciò che è più grave è che la nuova norma, male interpretata, può portare a cancellare quella giurisprudenza secondo cui non risponde di porto illegale di arma, ma di sanzioni amministrative o fiscali chi, in possesso di una qualsiasi licenza di porto, la usa per fini non consentiti (titolare di licenza di tiro a volo che usa l'arma per cacciare o per difendersi; cacciatore che porta l'arma per difendersi, ecc.). Inoltre ci si potrebbe trovare di fronte a situazioni assurde di cacciatori accusati di aver portato l'arma per difendersi, ad esempio perché camminavano nel bosco alla sera e non si capisce davvero come il giudice potrà accertare  se il poveretto voleva cacciare o difendersi dai banditi.
            .
            In conclusione, se questa è l'interpretazione che verrà seguita, il regime che si delinea per il futuro è il seguente:
           - chi è munito di licenza di porto di arma lunga per uso di caccia  è abilitato al porto per uso di caccia, e quindi solo in tempi e luoghi in cui la caccia è consentita, ed anche al porto per il tiro a
            volo con le stesse limitazioni che vi sono per i titolari di questa licenza; in tutte le altre situazioni
            l'arma potrà solo essere solo trasportata. Logica impone di ritenere che il fucile possa essere poi portato
            in tutte quelle attività para-venatorie quali la taratura dell'arma, gli allenamenti al tiro, le gare di
            tiro; in sostanza rimane sicuramente vietato il porto di fucile in luogo abitato o in condizioni tali da
            rendere improbabile o inverosimile un uso venatorio o para-venatorio. Riamane fermo che chi fa del
            bracconaggio risponderà di sanzioni venatorie, ma non di porto illegale di arma. 
           - chi è munito di licenza di porto di   fucile per
            il tiro a volo può portare l'arma solo a poligoni di
            tiro per l'attività sportiva e quindi non può portare l'arma per difesa personale o per cacciare; se caccia
            verrà punito con le sanzioni venatorie e con quelle fiscali inerenti al mancato pagamento della tassa di
            concessione governativa; se porta il fucile al di fuori del ragionevole percorso per raggiungere un campo
            di tiro o per rientrare al suo domicilio, e fuori di zona  in cui è ipotizzabile un'attività venatoria,
            potrà anche rispondere di porto illegale di arma (nessun
            problema se si limita a trasportare l'arma, come corretto e doveroso fare). Situazione assurda ed
            incostituzionale  in cui il
            giudice dovrà stabilire se il soggetto portava l'arma per cacciare o per difendersi! 
           - chi è munito di licenza di porto di arma lunga
            per difesa personale può portare l'arma lunga per
            difesa personale e può ovviamente usarla in un campo di tiro; se la usa per cacciare risponderà delle
            sanzioni venatorie.
            - La nuova licenza comporterà il pagamento della tassa di concessione governativa prevista per la licenza
            anche per uso di caccia; la validità della licenza rimane di sei anni, salvo il pagamento del rinnovo
            annuale.
          
          Posso sbagliare, ma ho proprio il sospetto che il futuro dei cacciatori italiani sarà proprio questo,
    salvo importanti interventi di modifica o salvo una diversa interpretazione ufficiale. Si potrebbe
    sostenere che la norma  in effetti non dice che la licenza sarà SOLO per difesa personale e che perciò
    nulla cambia nella giurisprudenza del passato secondo cui anche chi ha solo la licenza per il tiro a volo,
    non commette il reato di porto illegale di arma se con essa ci va a cacciare. Però temo che i giudici
    saranno molto rapidi  nel percepire la  nuova possibilità di stangare cacciatori e tiratori.
    Un altro argomento potrebbe aver maggiori speranze di successo: le modifiche al regolamento vengono
    introdotte con decreto presidenziale al fine di semplificare le procedure. Ebbene, è facile obiettare che
    la modifica introdotto non ha nulla a che vedere con la semplificazione delle procedure, perché anzi le
    complica! Inoltre un decreto presidenziale che pone norme regolamentari non può modificare la legge; e
    la legge dice chiaramente che il cittadino ha diritto ad avere la licenza di porto di fucile per tutti
    gli uso consentiti senza dover dimostrare alcun bisogno particolare.
    Perciò  la norma introdotta è illegittima e disapplicabile. 
    Il problema, che regolarmente sfugge ai burocrati dei ministeri, non è tanto quello di consentire  o
    meno ai cacciatori di portare il fucile anche per difesa personale; in effetti nei tempi moderni il porto
    del fucile per difesa non ha più molto senso (salvo ovviamente che per guardie giurate) e tutti sono ormai
    d'accordo sul fatto che il portare un'arma in modo palese (il che è inevitabile con il fucile) comporta
    una minacciosità implicita non più accettata dalla costume sociale; quindi, nulla di tragico se si
    stabilisce che l'arma lunga può essere portata per difesa solo se  si ha un giustificato motivo di andare
    armati con un'arma lunga, il che è ipotizzabile, come detto, solo per guardie giurate. Il vero problema
  è che il cacciatore si trova continuamente a portare l'arma in situazioni diverse da quelle venatorie ed
  è oltremodo scomodo dover smontare e rimontare l'arma ogni volta che si sale in macchina, ogni volta che
    si cammina su di una strada pubblica, ogni volta che si attraversa un abitato. Un cacciatore non può
    certo andare in giro per i boschi con la valigia di cuoio in cui riporre l'arma!
    Pensate voi quale marea di denunzie e processi ingiusti verranno fuori con la modifica in esame, quando si dovrà stabilire se un tizio con il fucile in spalla stava cacciando oppure
    stava solo passeggiando nel bosco quando si dovrà scavare nelle sue intenzioni quando nessuno saprà
    se per essere in regola basta scaricare il fucile, o se occorre anche montarlo, se basta riporlo in
    una busta di plastica oppure occorre una cassa d'acciaio rinforzato. Sono problemi che la giustizia
    non è in grado di risolvere neppure in trent'anni di sentenze. 
    Le modifiche alle leggi si possono fare, ma si ha il dovere di farlo con norme chiare che non mettano
    in difficoltà il cittadino e non con sotterfugi che creano solo confusione ed incertezza.
    Rimane  valida la solita domanda: ma perché il cittadino italiano deve essere sempre vittima di norme
    confuse, scritte da chi non conosce i problemi, che richiedono decenni per essere applicate in modo
    uniforme, che costringono i poveri disgraziati che ci incappano a spendere milioni di avvocato ed a
    correre il rischio di condanne ingiuste? 
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