A tutti può capitare di trovarsi la polizia sull’uscio
di casa per un controllo sulle armi o comunque di essere accusati in relazione
al porto od uso di armi. È meglio sapere come affrontare la situazione.
Vediamo quali sono le formalità e come ci si deve comportare.
Le situazioni che possono presentarsi sono due: il controllo di polizia puro
e semplice per vedere quante e quali armi ci sono e se sono custodite bene
e la perquisizione vera e propria.
Nel caso di controllo amministrativo il funzionario chiede di poter controllare
le armi e le munizioni denunziate e ha il diritto di entrare in casa, di essere
accompagnato nel luogo ove sono le armi e di controllarne la consistenza.
È una operazione puramente amministrativa, per cui non è prevista
neppure la redazione obbligatoria di un verbale, che però di regola
verrà redatto.
Questo controllo può sfociare perciò in un nulla di fatto, se
nulla di irregolare viene stabilito, oppure trasformarsi in una operazione
di polizia giudiziaria.
Può accadere infatti che il controllo porti all’accertamento
di un presunto reato e vi può essere o meno necessità di procedere
al sequestro del cosiddetto corpo di reato.
Se non vi è necessità di sequestro il funzionario, che diventa
agente od ufficiale di polizia giudiziaria, dovrà comunicare all’interessato
che procede ad indagini a suo carico, indicando il reato ipotizzato, invitarlo
a nominare un difensore di fiducia e redigere un verbale in cui raccoglie
la elezione di domicilio e la nomina del difensore. Può rinviare la
redazione del verbale ad un momento successivo invitando l’interessato
nei propri uffici.
Se vi è invece necessità di sequestro il relativo verbale deve
essere redatto sul posto, salvo gravi motivi di impedimento.
Se le operazioni si limitano a quanto detto finora, l’interessato non
ha diritto a far intervenire un difensore.
Talvolta però chi opera può avere interesse ad interrogare l’indagato;
ciò è consentito solo se l’indagato non viene arrestato
e deve essere obbligatoriamente convocato il difensore di fiducia o, se non
nominato, quello di ufficio (detto per inciso, poi l’indagato dovrà
pagarlo anche se perfettamente innocente!).
Nel corso di questa operazione di polizia si innesta quasi sempre una operazione
di perquisizione che può avvenire o per iniziativa di chi ha accertato
un reato oppure su mandato scritto del pubblico ministero che indaga su di
un reato.
In materia di armi vi è una norma incostituzionale (salvo che per la
Corte Costituzionale!) la quale, unico residuo della dittatura, consente di
eseguire una perquisizione solo per il sospetto della sussistenza di un reato
in materia di armi; in parole povere consente alla polizia di fare una perquisizione,
magari in base ad una informazione anonima o perché un vicino di casa
ha sentito il rumore del tappo dello spumante!
Ad ogni modo nel momento in cui si deve procedere a perquisizione, chi procede
deve informare il perquisendo che egli ha diritto di nominare un difensore,
di conferire con lui al telefono riservatamente e di farlo intervenire. Quindi
deve attendere l’arrivo del difensore che annunzi di arrivare in tempo
ragionevole (ovvio che dovrà essere un avvocato della zona!). Se l’avvocato
scelto non è disponibile, l’indagato ha tutto il diritto di cercarsene
un’altro che lo sia.
Chi procede deve anche dichiarare quale tipo di prova od oggetto stia cercando
perché se perquisisce per ricercare armi, non può mettersi a
sfogliare la corrispondenza, dove di certo un fucile non può essere
nascosto.
Il difensore che presenzia alla perquisizione ha diritto di interloquire e
di chiedere il rispetto delle norme di legge. Della perquisizione deve essere
redatto verbale. Di solito, se non viene trovato nulla, poco importa ciò
che vi si scrive, salvo che far constatare eventuali danni arrecati; se viene
trovato qualche cosa di utile, deve essere redatto anche il verbale di sequestro.
In uno di questi due il difensore può far inserire sue osservazioni,
quali eccezioni di nullità o contestazione delle norme giuridiche da
applicare.
Ed infine l’ipotesi più spiacevole: l’arresto in flagranza
di reato. In tal caso l’arrestato ha il diritto a che venga subito informato
il suo difensore di fiducia (anche in questo caso può indicarne più
di uno fino a che non trova quello disponibile subito). Il difensore può
intervenire subito o, se ciò non è possibile, può incontrare
l’arrestato in carcere prima dell’interrogatorio da parte del
giudice, al fine di consigliarlo (e se non lo facesse, meglio cambiarlo subito!).
Devono essere informati anche i famigliari dell’arrestato.
Un caso particolare è quello del controllo dell’autovettura;
in pratica la situazione non è diversa da quella descritta, ma devo
ricordare che non si è affatto tenuti a dichiarare spontaneamente che
si portano o trasportano armi così innescando controlli di esito imprevedibile.
Anzi, è cosa saggia (anche per prevenire furti) che l’arma o
il suo contenitore non siano in bella vista … e saper affrontare il
controllo senza tremore alle mani e sguardo sfuggente, come se si fosse colpevoli!
Vediamo ora come deve comportarsi l’indagato, specialmente
se è innocente e quindi sprovveduto e quindi propenso a credere che
la sua innocenza sia così ovvia da non aver bisogno di dimostrazione.
Diceva invece un famoso giurista “se mi accusano di aver rubato il duomo
di Milano, io per prima cosa scappo in Svizzera”. Purtroppo la maggior
parte degli innocenti sono specialisti “nel darsi la zappa nei piedi”
e nel giustificarsi con scuse peggiori della verità, di solito coinvolgendo
nella grana i migliori amici (del tipo: non ho denunziato la pistola perché
il mio amico maresciallo mi ha detto che potevo fare con tutto comodo).
Quando si svolge una attività così temeraria e pericolosa come
quella di detenere armi, peggio se inattive, occorre premunirsi con ogni mezzo
e non pensare scioccamente “sono una persona onesta che non fa nulla
di male e quindi non mi verranno mai a cercare”. Dice un proverbio genovese
che “u belin della sfiga” si infila sempre nel buco più
vicino ed è meglio essere preparati a tutto. Ricordarsi sempre che
vi sono legioni di figli pronti a passare sui corpi dei loro padri, pur di
compiere una operazione che migliora le loro statistiche o che va sul giornale.
È perciò necessario prima di tutto di essere il più possibile
in regola. Per fare ciò bisogna sapere bene ciò che è
consentito e ciò che è vietato.
Ma non basta: siccome i sullodati figli hanno in materia opinioni tanto più
consolidate quanto più sbagliate, bisogna essere sicuri del fatto proprio
ed essere pronti a dimostrarlo. Non è male avere in casa qualche scritto
che sostenga quanto si dice (il mio opuscolo Sintesi del diritto delle armi
che si può scaricare da questo è sufficiente nella maggior parte
di casi) e che almeno faccia sorgere qualche dubbio nella mente di chi procede.
In caso di contestazioni la regola da seguire è di dire il meno possibile,
salvo ciò che è strettamente necessario per spiegare perché
si ritiene di essere dalla parte della ragione. Se non si è sicuri
è senz’altro meglio non dire nulla e attendere l’evoluzione
dei fatti. Ad esempio siete andati nella casa di campagna con il vostro fucile
e vi contestano di non aver denunziato il trasferimento. È ovvio che
sarebbe suicida raccontare che siete lì con il fucile già da
un mese, quando si ha il diritto di non dire nulla e di lasciare poi che l’avvocato
racconti che voi eravate lì da un mese, ma che il fucile eravate andato
a prenderlo la sera prima! Oppure vi trovano un coltello in tasca: se avevate
un chiaro motivo per portarlo (siete andati a funghi e avete i porcini nel
cesto) è giusto dirlo subito; se non avete un motivo chiaro, meglio
tacere perché se nessuno vi chiede nulla sarà ben difficile
che poi il P.M. possa dimostrare che non avevate quel giustificato motivo
che l’avvocato saprà senz’altro scoprire (fermo restando
che quando si può fare oblazione, questa costa sempre dieci volte meno
dell’avvocato!).
Altra regola fondamentale è di non sottoscrivere nessuna dichiarazione
se non dopo essersi consigliati con il proprio difensore. Nel nostro diritto
tutte le dichiarazioni orali che un indagato fa non possono essere utilizzate
contro di lui. Quelle scritte possono essere utilizzate se si tratta di spontanee
dichiarazioni firmate oppure se sono fatte in presenza del difensore. In caso
di malaugurato arresto, per quanto spiacevole sia la situazione, non bisogna
lasciarsi prendere dall’ansia di compiacere il PM con confessioni fiume
in cui si racconta che anche moglie e figli sapevano benissimo che l’arma
non era denunziata: spesso sono meglio due o tre giorni di carcere all’inizio,
che due o tre anni alla fine! La propria difesa deve tener conto dell’esigenza
di lasciare il più possibile di porte aperte all’avvocato per
poter adattare i fatti al diritto e viceversa.
Da quanto detto è evidente che è molto opportuno avere già
le idee chiare sul nome dell’avvocato da poter nominare senza indugio
in caso di problemi; avvocato che dovrà essere un penalista. Se si
ha molto a che fare con le armi, potrebbe non essere una cattiva idea quella
di sottoscrivere un’assicurazione per le spese legali, con libertà
di scelta del difensore (attenzione, le clausole possono essere molto limitative
in caso di delitto).
Spesso in caso di sequestro di armi ci si dovrà porre il problema se
sia o meno opportuno ricorrere contro il sequestro. La cosa può essere
opportuna solo se vi è alla base del problema una questione di diritto:
una bella memoria ben documentata e che spiega ai giudici del tribunale del
riesame quali sono le norme da applicare, può essere risolutiva e “spezzare
le reni” al P.M. che si è fidato della cultura giuridica del
commissario di P.S. Se invece vi sono questioni di fatto sul tipo di armi,
loro efficienza, o simili, è inutile ricorrere perché il tribunale
non avrebbe gli elementi per decidere.
Di fronte ad una denunzia ingiusta da parte delle forse di polizia è
sempre consigliabile di inviare al PM una breve e concisa memoria in cui si
espongono le proprie ragioni. È più probabile che gli atti vengano
letti; senza la memoria verrebbero inseriti nella macchina giudiziaria, il
capo di imputazione verrebbe formulato da qualche agente di PG che certo non
si fa venir dubbi delle ragioni dei suoi colleghi, e il cittadino si trova
condannato con un decreto penale senza che mai un giudice abbia letto le carte!
Non mi soffermo a parlare di come dovrebbe comportarsi l’indagato colpevole
perché esso, anche se ha agito senza intenti criminali, ma magari solo
per passione, deve ringraziare solo sé stesso e la sua stupidità
per non essersi astenuto dal commettere un reato e per non aver fatto tutto
ciò che è necessario per non essere scoperto!
Per finire, e per comune consolazione, ricordo quelle massime di antica saggezza
secondo cui è meglio un brutto processo che un bel funerale e che è
peggio essere condannato dal medico che da un giudice.
(Articolo già pubblicato sul bollettino
degli Armigeri del Piave)