Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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Rottamazione - Circolare 31 gennaio 2025

Nel marzo 2025 è uscita la circolare del 31 gernnaio 2025 che allego solo per dovere "archivistico" in quanto non interessa al grande pubblico. Merita però un commento perché essa è sbagliata nel modo di esporre i problemi e di risolverli. Si dà addosso al MIC perché non risponde rapidamente alle richieste di controllo di armi della polizia, ma poi si scopre che il problema è creato principalmente dalle armi moderne sui cui il MIC non ha alcuna  competenza.
E’ vero che le norme sono caotiche, ma sono quelle che ha voluto il MINT il quale,inoltre, si è bene guardato dall’aggiornarle. Si prenda ad esempio  il Regolamento per le armi antiche del 14 aprile 1982: esso, con totale stupidità, regola solo le armi antiche, artistiche o rare di importanza storica di modelli anteriori al 1890 e nulla dice delle armi artistiche o rare posteriori.
Anche il più diversamente abile dei giuristi  capisce che se le armi antiche sono soggette a particolare tutela culturale e di pubblica sicurezza, poco importa sia siano anche artistiche oppure rare.   Quindi il legislatore avrebbe dovuto prevedere un particolare regime per le armi da sparo di modello posteriore al 1890 e dire che anch’esse sono soggette ad un regime particolare se presentano caratteristiche decorative di notevole pregio o realizzate da artefici particolarmente noti; come rare se si rinvengono in numero limitato o sono collegate a personaggi o eventi di rilevanza storico-culturale.
Quando poi sono state riscritte le norme sui beni culturali avrebbero dovuto modificare il regolamento del 1982.
L'art. 10 del codice dei beni culturali stabilisce che sono tali le cose mobili appartenenti ad enti pubblici che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico.
Aggiunge poi che
- Sono altresì beni culturali, quando sia intervenuta la dichiarazione prevista dall'articolo 13:  cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse, particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte, della scienza, della tecnica, dell'industria e della cultura in genere.
Per l'art. 11 sono oggetto di specifiche disposizioni di tutela: i beni e gli strumenti di interesse per la storia della scienza e della tecnica aventi più di cinquanta anni (la loro esportazione deve essere autorizzata)

Sono disposizioni che si applicano alle armi da rottamare che sono  beni pubblici essendo entrate in loro possesso.
Perciò logica impone che sia adeguato a queste norme l’art. 132 della Legge 110/1975 che recita:  Le armi antiche e artistiche comunque versate all'autorità di pubblica sicurezza o alle direzioni di artiglieria non potranno essere distrutte senza il preventivo consenso di un esperto nominato dal sovrintendente per le gallerie competente per territorio.
Le armi riconosciute di interesse storico e artistico saranno destinate alle raccolte pubbliche indicate dalla sovrintendenza delle gallerie competente per territorio.
Tale disciplina non si applica alle armi in dotazione ai Corpi armati dello Stato eventualmente destinate alla distruzione.

Stendiamo un velo pietoso sull’ultimo comma in cui si ipotizza che i Corpi Armati dello Stato abbiano in dotazione armi antiche e artistiche (e quelle rare? Se le dimenticano tutti!). Però ora è evidente che SEMPRE, quando si distruggono armi, anche  non antiche o artistiche, occorre far controllare dalle Soprintendenze competenti che non si tratti di beni culturali.
La norma è però chiara nel dire  che il controllo va eseguito “prima della distruzione” sulle armi versate alle Direzioni di artiglieria. Vale a dire che  è un  rapporto tra  Direzioni e Soprintendenze e non si capisce perché se ne preoccupi il Capo della Polizia. Chi custodisce delle armi da inviare alla Direzione di Artiglieria devo ovviamente redigere un elenco delle armi che versa con tutti i dati di identificazione, ma nella stragrande maggioranza dei casi sono dati che risultano dalle denunzie e quindi sono negli archivi elettronici (non mi dicano che non li hanno ancora  completati, perché mi vien da piangere!). Forse al MINT ignorano che se un’arma non era denunziata è un corpo di reato e quindi va consegnata alla Cancelleria del Tribunale che provvede direttamente alla sua vendita o versamento.

Quindi il problema delle stanze piene di armi ritirate ai cittadini o da questi versate spontaneamente, deriva da scelte fatte in passato dal MINT di voler mantenere un controllo opprimente anche su armi che non presentano alcun rischio per la sicurezza pubblica e di voler costringere i cittadini con oppressione burocratica, a disfarsi delle armi.
Il tutto per scelte di assoluta imbecillità del Ministero dell'Interno il quale si è sempre rifiutato di riconoscere che le armi antiche sono un "pericolo zero" per la sicurezza pubblica, cosa riconosciuta negli altri stati europei (talvolta cambia la data di produzione, discriminante per il diverso regime giuridico).
Il Ministero si è sempre opposto ad ogni liberalizzazione sia per armi bianche che per armi da sparo sebbene tutto indicasse che il controllo era ormai obsoleto ed inutile. Ed invero:
a) se arma è lo strumento che ha come destinazione naturale l'offesa alla persona, l'arma antica aveva tale destinazione ma l'ha persa da oltre un secolo; la sua attuale destinazione è quella di ogni opera dell'ingegno umano da ammirare e studiare, appesa al muro o in un espositore di un museo. Nel linguaggio comune "arma" è ogni cosa che abbia anche solo l'aspetto di arma e quindi un pezzo di legno a forma di pistola è un'arma giocattolo, una scacciacani è un'arma a salve, ecc., ma a nessuno è mai venuto in mente di assoggettarle a controlli di pubblica sicurezza. Quindi vi sono molte cosiddette armi antiche che in realtà andrebbero definite come "oggetti con aspetto di arma, un tempo usate come armi da offesa".
c) le statistiche dimostrano che l'uso di armi antiche per ledere od uccidere è pari a zero.
c) Il legislatore italiano con la L. 29 dicembre 2000, n. 422, art. 27, ha stabilito che Le repliche di armi antiche ad avancarica di modello anteriore al 1890 a colpo singolo, sono assoggettate, in quanto applicabile, alla disciplina vigente per le armi ad aria compressa o gas compressi i cui proiettili erogano un'energia cinetica inferiore od uguale a 7,5 joule. Vale a dire che esse diventavano liberamente acquistabili e detenibili. ConD. L.vo 121/2013 il legislatore ha poi precisato che si deve parlare di strumenti e non di armi (si veda
 https://www.earmi.it/varie/paintball2.html ).
Il Ministero si affannò a negare, contro ogni logica umana a giuridica, che la liberalizzazione delle armi moderne si estendesse anche alle armi antiche con questo bel risultato:
- un fucile del 1860 è arma antica soggetta a controllo, denunzia, ecc.
- un fucile del 1860 identico all’originale, ma costruito nel 1970, è arma antica soggetta a controllo, denunzia, ecc.
- lo stesso fucile prodotto dopo l’ottobre 1979 (solo da tale data esiste la nozione ufficiale di replica), sicuro in quanto bancato e costruito con materiali moderni e non usurati, è una replica moderna e quindi di libero acquisto e detenzione!
.
Per le armi bianche solo con l’art. 5 della legge 21 febbraio 1990 il Ministero faceva scrivere al parlamento che sono libere le armi (bianche) antiche inidonee ad offendere per difetto ineliminabile della punta o del taglio. Per mia esperienza ritengo che per rendere impossibile che la lama di una baionetta venga riaffilata o riappuntita con una mola a smeriglio, sia necessario eliminare la lama! Ma una baionetta senza lama è ancora una baionetta?
Tutte cose da vergognarsi solo a pensarle!
Il problema venne risolto dal legislatore con il D. L.vo 204/2010 che così riscriveva il primo comma dell'art. 38 del TULPS al fine di adeguarlo alla Direttiva Europea:
Chiunque detiene armi, parti di esse, di cui all'articolo 1-bis, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n 527, munizioni finite o materie esplodenti di qualsiasi genere, deve farne denuncia, entro le 72 ore successive alla acquisizione della loro materiale disponibilità, a … ecc.….
In questo mio articolo del 2010
https://www.earmi.it/varie/antiche%202.html
avevo subito scritto:
Prevedo che qualcuno cercherà di sostenere la tesi che il legislatore quando ha scritto Chiunque detiene armi, parti di esse, di cui all'articolo 1-bis… voleva riferire il richiamo al Decreto solo in relazione alle parti e non anche alle armi. Ma è facile osservare:
- che la definizione di nozione di parte ha un senso solo se riferita alla nozione di arma da fuoco;

- che la virgola dopo "esse" significa, secondo le regole della lingua italiana, che il successivo inciso si riferisce sia alle armi che alle parti;
- che se la legge dice che bisogna denunziare “armi e parti di esse come definite dalla direttiva”, non può che riferire il termine armi, alla nozione data dalla direttiva stessa; altrimenti avrebbe scritto “armi nonché le parti di arma da fuoco come definite dalla direttiva”;

- che l’abolizione corrisponde alla logica delle cose ed era senz’altro nei programmi del Governo il quale non è tenuto a seguire le fisime ministeriali, come dimostra l’abolizione del Catalogo!
Ci si chiederà: ma perché non lo hanno detto più chiaramente ed in modo diretto? Ma è chiaro, per lo stesso motivo per cui l’abolizione del Catalogo è stata infilata nella legge di stabilità e cioè per aggirare tutti i bastoni fra le ruote che i burocrati del ministero oppongono ad ogni intervento semplificativo che minacci i loro posti e il loro potere!
Ovviamente il Ministero ha fatto orecchie da mercante ed ha continuato imperterrito a spendere soldi ed energie a controllare pezzi di ferro dell'Ottocento.
In questo contesto nasce il problema dei rapporti con il Ministero della Cultura, contenuto nella circolare in esame, che risolleva il problema di come non mandare alla rottamazione armi di interesse storico di cui alla circolare 57/PAS/U/006144/10100(28) del 20/04/2017, che avevo commentato in questo articolo:
https://www.earmi.it/diritto/leggi/rottamazione1.html
Purtroppo non è cambiato nulla; nessuno ha preso atto dell'idiozia di costringere la gente a denunziare pezzi di ferro; nessuno ha valutato i costi per svolgere controlli assolutamente inutili. Pare che al Ministero vi sia la frenesia di esercitare il potere rompendo le balle alla gente; mi fanno venire in mente la parafrasi di quel canto friulano
                Rompevano i nostri padri? Sì
                Rompevano le nostre madri? Sì
                E noi che figli siamo rompiam, rompiam, rompiamo
                E noi che figli siamo rompiam, rompiam, rompiamo!

Ciò vale per il versamento delle armi, antiche o moderne, da parte di anziani che non se la sentono di  spendere tempo e soldi per presentare ogni 5 anni un certificato medico di sanità mentale; certificato che come si sa, è solo una foglia di fico sul vuoto legislativo che impedisce di individuare rapidamente le persone pericolose  in quanto psicopatiche (il sanitario non può scoprirli) e di avere una segnalazione immediata che un detentore di armi soffre di malattie psichiche o si droga o si ubriaca.
Se, ripeto, non  vi fosse la smania di ritirate le armi (smania stupida perché le armi da fuoco sono state ampiamente superate dai coltelli come mezzi  omicidi) il MINT potrebbe tranquillamente ufficializzare quell’interpretazione, seguita in passato da funzionari di PS intelligenti, secondo la quale non è tenuto a presentare il certificato medico chi formalmente di impegni a non detenere le munizioni per le armi in suo possesso.
Come per incanto  gli armadi degli uffici di PS si svuoterebbero dalle armi da rottamare e decine di impiegati potrebbero dedicarsi  a  rilasciare i passaporti a vista, invece che dopo mesi, o licenze di caccia prima che apra la stagione della caccia!

Ed invece ecco che si arrampicano sugli specchi con procedure assurde come quella di inventarsi i tecnici della polizia scientifica quali esperti di armi rare ed antiche (siccome le armi antiche non sono mai strumenti usati per commettere crimini, esse non sono mai entrate nei laboratori della polizia e proprio non si capisce come siano diventati esperti !) e di fare un elenco di armi moderne che sicuramente non sono antiche (!). Ma che ne sa chi raccoglie impronte digitali e residui di sparo, di marchi  di artigiani famosi, di fucili fini, di modelli unici: ci vuole cultura, esperienza, occhio, bisogna aver letto decine di libri e aver visitato musei ed allora, talvolta, si scopre che da un mucchio di ruggine può emergere un capolavoro. Non sono certo i gabinetti della polizia o dei CC i luoghi in cui si allevano questi esperti!
Ma come fanno ad escludere che degli oggetti non presentino qualche forma di interesse museale? Ad esempio perché recano inciso il nome di un personaggio famoso o perché è un modello diventato raro o perché l'arma è stata usata per uccidere un personaggio famoso, ecc. ecc. Il solo fatto di aver redatto un simile elenco dimostra che sono alla frutta.
Devono riconoscere che per legge unici giuridicamente competenti ad esprimere un parere sono gli esperti indicati dalla Soprintendenze del Ministero della Cultura e che il voler sostituire a loro i tecnici di laboratorio è una usurpazione di pubbliche funzioni.  E che non è con le circolari che si può aggirare la legge: imparino a semplificare, non a complicare le cose con stramberie!
Pare che per il MINT sia un problema ricevere un parere tempestivo da questi uffici. Ma è un problema del MIC, non del Min. Interni! Nella Giustizia il Cancelliere che deve procedere all'eliminazione dei corpi di reato, fa un elenco delle armi e lo manda alla Soprintendenza avvisandoli che le armi sono a loro disposizione per 60 giorni e che poi quelle antiche verranno vendute all'asta, cosa che la legge consente. Le armi da rottamare verranno inviate alla Direzione di Artiglieria che, a sua volta richiederà il parere della Soprintendenza prima di rottamarle.
Chissà perché un sistema che funziona con la Giustizia, non funziona con il MINT! Domanda retorica perché la risposta è nota: da quando si è scoperto che molte armi da rottamare sparivano, le Direzioni di Artiglieria se ne vogliono liberare immediatamente, appena arrivano e non hanno alcuna voglia di tenerle per un mese o due a disposizione delle Soprintendenza. Ma sono problemi che il MIC deve risolvere in accordo con la Difesa ed è il MIC che deve dare indicazioni sulle armi da salvare e su come operare. Che c'entra la PS?

In conclusione una circolare illegittima perché vuol scavalcare il MIC, sbagliata perché può portare alla distruzione di beni culturali, censurabile perché invece di studiare come semplificare le cose, cerca come scaricare il lavoro su altri uffici. I gabinetti di polizia servono per acchiappare i delinquenti, non per digitare elenchi che dovrebbero essere creati automaticamente premendo un tasto di un computer:  quando un cittadino versa delle, ne viene fatta una distinta? E’ così complicato utilizzarla per le future operazioni?
Bisogna riformare tutto il sistema, stravolto dal fatto che il MINT ha preteso di essere l'unico competente al controllo delle armi antiche, rare e artistiche, ed ha operato come se il suo controllo fosse sufficiente anche ai fini della tutela del patrimonio culturale. Il MIC non ha bisogno di sapere quante armi ci sono in una collezione (che significa solo il detenere oltre otto pezzi di ferro a forma di arma), ma se esse devono essere tutelate; e, ad esempio, è interessata anche ad armi antiche inefficienti, non soggette a denunzia di PS e che sono così sottratte ad ogni suo controllo.
Vale a dire che di fronte ad armi antiche, armi rare o artistiche, modene  non vi sono trucchi che possano esimere dal fatto che sia un perito esperto a darle un'occhiata; se si considera esperto il poliziotto o il carabiniere perché portano una pistola, si finisce per  "fare il gioco del rampazzo" !

(18-4-2025)

 


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